Attualità
17/05/2024

Tumori: quando dimenticare è un diritto

Disposizioni per la prevenzione delle discriminazioni e la tutela dei diritti delle persone che sono state affette da malattie oncologiche: questo è il titolo che sintetizza il contenuto della Legge n.193/2023, approvata lo scorso 7 dicembre, più nota come “legge sull’oblio oncologico”. Si tratta del provvedimento che riconosce il diritto delle persone guarite da una patologia oncologica di non fornire informazioni né subire indagini in merito alla propria pregressa condizione patologica. La norma si applica alle persone affette da tumore il cui trattamento attivo si sia concluso, senza episodi di recidiva, da più di dieci anni, periodo ridotto della metà nel caso di tumori insorti prima dei 21 anni di età.
Ciò dovrebbe mettere fine alle pratiche discriminatorie messe in atto in occasione della stipula di contratti per l’utilizzo di servizi bancari, assicurativi, finanziari o di altro genere, comprese le pratiche di adozione. E, come beneficio aggiuntivo, potrebbe servire a far circolare più facilmente un’idea che fatica a farsi strada nei mass media e, in generale, nella società: dopo una diagnosi di tumore si può anche guarire. 
Quando la persona malata torna ad avere la stessa aspettativa di vita di un individuo della stessa età a cui non sia mai stato diagnosticato un tumore, può considerarsi guarita: lo sanno gli oncologi, lo sanno i malati e ora lo riconosce anche il legislatore.  
Ma i 10 anni previsti dalla legge (o 5 per i tumori pediatrici) costituiscono un periodo di attesa che non riflette la varietà di condizioni determinate dai diversi tipi di tumore. Per questo, il Ministero della Salute ha emanato nel marzo di quest’anno il primo decreto attuativo della legge 193/2023 che elenca le patologie oncologiche per le quali è previsto un termine ridotto rispetto alla norma generale (vedi riquadro).

Questa lista è frutto dell’impegno di molti soggetti: volontari, rappresentanti dei pazienti, medici, oncologi, epidemiologi. Questi ultimi hanno contribuito in modo rilevante a fornire l’evidenza scientifica che sta alla base delle scelte del legislatore. E dovranno continuare a farlo perché la tabella dovrà essere aggiornata annualmente. Del resto, la ricerca rivolta in questa direzione è molto produttiva, come testimonia la recente pubblicazione sull’International Journal of Cancer di uno studio, coordinato dal Centro di Riferimento Oncologico (CRO) di Aviano e dall’Azienda Zero della Regione Veneto, che ha stimato numerosi indicatori di guarigione per stadio di malattia delle neoplasie più frequenti in Italia: tumore del colon retto e della mammella (vedi visual abstract, p. 117). 

La ricerca, basata sui dati di 31 registri tumori italiani di popolazione, è frutto di una collaborazione che dura da oltre 15 anni grazie al supporto dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC), dell’Associazione Italiana dei Registri Tumori (AIRTUM) e dell’Istituto Superiore di Sanità.
Lo studio mostra che Il 99% delle donne che riceve una diagnosi di tumore della mammella in stadio iniziale e il 92% degli uomini e delle donne che ricevono una diagnosi di tumore del colon retto ha un’attesa di vita simile a chi non si è ammalato. Lo studio evidenzia, quindi, che dai tumori della mammella e del colon retto si può guarire, non solo essere curati, in particolare se la malattia viene affrontata in una fase precoce. A 10 anni di distanza da una diagnosi di tumore della mammella, il rischio che la malattia si ripresenti è di circa il 5%; mentre a 5 anni da una diagnosi di tumore del colon retto, il rischio di morte per quella neoplasia è inferiore al 3% e dopo 10 anni diventa pressoché nullo. 
Per gli uomini e le donne che si ammalano è importante sapere che in un certo numero di anni, anche se i controlli e i trattamenti dovranno continuare, potranno tornare ad avere un’aspettativa di vita simile a quella di chi non ha avuto un tumore e sapere che la stragrande maggioranza delle persone cui è stato diagnosticato un tumore in stadio precoce è destinata a guarire in pochi anni. Queste informazioni sono di grande rilievo per la sanità pubblica e per i programmatori sanitari, ma soprattutto per le persone colpite, che potranno affrontare con maggiore serenità gli impegni familiari, professionali e sociali, specialmente ora che c’è una legge che li sostiene imponendo l’oblio.

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