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21/02/2022

Ricoveri e decessi: CON o PER Covid-19?

I negazionisti ed i minimalisti da tempo hanno usato questo argomento, cioè che di Covid-19 i morti sono stati molto pochi e anche i ricoveri. Si è pensato che questo fosse un argomento debole e frutto più dell'ignoranza che del desiderio di contestare le misure anti Covid. Ma in questi giorni anche celebri infettivologi hanno tirato in ballo questa questione dimostrando talvolta di non sapere del tutto bene come si certificano, si codificano, si notificano i dati epidemiologici. Il problema dei tanti malati che entrano in ospedale per diverse patologie e vengono trovati positivi al virus è un problema vero: la necessità di dividere i reparti "puliti" dai reparti "sporchi", come in gergo vengono spesso chiamati, è un problema serio, ma è un altro problema. Ed è anche un altro problema la presenza di tanti decessi di soggetti positivi al virus di cui è spesso difficile ricostruire la catena degli eventi morbosi che ha portato alla morte.

Alcuni "esperti" dichiarano che chiunque muore positivo al SARS-CoV-2 viene ahimè considerato morto per Covid, e ugualmente chiunque viene ricoverato per qualsiasi ragione ed è positivo viene considerato nelle statistiche ufficiali ricoverato per Covid-19, e così si arriverebbe a dimostrare che in realtà molti meno muoiono per colpa del virus SARS-CoV-2 e pochi vengono ricoverati per patologie correlate all'infezione.

Forse però molti non hanno letto le regole dell'International Classification of Diseases (ICD) o non si sono mai occupati dei Diagnosis Related Groups (DRG) che prevedono precise regole di classificazione. La classificazione dei decessi avviene attraverso i dati riportati su una scheda che prevede tre cause di morte (iniziale, intermedia e finale) e le concause. La causa che prevale, e che viene poi evidenziata, è quella che ha avviato il processo che ha portato a morte. Potremmo dire in modo semplificato che si muore di ciò che, se non ci fosse stato, non si sarebbe morti in quel momento. Per i DRG ospedalieri la regola è diversa: la codifica del ricovero è la condizione patologica per cui si sono consumate più risorse. E in tal senso difficilmente prevale, su tutta l'assistenza ricevuta, la necessità di isolamento in reparti "sporchi" per i pazienti positivi al virus.

Queste comunque sono le regole generali di certificazione e codifica e, nel caso dell'epidemia da Coronavirus, il Ministero della Salute, l'Istituto Superiore di Sanità e l'Istat hanno emesso documenti specifici e puntuali, ma molto "tecnici" e forse poco ascoltati, riguardanti la certificazione e la classificazione dei decessi e dei ricoveri dovuti a Covid. Questa, ad esempio, è la chiara definizione di decesso dovuta alla malattia Covid-19 pubblicata dall'ISS:

Definizione di decesso: Ai fini della sorveglianza l’OMS definisce un decesso per COVID-19 come un decesso risultante da una malattia clinicamente compatibile in un caso probabile o confermato di COVID-19, a meno che non vi sia una chiara causa di morte alternativa non correlabile al COVID-19 (per esempio, trauma). Non dovrebbe esserci un periodo di completa guarigione tra la malattia e il decesso.

Dal glossario ISS

Per la classificazione di un decesso Covid vengono quindi richieste queste quattro condizioni:

  1. Decesso occorso in un paziente definibile come caso confermato di COVID-19.
  2. Presenza di un quadro clinico compatibile con COVID-19
  3. Assenza di una chiara causa di morte diversa da COVID-19 o comunque non riconducibile all’infezione da SARS-CoV-2 (es. trauma).
  4. Assenza di periodo di recupero clinico completo tra la malattia e il decesso. 

Per le linee guida sulle codifiche dei decessi e dei ricoveri e per la codifica dei decessi scritto in collaborazione con Istat si rimandiamo ai documenti ufficiali allegati.

Questa sarebbe la teoria ma purtroppo è probabile che la realtà sia più vicina a chi invece ritiene che sia i morti sia i ricoverati non siano solo quelli dovuti alla malattia Covid bensì anche quelli che sono solamente positivi al virus. Da una parte molti certificatori dei decessi sono più preoccupati di isolare il cadavere di un infetto che non di indagarne esattamente la causa della morte; dall'altra la necessità degli ospedali di ricoverare i positivi in camere ospedaliere riservate a pazienti Covid può aver comportato che i pazienti entrati per motivi non correlati alla infezione vengano invece considerati come ricoverati per Covid. Anche l'aver stabilito che la condizione di paziente positivo faccia aumentare la tariffa di remunerazione del ricovero può aver indotto a notificare come ricoveri Covid alcuni dei ricoveri di soggetti positivi ma magari asintomatici e con tutt'altri problemi clinici, come, ad esempio, un trauma ortopedico o un’assistenza al parto.

Ma se i decessi notificati dalla Protezione Civile ogni sera sono effettivamente anche decessi di soggetti positivi al virus ma non dovuti a malattie Covid correlate, sarebbe allora necessario chiedersi quanti decessi di soggetti positivi dovremmo aspettarci anche se la malattia Covid non fosse ad esempio per nulla letale o non necessitasse di cure ospedaliere più o meno intense.

Stima dei decessi di soggetti positivi non attribuibili a malattie Covid correlate

Accettando un discreto numero di salti mortali pur di ottenere una stima dei possibili decessi giornalieri dei positivi non dovuti al Covid, ci si può basare sui dati della mortalità di tutti i mesi di gennaio degli anni 2011-2019 quando SARS-CoV-2 non c’era. Così facendo ci si dovrebbe aspettare un numero giornaliero di morti pari a 2500 circa, prevalentemente di età ³70 anni senza fare un grave errore a non considerare in questo calcolo sicuramente un po' grossolano i decessi dei più giovani.

I soggetti positivi di età 70+ che si sono contagiati durante questa epidemia sono circa il 10% del totale dei contagiati. Su una possibile attuale prevalenza di 2 milioni di contagiati si può stimare, con i dati di incidenza per età dell'ISS, che i soggetti positivi di età 70+ siano in questi giorni 200.000 su una popolazione di 10 milioni, cioè il 2%. Se anche tra i deceduti, prevalentemente di età 70+, la prevalenza di contagiati fosse del 2%, sui 2500 decessi attesi i decessi di positivi sarebbero 50.

Quindi se i morti dichiarati non fossero morti da "malattia Covid-19" benchè infetti positivi al virus SARS-CoV-2, potremmo oggi ritenere che 50 dei positivi deceduti potrebbero non essere morti da patologie Covid correlate. Quindi per stimare il numero di decessi da malattia Covid ci si potrebbe riferire alla prevalenza di contagiati e il numero di decessi dei positivi "non Covid" risulterebbe di 2,5 unità ogni 100.000 prevalenti positivi della popolazione generale.

Applicando questa stima sicuramente non precisa ma probabilmente non molto distante dal vero, avremmo questa ripartizione dei decessi notificati dal 1° di gennaio dalla Protezione Civile. La stima dei possibili decessi "con Covid" dovrebbe corrispondere alla fascia azzurra del totale dei deceduti osservati e qui rappresentati dopo averli trasformati nelle loro medie mobili settimanali.

Non rifacciamo qui lo stesso esercizio per i ricoveri ma la proporzione non dovrebbe essere molto differente anche se la distribuzione per età dei ricoverati rispetto a quella dei decessi è molto differente.

Riflessioni conclusive

Non diamo troppa certezza di precisione al "gioco" con cui si è cercato di stimare quale potrebbe essere la presenza di decessi e di ricoveri non dovuti alla malattia Covid ma solo attribuibili a soggetti positivi al virus. Si è cercato solo di mostrare quale potrebbe esserne la quota proporzionale in funzione della prevalenza di contagiati diagnosticati nella popolazione generale. Il risultato, che probabilmente non è molto lontano dal vero, suggerisce che la quota dei soli positivi sarebbe esigua e non modificherebbe sostanzialmente l'informazione relativa alla reale ospedalizzazione e mortalità dovute al Covid.

Ma ci si permetta anche di notare come in una pandemia che dura ormai da due anni non ci sia stato uno sforzo effettivo di omogeneizzazione delle notifiche delle cause dei ricoveri e dei decessi da riportare nelle statistiche ufficiali rilasciate ogni sera. Quando tra alcuni mesi o alcuni anni verranno finalmente codificate le schede di morte o le schede di dimissione ospedaliera, sarà probabile che le regole di classificazione verranno maggiormente applicate e rispettate ma allora non ci sarà più alcuna necessità di monitoraggio dell'epidemia come sarebbe invece importante fare oggi.

Avremmo auspicato che le istituzioni avessero stabilito regole semplici, magari anche grossolane, ma accessibili per tutti gli operatori incaricati di trasmettere questi dati, distinguendo possibilmente tre categorie di casi: i casi sicuramente dovuti a malattie Covid correlate, i casi dubbi e i casi sicuramente non correlati. Almeno avremmo avuto una stima del livello di incertezza delle informazioni indispensabili per predisporre le decisioni di sanità pubblica a contenimento dell'epidemia.

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