La sanità prossima ventura (o sventura?)
Il clima di 35 anni fa
Ho incominciato a lavorare sui temi della sanità agli inizi degli anni Settanta, quando il dibattito era molto ampio e le speranze tanto diffuse e condivise da concretarsi poi nell’approvazione della Legge 833 istitutiva del Servizio sanitario nazionale (SSN) avvenuta il 23 dicembre 1978. Era già dai lavori dell’Assemblea costituente che si auspicava l’istituzione di un SSN sulla falsariga del sistema sanitario inglese e la 833, seppur ricca di utopia e con qualche ingenuità, è stata sicuramente una delle leggi più innovative.
Il clima in cui nasce la Legge 833 è quello della rivoluzione culturale e del protagonismo popolare della fine degli anni Sessanta e dell’affermazione del ruolo preminente dello Stato per la garanzia dei diritti e dei bisogni dei cittadini; non che il sistema mutualistico precedente non garantisse livelli accettabili di assistenza, ma non era certo un sistema universalistico e non stabiliva “diritti” del cittadino in quanto tale e quindi “doveri” di contribuzione, come invece ha poi fatto la 833.
In un clima di crisi della politica gli aspetti meno realistici di questa legge, riguardanti soprattutto l’assetto politico delle USL e il controllo delle gestioni e delle risorse economiche, hanno portato al decreto 502 del 30 dicembre 1992, che trasformava gli enti USL, prevalentemente politici, in aziende, le ASL; il decreto risentiva quindi della sfiducia nelle capacità gestionali della politica e affidava al nuovo management il compito di gestire la sanità e di controllarne le risorse.
...e il clima di oggi
Se la riforma degli anni Novanta risentiva del clima di crisi della politica, ciò che invece oggi rappresenta lo stimolo maggiore alla discussione dell’assetto dell’SSN è la crisi economica; e questo è vero anche se contemporaneamente si è assistito da una parte all’invadenza della politica nei compiti gestionali della sanità, dall’altra a una progressiva sfiducia e mancanza di consenso nei confronti della politica stessa. Oltre a questo c’è da dire che la sanità non è più la stessa di quella degli anni Settanta e la clinica, le tecniche e le risorse necessarie sono mutate, anche notevolmente, e probabilmente cambieranno ancor di più negli anni futuri.
Oltre a ciò si deve considerare che da una parte si è assistito a una perdita di memoria per le condizioni della sanità che precedono la legge 833 e dall’altra a un’azione insistente di quasi “demonizzazione” del sistema pubblico a opera di quanti continuano ad auspicare il ritorno a un sistema privatistico che garantisca servizi più accoglienti seppur a pagamento e margini maggiori di profitto per gli erogatori. In realtà i casi di malasanità e le realtà carenti in qualità non sono mancate, e anzi sono forse cresciute; ma anche le situazioni di buona sanità, di qualità eccellente e di gestione efficiente sono tutt’altro che mancate, ma – ahimè – hanno fatto meno notizia.
In questi anni il leitmotiv delle critiche è stato la supposta mancanza di controllo sull’incremento della spesa sanitaria, critiche che in realtà non corrispondono del tutto alla realtà; infatti, se si osserva lo scenario sanitario europeo, l’Italia, come conferma l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), è tra i Paesi che spendono meno per la sanità e quella in cui nell’ultimo decennio la spesa è cresciuta di meno. Se dall’ottica nazionale si passa a quella delle 20 Regioni italiane, purtroppo si osservano realtà che presentano situazioni differenti e mostrano bilanci in rosso profondo. La stabilità di bilancio richiesta dall’Europa ha dato il colpo di grazia costringendo il governo a frenare sui finanziamenti della sanità e a intervenire imponendo a quasi metà delle Regioni dei “piani di rientro” dagli eventuali disavanzi. Si può ben dire che le ragioni della stabilità dei bilanci hanno prevaricato le ragioni della stabilità della salute e ora è tempo che ci sia maggior equilibrio tra le due prospettive.
La frenata della spesa sanitaria però non è un fenomeno solo italiano; in tutto il mondo, anche nei Paesi in cui i sistemi sanitari sono maggiormente affidati al mercato privato, si sta assistendo a una fase di generale “disinvestimento”, cioè a una riduzione delle risorse assegnate alla sanità e congiuntamente a una revisione dei percorsi clinici e a una razionalizzazione della loro gestione. In questo clima generale sono diverse le voci, tecniche e politiche, interne o esterne al sistema sanitario, che hanno colto l’esigenza di arrivare a una riforma del sistema stesso, ma molto differenti sono state le proposte avanzate che vanno da una quasi demolizione del sistema a un suo rafforzamento e a un'estensione nei settori oggi non coperti, come i servizi per la non autosufficienza e per l’assistenza odontoiatrica. Queste voci non hanno però ancora trovato la strada per un’elaborazione organica delle idee sia a livello politico, sia a livello delle organizzazioni degli operatori, sia anche nei luoghi tradizionali del dibattito, come le università, le agenzie sanitarie, le aziende di consulenza.
Urge un dibattito aperto e ampio
Per questi motivi è urgente e necessario aprire un dibattito organico sul futuro della sanità italiana e non si può che esser lieti di constatare che molti congressi di diverse società scientifiche (AIE, AIES, SItI eccetera) hanno scelto come tema proprio la riforma della sanità nella fase di crisi economica. Prima di avanzare proposte organiche, è però prioritario allargare il dibattito individuando le questioni su cui sviluppare le riflessioni necessarie per attivare le decisioni di riforma del sistema sanitario; qui di seguito si propone un elenco non organico di questi temi, che può sembrare farraginoso, ma che vuole prescindere da un giudizio di importanza preordinato dei vari aspetti indicati. Su questi e altri eventuali temi si auspica che possa attivarsi un dibattito costruttivo e capace anche di individuare e formulare proposte concrete di cambiamento. Se di riforma dell’SSN c’è bisogno, questa non deve essere fatta come operazione verticistica di politici o di amministratori locali o centrali, ma deve costruirsi innanzitutto come convinzione e necessità tra gli operatori e tra la popolazione, perché solo così, poi, la riforma diventa tale e non solo una semplice pittata alla facciata della sanità.
Conflitti di interesse dichiarati: nessuno
Valori e obiettivi dell’SSN
- È ancora necessario che l’SSN sia universalistico (cioè per tutti) e globale (cioè copra tutto)?
- L’equità sia per classi sia per territorio è sempre da garantire?
- Oltre all’equità (ugual accesso e soluzione) è importante anche un’omogeneità (ugual tipo di modalità di assistenza) nell’SSN?
- Lamobilità sanitaria deve essere ridotta?
- L’evidenza dell’efficacia deve essere maggiormente valutata? Oltre all’efficacia clinica, quanto si deve garantire anche la soddisfazione dell’utenza?
- Quanto è rilevante l’appropriatezza anche in considerazione del difensivismo medico?
- La prevenzione deve essere maggiormente sviluppata? O basta quella che si sta facendo?
- L’assistenza sanitaria e l’assistenza sociale devono integrarsi?
- È realizzabile una maggiore attenzione alla salute in tutte le politiche?
- La valutazione delle metodiche, delle attività e dell’organizzazione deve diventare una prassi normale di gestione e di governo?
- È possibile garantire maggiore trasparenza a tutti i livelli dell’SSN? Sia clinici sia organizzativi ed economici?
- Deve crescere l’accountability nell’SSN? Come la si può sviluppare?
Principi informatori dell’SSN
- Quale deve essere il ruolo del politico nell’SSN? E quale il rapporto tra politici e tecnici?
- L’impostazione aziendalistica deve essere mantenuta? O in che senso modificata?
- L’SSN deve rafforzare l’autorità centrale nazionale o deve completare l’assetto federalistico? Il principio di appartenenza è ancora la residenza? E per gli stranieri? E per i non regolari?
- Il finanziamento dell’SSN deve essere fondato sulla fiscalità generale oppure deve almeno in parte prevedere la contribuzione degli utenti?
- Gli attuali LEA sono adeguati ed esaurienti? In particolare, è opportuno mantenere a lato la non autosufficienza e l’odontoiatria? È possibile definire condizioni di erogabilità? Si possono considerare dei LEA in funzione dei bisogni e non dei servizi?
- Che ruolo deve avere l’iniziativa imprenditoriale privata? Solo nella produzione o anche nell’erogazione? E le tariffe devono essere le stesse tra privato e pubblico?
- La separazione Sanità e Ambiente ha ancora ragione di esistere?
- Come si deve impostare la programmazione? Ha ancora senso definire degli standard? O è più opportuno innescare processi di benchmarking?
- Si devono maggiormente concentrare i servizi in pochi presidi o invece li si devono maggiormente distribuire sul territorio?
- L’accreditamento va bene come è impostato adesso?
- È utile coinvolgere le comunità nella programmazione e valutazione dei servizi? Come si può realizzare ?
- Che ruolo assegnare alle associazioni di volontariato e del terzo settore?
Aspetti economici dell’SSN
- Come deve essere determinato l’ammontare di risorse economiche per la sanità? Sono le risorse che dipendono dai bisogni o sono i bisogni che devono adeguarsi alle risorse?
- In situazione di crisi economica le risorse disponibili devono rimanere costanti in valore assoluto o proporzionalmente al PIL? Possono essere convenientemente ridotte?
- Per garantire la sostenibilità economica del sistema è corretto tagliare dei servizi?
- La procedura dei piani di rientro per le Regioni in disavanzo è corretta? È efficace?
- Quali criteri devono essere stabiliti per ripartire le risorse tra Regioni e tra Aziende?
- Che ruolo possono avere i costi standard? Solo per migliorare la gestione o anche per definire le risorse necessarie?
- È possibile istituire un fondo per la non autosufficienza? E per l’odontoiatria?
- Che ruolo possono avere i fondi sanitari e le assicurazioni private integrative?
- La remunerazione a tariffe è confacente alla sanità? Si possono pensare delle remunerazioni per percorsi assistenziali?
Aspetti organizzativi
- La figura del medico di medicina generale è ancora attuale? Deve essere mantenuta? Come può essere adeguata?
- La funzione del Pronto soccorso deve essere ripensata? È possibile pensare a ambulatori di prime cure aperti 24 ore?
- Il ruolo degli ospedali deve essere modificato? È importante fare pochi ospedali grandi? Come deve essere l’organizzazione per reparti?
- I servizi territoriali e distrettuali devono essere sviluppati? Come?
- In quali settori si deve “disinvestire”? Come è possibile eliminare le inappropriatezze?
- Quanto deve svilupparsi l’attenzione “proattiva” all’utenza, cioè la diffusione di una medicina di iniziativa?
- Come può essere risolto il problema del precariato diffuso?
- Che sviluppo può avere un sistema informativo gestionale efficiente? È necessaria una cartella clinica (dossier clinico, tessera sanitaria eccetera) personale bene impostata?
- Quali settori possono beneficiare della telemedicina? Informazione, gestione, diagnostica, monitoraggio eccetera.
Aspetti culturali e professionali
- Che ruolo devono svolgere le Agenzie sanitarie, l’ISS e gli altri enti sanitari?
- Come deve essere impostata la formazione continua? L’ECM com’è ora va bene?
- La formazione dei medici e degli altri operatori sanitari deve essere riprogettata? Le strutture sanitarie possono avere un ruolo maggiore? E quali aspetti devono essere rivisti nelle scuole di specializzazione?
- La ricerca scientifica in sanità è sostenuta a sufficienza? Cosa si può fare per migliorarla?
- È necessaria una maggior diffusione dei risultati della ricerca? Come si può fare?
- La cultura sanitaria e la responsabilizzazione degli utenti possono essere migliorate?
Invitiamo tutti i lettori a partecipare a questo dibattito su il futuro del nostro SSN inviando interventi, commenti e idee alla redazione di Epidemiologia&Prevenzione all’indirizzo e-mail: epiprev@inferenze.it