Editoriali
26/11/2017

Il Paese dei fuochi. Emergenza incendi nell’estate 2017 in Italia: l’impatto sulla salute e sull’ambiente

L’Italia ha un patrimonio forestale tra i più importanti d’Europa, che copre circa il 36% della superficie territoriale nazionale. Ogni anno migliaia di ettari di boschi e di macchia mediterranea vengono distrutti dagli incendi; la Protezione civile ha stimato che negli ultimi trent’anni sia andato distrutto circa il 12% del patrimonio forestale del Paese, con inestimabili danni agli ecosistemi colpiti.1 Secondo i dati raccolti dallo European Forest Fire Information System (EFFIS)1 ed elaborati da Legambiente, il 2017 è stato peggiore degli anni precedenti: nei primi sette mesi sono bruciati circa 75.000 ettari di superfici boschive, oltre il 150% rispetto all’anno precedente.2 Sebbene la maggior parte degli incendi sia innescata da attività umane, dolose e non, è molto probabile che le condizioni climatiche del 2017 (elevate temperature accompagnate da forte siccità) abbiano influenzato la propagazione e l’estensione dei roghi.
Ma non finisce qui, con i boschi in fumo. Nel 2017 sono state segnalate anche decine di roghi in siti di stoccaggio di rifiuti e discariche abusive. Secondo un censimento del Sole 24 ore, realizzato attraverso articoli pubblicati sulla stampa, circa sedici impianti di raccolta, riciclo, smaltimento o trattamento dei rifiuti sarebbero andati a fuoco nei primi 5 mesi dell’anno.3 E hanno continuato a farlo anche nei mesi successivi. L’ultimo episodio ha riguardato l’impianto di recupero di rifiuti speciali Eredi Berté di Mortara (PV), distrutto da un incendio divampato il 6 settembre. Secondo fonti non ufficiali, le aziende del settore danneggiate dal fuoco negli ultimi due anni sarebbero oltre cento. È abbastanza curioso, poi, che i rifiuti vadano in fumo prevalentemente nella stagione dell’emergenza incendi: sorge il sospetto che si tratti di tentativi di mimetizzare episodi di “combustione illecita di rifiuti”.
Di sicuro, in una situazione come questa i cambiamenti climatici non aiutano, soprattutto in una zona quale il bacino del Mediterraneo, particolarmente vulnerabile ai loro effetti, e dove uno degli eventi attesi è proprio l’aumento del rischio di combustione (dovuto sia all’incremento delle temperature e della siccità, con ricadute dirette sulla frequenza e durata degli incendi, sia alle anomalie della stagione primaverile, in grado di influenzare la crescita e l’infiammabilità della vegetazione).4,5 Anche se non si tratta di fenomeni nuovi. Come dimostrano studi paleoecologici, per molti secoli gli ecosistemi mediterranei hanno sofferto di incendi, dimostrando comunque un’elevata capacità di resilienza. Perché allora il forte incremento della superficie bruciata nel corso del XX e del XXI secolo? Perché in questo periodo il fenomeno è associato a situazioni irreversibili di erosione e degrado del suolo, a cambiamenti della vegetazione e perdita di specie dominanti. Tanto che oggi si può parlare di un vero disastro ecologico.6

Le ricadute su ambiente e salute

I danni derivanti dagli incendi boschivi sono duplici. Le foreste e il legno prodotto, infatti, assorbono e trattengono CO2, rappresentando un elemento di mitigazione dei cambiamenti climatici. Al contrario, in caso di incendio, diventano fonte di emissione di gas serra e di biossido di carbonio. Il risultato globale, perciò, è una diminuzione della capacità di riassorbimento della CO2 atmosferica e un parallelo incremento del carico di inquinanti pericolosi per la salute, gas tossici come il monossido di carbonio, sostanze irritanti come la formaldeide e polveri sottili (PM2,5), che possono penetrare profondamente nell’apparato respiratorio ed entrare nel circolo sanguigno.
Anche la combustione non controllata dei rifiuti rappresenta una fonte rilevante di inquinamento ambientale. Le emissioni prodotte sono di difficile caratterizzazione, perché fortemente influenzate dal materiale presente, rifiuti industriali e nocivi, dal materiale plastico che genera le caratteristiche nuvole di fumo nero e libera nell’atmosfera sostanze volatili altamente tossiche. Le polveri e le ceneri prodotte dalla combustione di rifiuti contengono composti organici volatili (COV), particolato (PM10 e PM2,5), policlorobifenili (PCB), metalli pesanti, idrocarburi policiclici aromatici (IPA), policlorodibenzofurani e diossine, che possono essere trasportati per chilometri in relazione alle condizioni atmosferiche prevalenti. Queste possono ricadere nell’ambiente circostante depositandosi sul suolo e nelle falde acquifere, dove persistono per lungo tempo e tendono a bioaccumularsi lungo la catena alimentare attraverso il consumo di acqua e cibo contaminati da parte degli animali e dell’uomo. Alcuni studi condotti in aree rurali degli Stati Uniti riportano che la combustione non controllata anche di ridotte quantità di rifiuti contenenti materiale plastico potrebbe essere equivalente, in termini di policlorodibenzo-p-diossine/policlorodibenzofurani (PCDD/PCDF), alle quantità emesse da un inceneritore di una grande metropoli.7
Valutare gli effetti degli incendi sulla salute, a breve e lungo termine, è complesso: la stima dell’esposizione della popolazione si basa su fonti diverse, come l’uso di dati satellitari integrato ai dati di centraline di monitoraggio della qualità dell’aria (dove presenti) e sull’elaborazione di modelli per quantificare le concentrazioni di inquinanti e valutare la loro dispersione.
Nel caso di incendi boschivi, può essere difficile distinguere l’effetto degli inquinanti prodotti, poiché le medesime sostanze sono emesse anche da altre fonti. Studi recenti, basati su dati retrospettivi e lunghe serie temporali, hanno una potenza elevata per valutare l’impatto sulla salute della popolazione,8 mentre lo studio degli effetti di singoli episodi di incendio è difficile a causa della breve durata dell’evento, del limitato numero di esposti e della bassa potenza statistica.
È stato documentato che gli incendi boschivi possono causare importanti effetti sulla salute sia in popolazioni residenti nelle immediate vicinanze dell’evento sia in popolazioni più lontane a causa del trasporto anche a lunga distanza dell’aerosol. Una recente revisione ha messo in evidenza un’associazione con la mortalità totale ed effetti sull’apparato respiratorio, in particolare esacerbazione di asma e BPCO.8 Studi tossicologici hanno dimostrato l’elevata tossicità del particolato prodotto dagli incendi boschivi (PM10 e PM2,5) a livello polmonare, in grado di produrre, a parità di dose, un danno maggiore rispetto al particolato emesso da altre fonti.9
In generale, i principali effetti acuti dei fumi degli incendi sono sintomi respiratori acuti (per esempio, tosse, esacerbazioni di asma) ed effetti più ritardati, come la compromissione dei sistemi di clearance respiratoria associati a un maggior rischio di infezioni respiratorie, quali bronchiolite e polmonite.10 Dopo episodi di incendi sono stati osservati casi di ischemia cardiaca, scompenso cardiaco e altri problemi cardiovascolari.8
La ricerca futura dovrà chiarire se su popolazioni esposte a gravi episodi di incendi (boschivi e non) siano riscontrabili effetti a medio-lungo termine in termini di patologie tumorali, esiti avversi della gravidanza, disturbi immunitari e neurocognitivi.

Prevenire, prevenire, prevenire

Il tema della prevenzione degli incendi è di estrema attualità, anche in vista degli scenari futuri, secondo cui molte aree del nostro Paese saranno sempre più vulnerabili.
Politiche per la riduzione degli incendi boschivi, attraverso la manutenzione dei boschi (per esempio, pulizia del sottobosco, diradamenti), e investimenti per il recupero delle aree incendiate sono essenziali per la salvaguardia del patrimonio naturalistico e paesaggistico del nostro Paese. Il patrimonio forestale italiano può e deve rappresentare un importante carbonsink in grado di sottrarre CO2 dall’atmosfera, contribuendo in modo rilevante alla mitigazione dei cambiamenti climatici, alla qualità dell’ambiente, nostro e delle generazioni future. Accanto a ciò, occorre combattere i reati legati allo smaltimento illegale dei rifiuti e alle pratiche di incenerimento incontrollato, che non rappresentano più un fenomeno confinato ad alcune aree o regioni e che trovano terreno fertile in condizioni di emergenza ambientale, come nell’estate 2017.

Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.

Bibliografia

  1. http://effis.jrc.ec.europa.eu/
  2. Legambiente. Dossier incendi 2017. Disponibile all’indirizzo: https://www.legambiente.it/contenuti/documenti/emergenza-incendi-numeri-e-dati-di-legambiente
  3. Giliberto J. In due anni incendiate oltre cento discariche e aziende di rifiuti. Il Sole 24 ore 09.05.2017. Disponibile all’indirizzo: http://www.ilsole24ore.com/art/impresa-e-territori/2017-05-08/in-due-anni-incendiate-decine-aziende-rifiuti-152913.shtml?uuid=AEA4WPIB
  4. Flannigan MD, Stocks BJ, Wotton BM. Climate change and forest fires. Sci Total Environ 2000;262(3):221-29.
  5. Fried JS, Torn MS, Mills E. The impact of climate change on wildfire severity: a regional forecast for northern California. Clim Chang 2004;64:169-91.
  6. Pausas JG, Llovet J, Rodrigo A, Vallejo R. Are wildfires a disaster in the Mediterranean basin? – A review. Int J Wildland Fire 2008;17:713-23.
  7. Lemieux PM, Lutes CC, Abbot JA, Aldous KM. Emissions of polychlorinated dibenzo-p-dioxins and polychlorinated dibenzofurans from the open burning of household waste in barrels. Environ Sci Technol 2000;34(3):377-84.
  8. Reid CE, Brouer M, Johnston FH, Jerrett M, Balmes JR, Elliott CT. Critical Review of Health Impact of Wildfire Smoke Exposure. Env Health Perspectives 2016;124(9):1334-43.
  9. Franzi LM, Bratt JM, Williams KM, Last JA. Why is particulate matter produced by wildfires toxic to lung macrophages? Toxicol Appl Pharmacol 2011;257(2):182-88.
  10. Dennekamp M, Abramson MJ. The effects of bushfire smoke on respiratory health. Respirology 2011;16(2):198-209.
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