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04/04/2022

Covid di marzo 2021 e 2022

Epidemia di Covid-19 nel mese di marzo del 2021 e del 2022: trova le differenze.

La differenza più rilevante è certamente dovuta ai vaccini, la cui somministrazione era solo all’inizio e invece ora copre la quasi totalità della popolazione. Il 31 marzo 2021 solo il 5,5% della popolazione (3 milioni e 272mila persone) aveva infatti completato il ciclo vaccinale, mentre il 31 marzo 2022 era l'80,3% (47 milioni e 828mila), e il 65,3% (38 milioni e 902mila) aveva fatto anche il richiamo.

In un anno anche il virus è cambiato: nel marzo 2021, seppur già ce ne fossero state, non si parlava ancora di varianti, poco dopo invece si diffuse la variante Delta e, a fine 2022, è stata la volta della Omicron. Sono cambiate anche le misure di contenimento quali l'avvicendarsi dei colori con cui si sono classificati i rischi delle Regioni, l'istituzione del Green Pass dal 1° luglio 2021, e dell'obbligo vaccinale per le persone con più di 50 anni dall'8 gennaio 2022.

Queste sono le frequenze degli eventi come notificati sul file della Protezione Civile:

 

Si osserva subito l'incremento dei contagi, quasi triplicatisi, ed invece la diminuzione dei ricoveri e dei decessi. Diminuiscono anche le giornate di isolamento pro capite, la percentuale di giornate di ricovero in terapia intensiva sul totale mentre i tamponi con esito positivo da 1 su 15 del marzo 2021 sono passati a 1 su 7,4 nel marzo 2022.

Confronti per genere e classe di età

Un aspetto interessante è l'esame dei contagiati e dei deceduti per classe di età qui di seguito riprodotti nei seguenti grafici; si faccia attenzione che, al fine del confronto tra 2021 e 2022, sono calcolate delle proporzioni tra valori assoluti e non tra incidenze nella popolazione.

 

 

I decessi nel 2022 sono percentualmente diminuiti nelle classi < 80 anni e aumentati nei più anziani, mentre tra le femmine si osserva un aumento percentuale per genere in quasi tutte le classi di età tranne in quelle > 80 anni. Per i contagi si osserva invece nel 2022 un aumento percentuale nelle classo 0-19 ed anche un aumento nel genere femminile.

Sembra potersi dire che il quadro per età e genere non è molto cambiato, ma c'è una riduzione relativa della mortalità nei più giovani e un aumento nelle femmine e tra i contagi un aumento nei giovanissimi e in genere tra le femmine.

Confronto per Stato Clinico

La distribuzione per età delle prevalenze al 31 marzo del 2021 e del 2022 possono esser confrontate anche per stato clinico. Il grafico seguente da l'incremento relativo delle percentuali per stato clinico all'interno di ciascuna classe di età e sul totale.

 

In tutte le classi di età sono aumentate le percentuali dei soggetti asintomatici e nelle classi anziane anche le percentuali dei paucisintomatici mentre sono in diminuzione tutte le altre percentuali tranne quella dei soggetti in stato critico nei maggiori di 90 anni. Le variazioni comunque sembrano quasi costanti per tutte le classi di età e confermano la diminuzione della gravità negli esiti dei soggetti contagiati.

Confronto per Regioni

 

La proporzione relativa di contagi tra Regioni è invece mutata considerevolmente. Non si dia molta importanza al valore della Sardegna dato che questa Regione per tutto il 2021 non ha erroneamente considerato come positivi i casi diagnosticati con il solo tampone antigenico, e quindi l'incremento seppur considerevole è da attribuire prevalentemente a questa anomalia.

Ci sono sei Regioni che hanno avuto un incremento tra il marzo 2021 ed il marzo 2022 inferiore a quello della media italiana e sono l'Emilia-Romagna, il Friuli Venezia Giulia, la Lombardia, la P.A. di Trento e la Valle d'Aosta. Le Regioni invece con il maggior incremento sono state l'Umbria, la Sicilia, il Molise, la Calabria e la Basilicata. Si può quindi ritenere che vi sia stato in genere un incremento maggiore nelle Regioni del Sud rispetto a quelle del Nord dell'Italia.

Le Regioni dove sono aumentati maggiormente i contagi sono in parte anche quelle in cui sono aumentati i test con tampone. Non è possibile però capire se ci siano stati più contagi perché più diagnosticati o se sia cresciuta l'attività diagnostica perché c'era maggior circolazione del virus.

 

Concludendo

Non sembra si possa dire che, nonostante tutte le varianti del virus intervenute, la patologia sia sostanzialmente mutata. Il vaccino ha ridotto la gravità degli esiti e il rallentamento delle misure di contenimento hanno fatto aumentare i contagi. Questo senso di minor gravità sta portando a considerare questa pandemia simile ad una semplice influenza. Ma così non è e forse questa falsa percezione è proprio il fattore che la alimenta e la fa perdurare più di quanto si potesse pensare. E quindi dovremmo incominciare a ragionare sul perché di questa durata della pandemia, già molto più duratura, ad esempio, della pandemia da Spagnola di inizio '900.

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