Attualità
01/07/2025

L’eredità scientifica e politica di Giulio A. Maccacaro

Questo articolo riprende alcune considerazioni presenti in Giorgi C. "Giulio A. Maccacaro: sapere per cambiare". In: Maccacaro GA. Per una medicina da rinnovare. Scritti 1966-1976. Sesto San Giovanni, Pgreco, 2025.

Giulio Alfredo Maccacaro è stato uno dei più importanti protagonisti del profondo cambiamento che ha investito la scienza e la medicina negli anni Sessanta e Settanta del Novecento. Il suo è stato un contributo che ha ribaltato, messo sottosopra, il modo di intendere e operare nella scienza, ripensandone il ruolo, lo statuto, gli strumenti, le finalità.
Partigiano, scienziato, medico, direttore dell’Istituto di Biometria e Statistica Medica della facoltà di Medicina dell’Università degli Studi di Milano, fondatore e animatore di riviste e collane editoriali (dalla nuova serie della rivista Sapere a Epidemiologia&Prevenzione), Maccacaro è stato uno studioso militante. È stato promotore di un movimento di lotta per la salute, Medicina Democratica, partecipe di numerose esperienze che hanno posto la questione della salute all’interno della più ampia e differenziata conflittualità degli anni Settanta.
In più modi egli si è impegnato nella promozione di una scienza medica che riconoscesse l’essere umano come soggetto libero e consapevole; per restituire soggettività al paziente; per rintracciare le cause reali all’origine del malessere e della malattia, i fattori socioambientali legati alle condizioni di vita e di lavoro; per liberare la scienza dai condizionamenti del potere; per rifondare una medicina aperta alla realtà sociale, improntata alle istanze di uguaglianza e libertà.
Maccacaro è stato un punto di riferimento per più di una generazione di medici e scienziati: ha dato vita in Italia a un nuovo approccio all’epidemiologia, si è speso nella lotta contro la nocività ambientale, ha improntato di profonda umanità tutto il suo operato intellettuale, professionale e culturale.
Il filo rosso che attraversa i suoi scritti e il suo operato è quello di un impegno, personale e collettivo, proprio di una stagione storica in cui il cambiamento non solo era pensabile, ma si diede concretamente, investendo la scienza e la medicina, con le loro diverse discipline, e al fondo i rapporti sociali di produzione e riproduzione, le relazioni tra gli individui, le istituzioni, l’interazione con l’ambiente, i nessi tra diritti, doveri e bisogni. Si trattò di una trasformazione che coinvolse l’organizzazione del lavoro e della società nel suo insieme, le relazioni umane, i rapporti di potere, i saperi.
Maccacaro è stato al centro di questo profondo cambiamento della realtà, ha saputo coglierne tutte le potenzialità, ha saputo promuoverlo in molti ambiti scientifici, ha saputo interpretarlo politicamente affinché esso coinvolgesse realmente tutti. La sua analisi di classe della medicina è stato il fondamento di una sfida alla scienza medica ufficiale e, al contempo, dell’elaborazione di un sapere medico-scientifico volto a contrastare le disuguaglianze e a promuovere una società giusta e libera. 
Da qui la convinzione che nel caso di Maccacaro non solo ci si possa esprimere nei termini di un’eredità importante, troppo spesso dimenticata, ma anche in quelli di un’inattuale attualità. Quella di un pensare e di un agire capaci tanto di andare controcorrente, di produrre elaborazioni ed esperienze altre, alternative rispetto allo stato di cose allora presente; quanto di collocarsi nell’orizzonte di un progetto di emancipazione sociale e di liberazione umana collettiva.
Con queste premesse, si cercherà di definire alcuni elementi del contesto storico in cui si colloca l’impegno di Maccacaro.

Il contesto storico

A partire dagli anni Sessanta il dibattito sulla salute si aprì a nuovi orizzonti. Furono due i fronti di novità che investirono i temi della salute e della sanità.
Sul versante istituzionale, i primi progetti di una riforma sanitaria organica, le proposte di istituzione di un servizio sanitario pubblico alternativo a quell’assetto sociosanitario che la Repubblica aveva ereditato dal fascismo. Un assetto, quello mutualistico, insostenibile, improntato a logiche occupazionali e assicurative, segnato da numerose inadeguatezze e disparità, disuguale, caotico e frammentato, in continua crisi finanziaria.
A partire da questo decennio, si costruì un fronte unitario tra i sindacati confederali (CGIL in primis) e le proposte dei partiti della sinistra (PSI e PCI), per perorare riforme sociali avanzate, andando oltre le istanze di mera razionalizzazione del quadro esistente.
L’altro fronte fu quello di un nuovo protagonismo operaio e sindacale, con forme di rivendicazione sui problemi della nocività ambientale, assunte direttamente dai lavoratori nel segno del loro controllo, delle loro conoscenze, della loro capacitaÌ€ di formulare soluzioni. Si avviarono più inchieste sulle condizioni di salute e di sicurezza nei luoghi di lavoro, nelle quali il rifiuto della monetizzazione del rischio si accompagnò alla promozione del diritto della classe operaia all’integrità psicofisica.
Dalla stagione delle inchieste emersero le questioni legate all’organizzazione produttiva, alla soggettività operaia e alle condizioni di lavoro e di vita nelle fabbriche e nei territori. Al contempo, più inchieste permisero di rinnovare la pratica sindacale orientandola verso una maggiore sensibilizzazione su questi problemi, con un approccio attento sia all’incidenza delle patologie nei luoghi di lavoro e di vita sia alla dimensione sociale e politica della salute
Il nuovo paradigma che ne emerse si estese negli anni Settanta dalla fabbrica al territorio, dall’ambiente di lavoro a quello di vita, mettendo in relazione il benessere dei lavoratori con quello del singolo e della popolazione, coinvolgendo l’attività degli enti locali, nell’impossibilità di disgiungere la tutela della salute nelle fabbriche da quella nei contesti di vita dei cittadini, nei e dei territori, dalla qualità della vita delle persone.
Fu il portato di questa nuova consapevolezza a sollecitare la stessa messa in discussione di una scienza in sé neutra. La messa in crisi del paradigma della neutralità della scienza coinvolgerà in Italia più scienziati e intellettuali, grazie agli impulsi di Marcello Cini e dello stesso Maccacaro.
Dalle elaborazioni e dalle esperienze di questo periodo storico, scaturì una visione critica d’insieme sul modello di sviluppo industriale e sulle sue conseguenze per la salute della popolazione, in una nuova idea integrata dei problemi della salute, del lavoro, del territorio, dell’assetto produttivo; nella prospettiva, per dirla con Maccacaro, di un «pensiero reintegrato, capace di pensare insieme la società e la natura, il lavoro e la salute»1.
La salute, come ambito di vita e di cura, rappresentò nel corso degli anni Settanta uno dei principali terreni di un cambiamento più ampio, in un’alleanza e una convergenza di mobilitazioni portate avanti, oltre che dal movimento operaio, da quello studentesco e da quello delle donne.
Il grande salto che si compiÌ€ con l’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), strumento per rendere effettivo il diritto universale alla salute, diritto sociale e di libertà, fu possibile grazie a una visione comune della salute e della cura. Furono essenziali le convergenze tra soggetti sociali e politici diversi, il dialogo tra competenze scientifiche individuali e movimenti collettivi, le molteplici mobilitazioni ed esperienze costruite attorno alla salute. 
Su questo terreno, della promozione della salute per tutti e tutte, si diede in Italia una grande vivacità di cui Maccacaro fu uno dei protagonisti principali. Gli ambiti in cui si dispiegò questo ampio cambiamento furono molteplici. Oltre alla medicina del lavoro e alla salute in fabbrica, la salute delle donne, la salvaguardia dell’ambiente, la salute mentale e la riforma della normativa psichiatrica, la dimensione sociale della medicina, gli innovativi approcci epidemiologici e di prevenzione, la produzione di nuovi saperi.
Con Maccacaro, lo specialista usciva dall’isolamento delle proprie competenze tecniche e le metteva al servizio dei soggetti sociali coinvolti dai problemi, i quali a loro volta diventavano portatori di conoscenze concrete, a cui per la prima volta veniva riconosciuto lo statuto di saperi veri e propri. Il lavoro teorico era sottratto alla delega e diventava “sede” di una ricerca comune, di un incontro tra saperi professionalmente riconosciuti e saperi presenti sul campo, fuori da una relazione gerarchica.
«Rifiutiamo insieme lo scientismo e il luddismo scientifico; ci sono ugualmente estranei il culto e l’esorcismo della scienza». Queste parole qualificano il percorso biografico e intellettuale di Maccacaro. Non si trattava, infatti, di rifiutare l’innovazione scientifica e tecnologia né di opporre un’antiscienza alla scienza, ma, per dirla con Marcello Cini, di «rintracciare le impronte dei rapporti sociali di produzione capitalistici nell’ambito dei quali la scienza veniva prodotta»2. Nel rapporto scienza/società – come in quello natura/essere umano – erano questi ultimi a determinarne i contenuti, i metodi, le priorità, le ipotesi, il comando; quale prodotto dell’attività umana e sociale, la scienza non prescindeva dai rapporti sociali. Essa, affermava Maccacaro, «è comprensibile e leggibile solo nell’ottica della dialettica dei poteri»,3 in quel rapporto sociale fra persone che, riprendendo gli assunti di Marx, è il capitale stesso. E, non a caso, il riconoscimento della non neutralità della scienza trovava per Maccacaro fondamento nelle analisi di Marx. 
Numerose le direzioni in cui si mosse Maccacaro. Mettere a nudo le logiche di profitto che condizionavano la scienza ufficiale e l’industria farmaceutica, per esempio nelle vicende del talidomide e degli psicofarmaci. Documentare la strumentalizzazione delle evidenze scientifiche per finalità di potere e controllo sociale. E ancora, denunciare pratiche offensive della dignità umana nell’ambito medico degli interventi diagnostici e terapeutici; indagare sullo sfruttamento umano alla base della sperimentazione scientifica. 
Con tale impostazione, Maccacaro predispose il proprio lavoro di direzione in seno all’Istituto di Biometria e Statistica medica dell’Università degli Studi di Milano, così come diede vita alla nuova serie della rivista Sapere, da lui diretta a partire dal 1974, sede ricchissima e interdisciplinare di riflessioni, all’insegna di un impegno volto a concentrarsi sul tema del rapporto fra scienza e potere, a partire dalla costruzione – come recitava il primo documento di impostazione della rivista – di «possibilità alternative [ndr: corsivo dell’autrice] di pratica sociale nel campo della medicina e della scienza»4. Si trattava delle esperienze richiamate: il ritiro della delega ai tecnici, il riconoscimento di uno statuto scientifico al sapere dei diretti interessati, l’individuazione dei fattori di nocività, le inchieste, il riconoscimento della salute come bene primario e inalienabile. Esse costituivano, per Maccacaro, il fondamento di una medicina rinnovata, finalizzata a restituire all’essere umano il diritto e il primato della sua soggettività. Medicina quindi partecipata, medicina volta a prendersi cura della collettività e dei singoli «ben prima che siano raggiunti dalla malattia», medicina «che ne tuteli la salute fisica e psichica non solo negli ambulatori o negli ospedali ma ovunque – ambiente, casa, scuola, fabbrica», quale condizione per la realizzazione dell’essere umano5. Un progetto di medicina – portato avanti anche da altri protagonisti di questo periodo – ripensata nelle sue finalità, aperta all’interazione con altri saperi e altre scienze, riformulata nei suoi legami con la società, con l’ambiente, con l’assetto produttivo e i rapporti sociali, trasformativa delle stesse relazioni di potere. Nelle elaborazioni di Maccacaro come di questi altri protagonisti del rinnovamento in corso, la messa in discussione di conoscenze che riproducevano forme sociali di emarginazione si accompagnava alla produzione di pratiche di cura volte a contrastare le disuguaglianze, a promuovere la giustizia sociale.

Rivoluzionare la formazione dei medici

Occorreva allora ripartire dallo stesso rinnovamento della formazione medica, da «una facoltà di medicina capovolta», volta a formare un medico della comunità, non solo dell’individuo, orientato alla prevenzione e non solo alla terapia, alla medicina di base e non solo a quella specialistica, pronto a collaborazioni di gruppo, dall’ampio orizzonte intellettuale. 
Di qui muoveva la presa di distanza di Maccacaro da un insegnamento medico informato da «individualismo professionale», così come da una «pratica sanitaria quasi esclusivamente curativa nel senso deteriore del silenziamento dei sintomi» e da una prevenzione inefficace. 
Il ripensamento dei metodi e dei contenuti di studio, da lui dettagliatamente indicati, si legava all’indicazione di una formazione finalizzata a creare «un operatore preparato e pronto a essere efficace nella realtà sociale che gli si affida»6
A una medicina settorializzata e spersonalizzante si contrapponeva il progetto di una medicina preventiva, sociale, collettiva, umana. La prevenzione, oggi cenerentola delle politiche sanitarie italiane, sarebbe stata al centro del lavoro di Maccacaro e al cuore dei principi fondativi del nuovo servizio sanitario. La prevenzione, affermava Maccacaro, andava collocata al primo posto; essa si riferiva infatti «alla salute che va tutelata e promossa»7, anziché alla malattia che va rimossa, nella messa in discussione dell’ideologia della malattia come accidente personale, come sfortuna che toccava ai più fragili, ai subalterni, disgrazia che assolveva il sistema dalle sue responsabilità. 
Furono questi i presupposti alla base di un approccio epidemiologico innovativo, in particolare di un’epidemiologia non più post factum, ma volta a incentivare la prevenzione ante factum: prima, cioè, che la minaccia per la salute dell’essere umano divenisse, «oltre che rischio temuto, il danno compiuto per una comunità»8. Ai ritrovati di una medicina predittiva reclamizzante diagnosi precoci, check-up, screening di laboratorio, test multifasici, portatrice di una falsa prevenzione come di una falsa rassicurazione, orientata ad assicurare grandi profitti di un mercato sanitario espansivo, Maccacaro contrappone la vera medicina preventiva, portato delle sue più importanti e pioneristiche linee di ricerca. La metodologia di lavoro ripresa nella lotta contro il cancro si basava su queste ipotesi.
Le conclusioni di Maccacaro investivano ancora una volta il sistema produttivo capitalistico che aveva subordinato la salute dell’essere umano alle sue esigenze, con l’implicazione di porre «l’onere della prova sull’uomo anziché su ciò che può nuocergli»9.
Maccacaro morirà l’anno prima della tanto attesa istituzione del SSN, nato dalle trasformazioni e dai conflitti degli anni Sessanta e Settanta. Ma il suo impegno è stato fondamentale perché esso fosse caratterizzato da universalismo, da equità di accesso e uguaglianza di trattamento, da globalità e uniformità territoriale dei servizi e delle prestazioni erogate, da un forte ruolo della prevenzione, dalla partecipazione dei cittadini, oltre che finanziato tramite la fiscalità progressiva generale.
Per Maccacaro, l’istituzione del servizio sanitario pubblico non poteva prescindere dalle trasformazioni sociali, ambientali e politiche, da sistemi informativi che sostanziassero di conoscenza e consapevolezza il concetto stesso di partecipazione in relazione a un’efficacia e a una funzione dell’istituzione sanitaria rivolta «interamente alla promozione e alla difesa della salute collettiva»10.
Di rilievo il suo contributo al dibattito allora in corso sulle Unità Sanitarie Locali (USL), strumenti unitari di un intervento sanitario integrato sul territorio, organi della partecipazione democratica. La nascita dell’USL avrebbe risposto ai bisogni sanitari dei suoi cittadini segnando il passaggio da un governo delegato a un governo partecipato della stessa, in un processo dinamico in cui maggiore libertà avrebbe corrisposto a maggiore impegno scientifico11. Un’indicazione che oggi è possibile rileggere e collocare nel contesto dell’altra grande sfida in corso: la ricostruzione di una solida rete di cure primarie e servizi sociosanitari territoriali volti a rafforzare la sanità pubblica, a partire dai bisogni reali delle persone, anziché dalle prestazioni che i produttori sono disposti a offrire.

In sintesi, l’operato di Maccacaro esprime al meglio la cifra di una stagione storica segnata dal ripensamento dei rapporti tra medicina e società, tra essere umano e ambiente, tra politica e istituzioni nel profondo rinnovamento che si darà nell’ambito medico-sanitario. Ad accomunare le tante esperienze e conflitti di questi anni fu un approccio integrato alla salute, individuale e collettiva; una centralità del momento preventivo su quello curativo dell’intervento sanitario; un’accresciuta consapevolezza delle responsabilità dell’assetto economico capitalistico, soprattutto rispetto ai determinanti sociali e ambientali di salute. 
La ricerca di Maccacaro mostra, ancora una volta, come la salute sia stata e resti un terreno fondamentale per offrire risposte alle istanze di uguaglianza e di libertaÌ€. Certamente non una merce, né un tema di settore, relegato a un ambito puramente specialistico, bensì un diritto sociale e di libertà e un tema fondamentale politico, che coinvolge il modello di società, la visione delle relazioni tra gli esseri umani e con l’ambiente, i modelli culturali e istituzionali, così come le iniziative di solidarietà, il ruolo dell’azione pubblica.
Dinnanzi alle attuali difficoltà che investono il SSN, sempre più depotenziato e indebolito, è utile tornare a questa visione sistemica del modello di sanitaÌ€ pubblica e di cura, a una nozione di salute comprensiva di ogni aspetto legato alla qualità della vita delle persone e fondata su una dimensione personale e sociale.
La ricerca di Maccacaro rappresenta un punto di riferimento imprescindibile rispetto alle sfide attuali, compresa la promozione di una spinta culturale e politica volta a porre in primo piano il diritto universale alla salute e, con esso, il rilancio e potenziamento dello strumento che ha sinora ha permesso di renderlo effettivo: il Servizio Sanitario Nazionale.

Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.

Bibliografia

  1. Giorgi C. Giulio A. Maccacaro: sapere per cambiare. In: Maccacaro GA. Per una medicina da rinnovare. Scritti 1966-1976. Sesto San Giovanni, Pgreco, 2025; p. 449.
  2. Ciccotti G, Cini M, De Maria M, Jona-Lasinio G. L’ape e l’architetto. Paradigmi scientifici e materialismo storico. Milano, Feltrinelli, 1976; p. 19.
  3. Maccacaro GA. Per una medicina da rinnovare. Scritti 1966-1976. Sesto San Giovanni, Pgreco, 2025; p. 407.
  4. Ivi; p. 162.
  5. Ivi; p. 185.
  6. Ivi, pp. 376-77.
  7. Ivi, p. 447.
  8. Epidemiologia e prevenzione 1976;1(0):2.
  9. Maccacaro GA. Per una medicina da rinnovare. Scritti 1966-1976. Sesto San Giovanni, Pgreco, 2025; p. 303.
  10. Ivi; pp. 467-68.
  11. Ivi; pp. 383 e seguenti.
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