Editoriali
26/11/2018

La valutazione di esito nella Regione Lazio: da esperienza regionale a programma nazionale. Alcune riflessioni per il futuro

La Regione Lazio è stata la prima regione in Italia ad attivare un Programma regionale di valutazione di esito (PReValE),1,2 che ha preso il via nella primavera del 2008. È tempo, quindi, di fare un bilancio dell’impatto che i programmi di valutazione di esito hanno avuto in questi anni in Italia.
Nel mondo anglosassone, la valutazione comparativa di esito è ormai diffusa fin dall’inizio degli anni Novanta. In Europa, invece, a eccezione del Regno Unito e dei Paesi Bassi, è solo in tempi recenti che la valutazione delle performance dei sistemi sanitari è stata inserita come prioritaria nelle agende dei Paesi membri.
Recentemente, la Commissione europea ha pubblicato un rapporto sulla valutazione della qualità delle cure in Europa3 che fa una sintesi delle attività di valutazione della qualità delle cure presenti nei diversi Paesi europei e propone il quadro concettuale per la valutazione dei sistemi sanitari adottato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE).4 Questo quadro concettuale identifica nella misurazione di efficacia, sicurezza e accessibilità delle cure alcuni dei domini essenziali di un sistema di valutazione della qualità delle cure. A queste dimensioni fanno riferimento esplicito anche le misure di esito utilizzate dall’OCSE.5
Le misure di esito sono strumenti a supporto dei programmi di audit clinico e organizzativo, finalizzati al miglioramento dell’efficacia e dell’equità del Servizio sanitario nazionale (SSN). Esistono studi che suggeriscono che la valutazione comparativa di esito tra ospedali favorisce la realizzazione di programmi di miglioramento della qualità quando questi indicatori sono utilizzati come obiettivi di risultato dei direttori generali (DG).6 L’ipotesi era già stata testata e confermata anche in Italia, dove lo studio condotto dimostrava che il miglioramento della qualità delle cure per la frattura del femore era maggiore nella Regione Toscana, che per prima aveva utilizzato gli indicatori di valutazione delle performance come obiettivi per i DG.7,8
L’impatto del programma di valutazione di esito condotto in Lazio sul miglioramento della qualità delle cure è dimostrato in altri studi:9-12 da quando i risultati comparativi di esito sono disponibili, si è osservato un progressivo miglioramento della qualità delle cure ed esistono diversi meccanismi che possono determinare il miglioramento, tra cui l’introduzione degli obiettivi per i DG e i meccanismi di pay for performance.10 Esistono, poi, numerose evidenze che dimostrano l’efficacia delle attività di audit e feedback, basate sui dati comparativi di performance, nel migliorare la qualità delle cure.13-15 Non è, inoltre, da trascurare che la promozione di interventi di provata efficacia può rappresentare uno strumento per ridurre le disuguaglianze di accesso e di esito delle cure.16,17
È certamente una novità che obiettivi di salute – e non solo di carattere economico-finanziario – siano diventati uno dei criteri alla base della rendicontazione del management. Nel periodo 2015-2017, il Ministero della salute e lo stesso Parlamento, attraverso i decreti ministeriali sui requisiti quali-quantitativi dell’organizzazione ospedaliera18 e i successivi piani di efficientamento e riqualificazione,19 si sono spinti fino a fare di questi obiettivi un requisito di cui regioni, aziende ospedaliere e singoli professionisti devono rendere conto.
Non possiamo, però, nasconderci che l’estensione del programma di valutazione di esito dal livello regionale al livello nazionale sia avvenuto all’interno di un provvedimento di legge noto come spending review. L’idea che la promozione di cure di maggiore efficacia potesse accompagnarsi anche a un risparmio di risorse è certamente stata la molla che ha permesso ai programmi di valutazione di esito di entrare nei successivi atti regolatori. L’intuizione e la dimostrazione empirica che per molte condizioni, sia cliniche sia chirurgiche, il maggior volume di attività fosse associato a migliori esiti di salute è stata certamente funzionale alle azioni previste dalla spending review. Si proponeva un intervento che non solo riduceva la spesa, ma migliorava anche la sicurezza delle cure.
È indubbio, quindi, che i programmi di valutazione di esito costituiscano un’esperienza di successo, rappresentando uno dei rari casi di trasferimento delle evidenze scientifiche in atti espliciti di programmazione sanitaria sia nazionale sia delle diverse Regioni. Si segnala che, a partire dal 2017, quasi tutte le Regioni hanno inserito gli indicatori del Programma nazionale esiti (PNE) tra gli obiettivi dei DG. È particolarmente apprezzabile, inoltre, che i piani di riqualificazione delle aziende ospedaliere individuate proprio sulla base dei risultati del PNE prevedano la definizione di programmi di audit sulla qualità dei dati, audit clinico organizzativo e un programma di miglioramento della qualità delle cure.

Sono necessarie attente valutazioni di impatto

Non dobbiamo mai dimenticare, citando Marx, che «la strada per l’inferno è lastricata dalle migliori intenzioni» o, come interpretato da Iain Chalmers, fondatore della Cochrane Collaboration, che «good intentions and plausible theories are no substitute for reliable evidence from empirical research about the effects of social and healthcare interventions».
Anche gli interventi di policy dovrebbero, infatti, essere sottoposti ad attente valutazioni di impatto, poiché, come tutti gli interventi, possono avere sia effetti positivi sia negativi. Tra i possibili effetti negativi dell’uso delle misure di esito per scopi regolatori, possiamo citare il gaming,20 vale a dire l’adozione di comportamenti opportunistici, sia di tipo clinico-organizzativo (selezione della casistica o della tempistica di ricovero) sia nell’uso delle codifiche di comorbidità o condizioni di rischio, per ottenere misure a cui corrisponde il conseguimento degli obiettivi. Basti ricordare l’esempio dei tagli cesarei, dove il regolatore di una Regione d’Italia con una proporzione di tagli cesarei molto alta aveva imposto la presenza di una codifica di «malposizione fetale» per poter riconoscere alla struttura la tariffa corrispondente al taglio cesareo. La conseguenza non è stata una riduzione dei tagli cesarei, ma un’ipercodifica della condizione di rischio «malposizione fetale».21
Un altro esempio di effetto indesiderato è il cosiddetto effetto tunnel, che consiste nel focalizzarsi solo sui pochi indicatori utilizzati dal regolatore, ignorando il resto dell’attività. Ma ancora, il rischio è che si ponga l’attenzione agli obiettivi di breve periodo misurati e magari incentivati, a scapito di obiettivi e misure di medio periodo, i cui effetti sono riscontrabili solo nell’arco di diversi anni. La sola introduzione degli indicatori di esito negli atti regolatori può avere un effetto immediato che, se non accompagnato da un cambiamento culturale nel sistema, può perdere rapidamente di efficacia, come dimostrato dai dati del PNE22 sulla proporzione di tagli cesarei primari in Calabria. In questa Regione, si è assistito a una diminuzione della proporzione di tagli cesarei solo per il periodo strettamente indicato da un decreto commissariale, per poi aumentare nuovamente in assenza di ulteriori indicazioni regolatorie.
Altri aspetti da considerare riguardano l’adattamento dell’organizzazione sanitaria al nuovo sistema di valutazione. Un esempio per tutti è il requisito del volume minimo di attività per struttura o per unità operativa. Molte Regioni hanno adottato programmi di rete, che prevedono di fatto di mantenere la suddivisione dell’attività chirurgica in diverse strutture ospedaliere e unità operative, proponendo di far circolare l’équipe medica, garantendo un volume minimo di équipe, ma non necessariamente di struttura. Mentre per molte condizioni cliniche e chirurgiche esistono solide evidenze sull’associazione tra volume di attività della struttura e dell’operatore,23 al momento le evidenze disponibili da letteratura sull’effetto dell’interazione tra volume di attività del chirurgo e volume della struttura non sono chiare. Da una recente revisione in corso di pubblicazione, sembrerebbe che per la maggior parte degli interventi chirurgici l’associazione tra alto volume del chirurgo e migliori esiti si osservi solo nelle strutture che hanno comunque un alto volume di attività; solo per poche condizioni l’effetto del volume dell’operatore sarebbe indipendente dal volume della struttura.
È evidente che si tratta di uno di quei casi in cui tale scelta programmatoria dovrebbe essere accompagnata dalla capacità dei nostri sistemi informativi di misurare correttamente il fenomeno e di poterne valutare l’impatto all’interno di un programma di valutazione strutturato. Invece, non è da escludere che, per rispettare i requisiti normativi, vengano adottati comportamenti opportunistici di codifica delle strutture tali da far perdere parte dell’informazione. Inoltre, l’implementazione della nuova scheda di dimissione ospedaliera, che dovrebbe contenere le informazioni per singolo operatore, potrebbe richiedere ancora numerosi anni.

Il percorso è ancora lungo

In conclusione, siamo solo all’inizio di un lungo percorso e, se l’obiettivo finale dei programmi di valutazione di esito è quello di migliorare l’efficacia e l’equità dell’SSN, è necessario che questi programmi mantengano le caratteristiche di trasparenza e credibilità scientifica che li hanno contraddistinti, che sviluppino capacità di misura, che mutino col modificarsi della realtà che devono misurare e che non si esauriscano in logiche burocratiche e ragionieristiche.
La letteratura ci suggerisce che, per ottenere un duraturo miglioramento della qualità delle cure, i dati di esito dovrebbero essere sempre più utilizzati all’interno di programmi di audit e feedback che coinvolgano attivamente i professionisti.24 È per questo che guardiamo con interesse al grande programma di rete finanziato dalla ricerca finalizzata del Ministero della salute,25 coordinato dal Lazio, che coinvolge sette Regioni italiane e che si pone proprio l’obiettivo di individuare le migliori strategie di audit e feedback in grado di migliorare qualità ed equità delle cure nei diversi setting clinici e organizzativi.

Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.

Ringraziamenti: ringrazio Carlo Alberto Perucci, pioniere della valutazione di esito in Italia, e Danilo Fusco e il suo gruppo di collaboratori, senza i quali non avrei nulla da scrivere in merito.

Bibliografia

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  4. Arah OA, Westert GP, Hurst J, Klazinga NS. A conceptual framework for the OECD Health Care Quality Indicators Project. Int J Qual Health Care 2006;18 Suppl 1:5-13.
  5. Organisation for Economic Co-operation and Development. Data for measuring health care quality and outcomes. Disponibili all’indirizzo: http://www.oecd.org/els/health-systems/health-care-quality-indicators.htm
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  9. Renzi C, Asta F, Fusco D, Agabiti N, Davoli M, Perucci CA. Does public reporting improve the quality of hospital care for acute myocardial infarction? Results from a regional outcome evaluation program in Italy. Int J Qual Health Care 2014;26(3):223-30.
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  19. Decreto del 21.06.2016. Piani di efficientamento e riqualificazione per le aziende ospedaliere (AO), le aziende ospedaliere universitarie (AOU), gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici (IRCCS) o gli altri enti pubblici. GU serie generale n. 164 del 15.07.2016. Disponibile all’indirizzo: http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2016/07/15/16A05141/sg
  20. Bevan G, Hood C. What’s measured is what matters: targets and gaming in the English public health care system. Public Administration 2006;84(3):517-38.
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  22. Ministero della salute. Programma Nazionale Esiti. Disponibile all’indirizzo: http://pne2017.agenas.it/
  23. Amato L, Fusco D, Acampora A et al. Volumi di attività ed esiti delle cure: prove scientifiche in letteratura ed evidenze empiriche in Italia. Epidemiol Prev 2017;41(5-6) Suppl 2:1-128.
  24. Johnson MJ, May CR. Promoting professional behaviour change in healthcare: what interventions work, and why? A theory-led overview of systematic reviews. BMJ Open 2015;5(9):e008592.
  25. Bando ricerca finalizzata 2014-2015 – Elenco nominative dei programmi di rete finanziati e non finanziati. Disponibile all’indirizzo: http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_bandi_135_listaFile_itemName_6_file.pdf
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