Editoriali
26/11/2013

Archivi sanitari elettronici in evoluzione

L’informazione a carattere sanitario, dopo essere stata per secoli prevalente appannaggio del rapporto medico-paziente o della ricerca scientifica, acquista, dalla metà del secolo scorso con la nascita dei Servizi sanitari nazionali moderni, nuove potenzialità di utilizzo in una dimensione di popolazione.

Lo sviluppo prende essenzialmente due direzioni: la prima, che va dal “diario” preconizzato da Herbert Dunn1 all’attuale elaborazione di un fascicolo sanitario elettronico, mantiene un carattere individuale, personale; la seconda, concretizzatasi a partire dagli anni Cinquanta nella nascita dei Registri tumori, e continuata successivamente con i Registri di patologia, risponde alla necessità crescente degli SSN di poter valutare le tendenze spazio-temporali delle malattie nella loro dimensione collettiva. Negli anni Ottanta l’informazione sanitaria, che veniva raccolta attivamente e archiviata in forma cartacea, grazie allo sviluppo dell’hardware cambia natura e diventa elettronica, rendendo così possibile la creazione di enormi archivi sanitari.

Questa nuova situazione porta all’introduzione di nuove metodologie nella registrazione dei tumori come l’Automated Cancer Registration2,3 e si estende successivamente ad altre entità nosologiche.4 I due validi articoli pubblicati su questo numero della rivista si soffermano su due aspetti importanti inerenti all’enorme disponibilità di Archivi sanitari elettronici (ASE). Astolfi e colleghi evidenziano l’importanza di incrociare più fonti per tentare di avvicinarsi il più possibile alla completezza della casistica. Marchi et al. richiamano, invece, l’attenzione su un aspetto spesso sottovalutato da chi si avvicina senza esperienza all’utilizzo degli ASE: la qualità dell’informazione registrata. Esiste infatti il reale pericolo di bassa qualità che può essere presente all’interno degli ASE soprattutto quando vengono poco utilizzati. Di qui la necessità di adeguati controlli sull’informazione che viene così facilmente registrata, possibilmente attraverso il confronto con altre fonti indipendenti, quando disponibili.

Siamo ora giunti a una fase caratterizzata dal moltiplicarsi di studi nei quali si utilizzano fonti correnti che ha spinto un gruppo di esperti a costituire presso il Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute (CNESPS) dell’Istituto superiore di sanità il Laboratorio dei sistemi di Babele (LASB) dotato di un sito di consultazione5 e che offre scambio di esperienze. Dopo l’esperienza crescente e diffusa degli ultimi 10-15 anni, è giunto forse il momento di ripensare l’utilizzo degli ASE in epidemiologia prestando attenzione a due aspetti principali:

  1. anche se sempre più intelligentemente utilizzati per la ricerca epidemiologica, la vocazione prioritaria degli ASE è quella di contribuire a strumenti di sanità pubblica, ovvero identificazione e gestione del rapporto salute/ malattia in un Paese dotato di un Servizio sanitario nazionale;
  2. la necessità di recuperare quello che dovrebbe essere il protagonista principale di questi metasistemi, cioè la popolazione, in una prospettiva di dinamizzare l’approccio epidemiologico in studi longitudinali di popolazione6 basati sulle anagrafe sanitarie. Infatti la popolazione è il luogo dove tutti gli eventi necessariamente accadono.

Alla luce di queste considerazioni, nel seguire attraverso sistemi integrati le “traiettorie” percorse dagli individui all’interno di un SSN, sembrano essere due le finestre privilegiate di osservazione: il periodo iniziale della vita, per il peso che ha nell’influenzare i profili sanitari successivi; e il percorso, identificabile in 10-15 anni, che precede il decesso e che già impegna la maggior parte delle risorse dell’SSN,ma pone, al di là degli aspetti economici, la necessità di rielaborare il ruolo e le modalità di intervento di un’organizzazione sanitaria moderna di fronte allo spegnersi della vita.

Conflitti di interesse dichiarati: nessuno

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