Editoriali
26/11/2017

La sesta Conferenza ministeriale su ambiente e salute: risultati e prospettive

Il 13-15 giugno scorsi, 48 dei 53 Stati membri della regione europea dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) hanno partecipato alla sesta Conferenza su ambiente e salute a Ostrava (Repubblica Ceca). Rappresentanti dei Ministeri della salute e dell’ambiente e, con loro, di numerose altre agenzie internazionali, organizzazioni governative e non, e di altri soggetti interessati, per un totale di quasi 700 persone, hanno dato vita a tre giorni di lavori incentrati sulla tematica Better health. Better environment. Sustainable choices.
Conferenze come quella di Ostrava rappresentano il momento più importante del cosiddetto processo europeo su ambiente e salute, iniziato negli anni Ottanta, che da allora rappresenta una piattaforma tecnico-politica per valutare l’importanza dei determinanti ambientali di salute, per discutere di priorità e per promuovere politiche virtuose in materia. Cominciato con la prima Conferenza di Francoforte nel 1989, il processo può vantare di essere stato all’avanguardia nel campo del lavoro intersettoriale e dell’approccio “salute in tutte le politiche”, molto seguiti in sanità pubblica solo più tardi. Il processo europeo ha conosciuto, nel suo quasi trentennio, alti e bassi, ma ha mantenuto un ruolo importante non solo di promozione del dialogo fra i due settori, ma anche di scambio fra Paesi molto diversi (la regione europea dell’OMS comprende tutto il continente, gli stati ex-sovietici e Israele), alcuni dei quali nati in questi anni e molti radicalmente evolutisi negli ultimi decenni. Il processo ha, inoltre, promosso la diffusione delle evidenze scientifiche disponibili in materia di ambiente e salute, offrendo a tutti i Paesi accesso ai dibattiti scientifici in corso e stimolando la riflessione sulle politiche basate su evidenze, in un contesto politico affatto realistico, visto il coinvolgimento diretto dei governi. La Conferenza di Ostrava segue la precedente, tenutasi a Parma nel 2010. In qualità di padroni di casa, gli allora Ministri italiani di salute e ambiente (Ferruccio Fazio e Stefania Prestigiacomo, rispettivamente) firmarono una dichiarazione ministeriale che introduceva, per la prima volta, alcuni obiettivi con scadenze temporali, per esempio in materia di accesso all’acqua potabile o di riduzione di malattie da amianto e altro ancora; obiettivi raggiunti solo parzialmente.1
Dopo Parma, a seguito di una pausa in parte fisiologica e in parte dovuta a interesse altalenante da parte dei Paesi membri (è anche da ricordare, a questo proposito, la chiusura nel 2011 del Centro OMS di Roma), il processo europeo su ambiente e salute ha, negli ultimi anni, aggiornato sensibilmente le priorità di lavoro, confermando l’importanza di alcuni temi ben noti, ma aggiungendone di nuovi.
Nei sette anni intercorsi tra Parma e Ostrava molto è, infatti, cambiato. Da una parte, i macrodati disponibili rimangono preoccupanti: i fattori ambientali sono responsabili del 15% della mortalità nella regione europea (1,4 milioni di decessi nel 2014), metà abbondante della quale attribuibile all’inquinamento dell’aria, all’aperto e al chiuso. Queste cifre riguardano solo i rischi accertati, per i quali la quantificazione degli impatti legati a mortalità e morbosità (burden of disease) è pratica consolidata ed è, pertanto, legittimo presupporre l’esistenza di un ulteriore impatto dovuto a determinanti meno noti, non ben quantificati o anche sconosciuti.
Sebbene questi dati non differiscano molto da valutazioni precedenti, i vistosi cambiamenti cui si faceva cenno sono piuttosto di contesto. La Conferenza di Ostrava ha avuto luogo in una fase del processo caratterizzata da diversi fattori, tra i quali spicca una raggiunta e maturata consapevolezza, finalmente condivisa anche dal settore sanitario, dell’urgenza di rispondere ai cambiamenti globali ormai più che evidenti (a cominciare dal clima) e di riconoscere che, entrati nell’Antropocene, la sanità pubblica, così come l’economia o più in generale la società intera, sono parte integrante di un sistema biofisico complesso, con numerosi limiti.2 Le implicazioni per la sanità pubblica sono profonde e indubbiamente richiedono un’attenta riflessione, come proposto da uno dei documenti preparati dall’OMS per la Conferenza.3 Sono, infatti, in molti a ritenere che la portata dei cambiamenti ambientali e sociali in atto richieda un deciso ripensamento delle discipline rilevanti, in termini di obiettivi, metodi e ruolo degli addetti ai lavori.
La Conferenza di Ostrava è stata, non a caso, la prima della serie a valle dell’adozione dell’Agenda 2030 sullo sviluppo sostenibile (un’agenda che interessa tutti i governi, non solo quelli dei Paesi a basso reddito come in passato), i cui 17 obiettivi includono la salute umana, riconoscendo l’importanza critica di temi come l’urbanizzazione, la produzione industriale e i consumi, le disuguaglianze sociali e molte altre questioni con enormi conseguenze, sia dirette sia non, per la salute e il benessere (si noti anche il crescente interesse per quest’ultimo, in linea con una concezione di salute più ampia che in passato).
A proposito di disuguaglianze, sembra importante anche segnalare la crescente attenzione per quelle a livello locale: dopo anni in cui le enormi differenze tra Paesi dominavano il dibattito, le disuguaglianze fra gruppi di popolazione contigui ma separati dalla loro facilità di accesso a risorse sociali e ambientali, piuttosto che da confini nazionali, sono oggetto di studio e di discussione intensa, anche a seguito della grande prominenza del dibattito complessivo sulle disuguaglianze sociali e di salute in generale.
A Ostrava sono entrati in scena i governi locali, di regioni e città: anche questo è un cambiamento piuttosto significativo, dopo molti anni in cui i soli governi nazionali, pur spesso distanti da decisioni fondamentali in tema di ambiente e salute, partecipavano al processo e ne determinavano gli orientamenti. D’altra parte, in molti Paesi, come in Italia, strutture di governo federali o fortemente devolute rendono i governi locali interlocutori essenziali. La voce dei governi e delle comunità locali, accanto a quelle, molto attive, della società civile, dei giovani (mirabilmente organizzati a livello europeo) e di altri gruppi di interesse, ravviva sensibilmente il dibattito all’interno del processo, contribuendo a sollevare argomenti e priorità che potrebbero altrimenti essere trascurate.
Si diceva sopra della miscela di aree tematiche vecchie e nuove in materia di ambiente e salute (incidentalmente, lo stesso tema della Conferenza ISEE di Roma del 2016); le aree di interesse prioritario identificate in seno al processo e per inclusione nell’agenda della conferenza sono:

  • aria e acqua: l’accento è stato posto sull’urgenza di colmare lacune ben note e assicurarsi che le abbondanti evidenze scientifiche si traducano in azioni concrete per ridurre l’inaccettabile impatto sulla salute dei cittadini europei e per garantire a tutti il diritto di accesso ad acqua potabile e servizi sanitari.
  • agenti chimici: gli obiettivi concordati fanno riferimento alla ricerca di alternative ai composti dannosi per la salute (o potenzialmente dannosi, viste le tante incertezze e visto anche un richiamo al principio di precauzione) e a un più intenso monitoraggio delle esposizioni umane.
  • rifiuti e siti contaminati: un argomento per la prima volta in agenda anche grazie al lavoro di numerosi ricercatori italiani, sono messi in relazione con le disuguaglianze, l’impellente necessità di cancellare le ignominiose pratiche di smaltimento o riciclaggio incontrollato e la transizione verso modelli di economia circolare, molto sostenuta dall’Unione europea (che partecipa attivamente al processo).
  • cambiamento climatico: l’accento è sull’adattamento e la vulnerabilità ai fenomeni estremi (per esempio, ondate di caldo) e sull’importanza di aderire agli accordi internazionali per la riduzione di emissioni.
  • città: sono riconosciute come luoghi chiave per l’implementazione di politiche a benefici multipli, in termini di salute, equità e sostenibilità.
  • sostenibilità ambientale dei sistemi sanitari: i sistemi sanitari sono chiamati a ridurre il loro impatto ambientale, sia perché è molto cospicuo e i margini di miglioramento sostanziali, sia per il ruolo esemplare che la sanità può avere.4

Nel suo complesso, la dichiarazione di Ostrava si richiama ai molti impegni e quadri legislativi esistenti, sottolineando che questi obiettivi tematici possono essere perseguiti solo attraverso sforzi intersettoriali (di salute, ambiente e altri settori) e sfruttando l’allineamento di vari soggetti nazionali e internazionali favorito dall’agenda per lo sviluppo sostenibile, a cominciare dalle Nazioni unite, di cui l’OMS è membro. Da parte loro, i Paesi si impegnano a sviluppare, entro il 2018, documenti nazionali che identifichino le azioni più appropriate (portfolio for action).5 Se è vero che l’impegno non è dei più stringenti, è anche vero che, da trent’anni a questa parte, il processo europeo ambiente e salute, un meccanismo a partecipazione del tutto volontaria, non ha operato per mezzo di impegni legalmente vincolanti. Il suo valore risiede soprattutto nel grado di influenza che questi soft instrument hanno nella dialettica nazionale e nel confronto tra Paesi. In molte occasioni, questa influenza si è mostrata assai efficace in termini di ricadute politiche, ma molto dipende anche dalla mobilitazione di comunità professionali, come è quella epidemiologica in Italia. In altre parole, questi pur generici impegni potranno più facilmente produrre progressi reali se questa comunità riconoscerà come proprie le istanze delle dichiarazioni e se contribuirà a chiamare i decisori a onorare lo spirito e la lettera degli impegni sottoscritti a Ostrava.

Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.

BIBLIOGRAFIA

  1. WHO Regional Office for Europe. Improving environment and health in Europe: how far have we gotten? Copenhagen, WHO, 2015. Disponibile all’indirizzo: http://bit.ly/1HTh1mJ
  2. Rockström J, Steffen W, Noone K et al. A safe operating space for humanity. Nature 2009;461(7263):472-75.
  3. WHO Regional Office for Europe. Environment and health in Europe: status and perspectives. Copenhagen, Who, 2017. Disponibile all’indirizzo: http://bit.ly/2uQ2gic
  4. WHO Regional Office for Europe. Declaration of the Sixth Ministerial Conference on Environment and Health. Annex 1. Compendium of actions for the implementation and monitoring of the Sixth Ministerial Declaration. Ostrava, WHO Regional Office for Europe, 2017. Disponibile all’indirizzo: http://bit.ly/2sXQMdL
  5. WHO Regional Office for Europe. Declaration of the Sixth Ministerial Conference on Environment and Health. Ostrava, WHO Regional Office for Europe, 2017. Disponibile all’indirizzo: http://bit.ly/2sO5LY4
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