Bastano i dati ufficiali Covid19?
È arrivato davvero il momento, come affermato nell’ interessante post della Redazione di MADE, per riflettere sul futuro dell’epidemia COVID19. L’estate 2021 coinciderà con la riduzione dell’incidenza, come avvenne nell’estate dell’anno scorso, ma oggi è necessario intervenire in modo ragionato non solo sulla ripartenza socioeconomica ma anche sulle future politiche di sanità pubblica, nella nuova epoca della copertura vaccinale. La proposta di valutare la comparabilità tra le curve di Incidenza/ Prevalenza dei casi Covid19 e insieme di quella dei ricoveri ordinari e in terapia intensiva e di renderle graficamente comparabili con i decessi Covid19 nei primi 150 giorni del 2021è interessante. La misura di prevalenza, cioè il numero dei soggetti che “contemporaneamente, ogni giorno, si trovano nella stessa situazione”, permette, basandosi sull’incidenza, una stima della durata media nella condizione in circa 2 settimane. Nell’ultimo periodo di osservazione le diverse curve mostrano uno stretto parallelismo dei contagi e dei ricoveri, (ordinari e TI) che è indicativo, secondo gli autori, di una costanza di gravità della patologia e della capacità assistenziale e questa si manifesta nel similare andamento della curva dei decessi.
In Italia, come in molti altri paesi del mondo, i dati Covid19 hanno fortemente sottostimato (undercounted) l’impatto dell’epidemia, soprattutto nei comparti non ospedalieri. L’eccesso di morti totali che sono stati registrati e possono essere attribuibili a Covid19 è oggetto di discussione e approfondimenti, ma, seppure in presenza di dati preliminari, frutto di sistemi informativi rapidi e di una metodologia sviluppatasi nell’emergenza, si conferma che la sottostima è in larga parte dovuta al ritardo- e alla policy- con cui, nei diversi contesti e comparti assistenziali, sono stati eseguiti i tamponi che definiscono un caso o un decesso attribuito a Covid19. La mi osservazione è quindi che considerare i soli dati ufficiali COVID19 e non utilizzare un sistema informativo integrato, almeno come “dati ufficiali COVID19-mortalità totale”, può rendere il dato dei decessi Covid19 poco rappresentativo, almeno in certe aree o in certe fasi della realtà epidemica (un fenomeno certamente più grave nella prima ondata epidemica).
L’eccesso di morti totali in Italia (rispetto alla media 2015-19) è stato, secondo ISTAT, nel periodo Marzo-Maggio 2020, di 50.968 (+32%) a fronte di 34.079 decessi ufficiali COVID19 (che sono il 67% dell’eccesso). Nel periodo Ottobre- Dicembre 2020, la seconda fase epidemica dopo la tregua estiva, i 52.057 decessi totali sono stati classificati come Covid19 per un totale di 39.927 soggetti (77%). Il dato di questo secondo periodo ha estensione nazionale, e non è limitato alle aree specifiche del Nord e Centro Italia come era avvenuto nella prima fase epidemica. I dati per luogo di decesso sono stati pubblicati solo recentemente da ISTAT e sono relativi purtroppo alla sola prima fase (Marzo-Aprile 2020).
Se si confrontano i decessi totali di questi due terribili mesi appare chiaro come nei dati Covid19 ufficiali sono gli Ospedali quelli che pesantemente determinano l’andamento delle stime. Però è anche evidente che l’impatto dell’eccesso di mortalità nelle RSA e a domicilio ha di fatto sconvolto il sistema assistenziale, travolto le RSA con un eccesso di decessi totali di circa 16.000 morti, l’invisibile massacro di cui non abbiamo un rendiconto nazionale, e nello stesso tempo ha portato ad un incremento di più di 10.000 decessi a domicilio, a confronto dei circa 42000 decessi a casa attesi, cioè la media annuale dei decessi totali negli anni 2015-19. A fronte di questo sconquasso del sistema assistenziale, il rapporto tra Eccesso di morti totali e dati COVID19 è assai basso (27% e 8%, rispettivamente nelle RSA e a domicilio). Una misura dell’epidemia nascosta.
In breve, la comparazione della prevalenza di ricoveri (ordinari e Terapie intensive) con la curva dei decessi ufficiali Covid19 è una rappresentazione parziale e potenzialmente distorta dell’impatto epidemico. L’epidemia procede per picchi e quando vi è una forte pressione sugli ospedali certamente i decessi ospedalieri sono una grande parte del totale. Nella fase della decrescita sia dell’eccesso di morti totali che dei decessi ufficialmente classificati Covid19, come quella che oggi vivono in Inghilterra e da qualche settimana, almeno per i dati Covid19 ufficiali, anche in Italia, il peso dei due comparti, RSA e domicilio, può divenire rilevante.
Una ampia comparazione dei dati del sistema integrato Covid19-mortalità totale italiano e inglese è pubblicata su Scienza in rete. In una applicazione di Public Health England aggiornata agli ultimi dati (26 Aprile 2021) gli andamenti nella seconda ondata e nei primi mesi del 2021 in Inghilterra confermano che in quel paese le RSA (homecare) sono state messe in sicurezza ed il domicilio è il comparto in cui a tutt’oggi si evidenzia un importante eccesso di morti totali e la più lunga, lentamente calante, coda di casi Covid19. Questo mentre l’eccesso di morti è da tempo inferiore a zero negli ospedali Inglesi. Alcune valutazioni aneddotiche in Italia, ci dicono che nella seconda ondata 2020 le RSA erano ancora in sofferenza. Non abbiamo informazioni quantitative nazionali. Considerate le condizioni del nostro welfare familiare, la situazione dell’assistenza a domicilio è non solo un grande onere per le famiglie, ma anche un contesto favorevole per il prolungarsi del rischio di infezione familiare e intergenerazionale. La programmazione di un intervento di sanità pubblica per prepararsi alla stagione autunnale deve predisporre interventi che contengano la pericolosità in questi comparti anche per evitare che siano permeabili a riprese del rischio infettivo.