Vulnerabilità della prontezza scolastica: di cosa si tratta e perché è importante
In questo numero di Epidemiologia&Prevenzione è pubblicato un articolo di Valeria Formosa e collaboratori su un’indagine effettuata nel Lazio all’inizio dell’anno scolastico 2022-23 in bambini della prima classe della scuola primaria per valutare la prevalenza di vulnerabilità della prontezza scolastica all’apprendimento tramite il questionario “Identificazione precoce dei disturbi dell’apprendimento” (IPDA).1
Lo studio valuta anche le caratteristiche socioeconomiche associate alla vulnerabilità e mira a «stimolare l’attenzione dei decisori sulle conseguenze della pandemia di COVID-19 e sulla necessità di attuare interventi specifici e tempestivi da parte della comunità scolastica, prevenendo così gli effetti negativi sulla salute presente e futura dei bambini».
Quello che ci interessa è soprattutto approfondire per i lettori che cos’è la vulnerabilità della prontezza scolastica all’apprendimento. Il concetto di school readiness si riferisce al livello di maturazione di alcune competenze (in passato in Italia si utilizzava termine pre-requisiti) che costituiscono la base per l’apprendimento della lettura, della scrittura e del calcolo. Sappiamo da tempo che i bambini che al termine della scuola dell’infanzia controllano con difficoltà queste competenze avranno, con tutta probabilità, nei due anni successivi,un apprendimento scolastico più lento e faticoso.
Tra le competenze che compongono la school readiness ce ne sono alcune – che nell’IPDA vengono chiamate di pre-alfabetizzazione, strettamente legate al controllo del codice scritto (come il conoscere il nome delle lettere o il saper individuare e manipolare i suoni che compongono una parola) o che sono la base per operare con i numeri (come il riconoscimento delle quantità). Alla base della capacità di apprendimento scolastico contribuiscono, però, anche competenze cognitive più generali (per esempio, motorie e/o linguistiche) e altre legate al comportamento (per esempio, saper attendere, stare seduti a lungo, portare a termine una richiesta).
La prevalenza della vulnerabilità della prontezza scolastica all’apprendimento stimata nello studio del Lazio è stata considerevolmente alta: 44,9%. Come ci si può aspettare, era associata a un livello basso di istruzione e alla disoccupazione dei genitori. La precedente frequenza della scuola dell’infanzia – ambito in cui dovrebbe essere somministrato il questionario – era, invece, associata a una vulnerabilità minore. Il secondo dato preoccupante è che «il confronto con i dati di uno studio precedente “di riferimento” pubblicato nel 2011ed effettuato in bambini dell’ultimo anno di scuola dell’infanzia in 17 città italiane colloca i soggetti studiati nel Lazio con un ritardo di un anno in termini di sviluppo psicomotorio».
Nello studio di Formosa et al., le aree di sviluppo più colpite sono state le abilità motorie, la pre-matematica e la pre-alfabetizzazione.
Lo studio presenta alcuni limiti: il confronto è fatto con una popolazione di bambini che frequentavano l’ultimo anno di scuola dell’infanzia, una popolazione selezionate e che, anche secondo i dati presentati in questo stesso studio, è meno soggetta a vulnerabilità rispetto a chi non ha frequentato la scuola dell’infanzia. I bambini dello studio di riferimento vivevano in realtà diverse da quella considerata; lo studio di riferimento è stato condotto più di 11 anni prima. Inoltre, non essendo presenti dati pre-pandemici nello studio del Lazio, risulta difficile imputare i risultati ottenuti alla pandemia da COVID-19.
Il panel che ha redatto la linea guida per la gestione dei disturbi specifici dell’apprendimento (DSA),2 pubblicata dal Sistema Nazionale Linee Guida nel gennaio del 2022, ha dedicato uno dei quesiti proprio all’individuazione degli indicatori predittivi per la comparsa di un disturbo di apprendimento. L’analisi dei dati raccolti dall’esame sistematico della letteratura internazionale ha confermato che la fragilità di alcune competenze misurate a 5 anni è un buon predittore del livello di apprendimento del codice scritto negli anni successivi, ma che la predittività è multifattoriale (nessun fattore isolato ha un potere predittivo statisticamente rilevante). Inoltre, la predittività è da intendersi come relativa al gruppo dei soggetti risultati “a rischio” e non al singolo individuo: da molte ricerche, sappiamo che una percentuale più o meno consistente di bambini considerati “fragili” a una prima rilevazione recupera nel tempo e, negli anni successivi, ha prestazioni nella norma.
Meno chiara, infine, è la capacità predittiva di questionari compilati da insegnanti o genitori, sui quali possono avere un’influenza le percezioni soggettive, le aspettative e le preoccupazioni del mondo degli adulti. Ciò può aver avuto un peso per quanto riguarda la pandemia di COVID-19: in un lavoro pubblicato nel 2013,3 il 69% degli insegnanti riteneva che gli effetti della pandemia sullo sviluppo dei bambini potessero essere stabili nel tempo.
Infine, è ancora fonte di dibattito quanto la maturazione delle competenze valutate attraverso i questionari sia legata alla maturazione personale e quanto mediata dall’ambiente (familiare, sociale e didattico). I modelli di sviluppo più recenti, anche per quanto riguarda l’apprendimento, hanno dimostrato che la componente neurobiologica e quella ambientale interagiscono fortemente nel corso del tempo4, anche se con un timing definito5. Sicuramente, una parte delle competenze esplorate è strettamente derivata dall’esperienza scolastica, quindi è prevedibile che i bambini poco scolarizzati (quelli che non hanno frequentato la scuola dell’infanzia) siano meno pronti ad affrontare le richieste della scuola primaria.
L’esperienza della pandemia ci ha messi di fronte a un ampio effetto negativo sul funzionamento adattativo di bambini e ragazzi nel periodo immediatamente successivo al lockdown: non abbiamo, però, dati longitudinali sulla stabilità nel tempo di questi effetti negativi. Inoltre, dall’articolo non sappiamo se i dati relativi alla vulnerabilità nella school readiness del campione esaminato siano da attribuirsi interamente agli effetti della pandemia o siano determinati anche da fattori familiari e/o sociali. Non disponendo di dati longitudinali che confermino la capacità predittiva della rilevazione riportata dallo studio e non potendo fare riferimento a studi condotti negli anni subito precedenti o successivi alla pandemia, dobbiamo interpretare con cautela le conclusioni riportate dagli autori. Rimane, però, necessario ribadire l’importanza di una maggiore attenzione – pedagogica e di salute pubblica – al periodo prescolare, poiché in questa fase si costruiscono molte delle basi per lo sviluppo cognitivo, emotivo e sociale che avverrà negli anni successivi.
Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.
Bibliografia
- Terreni A, Tretti ML, Corcella PR, Cornoldi C, Tressoldi PE. Test IPDA Questionario osservativo per l’identificazione precoce delle difficoltà di apprendimento. Nuova edizione. Trento, Erickson, 2011.
- Sistema Nazionale Linee Guida. Linee Guida sulla gestione dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento. Bologna, GIMBE, 2022. Disponibile all’indirizzo: https://www.iss.it/-/snlg-disturbi-specifici-apprendimento
- Civerchia M, Duca M, Pincherle M. Pandemia da SARS-Covid-19: ripercussioni neuropsicologiche ed educative in età evolutiva. Giornale di Neuropsichiatria dell’età evolutiva 2021;41(2):89-97.
- Pennington BF, Santerre-Lemmon L, Rosenberg J et al. Individual prediction of dyslexia by single versus multiple deficit models. J Abnorm Psychol 2012;121(19:212-24. doi: 10.1037/a0025823
- Morris-Rosendahl DJ, Crocq MA. Neurodevelopmental disorders-the history and future of a diagnostic concept. Dialogues Clin Neurosci 2020;22(1):65-72. doi: 10.31887/DCNS.2020.22.1/macrocq