Editoriali
26/11/2011

Diseguaglianze di salute: descrizioni e meccanismi legati alla deprivazione relativa e assoluta

,

Nel numero 3 del 2010, Epidemiologia & Prevenzione ha sollecitato l’invio di contributi originali che affrontassero i temi connessi allo studio delle disuguaglianze di salute, con particolare attenzione alle popolazioni fragili e a quelle migranti.1 L’obiettivo della call era quello di incrementare le conoscenze epidemiologiche, di far emergere criticità metodologiche e di confrontare i risultati con analoghe ricerche pubblicate nella letteratura scientifica internazionale. In questo numero sono pubblicati sei contributi che forniscono una visione certamente non esaustiva, ma comunque molto ampia in termini di tematiche investigate e metodologie utilizzate.

L’articolo di Buzzoni e colleghi indaga differenze nella sopravvivenza per tumori in base a un indicatore di deprivazione socioeconomica della sezione censuaria di residenza. Si tratta di uno degli esempipilota italiani di utilizzo di procedure di georeferenziazione dei dati sanitari per attribuirvi indicatori socioeconomici di microarea, definiti, documentati e testati sul territorio nazionale.2 Lo studio evidenzia, nel contesto toscano, un maggior rischio di morte nella popolazione con maggiori svantaggi socioeconomici per alcune sedi tumorali a prognosi mediobuona e in particolare per quelli insorti prima dei 50 anni. Tali risultati, oltre che paradigmatici delle capacità locali di monitoraggio delle disuguaglianze attraverso l’arricchimento dei registri di patologia con indicatori aggregati di condizione socioeconomica, rimandano a meccanismi legati ai percorsi di diagnosi e terapia delle patologie oncologiche e alla necessità di interventi mirati a monitorarvi e a garantirvi l’equità.

Il gruppo di studi sulla salute degli immigrati (mortalità, incidenza dei tumori, accessi al Pronto Soccorso) conferma la presenza di un effetto «migrante sano», riscontrabile sia nella minore incidenza complessiva di tumori sia nella minore mortalità generale della popolazione immigrata. Quest’ultima tuttavia presenta rischi specifici, come una maggiore insorgenza di alcune neoplasie riconducibili a esposizioni ad agenti virali e a mancata prevenzione primaria nei Paesi di origine, e una tendenza a una maggiore mortalità infantile. Inoltre, il maggior utilizzo improprio del Pronto Soccorso rispetto alla popolazione italiana configura un divario tra offerta di servizi sanitari e bisogni di salute. In una fase di riorganizzazione del sistema sanitario nazionale in cui si enfatizza la necessità di spostare l’assistenza dall’ospedale al territorio, è da sottolineare come un segmento sempre più rilevante della popolazione consideri l’ospedale come riferimento pressoché esclusivo e abbia perduranti difficoltà di accesso a servizi di prevenzione e assistenza territoriale. I contributi sugli immigrati sono eterogenei per alcuni aspetti metodologici, per esempio definizione di immigrato per cittadinanza o per Paese di nascita, e accorpamento o meno degli immigrati provenienti dai Paesi a sviluppo avanzato alla popolazione italiana. Se da un lato è auspicabile arrivare a definizioni e metodologie condivise, allo stato attuale alcune differenze sono inevitabili in base alla tipologia di dati disponibili, al contesto geografico (la particolare consistenza degli immigrati da Paesi a sviluppo avanzato nella realtà toscana ne consiglia un’analisi separata), all’oggetto dello studio (rilevanza di esposizioni precoci, catturate dal Paese di nascita più che dalla cittadinanza).

Gli altri due lavori rappresentano survey su gruppi di popolazione maggiormente svantaggiati sia dal punto di vista sociale sia in termini di percorsi di accesso all’assistenza, trattandosi della popolazione carceraria e di quella nomade. Lo studio di Orsini e colleghi sottolinea l’elevata prevalenza non solo di patologie infettive e psichiatriche, ma anche di varie patologie internistiche nella popolazione carceraria. L’indagine si inserisce in un progetto più ampio di monitoraggio epidemiologico e rappresenta un contributo di particolare rilievo alla luce del passaggio della sanità penitenziaria ai sistemi sanitari regionali. In prospettiva, la piena integrazione dell’assistenza alla popolazione carceraria all’interno del SSN dovrebbe progressivamente farne confluire i dati nei sistemi informativi correnti. Il contributo dell’associazione Naga traccia un profilo dei molteplici fattori di rischio registrabili nella popolazione rom presente in aree non autorizzate di Milano. I dati sullo stato di salute sono limitati dalle difficoltà di dare una continuità assistenziale che permetta di stimare prevalenza di patologie e bisogni di salute, difficoltà derivanti anche dalla precarietà della situazione abitativa della popolazione esaminata e dall’assenza di copertura sanitaria.

Un limite complessivo di questo numero di Epidemiologia & Prevenzione è rappresentato dalla circoscritta provenienza geografica degli studi, legata solo parzialmente alla consistenza delle popolazioni oggetto di studio. Inoltre, diversi ambiti rimangono poco indagati dalle attività epidemiologiche nel nostro Paese. Un possibile esempio è il monitoraggio dei fattori di rischio comportamentali della popolazione immigrata, per poterne cogliere la progressiva acquisizione dei profili epidemiologici della popolazione ospitante; tale fenomeno, suggerito anche dall’aumento della mortalità cardiovascolare e dalla riduzione di quella da cause accidentali osservati nella popolazione immigrata toscana, risulterebbe particolarmente critico se accompagnato dal perdurare delle limitazioni di accesso ai servizi attualmente osservabili.

Tutte le iniziative internazionali che premono per porre le disuguaglianze nell’agenda delle istituzioni nazionali, a partire dalle raccomandazioni della commissione WHO sui determinanti sociali della salute3 fino ad arrivare alla Comunicazione della Commissione europea4 sottolineano la necessità di coordinare gli sforzi per migliorare le conoscenze sull’efficacia delle azioni che possono contrastare le disuguaglianze, rivolgendo un’attenzione particolare ai gruppi più vulnerabili.5 Le capacità di colmare alcune lacune conoscitive rappresentano strumenti indispensabili di tali azioni e derivano soprattutto dalle possibilità di estendere e mantenere sistemi di monitoraggio delle disuguaglianze nei percorsi dell’assistenza sanitaria e in tutti i settori che interpellano politiche non sanitarie in grado di incidere sulla salute delle persone; gli studi presentati in questo numero forniscono esempi di tali capacità nel contesto italiano.

Conflitti di interesse dichiarati: nessuno

Bibliografia

  1. Paci E. Call for papers. Diseguaglianze di salute in Italia. Epidemiol Prev 2010;34(3):66
  2. Caranci C, Biggeri A, Grisotto L, Pacelli B, Spadea T, Costa G. L’indice di deprivazione italiano a livello di sezione di censimento: definizione, descrizione e associazione con la mortalità. Epidemiol Prev 2010;34(4):167-176.
  3. WHO Commission on Social Determinants of Health. Closing the Gap in One Generation: Health equity through actuion on the social determinants of health. Testo disponibile al sito: http:/ /www.who.int/social_determinants/thecommission/finalreport/en/index.html
  4. Commissione delle comunità europee. Comunicazione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: Solidarietà in materia di salute, riduzione delle disuguaglianze sanitarie all’interno dell’UE. Bruxelles, 2009.
  5. Marinacci C, Sebastiani G, Ferracin E et al. La distanza tra gli italiani attraverso le disuguaglianze geografiche e socioeconomiche. Epidemiol Prev 2011; 35 (56) Supp2: 68-75.
Approfondisci su epiprev.it Vai all'articolo su epiprev.it Versione Google AMP