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26/05/2025

Spesa sanitaria: diciamola giusta!

Di spesa sanitaria, su questo blog, ne avevamo già parlato, ma il dibattito sull'argomento è oggi molto acceso e purtroppo spesso non si chiariscono – volutamente o no – i termini della questione, per cui vale la pena di riparlarne, sperando che serva a fare maggior chiarezza.

Innanzitutto, si deve precisare che si parla di spesa sanitaria pubblica, a carico del bilancio dello stato, e non della spesa privata a carico delle famiglie, versata sia tramite assicurazioni sia out of pocket, cioè costi direttamente pagati di tasca propria per fatture o spesso – ahimè – in nero. Chi oggi parla di una spesa sanitaria maggiore di 180 miliardi (quindi con un pro capite superiore ai 3.000 €) spesso non sa o fa finta di non sapere che questa cifra è la somma della spesa pubblica e privata, mentre la stima della spesa sanitaria pubblica per il 2025 è di 142,9 miliardi (con un pro capite di 2.425 €). 

Nel 2023, l'Istat dava i seguenti valori riferiti alla spesa pubblica e a quella privata:

 

Si osservi che la spesa pubblica è a carico di tutti i cittadini, malati o sani, e in proporzione alle proprie capacità di contribuzione, mentre la spesa privata è a carico dei soli utenti, perlopiù malati, e senza proporzionalità sui redditi.

Parlando, allora, correttamente della sola spesa sanitaria pubblica, ci si deve chiedere se sia giusto, o mistificante, considerare solo il totale dei miliardi di euro del finanziamento del SSN, che sicuramente vede una costante crescita. Dieci anni fa era di 111 miliardi di euro e oggi di circa 143 miliardi: in 10 anni c’è stato un incremento del 29%; ma ha senso ragionare solo su questo incremento?

Ci sia permesso, allora, di fare un esempio banale, ma spero utile, per comprendere la questione: parliamo della spesa per vitto della famiglia Brambilla – padre, madre e tre figli – che nel 2019 ha speso in un anno 2.000 € e dopo 5 anni, nel 2024, ne ha spesi 3.000 €. Se confrontiamo le cifre, dobbiamo dire che dopo cinque anni ha speso il 50% in più, ma possiamo dire che ha realmente scelto di destinare più soldi del proprio reddito per mangiare?

Innanzitutto, dovremmo chiederci di quanto siano aumentati i costi degli acquisti: se in cinque anni l'aumento è stato del 25%, allora considerando i prezzi del 2019 sarebbe come se nel 2024 avesse speso 2.500 €! Si deve poi considerare che i tre figli sono cresciuti e mangiano di più; quindi, vi è stato aumento dei bisogni alimentari, per esempio, del 20%, cioè 500 € in più.

Ma poi, se il reddito della famiglia fosse passato da 20.000 € a 30.000 €, allora la famiglia avrebbe speso per il vitto sempre ugualmente il 10% delle sue disponibilità e non potremmo affermare che i Brambilla abbiano scelto di aumentare la spesa per il proprio vitto. In termini assoluti sì, ma poi dobbiamo ragionare sulla crescita dei costi e, parallelamente, degli stipendi, e anche della crescita dei bisogni; quindi, per il vitto, i Brambilla hanno persino forse fatto qualche rinuncia rispetto alle loro attuali disponibilità economiche.

Uscendo dall’esempio, quando si parla di spesa sanitaria, è necessario considerare l’inflazione che fa aumentare i prezzi dei beni acquistati e fa aumentare anche il valore monetario del prodotto interno lordo (PIL). È allora sicuramente più corretto ragionare in percentuale del PIL, anche perché così ragioniamo di spesa per la sanità pubblica confrontandola con le spese per altri settori della pubblica amministrazione.

Ma dobbiamo ragionare anche in termini di bisogni con una popolazione che invecchia sempre più e con una medicina che offre – per fortuna – sempre maggiori possibilità di diagnosi e di terapia. Quindi, se è vero che il Governo ha aumentato i miliardi del fondo sanitario e se ragioniamo in termini di potere d’acquisto, l’aumento non c’è stato; e se calcoliamo la percentuale del PIL, il cui valore è aumentato in larga parte per l’inflazione, la spesa sanitaria è rimasta attorno al 6,4%, decimale più, decimale meno. Oltretutto, si dovrebbe considerare anche quante nuove prestazioni sanitarie sono oggi rientrate nei LEA e quanto siano poi aumentati i bisogni della popolazione invecchiata.

Che il Governo non voglia o non ce la faccia ad aumentare le risorse da destinare alla sanità possiamo anche capirlo, seppur non condividendolo, ma perlomeno non si cerchi di farci credere che lo abbia fatto: è vero che sono aumentate le cifre, ma non quello che possiamo fare con le cifre aumentate per soluzioni più costose.

Alleghiamo alcuni riferimenti, reperibili in rete, che possono aiutare a meglio comprendere l'andamento della spesa sanitaria.

Il primo, pubblicato da A. Capacci e C. Cottarelli, colleghi dell'Università Cattolica, mostra su due grafici l'andamento della spesa sanitaria rispetto al PIL e a prezzi correnti e a prezzi dell’anno 2000.

 
 

Il secondo riferimento sono i dati della Ragioneria Generale dello Stato dal 2014 al 2023 con le cifre del finanziamento ordinario e del PIL.

 

Il terzo è il documento di Finanza Pubblica del Ministero dell'economia e finanza.

 

Auspichiamo quindi che, quando parlano di spesa sanitaria, i politici (di maggioranza o di opposizione) e i giornalisti sappiano di cosa stanno parlando e diano cifre corrette e correttamente interpretate. E dobbiamo anche auspicare che finalmente i Governi prendano coscienza dei bisogni crescenti del Servizio Sanitario Nazionale e lo finanzino correttamente, invece che favorire gli accessi alle prestazioni della sanità privata.

 

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