Editoriali
26/11/2015

Certificati medici obbligatori per praticare l’attività sportiva: prevenzione o medicalizzazione?

A seguito di norme, in parte contraddittorie, in Italia è diventato obbligatorio munirsi di certificato medico per praticare sport non agonistico. Il certificato, con validità annuale, è richiesto agli studenti che partecipano ai giochi della gioventù, a chi pratica attività sportive extra-curriculari organizzate dalla scuola e a tutti coloro che svolgono attività sportive organizzate dal CONI o da società affiliate a federazioni sportive riconosciute dal CONI. Il numero di soggetti interessati potrebbe sfiorare i 12 milioni, quante sono le persone che nel nostro Paese praticano attività sportiva con continuità.1

Il certificato è rilasciato da un medico dello sport oppure dal medico di medicina generale o dal pediatra di libera scelta, solo per i propri assistiti, sulla base di un esame che comprende anamnesi, esame obiettivo ed ECG a riposo. Per gli ultrasessantenni e per le persone con patologie croniche o con fattori di rischio cardiovascolare, l’ECG deve essere stato eseguito da meno di un anno, mentre per chi è in buona salute e non ha superato i 60 anni può essere anche meno recente. L’impianto del decreto sottolinea che la certificazione vuole prevenire gli eventi cardiovascolari, in particolare la morte cardiaca improvvisa (MCI), tralasciando altri rischi legati all’attività sportiva, come quelli traumatici, quelli derivanti da una pratica inappropriata o dall’uso di sostanze dopanti.

Una misura così congegnata, che pone limiti all’autodeterminazione dell’individuo, dovrebbe essere pienamente motivata in termini di vantaggi per la salute pubblica e sul piano etico. È possibile esaminare l’esistenza di tali presupposti ricorrendo a uno strumento progettato per analizzare, sotto il profilo etico, i programmi di sanità pubblica;2 tali programmi sono giustificati se hanno obiettivi di salute espliciti, rilevanti e prioritari; se sono efficaci (beneficere); se i loro effetti negativi, conosciuti o potenziali, sono limitati (non maleficere); se riducono o almeno non amplificano le disuguaglianze; se non esistono alternative.3

Per quanto riguarda l’obiettivo di salute, la MCI è un evento grave, conseguenza di un folto gruppo di condizioni, spesso congenite, che provocano aritmie fatali, la cui frequenza non è ben conosciuta. Una recente revisione ha evidenziato che nei vari studi i tassi di MCI oscillano tra 0,1 e 4,4 per 100.000 individui all’anno; l’ampiezza della variabilità è attribuita alle diverse impostazioni metodologiche, che incidono su numeratore e denominatore. Il numeratore si modifica a seconda che nella definizione di caso si considerino solo gli eventi in corso di esercizio oppure tutte le MCI degli atleti in e fuori servizio, e a seconda della fonte di accertamento (notifiche obbligatorie, registri passivi, media report, richieste di indennizzo). Tra i problemi del denominatore vengono annoverate differenze tra le popolazioni studiate (atleti, atleti che frequentano il college oppure la high school, militari che effettuano il training, giovani) e diversità tra le fasce di età considerate. Utilizzando gli studi più solidi, con i criteri più inclusivi i tassi variano da 1,25 a 2,5 per 100.000.4

Anche se l’attenzione è focalizzata sulla MCI degli atleti e sull’esercizio fisico come trigger di aritmie fatali, è pur vero che la grande maggioranza delle MCI si verifica nel corso di altre attività o addirittura nel sonno.5 Nel 2012, in Italia lemorti per cause cardiovascolari nelle persone di età tra 5 e 29 anni sono state 272 (di cui 165 cardiache non ischemiche),meno della metà delle 685 morti per cause neoplastiche e molto meno dei 1.972 decessi per cause accidentali e violente, il 53% dei quali dovuto a incidenti stradali.6

Coloro che riconoscono che la MCI è più rara di altre morti, altrettanto dolorose e a volte facilmente prevenibili, ne fanno derivare l’importanza dall’enorme risonanza che suscita nell’opinione pubblica, argomentazione non accettabile se si tengono presenti gli studi sui bias cognitivi, che valsero a Daniel Kahneman il Nobel per l’economia nel 2002. Tra le strategie che gli individui impiegano per risolvere problemi complessi, senza dover ricorrere a un approccio analitico impegnativo, Kahneman individuò l’euristica della disponibilità, per cui un evento appare tanto più frequente quanto più è facile ricordarne esempi.7 Questa scorciatoia induce a ritenere più frequenti gli eventi i cui ricordi sono più vividi, come accade proprio nel caso delle MCI di atleti, cui i media danno un risalto tanto grande da renderle indimenticabili. Le politiche pubbliche dovrebbero, però, essere basate su dati di fatto soppesati con sapienza e non sull’emotività indotta dal sensazionalismo.

Per quanto riguarda i benefici, non esistono valutazioni di efficacia di un programma basato sui certificati medici per la pratica sportiva, per cui bisogna fare riferimento ai pro grammi basati sullo screening pre-partecipazione (PPS), rivolti allo sport agonistico, in cui sono impiegati l’anamnesi strutturata e l’esame obiettivo e, in alcuni Paesi come l’Italia e Israele, anche l’ECG. Non esistono trial clinici randomizzati che provino l’efficacia del PPS con ECG, ma in uno studio prospettico eseguito in Veneto, cioè un PPS che impiega criteri standard per l’interpretazione dell’ECG e personale addestrato, è stata osservata una riduzione considerevole dell’incidenza di MCI.8 Un programma simile attuato in Israele è risultato, invece, inefficace.9 Esistono diverse possibili spiegazioni di questi risultati contrastanti e intorno al valore del PPS con ECG è in corso, a livello scientifico, un dibattito internazionale serrato, che divide il mondo della medicina dello sport e della cardiologia al punto che lo screening con ECG viene proposto dalla European Society of Cardiology10 e rifiutato dall’American Heart Association.11

L’efficacia di un PPS che includa anche ECG eseguito da personale ben addestrato con rigidi criteri interpretativi è controversa. Nelle situazioni di campo, come quelle del rilascio del certificato medico- sportivo, in cui non è possibile garantire sempre personale ben addestrato e criteri interpretativi stretti, la riproducibilità dell’ECG viene limitata, con aumento della proporzione di ECG refertati come patologici in soggetti sani.11

Esistono possibili effetti negativi reali o potenziali del certificato. Rifacendosi all’esperienza della PPS con ECG, alcune anomalie come quelle delle arterie coronarie non sono svelate, per cui la proporzione di falsi negativi si aggira attorno al 10%, con conseguente rischio di contenziosi.12 Più serio è il rischio dei falsi positivi che oscillano tra il 9%e il 25%.12

Un numero elevato di soggetti dovrebbe effettuare altri accertamenti che, in situazioni ordinarie, comportano attese, ansia e costi, con possibilità di sovradiagnosi ed esclusioni ingiustificate dalla pratica sportiva.

Altri effetti negativi potenziali riguardano sia la professione medica, con rischi di burocratizzazione13 o di incentivo alla cosiddetta medicina difensiva, sia le strutture per l’esercizio fisico, che adottano regolamenti che impongono agli utenti di produrre un certificato medico.

Inoltre, la tentazione di estendere l’ECG come test preventivo per ragazzi asintomatici, indipendentemente dalla pratica sportiva, rappresenta un rischio non teorico, diretta conseguenza di assunzioni implicite e indimostrate presenti nella normativa attuale.14

Il rischio maggiore è che i cittadini trovino nel certificato una barriera alla pratica sportiva, a causa dei costi e dal fatto che l’esercizio fisico viene associato al pericolo di morire. In Italia, i costi sono una delle prime cause di rifiuto o abbandono dell’attività sportiva e le persone meno istruite e quelle residenti nelle regioni del Sud presentano una bassa partecipazione allo sport.1 Il certificato rischia di amplificare queste disuguaglianze.

Riassumendo, le norme che hanno istituito il certificato medico per l’attività sportiva introducono una limitazione della libertà personale e presentano aspetti critici che meritano una valutazione basata su dati empirici, non inquinata dal peso di interessi precostituiti, per conoscere il numero reale di certificati, di soggetti esclusi dallo sport per motivi di salute, per sapere quali e quanti ulteriori esami sono richiesti, quanti sono i falsi positivi e l’ammontare dei costi: questi sono solo alcuni dei quesiti in attesa di risposta.

Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.

Bibliografia

  1. ISTAT. Indagine multiscopo sulle famiglie “Aspetti della vita quotidiana”. La pratica sportiva in Italia nel 2013. Disponibile all’indirizzo: http://www.istat.it/it/archivio/128694
  2. Petrini C. Theoretical models and operational frameworks in public health ethics. Int J Environ Res Public Health 2010;7(1):189-202.
  3. Kass NE. An ethics framework for public health. Am J Public Health 2001;91(11):1776-82.
  4. Harmon KG, Drezner JA, Wilson MG, Sharma S. Incidence of sudden cardiac death in athletes: a state-of-the-art review. Heart 2014;100(16): 1227-34.
  5. Reddy PR, Reinier K, Singh T et al. Physical activity as a trigger of sudden cardiac arrest: the Oregon Sudden Unexpected Death Study. Int J Cardiol 2009;131(3):345-9.
  6. ISTAT. Mortalità per territorio di residenza: causa e classe di età. 2012. Dati estratti il 12.04.2015 dalla banca dati ISTAT
  7. Kahneman D. La scienza della disponibilità. In: Kahneman D. Pensieri lenti e veloci. (traduzione italiana). Milano, Mondadori, 2011; 144-61.
  8. Corrado D, Basso C, Schiavon M, Pelliccia A, Thiene G. Pre-participation screening of young competitive athletes for prevention of sudden cardiac death. J Am Coll Cardiol 2008;52(24):1981-9.
  9. Steinvil A, Chundadze T, Zelster D et al. Mandatory electrocardiographic screening of athletes to reduce their risk for sudden death. Proven facts or wishful thinking? J Am Coll Cardiol 2011;57(11):1291-6.
  10. Corrado D, Pelliccia A, Bjørnstad HH et al. Cardiovascular pre-participation screening of young competitive athletes for prevention of sudden death: proposal for a common European protocol. Consensus Statement of the Study Group of Sport Cardiology of the Working Group of Cardiac Rehabilitation and Exercise Physiology and the Working Group of Myocardial and Pericardial Diseases of the European Society of Cardiology. Eur Heart J 2005;26(5):516-24.
  11. Maron BJ, Friedman RA, Kligfield P et al. Assessment of the 12-lead ECG as a screening test for detection of cardiovascular disease in healthy general populations of young people (12-25 years of age). A scientific statement from the American Heart Association and the American College of Cardiology. Circulation 2014;130(15):1303-34.
  12. Sharma S,Merghani A, Gati S. Cardiac screening of young athletes prior to participation in sports: difficulties in detecting the fatally flawed among the fabulous fit. JAMA Intern Med 2015;175(1):125-7.
  13. Ferigo G. Il certificato come sevizia. L’Igiene Pubblica tra irrazionalità e irrilevanza. Udine, Forum Editrice Universitaria Udinese, 2014.
  14. Naselli E. Check up cardiaco tra i ragazzi: difetti per 3 su 10. La Repubblica, 27.01.2015. Disponibile all’indirizzo: http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2015/01/27/check-up-cardiaco-tra-iragazzi- difetti-per-3-su-1041.html (ultimo accesso: 12.04.2015).
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