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22/11/2021

Accelerazioni e decelerazioni dell'epidemia nel 2020 e nel 2021

Il confronto tra i dati dell'epidemia di quest'anno (2021) e dell'anno scorso (2020) è una operazione che incontra difficoltà metodologiche e interpretative. Ciò che infatti è cambiato non sono solo le frequenze degli eventi accaduti ma anche quella dei soggetti suscettibili ad essere protagonisti degli eventi stessi. Le differenze tra le frequenze assolute nelle settimane dal 24 febbraio al 18 novembre del 2020 e del 2021 mostrano questi andamenti:

e i rapporti tra le stesse sono i seguenti:

È subito evidente che le frequenze dell'autunno 2020 sono enormemente maggiori di quelle dell'autunno 2021 soprattutto grazie alle vaccinazioni della popolazione e quindi questi trend risultano scarsamente significativi. Meglio sarebbe poter costruire gli indici correggendoli per le quote di suscettibili, ma la stima di costoro non è disponibile con sufficiente precisione in quanto dipende sia dalle pregresse infezioni risolte sia dalle vaccinazioni ma per entrambe la suscettibilità aumenta all'allontanarsi da ciò che l'aveva ridotta. Se ad esempio la suscettibilità al contagio si può stimare circa del 10% appena completate le due dosi, allo scadere dei sei mesi la si stima al 50%. Diverse ancora poi sono le suscettibilità alle malattie severe ed ai decessi.

Per questo motivo una soluzione praticabile per confrontare l'andamento dell'epidemia tra gli stessi giorni di due differenti anni può essere quella di analizzare non la frequenza ma l'incremento o il decremento degli eventi, cioè analizzare le fasi in cui l'epidemia ha accelerato o decelerato la sua crescita. Si osservi che la diminuzione degli eventi si verifica solo quando l'indice di decelerazione scende sotto al valore uno; al di sopra significa comunque che aumenta, accelerando o decelerando.

Per fare un esempio banale, il numero di eventi può essere considerato la velocità dell'epidemia, l'indice qui utilizzato, simile a quello a quello chiamato "indice di replicazione diagnostica" RDt, permette di capire quanto si è premuto sul pedale del freno o sul pedale dell'acceleratore.

L'indice RDt è calcolato come rapporto tra le diagnosi di positività di un a periodo di tempo rispetto ad un precedente periodo di ugual ampiezza. Ponendo a 7 i giorni dei periodi utilizzati, come solitamente vien fatto, si ottengono due vantaggi: il primo è quello di eliminare la ciclicità intra settimanale dovuta alla minore attività durante i fine settimana ed il secondo è di avvicinarsi al valore dell'Rt che indica il numero medio di contagi prodotti da ciascun contagiato. Si osservi che il trend è costante ed esponenziale ed ha una determinata slope (cioè la ragione moltiplicativa), l'RDt corrisponde alla potenza "t"esima della slope.

Per confrontare degli andamenti di lungo periodo si è però qui scelto di utilizzare degli indici di replicazione a quattro settimane calcolando quindi il rapporto tra le medie delle frequenze di un evento negli ultimi 28 giorni e quelli dei 28 giorni ancora precedenti.

L'indice è stato quindi calcolato dal 19 aprile 2020 (56 giorni dopo il 24 febbraio, data da cui partono i dati disponibili) in quanto è il 19 aprile è il primo giorno in cui si può calcolare il rapporto tra le medie delle frequenze degli eventi delle 4 settimane intercorrenti tra il 19 aprile e il 23 marzo rispetto alla media delle frequenze degli eventi tra il 22 marzo ed il 24 febbraio.

I grafici che si riportano di seguito sono relativi alle frequenze giornaliere dei nuovi casi di positività, dei decessi e della prevalenza dei ricoveri in terapia intensiva. Per la terapia intensiva si è dovuto utilizzare la prevalenza dato che l'incidenza è stata pubblicata solo a partire dall'8 dicembre 2020.

Il rapporto incrementale tra le medie dei due periodi di 28 giorni lo si dovrebbe interpretare come una valore attribuibile al punto mediano del secondo periodo, cioè a 14 giorni prima dell'ultimo giorno del periodo posto al numeratore. Si osservi anche che essendo i due periodi relativamente ampi, quattro settimane, vengono annullate le variazioni avvenute all'interno dei due periodi stessi.

I risultati sono i seguenti:

Si osservi, come prevedibile, la somiglianza tra i tre andamenti che però evidenziano anche delle differenze tra di loro. Sia nel 2020 che nel 2021 l'epidemia ha mostrato una decelerazione da inizio primavera ed una accelerazione in estate, prima nel 2021 che nel 2020 per poi decelerare nel 2021 da inizio agosto mentre nel 2020 solo da fine estate. La differenza più rilevante la si osserva nella stagione autunnale: nel 2020 dopo una breve decelerazione c'è stata una crescita sino a metà autunno cui è seguito un notevole decremento sino a fine anno mentre nel 2021 già da fine estate si osservava una decelerazione mentre a metà ottobre i contagi hanno avuto una ripresa che dura tuttora.

Quest'ultima notazione è quella oggi di maggior preoccupazione perché costringe a riflettere su ciò che può aver prodotto questa nuova accelerazione e tra le ragioni sicuramente può esserci sia la ridotta protezione dei vaccini dopo i sei mesi dall'inoculazione sia l'aver ridotte le misure precauzionale e comportamentali di contenimento dei contagi. Un confronto con quanto sta accadendo nel resto di Europa ci indica che l'Italia forse ha mantenuto un maggior atteggiamento prudenziale e ciò ci fa sperare di non esser solamente "in ritardo" rispetto alla crescita preoccupante che si osserva nei paesi che ci stanno accanto soprattutto al nord ed all'est. Però rendiamoci conto che siamo in una fase di accelerazione e speriamo che non duri molto e si arresti prima dei giorni di Natale e di Capodanno.

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