Monografia n. 109 «Ambient air pollution». La IARC conferma: l'aria inquinata causa il cancro del polmone
«Esistono prove sufficienti (sufficient evidence) che l’inquinamento atmosferico sia cancerogeno per gli esseri umani. L’inquinamento atmosferico causa il cancro del polmone». È il verdetto pronunciato dalla IARC, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’OMS cui spetta il compito di valutare il potenziale cancerogeno delle sostanze sospette analizzando gli studi prodotti sull’argomento e prendendo in considerazione solo quelli più solidi, in termini di metodi utilizzati, campione analizzato e robustezza dei risultati.
L’inquinamento atmosferico causa il cancro. Il cancro del polmone. Di più: tra tutte le sostanze inquinanti disperse nell’aria che si respira ogni giorno, le famigerate polveri sottili, PM2.5 e PM10 – proprio quelle i cui sforamenti rispetto alle soglie stabilite rappresentano una triste consuetudine nelle città italiane – sono cancerogene. Di sicuro per i polmoni.
È il verdetto pronunciato dalla IARC, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dell’OMS cui spetta il compito di valutare il potenziale cancerogeno delle sostanze sospette analizzando gli studi prodotti sull’argomento e prendendo in considerazione solo quelli più solidi, in termini di metodi utilizzati, campione analizzato e robustezza dei risultati.
«Esistono prove sufficienti (sufficient evidence) che l’inquinamento atmosferico sia cancerogeno per gli esseri umani. L’inquinamento atmosferico causa il cancro del polmone». E inoltre: «Esistono prove sufficienti (sufficient evidence) che il particolato atmosferico sia cancerogeno per gli esseri umani. Il particolato atmosferico causa il cancro del polmone».
Con l’usuale linguaggio tecnico che contraddistingue i propri Rapporti, la IARC ha lanciato una vera bomba annunciando questa mattina, in conferenza stampa, le conclusioni contenute nella Monografia 109 dedicata all’inquinamento atmosferico (Ambient air pollution). Da oggi, le sostanze inquinanti sono dunque catalogate nel Gruppo 1 della classificazione IARC, quello relativo ai cancerogeni certi per l’uomo.
Certo, non si tratta di un fulmine a ciel sereno. Si conferma infatti quanto anticipato sempre più spesso, nel corso degli anni, da un gran numero di ricerche condotte nei diversi continenti (ultimo, in ordine di tempo, lo studio europeo ESCAPE pubblicato lo scorso mese di luglio). Si tratta tuttavia di una conferma cruciale, perché frutto di un ampio e approfondito lavoro di analisi delle centinaia di studi pubblicati sull’argomento condotto dai maggiori esperti a livello mondiale. E perché certificata dall’istituzione più autorevole in materia a livello mondiale, quella che all’interno dell’OMS si occupa di studio e ricerca sul cancro.
Perché due valutazioni separate?
Il rapporto IARC riporta due valutazioni distinte: una per l’insieme degli inquinanti atmosferici e una, specifica, per il particolato. Perché? Spiega Dana Loomis, vicedirettore della Sezione Monografie della IARC: “L’inquinamento atmosferico è una miscela complessa di sostanze e gas e il particolato (PM), per la sua ubiquità viene di norma utilizzato come indicatore di inquinamento. Ma, siccome i PM, tra tutte le sostanze presenti in questa miscela, sono quelle per le quali è disponibile la maggior messe di dati, per loro abbiamo potuto fornire un valutazione indipendente. Ciò non significa comuque” chiarisce Loomis “che siano le più cancerogene, solo che sono le più studiate”.
Niente limiti di sicurezza, anche i non fumatori sono a rischio
Nel percorso di analisi che li ha portati a stabilire la cancerogenicità degli inquinanti atmosferici gli esperti hanno confermato anche altri aspetti. Per esempio, che il rischio di contrarre il cancro del polmone aumenta in maniera costante con l’incremento del livello di esposizione. Come peraltro affermato dallo studio ESCAPE, in cui si dimostra l’esistenza di una relazione lineare tra concentrazione del particolato e rischio di cancro e come tale rischio persista anche al di sotto delle soglie stabilite dalle normative vigenti in Europa. Ma non solo. Si documenta infatti che il rischio di cancro polmonare non risparmia certo i non fumatori: su di loro, infatti, l’inquinamento agisce come il fumo passivo. Come dire: per tutelare i propri polmoni non basta tenersi alla larga da sigarette e tabagisti se si vive, per esempio, in pianura padana. O a Pechino. O a Città del Messico.
E gli altri organi?
Nel processo di valutazione della letteratura gli esperti convenuti a Lione hanno analizzato la possibilità che gli inquinanti atmosferici possano essere cancerogeni anche per altri organi, oltre ai polmoni. E sono giunti alla conclusione che il rischio esiste per la vescica: benché le prove a sostegno in questo caso siano più deboli, “limitate”, si può correttamente parlare di associazione positiva tra inquinanti e cancro della vescica (“A positive association has been observed for cancer of the urinary bladder”). Non hanno invece reperito prove adeguate per sostenere l’esistenza di un coinvolgimento degli inquinanti ambientali nell’insorgenza del cancro della mammella, della leucemia e dei linfomi. Notano comunque «deboli associazioni con le leucemie infantili (soprattutto la leucemia linfoblastica acuta)» che, per quanto al momento non supportate da sufficienti prove, «non possono essere ignorate».
La palla ora passa alla sanità pubblica
La IARC ha lanciato una vera bomba. Una bomba che sta ora ai governi e alle istituzioni, nazionali e internazionali, che si occupano di tutelare la salute pubblica, disinnescare. Perché da ora in avanti sarà più difficile tollerare “sforamenti” delle soglie previste dalle normative. Anzi, occorre adeguare da subito queste normative se è vero, come è vero, che per quanto riguarda le polveri più sottili (PM2.5) la normativa europea, per esempio, prevede limiti (25 µg/m3) ben al di sopra di quanto raccomandato, da diversi anni ormai, dalla stessa OMS (10 µg/m3). E c’è da sperare che il tutto non passi nel dimenticatoio come è accaduto nel giugno 2012, quando la classificazione come cancerogene per gli esseri umani delle esalazioni dei motori diesel non ha sortito grandi reazioni, almeno in Italia.
Come afferma Cristopher Wild, direttore della IARC: «Lo scopo delle nostre monografie è produrre le più aggiornate valutazioni evidence-based affinché le autorità sanitarie pubbliche, a livello nazionale e internazionale, possano mettere in atto strategie adeguate per limitare le esposizioni agli agenti cancerogeni». E in questo senso l’OMS, per parte sua, sta procedendo alla revisione delle linee guida sulla qualità dell’aria.
Ma quando gli si chiede che cosa possono fare gli individui per tutelarsi, Wild risponde: «I singoli non possono fare molto per limitare l’esposizione agli agenti inquinanti. Quello che occorre è un’azione collettiva per la tutela della salute pubblica».
Cinzia Tromba, redazione E&P
17/10/2013