Attualità
11/04/2018

Rete dell’epidemiologia ambientale, procedure integrate, formazione e comunicazione. In una parola: EpiAmbNet

Nel 2015 il Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie (Ministero della salute) ha finanziato EpiAmbNet, un progetto biennale finalizzato a promuovere l’integrazione delle attività dei settori Ambiente e Salute. A distanza di due anni, il progetto si avvia alla conclusione e a breve verranno presentati i risultati. Chiediamo a Francesco Forastiere, coordinatore del progetto, di illustrare ai lettori di E&P i perché di questa iniziativa e i frutti che ha prodotto.
«Le motivazioni che ci hanno mosso sono presto dette» sintetizza l’epidemiologo del DepLazio, ora attivo presso l’OMS di Ginevra, «in Italia, sia in campo ambientale sia in campo sanitario ed epidemiologico abbiamo una grande capacità di raccogliere e analizzare i dati e di produrre evidenze scientifiche di qualità utilizzando metodologie all’avanguardia, ma permane una grande sottovalutazione dell’impatto che le condizioni ambientali hanno sulla salute umana. Occorre perciò un cambio di paradigma, una presa di coscienza che indirizzi l’allocazione delle risorse destinate alla prevenzione verso azioni finalizzate a ridurre le esposizioni ambientali. E se questa necessità riguarda anche altri Paesi, da noi si somma a un’altra questione aperta: la mancata integrazione delle risposte che gli enti preposti allo studio dell’ambiente e della salute devono dare alle collettività esposte a fattori di rischio ambientali. Nonostante a tutti i livelli si riconosca la necessità di lavorare in modo integrato, non si può ignorare che a oltre vent’anni dal referendum che ha sancito la divisione dei ruoli (affidando al SSN le questioni sanitarie e alle ARPA la protezione dell’ambiente), si registrano ancora numerosi aspetti critici nell’attribuzione delle competenze tra strutture del Sistema nazionale della protezione ambientale (SNPA) da un lato e del Servizio sanitario dall’altro. Nonostante alcuni esempi positivi, le prove dell’incapacità di superare questa divaricazione, specie in occasione di emergenze ambientali, sono sotto gli occhi di tutti».

Quindi l’idea è di promuovere a-zioni che favoriscano l’azione integrata di ambiente e salute?

«Sì, il progetto EpiAmbNet ha l’obiettivo generale di fornire assistenza al Ministero della salute e alle Regioni per lo sviluppo del “macro obiettivo 8 Ambiente e Salute” del Piano Nazionale della Prevenzione 2014-2018 e, nella nostra ottica, rappresenta l’occasione per il potenziamento e la standardizzazione a livello nazionale delle esperienze virtuose già disponibili in alcune regioni, da inserire in modo organico nel contesto istituzionale delle attività del sistema ambientale e della salute, con l’obiettivo di aumentare le attività intra- e inter-istituzionali per la programmazione e la realizzazione di studi e interventi sul tema».

Detto così, il tema è molto ampio, da dove siete partiti?

«Abbiamo individuato quelli che a nostro parere sono i principali punti critici: oltre il già menzionato scarso raccordo inter-istituzionale, abbiamo puntato l’attenzione sulla necessità di creare le condizioni perché si sviluppi un linguaggio comune tra i due settori e si favorisca la messa a punto di procedure omogene sul territorio nazionale; in particolare per far sì che si lavori per l’integrazione di VIA e VIS e si individuino e si diffondano buone pratiche di VIIAS (valutazione integrata di impatto ambientale e sanitario), tenendo nel debito conto il patrimonio conoscitivo e di indirizzo già prodotto fin qui dai diversi soggetti attivi nell’ambito Ambiente e Salute. Inoltre, abbiamo individuato due questioni specifiche: 1. la necessità di affrontare la crisi delle attuali forme di comunicazione tra comunità esposte ai rischi e istituzioni ambientali e sanitarie; 2. la necessità di una formazione non settoriale rivolta a operatori del SSN e del SNPA, perché non è più tollerabile che chi si occupa di ambiente non conosca l’impatto sulla salute degli inquinanti che va a misurare e viceversa, chi si occupa di salute non ne conosca i determinanti ambientali; così come non è accettabile che le informazioni offerte ai cittadini da diversi enti non siano coerenti tra loro e non siano omogenee su tutto il territorio nazionale».

Che contributo concreto ha dato EpiAmbNet alla soluzione di questi problemi?

«Per quanto riguarda la comunicazione del rischio è stato elaborato un documento guida che da un lato presenta in forma sintetica le conoscenze maturate fin qui in ambito sociologico, e dall’altro è frutto del nostro sforzo di calare le indicazioni teoriche nella realtà: partendo dalle nostre esperienze degli anni passati, abbiamo individuato casi-studio da cui abbiamo estratto spunti operativi e indicazioni su come gestire le attività comunicative mettendo a frutto le esperienze positive e individuando gli errori da evitare.
Per quanto riguarda la formazione abbiamo organizzato corsi tesi a superare le usuali limitazioni disciplinari rivolti a operatori SSN e SNPA. Visto il successo dell’iniziativa in tutte le regioni in cui è stata proposta, crediamo di poter affermare di aver dato risposta a un’esigenza formativa molto sentita. Grazie alla collaborazione dell’Associazione italiana di epidemiologia, sono stati realizzati tre moduli:
1. Salute e Ambiente
, sullo stato delle conoscenze riguardanti i principali fattori di rischio ambientali;
2. Epidemiologia ambientale
, sulle principali applicazioni dell’epidemiologia allo studio del rapporto salute e ambiente;
3. Valutazione di impatto sulla salute da esposizioni ambientali: dalla stima degli impatti alla comunicazione del rischio
, sui metodi di comunicazione del rischio e su metodi e princìpi della VIIAS.
Quest’ultimo tema si è rivelato particolarmente delicato. La VIIAS utilizza metodi innovativi diffusi in Europa grazie a un progetto realizzato all’interno del 6° Programma Quadro (INTARESE Project - Integrated Assessment of Health Risks of Environmental Stressors in Europe, 2005-11) a cui hanno partecipato anche enti italiani, che li hanno poi utilizzati nella realizzazione di studi condotti a livello nazionale (VIIAS sull’inquinamento atmosferico, SESPIR sulle politiche di trattamento dei rifiuti); si tratta di metodi complessi di quantificazione degli impatti sanitari che ancora devono trovare concreta applicazione nella pratica quotidiana di chi, in ottemperanza alle normative vigenti, è chiamato a valutare l’impatto sulla salute di progetti, piani, impianti ecc. Anche in questo caso EpiAmbNet è partito dall’analisi di alcuni casi reali (come si applicano i metodi innovativi di VIIAS nel caso di un cementificio o di una raffineria, in caso di scarsa disponibilità di dati o di bassa potenza statistica, come possono lavorare congiuntamente le diverse strutture, secondo quali norme?). La delicatezza del punto è dovuta non solo alle difficoltà metodologiche, ma anche al sovrapporsi di iniziative di indirizzo (VisPA, linee guida SNPA, linee guida ISS, linee guida T4HIA) e alla necessità di porre mano a un riordino delle normative (inserimento di elementi di VIS in VIA). Tutte tematiche attualmente in discussione, che hanno indotto il Ministero della salute a costituire una task force Ambiente e Salute per affrontare in modo condiviso le questioni aperte, di cui fanno parte anche alcuni membri del progetto EpiAmbNet».

Siamo arrivati alla fine di questa intervista e ancora non ci ha parlato della creazione della rete dell’epidemiologia ambientale italiana, che pure dà il nome all’intero progetto...
«Il ruolo dell’epidemiologia ambientale è centrale in questo discorso. È una disciplina che si trova in posizione privilegiata per connettere Ambiente e Salute. Nonostante questa centralità così evidente, in Italia non è prevista una chiara collocazione dei servizi dedicati a questa branca del sapere. Nel corso del tempo l’epidemiologia ambientale ha trovato posto di volta in volta all’interno del SSN, all’interno del sistema agenziale ARPA, nelle ASL o, ancora, nelle Università. Ogni regione ha sviluppato un proprio assetto, facendo riferimento agli organi centrali (ISS, CNR), regionali o spalmando le competenze a livello locale. Alcune regioni non hanno servizi in grado di svolgere in proprio studi di epidemiologia ambientale.
Inoltre, lo spazio riservato all’esercizio di tale disciplina sembra essere in diminuzione. Per questo EpiAmbNet ha condotto la prima indagine nazionale sulla disseminazione dei centri di epidemiologia ambientale, ne ha fotografato l’organico e la produzione scientifica, mettendo a disposizione dei decisori un sistema di rilevazione facilmente aggiornabile nel tempo. Anche la produzione scientifica (per ora limitatamente al quinquennio 2012-2016) è stata immessa in un sito che, oltre a rendere disponibili tutti gli articoli scientifici prodotti, mostra su mappa i territori oggetto di ogni singolo studio, facilitando la fruizione dei cittadini interessati alle conoscenze scientifiche riguardanti i territori di loro interesse. Si tratta di uno strumento potente di comunicazione dei risultati della ricerca scientifica pubblica rivolto tanto agli operatori quanto ai cittadini, e molto ancora si può e si deve fare per promuoverne e valorizzare l’utilizzo. Per tornare alla sua domanda sul network, quindi, possiamo dire che la rete dell’epidemiologia ambientale in quanto tale non è ancora nata, ma si sono poste le basi conoscitive per crearla. Ci auguriamo di poter continuare a lavorare in questa direzione».

Tutti i prodotti del Progetto EpiAmbNet sono disponibili sul sito www.reteambientesalute.epiprev.it Visita la mappa.

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