Covid: mezzo di distr[a/u]zione di massa?
Giorni fa il nostro Ministro della Salute, alla festa nazionale di Italia Viva, come riportato dal Quotidiano Sanità, fa fatto la seguente dichiarazione:
"Proteggiamo i fragili, proteggiamo gli anziani, proteggiamo gli operatori sanitari però guardiamo anche a non lasciare indietro tutto ciò che c'è, penso agli screening, alla prevenzione che è mancata in questi anni con un aumento tragico dell'incidenza delle neoplasie anche nel nostro paese quindi non facciamoci distrarre dal covid”.
Concordiamo pienamente sulla necessità di non perder di vista i tanti e molteplici problemi di salute e innanzitutto le attività di prevenzione, e non solo quelle relative alle diagnosi precoci ma soprattutto quelle relative alla rimozione dei fattori di rischio. Rimaniamo però perplessi per l'affermazione che l'incidenza dei tumori sia in "tragico aumento". Al proposito si può infatti citare la pubblicazione AIOM/AIRTUM, con la prefazione dello stesso Ministro, che rispetto ai 382.700 nuovi casi del 2020 stima un incremento di 8.000 nuovi casi nel 2022, cioè un incremento di circa l'1% annuo. E questo aumento per buona parte può essere attribuito all'invecchiamento della popolazione, anche se è vero che durante gli anni della pandemia c'è stata una diminuzione dell'attività di screening che però se può aver ridotto le diagnosi precoci e quindi anche aumentato la gravità della malattia, non può certo aver inciso sull'incidenza. Peraltro si è registrata una diminuzione della mortalità per tumore, forse dovuta ai decessi per Covid di molti pazienti oncologici, più fragili agli esiti del contagio.
Allora ci si deve chiedere se oggi il problema non sia tanto il pericolo di farsi distrarre dal Covid, quanto l'intenzione di far distrarre dal Covid. Il Covid è solo uno dei problemi, e non deve far dimenticare gli altri, ma non ci si deve neppure dimenticare di lui perché il problema Covid resta!
È per questo che abbiamo invitato a commentare una breve nota e si sono ricevute alcune riflessioni qui di seguito riportate e si invitano tutti i lettori a dire la loro inviando dei commenti su questo blog seguendo la procedura indicata in calce.
Una breve nota
È molto evidente in questi giorni la divergenza tra due sensibilità della popolazione. Da una parte, la maggioranza rifiuta ogni segnale che parli ancora di Covid; per loro la pandemia è solo un fastidioso ricordo del passato ed il futuro lo si vuole libero da qualsiasi preoccupazione al riguardo Dall’altra parte c’è chi ha paura che l’onda del virus torni impietosa e vorrebbe che non si abbandonassero le misure restrittive, almeno quelle meno gravose.
Anche i tecnici, sanitari e non, sono divisi; c’è chi minimizza ed invece chi esprime preoccupazione. Meno divisi sembrano i politici di destra e di sinistra, che, seppur con toni differenti, si preoccupano di rassicurare la popolazione annunciando che nel futuro non ci saranno più le sgradite misure di contenimento dei contagi. La realtà dei numeri dice però che la circolazione del virus è in decisa crescita e la gravità degli esiti non è certo più quella delle prime settimane ma non è ora crollata come da molti si vorrebbe far credere.
Vengono allora due domande spontanee: la prima è se chi governa in materia di salute deve scegliere ciò che la gente preferisce o invece ciò che l’evidenza scientifica, pur nelle incertezze, suggerisce. E la seconda domanda è se sia preferibile lasciare ai singoli la libertà di scegliere quali comportamenti avere o se invece sia necessario fissare anche delle regole obbligatorie con adeguati controlli sul loro rispetto.
Consenso o efficacia
Alla prima domanda si potrebbe rispondere che in democrazia si deve decidere ciò che la gente vuole, ma ci si deve prima chiedere se ciò che la gente vuole è il piacere immediato o il benessere futuro. Nessuno, ad esempio, vorrebbe nell’immediato dover pagare le tasse ma poi vorrebbe avere tutti i servizi resi possibili proprio usando le risorse raccolte con le tasse. Chiedere dei sacrifici non produce certo degli entusiasmi, ma se i sacrifici sono indispensabili bisogna chiederli anche rischiando una perdita di consensi.
In democrazia Il pericolo della politica è quello di governare cercando il consenso immediato e non il consenso ad una visione strategica dell’attività di governo. Producono sicuramente dei sondaggi più favorevoli le promesse di non attivare più misure di restrizioni, ma un governo “democratico” dovrebbe rassicurare che non farà le scelte che piacciono di più ma quelle che massimizzano l’interesse dalla collettività nel rispetto anche dell’equità.
Volontarietà od obbligatorietá
Fatto salvo il dettato costituzionale che limita a stabilire per legge gli obblighi in materia di salute, bisogna chiedersi se sia più efficace affidarsi alla responsabilità individuale o all’obbligo collettivo. Qui gioca molto l’atteggiamento culturale della gente: ci sono culture dove basta consigliare e altre dove invece dove non basta neppure obbligare. Ancora una volta la scelta dovrebbe essere quella capace di massimizzare l’efficacia e non tanto il consenso.
Politica e scienza
Allora la politica è del tutto separata dalla scienza? Certo la politica ha una visione più globale dei problemi che la scienza non ha e non può avere. Far governare la scienza sarebbe certamente del tutto negativo, ma la politica dovrebbe esser costretta a sapiegarer perché talvolta sceglie di non seguire quanto la scienza ha consigliato.
Il commento di En.Ca.
Penso dopo anni di esperienza che il primato è della politica e non della scienza.
Sennò avremmo scienziati bravissimi e competenti nei posti chiave con progetti a lungo termine anche impopolari e invece abbiamo politici che badano solo a prospettive a breve termine e al rinnovo della loro carica.
Le idee della politica non sono superabili, e la politica non si fa sopraffare dalla scienza a meno di un disastro come l’epidemia Covid, per il tempo concesso. Poi riprende.
Sono pessimista sull’accoglienza di ragioni sensate e circostanziate verso idee ingiustificate che però incontrano il desiderio di tanti, incoscienti.
Il nostro compito è presentare i fatti e dedurre strategie razionali da proporre.
Altro non possiamo, ma sappiamo che abbiamo fatto il nostro dovere.
Il commento di Stefania Salmaso
Il tema di come vengano prese decisioni di sanità pubblica rimane ancora non affrontato e risolto in Italia. Uno degli aspetti peggiori della comunicazione in corso di pandemia è stato il ricorso ad “opinionisti” tra i quali molti anche molto qualificati nel settore clinico della cura del malato, ma non necessariamente dotati di strumenti per valutare le decisioni di sanità pubblica. A questo proposito vorrei richiamare la recente lettera di Claudio Maffei su QS che fa garbatamente notare come le nomine in punti chiave della sanità pubblica sembrano non tenere in alcun conto della competenza ed esperienza nella gestione della sanità, che pure richiede invece figure qualificate.
A fronte dell’incremento del numero dei casi di Covid non si può ridurre la discussione ad un confronto di opinioni, in particolare sulla libertà del singolo e sulla autorità dei decisori.
Il vero problema secondo me è che non esiste in Italia un processo consolidato, noto e trasparente che permetta all’autorità sanitaria di formulare raccomandazioni avendo preso in considerazione i molteplici aspetti dei problemi. In genere in Italia viene costituita una commissione i cui membri sono arruolati secondo criteri non dichiarati e gli “esperti” formulano pareri e raccomandazioni, poi fatti propri dall’autorità sanitaria, senza nessuna possibilità per gli esterni di entrare a comprendere il processo di esame.
Spesso durante la pandemia ci siamo sentiti dire dai politici che “la scienza ci dice” di fare in un modo piuttosto che in un altro. Disporre di evidenze scientifiche può essere utile, ma non tutti i risultati sono ugualmente solidi, e soprattutto le evidenze non coprono tutti i dominii da considerare per passare alla formulazione delle raccomandazioni.
Tanto per non rimanere nell’astratto, mi sembra utile richiamare la riunione del 12 settembre 2023 dell’ACIP (Advisory Committee on Immunization Practice) in USA. La riunione è stata trasmessa in streaming ed è stato facilissimo seguirla. Tutte le diapositive presentate sono disponibili su web.
In estrema sintesi, dopo una serie di presentazioni sulle evidenze scientifiche (epidemiologia corrente, dati sulle varianti virali circolanti, risultati anche non pubblicati di studi recenti negli USA, vaccini recentemente autorizzati all’uso) c’è una estesa presentazione (150 diapositive) che, applicando il metodo GRADE, valuta la solidità delle evidenze disponibili ma soprattutto le considera nell’ambito di diversi domini, in cui quello della pura e semplice sanità pubblica è solo uno. Per semplicità riporto qui le due figure iniziali con l’elenco dei quesiti ed in particolare in dettaglio di come il criterio dell’equità sia declinato in ogni dominio.
Senza voler concludere che l’esempio ACIP sia l’unico o il migliore, il problema di fondo è darsi delle regole, renderle note e applicarle in modo trasparente per tutti. Del resto già AIE ha richiesto trasparenza nei processi decisionali e sarebbe proprio il caso di continuare ad esigere regole stabilite e note senza ogni volta affidarsi all’onda più o meno giustificata del sentimento popolare o delle convenienze di altra natura.
Il commento di Ro.Al.
Non so se si possa dire che quando esistono importanti esternalità positive o negative connesse con un intervento, è lo Stato che deve agire...
Il commento di Giovanna Baraldi
Scrivo una breve riflessione sulla base della mia esperienza di vita in un piccolo paese in provincia di Bologna dove c’è stato addirittura un conflitto dentro la comunità causato dal parroco no vax.
Condivido tutte le tue preoccupazioni sulle irresponsabilità dell’ atteggiamento della politica che peraltro corrisponde a quello della stragrande maggioranza della popolazione con cui vengo in contatto personalmente.
Tutti hanno rimosso tutto anche i più responsabili e anche per i comportamenti più semplici e le attenzioni più banali, come lavarsi le mani.
In questo momento penso che la gente non accetti imposizioni e che l’educazione, per incidere veramente sui comportamenti, debba essere un processo continuo e costante fatto con determinazione ma anche con meno drammaticità. Le due cose non sono in contraddizione. Meno drammaticità non significa superficialità. L’effetto in questo caso è contrario e si perdono tutti i risultati che avevamo ottenuto in termini di senso di responsabilità raggiunta. Bisogna scollegare i messaggi sulla prevenzione centrati solo sul Covid ma ovviamente insistere sulla necessità di prevenzione e protezione da tutte le infezioni peraltro crescenti.
E adesso i vostri commenti
Per questo argomento è lecito auspicare un più largo dibattito e quindi si invitano molti dei lettori del blog ad inviare un loro contributo di riflessione, critico e propositivo.