«Let my dataset change your mindset». La lezione di Hans Rosling
Hans Rosling è un mito per la redazione di Epidemiologia&Prevenzione. Da sempre pensiamo che i produttori di dati debbano impegnarsi perché il loro lavoro non rimanga intrappolato in tabelle e grafici incomprensibili ai più. Ma la verità è che spesso i ricercatori temono di dare voce ai propri dati. Potrebbero dire cose che non piacciono all’ente che li ha commissionati, potrebbero allarmare più del dovuto, potrebbero essere male interpretati, potrebbero necessitare di distinguo che i media non sono in grado di comunicare… Negli ultimi 20 anni abbiamo ascoltato mille e un motivo per far prevalere la cautela, quella del “comunicare sì, ma non troppo”. Del resto, per farlo, per andare fino in fondo, occorre che il ricercatore abbia molto chiaro a chi è tenuto a rispondere quando racconta i risultati della propria ricerca: agli altri ricercatori? Alle istituzioni sanitarie? Ai cittadini? Chi è il vero committente, quello a cui occorre rendere conto? E deve essergli altrettanto chiaro qual è il suo compito: produrre dati affidabili, punto. O produrre dati affidabili per conoscere e modificare la realtà?
E mentre cerchiamo di spingere per un’infografica in più, per una guida alla lettura, per l’aggiunta di un esempio o di uno scenario che aiutino il lettore a capire… ecco che ci imbattiamo in Hans Rosling, uno che, a un certo punto della sua carriera (si occupava di salute internazionale al Karolinska Institute), decide di mettere in secondo piano la produzione di nuovi dati per dedicarsi a far parlare quelli già esistenti. Chi è Rosling? Abbiamo poche righe, quindi rimandiamo alla bella biografia pubblicata da Nature.1 Diciamo solo che era interessato a diminuire le sacche di povertà e malattia presenti in molte parti del mondo (ha vissuto in Africa e certe cose le ha viste di persona), ma ha capito che per agire efficacemente avrebbe dovuto in primo luogo smontare i tanti luoghi comuni che impedivano a ricercatori e governanti di vedere la realtà dei fatti. Bastava guardare i dati, bastava leggersi i rapporti dell’OCSE, dell’OMS, della Banca mondiale per capire che la distinzione tra Paesi industrializzati e Paesi in via di sviluppo era ormai obsoleta e nascondeva i notevoli cambiamenti riguardanti il rapporto ricchezza/povertà – salute/malattia avvenuti nel tempo a livello globale. Ma si sa: «Slow and steady changes in major trends don’t get much attention». I bambini sotto i 12 anni e i capi di stato – diceva Rosling – non sono disponibili a ingurgitare grandi quantità di numeri, dati, statistiche… non glieli si può propinare così nudi e crudi… occorre cucinarli e trasformarli in piatti succulenti e deliziosi… i dati vanno elaborati, preparati… Ecco allora che per far compiere alle statistiche il pezzo di cammino più difficile nel percorso che va dal produttore al fruitore del dato (gli 8 cm che dall’occhio di quest’ultimo vanno al cervello) comincia a creare animazioni grafiche. I dati prendono vita e parlano da soli, anzi, cantano e incantano. Arrivano finalmente al grande pubblico, vero target di Rosling, perché «in democrazia i decisori più importanti non sono i politici, in democrazia chi governa è il popolo». E non basta: rende pubblica la piattaforma informatica per l’animazione dei dati in modo che ognuno possa creare le proprie statistiche.2
Volutamente non vi parliamo dei contenuti veicolati dai dati del nostro eroe (una visione del mondo troppo ottimistica dicono alcuni), ma sottolineiamo la sua capacità di comunicare, di farsi capire. In breve, l’epidemiologo di Uppsala è diventato una star internazionale, gli hanno chiesto consiglio Al Gore, i coniugi Gates e Fidel Castro. E quando Tim Berners-Lee, l’inventore del world wide web, ha presentato per la prima volta in un TED Talk3 le grandi potenzialità degli OPEN DATA ha citato una sola persona: Hans Rosling, capace di far germogliare conoscenza dove prima c’erano solo dati “nascosti sotto terra”.
Nel frattempo, la storia della visualizzazione dei dati ha fatto passi da gigante (adesso anche in Italia abbiamo cattedre di design dell’informazione), ma la questione di fondo è sempre quella: aver ben chiaro cosa si vuole comunicare, a chi e perché. Certo, sappiamo che nel comunicare la scienza il deficit model – basato sulla mera alfabetizzazione del pubblico – non funziona, e non pensiamo che la comprensibilità del dato risolva i problemi di crisi di fiducia dei cittadini verso la scienza o la crisi della scienza stessa. Ben altre sono le questioni in gioco, ma farsi capire rimane fondamentale. Perché è chiaro che la traduzione da una lingua a un’altra non risolve i problemi di diplomazia tra i Paesi, ma quanto più difficili sarebbero i negoziati senza una buona traduzione?
Bibliografia e note
- Maxmen A. Three minutes with Hans Rosling will change your mind about the world. Nature 2016;540(7633):330-33.
- www.gapminder.org
- Tim Berners-Lee: The next Web of open, linked data. https://www.youtube.com/watch?v=OM6XIICm_qo (TED Talks 2009).
Tim Berners-Lee: The next Web of open, linked data (2009)
Hans Rosling's 200 Countries, 200 Years, 4 Minutes - The Joy of Stats (2010)