Editoriali
26/11/2015

La prevenzione tra prove di efficacia e dimostrazioni di inefficacia

In questo numero di Epidemiologia&Prevenzione è pubblicato l’articolo «Impatto dell’abolizione del libretto di idoneità sanitaria per alimentaristi sui tassi di notifica delle malattie a trasmissione alimentare in Italia».1 Si tratta di un testo che discute degli effetti dell’abolizione del Libretto sanitario per gli alimentaristi (LISA) avvenuta in maniera progressiva in tutta Italia, su iniziativa delle singole Regioni, durante i primi dieci anni del nuovo secolo, sancita, infine, anche nella legislazione nazionale da una norma dell’agosto 2013. I risultati negativi dello studio, che documenta l’assenza di modifiche negli andamenti delle malattie a trasmissione alimentare in seguito all’abolizione del LISA, documenta a posteriori in maniera esemplare l’inefficacia di quel programma, almeno nelle condizioni epidemiologiche e igieniche attuali del nostro Paese. Più in generale, indica la strada che dovremo percorrere anche in futuro per dar seguito alle iniziative di semplificazione degli adempimenti sanitari ritenuti a priori inutili, se non controproducenti, sulla base di una letteratura scientifica non sempre facilmente disponibile. Dimostrare che ciò che viene fatto, deduttivamente ritenuto inutile, lo è anche sulla base di considerazioni empiriche, documentate da dati di fatto, non è pleonastico. L’evidenza empirica ha – o meglio dovrebbe avere – una forza di convincimento molto superiore al semplice ragionamento, sia pure basato sulle migliori prove scientifiche a priori.

È quanto abbiamo sperimentato in questi anni di impegno nel campo della evidence-based prevention (EBP), o, in una definizione più universalmente nota, evidence-based public health (EBPH). Quindici anni fa, quando ci apprestammo per la prima volta a dare basi empiriche e dimostrative alle attività di prevenzione svolte nei Dipartimenti di prevenzione delle ASL italiane, venivamo da un decennio di applicazione nel campo della medicina clinica, che, partita dalla lezione di Archibald Cochrane, aveva sviluppato il metodo dello studio scientifico sperimentale per giungere a conclusioni sull’efficacia dei trattamenti sanitari.Ma nulla, o quasi, era disponibile nel campo della prevenzione delle malattie e dei fenomeni avversi alla salute. Vigeva il paradigma del «meglio prevenire che curare», che giustificava ipso facto qualsiasi azione si autoproclamasse preventiva.

In epoca di “vacche grasse”, quale quella seguita all’approvazione della Legge di riforma sanitaria n.833 del 1978, questo significava aggiungere sempre qualcosa senza mai sottrarre nulla. Si aggiungevano servizi innovativi (consultori, servizi di prevenzione nei luoghi di lavoro eccetera),ma si lasciavano in vita anche forme arcaiche di profilassi, soprattutto nel campo certificatorio delle condizioni psicofisiche della popolazione, in gran parte retaggio di quel “costituzionalismo ortogenetico” molto in auge durante i ruggenti anni Venti e Trenta del secolo scorso. La prima cosa che come movimento per la EBP ci prefiggemmo fu proprio quella di smantellare il fardello inutile della “vecchia” sanità pubblica per far strada alle nuove pratiche che mostravano promettenti indizi o, ancor meglio, si basavano su raggiunte prove di efficacia. La strada non è mai stata in discesa. Fin dal principio furono in molti a porre ostacoli a questo approccio. Ma, al di là di chi si oppose frontalmente, va sottolineata l’inerzia dei più che in molti casi semplicemente non hanno sostenuto adeguatamente gli sforzi verso la EBP. Questo scenario, riluttante ad affrontare a viso aperto le sfide delle novità che si presentavano ogni giorno di fronte agli operatori della sanità pubblica, condiziona tuttora il cammino della EBP. Nel lessico dell’attuale Piano nazionale della prevenzione 2014-2018, la prevenzione basata su prove di efficacia è richiamata ripetutamente come criterio ispiratore da rispettare scrupolosamente nella progettazione di azioni da parte delle Regioni. Ma poi le risorse per sostenere la ricerca e la diffusione di tali conoscenze sono lasciate alla ventura di accordi e concertazioni improbabili e quanto mai precarie. Chi si occuperà di fornire le competenze e le conoscenze necessarie a innervare di EBP i Piani ragionali della prevenzione nei prossimi anni? Per ora non è dato saperlo.

Ad oggi su questo fronte hanno lavorato alcuni gruppi di operatori di varia estrazione (servizi di prevenzione delle ASL, enti di ricerca, università), accomunati da intenti simili, sostenuti a sprazzi da alcune Regioni e, per un certo tratto, dal Centro nazionale per il controllo e la prevenzione della malattie (CCM).Ma anche società scientifiche come la Società nazionale operatori della prevenzione (SNOP) e l’AIE stessa hanno sostenuto, in tutte le sedi nelle quali è stato possibile farlo, gli sforzi della EBP. Tuttavia, questo non è più sufficiente a rispondere all’accresciuta consapevolezza della necessità di svolgere azioni efficaci per prevenire malattie e infortuni nella popolazione.

Paradossalmente, a evidenziare l’attualità dell’approccio EBP è intervenuta negli ultimi anni la crisi economica, con il suo brutale richiamo alla realtà della finitezza delle risorse e della necessità di fare scelte fra diverse alternative. Ciò che è accaduto finora non ha risposto in tutto agli auspici di chi si batte per basare su prove scientifiche anche le attività di sanità pubblica. Ne sono conferma, per esempio, le vicende della medicina dello sport, che hanno visto svolgersi un vero e proprio braccio di ferro per un allargamento senza freni degli accertamenti medici per l’avviamento all’attività fisica della popolazione sana, postulato e, in un primo momento, ottenuto ope legis da un influente gruppo di pressione di professionisti del settore. Solo l’intervento parlamentare in extremis (Legge “del Fare”, promulgata dal governo Letta nell’agosto 2013)2 ha scongiurato i peggiori danni che sarebbero derivati da tali decisioni, senza, tuttavia, risolvere alla radice il problema di scelte basate su criteri ben differenti da quelli delle evidenze di efficacia.3

Nel percorso virtuoso che porta dalla conoscenza della letteratura scientifica di “prima mano” (gli studi di efficacia sul campo) alle sintesi sistematiche di quanto raccolto nel corso del tempo (le cosiddette revisioni sistematiche) e alla formulazione di raccomandazioni sulle azioni da intraprendere, spesso raccolte in vere e proprie linee guida di sanità pubblica,4-6 fino alla disponibilità di best practice,7 cioè di manuali operativi capaci di descrivere in dettaglio il “come” di un intervento raccomandato sulla base di evidenze scientifiche ritenute robuste, sono oggi disponibili molti materiali anche nel campo della sanità pubblica per sostenere scelte a priori sulle cose da fare. Il lavoro dei colleghi sulle malattie a trasmissione alimentare ci sollecita a guardare anche a posteriori agli esiti di quanto abbiamo scelto di fare, nella consapevolezza che misurare gli effetti del nostro agire professionale, ogni volta che ciò sia possibile date le risorse a disposizione, è doveroso, non fosse altro che per render conto (accountability) a chi paga per il nostro lavoro, i cittadini nel loro insieme.

Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.

Bibliografia e note

  1. Napoli G, Amodio E, Costantino C, Sciuto V, Mammina C, Calamusa G. Impatto dell’abolizione del libretto di idoneità sanitaria per alimentaristi sui tassi di notifica delle malattie a trasmissione alimentare in Italia. Epidemiol Prev 2015;39(2):121-8.
  2. Legge 9 agosto 2013, n. 98. Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, recante disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia. (13G00140). Gazzetta Ufficiale Serie Generale n.194 del 20.08.2013, Suppl. Ordinario n. 63. Disponibile all’indirizzo: http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2013/08/20/13G00140/sg
  3. Per approfondimenti, si rimanda al sito web della Società nazionale degli operatori della prevenzione (http://www.snop.it/index.php) e al sito della testata Azioni quotidiane (http://www.azioniquotidiane.info/search/node/medicina%20dello%20sport; ultimo accesso il 10.03.2015)
  4. Network Italiano per l’Evidence based Prevention (NIEbP). Manuale metodologico – Come produrre, diffondere e aggiornare raccomandazioni per la salute pubblica. Milano, Zadig, 2011. Disponibile all’indirizzo: http://www.snlg-iss.it/lgp_manuale_metodologico
  5. Network Italiano per l’Evidence based Prevention (NIEbP). Prevenzione primaria del fumo di tabacco. Milano, Zadig, 2013. Disponibile all’indirizzo: http://www.snlg-iss.it/lgp_fumo_2013
  6. Network Italiano per l’Evidence based Prevention (NIEbP). Lotta alla sedentarietà e promozione dell’attività fisica.Milano, Zadig, 2011. Disponibile all’indirizzo: http://www.snlg-iss.it/lgp_ sedentarieta_2011
  7. PRO.SA. Banca dati di progetti e interventi di prevenzione e promozione della salute. Disponibile all’indirizzo: http://www.retepromozionesalute.it/
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