Quanti positivi Covid-19 vengono ricoverati?
(ndr: questo post scritto il 15 dicembre era rimasto nel cassetto, ma se contestualizzato forse mantiene ugualmente interesse)
Sembra talvolta che ci siano quattro pandemie create dallo stesso virus Sars-2-Cov: la pandemia degli asintomatici che non sanno di essere infetti, la pandemia dei contagiati isolati a domicilio, la pandemia dei ricoverati e la pandemia dei deceduti. In realtà il virus non produce a tutti gli stessi effetti ma anche non tutti si comportano alla stessa maniera quando si ritrovano con un test positivo, e spesso sono anche i servizi sanitari che non offrono la stessa assistenza.
Il 9 dicembre 2021, in Italia sono stati registrati dall'inizio della pandemia 5.164.780 di contagi, 135.178 decessi, cioè il 2,62%, e hanno passato 136.227.127 giornate di isolamento domiciliare , 26,38 a testa, 8.335.101 in ospedale, il 5,77% delle giornate con positività, e 878.291 giornate in raparti di terapia intensiva, cioè il 10,54% delle giornate in ospedale.
Ma ciò che si vorrebbe capire è se le cure ospedaliere siano sempre state una percentuale simile dei soggetti contagiati e se vi siano differenze tra le varie Regioni italiane.
Si sono calcolati tre differenti indicatori che possono illustrare vari aspetti della situazione:
- A) La percentuale di positivi ospedalizzati (% prevalenza ospedalizzati/prevalenza positivi). Ciò che può far aumentare questa percentuale sono tre elementi: la gravità delle patologie indotte dal virus, l'età della popolazione contagiata, il modello assistenziale più orientato all'assistenza ospedaliera che domiciliare.
- B) La percentuale di positivi ricoverati in terapia intensiva (% prevalenza ricoverati in terapia intensiva/prevalenza positivi). In questo caso oltre ai primi due elementi, il terzo non è tanto il modello assistenziale quanto la disponibilità di strutture.
- C) La percentuale di ricoverati in terapia intensiva sul totale dei ricoverati (% prevalenza ricoverati in terapia intensiva/prevalenza ospedalizzati). E questo indicatore risente ancor di più dei precedenti della disponibilità di strutture.
Il grafico mostra l'andamento dei tre indicatori normalizzati per la loro media del periodo a partire dal 1° di luglio; sembra che tutti e tre gli indicatori abbiano un andamento simile con una discesa in luglio e minimo ai primi di agosto, poi una risalita sino a fine settembre ed una nuova discesa in novembre. Se i primi due indicatori risentono della estensione dell'attività diagnostica con tamponi, il terzo dovrebbe esserne estraneo e quindi si può ipotizzare che l'elemento determinante dell'andamento sia il livello di gravità della patologia da Covid-19.
Gli stessi indicatori sono stati calcolati per le Regioni utilizzando i dati di prevalenza del 9 dicembre e questi i risultati:
La prima cosa che appare dai grafici è l'ampia variabilità dei valori tra le Regioni:
indicatore |
A |
B |
C |
minimo |
1,446% |
0,084% |
4,167% |
primo quartile |
2,186% |
0,284% |
8,418% |
mediana |
3,093% |
0,368% |
15,909% |
terzo quartile |
2,755% |
0,316% |
12,195% |
massimo |
4,110% |
0,699% |
27,679% |
Sicuramente l'età della popolazione, e quindi dei positivi, influisce parecchio: si veda nel grafico dell'indicatore A il ventesimo posto della Liguria (la Regione più anziana) e il quarto posto della Campania (La Regione più giovane).
Ci sono però probabilmente anche dei diversi modelli assistenziali: ad esempio il primo posto di Bolzano e il terzo posto del Veneto sempre nell'indicatore A, ed al quinto e sesto posto nell'indicatore B e invece al diciannove ed al diciotto posto nell'indicatore C: in queste Regioni si ricovera quindi di meno ma i ricoverati sono per lo più per i più gravi. Un'altra componente della variabilità è sicuramente la disponibilità di posti letto nei reparti Covid sia a bassa che ad alta intensità; purtroppo la scarsità di offerta condiziona spesso anche la domanda.
Quest'ultimo grafico mostra la variabilità degli indicatori regionali rispetto ai loro valori nazionali e si veda come ci siano delle caratteristiche simili in alcuni gruppi di Regioni. Il primo vede l'indicatore A inferiore sia all'indicatore B che C, il secondo invece B è superiore a B che è superiore a C, il terzo invece A è molto superiore a B e questo però è spesso inferiore a C, il quarto infine ha indicatori quasi simili tra loro tranne Trento che ha un indicatore B elevato.
Dando maggior ruolo al rapporto tra gli indicatori rispetto al loro singolo valore ai potrebbero avanzare alcune ipotesi interpretative di questi gruppi di Regioni: Gruppo 1: si tende a ricoverare maggiormente le malattie più severe. Gruppo 2: si ricoverano anche le malattie meno severe e tra queste sono ancor meno quelle che abbisognano di cure intensive. Gruppo 3: i ricoveri sono ancor meno frequenti e pochi sono ancor più i ricoveri in terapie intensive. Gruppo 4: lo scostamento degli indicatori dalla media italiana è molto basso tranne per i ricoveri in terapia intensiva a Trento che sembra una anomalia particolare.
Questa breve analisi dei modelli di assistenza al Covid-19 non è chiaramente esauriente; bisognerebbe avere altre informazioni cui in questo momento non si ha accesso come ad esempio l'età dei positivi e dei ricoverati a livello regionale. Ma questa prima immagine della situazione porta a dire che sarebbe importante approfondire l'analisi perché sembra ci siano importanti differenze tra le Regioni e se ne dovrebbe capire meglio le ragioni.
Nell'analisi dei dati della pandemia nelle Regioni ci si è sforzati per lo più di capire il perché ci si contagia in misura differente e di meno ci si è occupati della valutazione dei percorsi assistenziali e forse adesso sarebbe opportuno sviluppare maggiormente questi aspetti.