La terra dei fuochi in tre schede
Quali e quante aree sono interessate da fenomeni di inquinamento pericoloso per l'uomo, gli animali e i prodotti agricoli? Chi si occupa di monitorare l'andamento dei tumori in queste aree? Quali conoscenze epidemiologiche sono state acquisite sul ciclo dei rifiuti nelle province di Napoli e Caserta? Ecco tre schede per saperne di più.
SCHEDA A. Indagini ambientali sulla Terra dei Fuochi (a cura di M. Vito, Direttore Tecnico, ARPA Campania, Napoli)
SCHEDA B. Lo stato della registrazione oncologica in Campania e le attività nel campo dell’epidemiologia ambientale condotte dal Registro tumori della ASL Napoli 3 Sud (a cura di M. Fusco, Responsabile Registro tumori ASL Napoli 3 Sud, Brusciano,NA)
SCHEDA C. Una sintesi delle conoscenze epidemiologiche relative al ciclo dei rifiuti nelle province di Napoli e Caserta (di L. Fazzo e P. Comba, Reparto di epidemiologia ambientale, Dipartimento ambiente e prevenzione primaria, Istituto superiore di sanità, Roma)
Scheda A
Indagini ambientali sulla Terra dei Fuochi
a cura di Marinella Vito, Direttore Tecnico, ARPA Campania, Napoli
La terra dei fuochi è un vasto territorio ricadente nelle Province di Napoli e Caserta, così denominato a causa del fenomeno dei continui incendi di rifiuti illecitamente abbandonati o depositati in modo incontrollato. Si tratta dello stesso territorio che negli ultimi decenni è stato devastato da un fenomeno criminale consistito nell’interramento illecito di rifiuti, anche di origine industriale. Le diverse inchieste della Magistratura stanno facendo emergere numerose situazioni caratterizzate da interramenti di questo genere, che costituiscono un potenziale pericolo per l’inquinamento delle matrici ambientali e una possibile minaccia per la salute umana.
Sebbene la Regione Campania abbia recentemente aggiornato il Piano regionale di bonifica (PRB), le indagini della Magistratura hanno identificato diverse aree interessate da interramento di rifiuti precedentemente non incluse nel Piano, trattandosi spesso di appezzamenti agricoli sui quali non vi era ragione di ritenere, a meno di specifiche indicazioni, che ci fossero casi di inquinamento puntuale.
Non conoscendo, né allora né ora, la “geografia puntuale” delle aree interessate da fenomeni criminosi, ma essendo al corrente del fenomeno degli interramenti illeciti, il Piano regionale di bonifica includeva già tutte le cave dismesse delle Province di Napoli e Caserta (proprio per il sospetto che nel tempo siano state oggetto di riempimenti illeciti) e alcuni terreni agricoli sui quali erano noti fenomeni di spandimento illecito di fanghi, scorie di fonderia eccetera). Inoltre, nell’ipotesi che le aree agricole immediatamente adiacenti alle discariche autorizzate e/o abusive potessero aver risentito di fenomeni di inquinamento, sia pure “indotto”, nell’ambito del PRB si è proceduto a perimetrare le cosiddette Aree vaste, al cui interno erano stati ricompresi, senza soluzione di continuità, anche i territori agricoli, e in qualche caso urbani, sui quali si ritiene opportuno procedere ad accertare lo stato delle matrici ambientali.
La scoperta di queste situazioni desta una legittima preoccupazione da parte della popolazione anche in relazione a potenziali pericoli legati al consumo di specie vegetali destinate all’alimentazione umana o animale coltivate nelle aree incriminate, che sta determinando anche gravi ripercussioni economiche sull’intero settore agricolo campano.
Sebbene sia le indagini recentemente condotte dall’Istituto superiore di sanità su alcuni prodotti di origine vegetale coltivati nell’area delle discariche del Comune di Giugliano in Campania, sia quelle del Piano di monitoraggio straordinario dei prodotti agroalimentari immediatamente avviato dalla Regione Campania abbiano fornito e stiano fornendo ad oggi risultati molto rassicuranti, lo stato di preoccupazione permane e ha indotto il governo ad adottare, nel dicembre del 2013, il DL n. 136.
Questo Decreto legge, che è stato successivamente convertito, con modifiche, nella Legge n. 6 del 06.02.2014 recante «Disposizioni urgenti dirette a fronteggiare emergenze ambientali e industriali e a favorire lo sviluppo delle aree interessate», si pone l’obiettivo principale di pervenire alla mappatura, anche mediante strumenti di telerilevamento, dei terreni della Regione Campania destinati all’agricoltura, al fine di accertare l’eventuale esistenza di effetti contaminanti a causa di sversamenti e smaltimenti abusivi, anche mediante combustione, per arrivare alla definizione dei terreni che non possono essere destinati alla produzione agroalimentare ma solo a colture diverse in considerazione delle capacità fitodepurative, e dei terreni che possono essere destinati solo a determinate produzioni agroalimentari.
Per la realizzazione di questo obiettivo, con la Direttiva ministeriale del 23.12.2012, prevista dall’art.1 del DL n. 136/2013, è stato istituito un apposito gruppo di lavoro costituito da
- Centro di ricerca per la sperimentazione in agricoltura (CRA),
- Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA),
- Istituto superiore di sanità (ISS),
- Agenzia regionale per la protezione ambientale in Campania (ARPAC),
- Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA),
- Regione Campania,
- Istituto zooprofilattico sperimentale (IZS) Abruzzo e Molise,
- Istituto zooprofilattico sperimentale (IZS) Campania e Calabria e
- Università di Napoli Federico II.
La Direttiva ha individuato prioritariamente un territorio di 57 comuni e ha fornito al gruppo di lavoro i seguenti indirizzi:
- individuazione dei siti interessati da sversamenti e smaltimenti abusivi sul territorio;
- definizione di un modello scientifico di riferimento per la classificazione dei terreni individuati, ai fini delle diverse tipologie di utilizzo (divieto di produzione agroalimentare, limitazione a determinate produzioni agroalimentari ovvero a colture diverse anche di biocarburanti) e individuazione dell’insieme delle informazioni necessarie all’esecuzione del modello sulla base delle diverse tipologie di sito o di agenti contaminanti;
- predisposizione, entro 60 giorni dall’emanazione della Direttiva, di una relazione con i risultati delle indagini svolte e delle metodologie tecniche usate, con le relative proposte operative ai Ministri competenti sulle misure da adottare.
La necessità di pervenire alla definizione di un modello scientifico di riferimento scaturisce anche dal fatto che, al momento, in Italia non è ancora stato definito il Regolamento per gli interventi di bonifica nelle aree agricole, già previsto dall’art. 241 del D.Lgs. n. 152/2006, così come manca una norma che definisca la qualità delle acque da utilizzare a scopo irriguo, sebbene la loro emanazione sia attualmente nuovamente prevista entro 90 giorni nella legge di conversione n. 6/2014.
Il gruppo di lavoro ha elaborato il modello scientifico di riferimento richiesto e ha individuato i siti su cui sarà prioritariamente necessario applicarlo e testarlo.
In particolare, incrociando i dati sulla contaminazione di suoli agricoli, in possesso di ARPAC e degli altri enti partecipanti al gruppo di lavoro, con i risultati dall’analisi multitemporale delle ortofoto a partire dal 1997 e con le informazioni ottenute da altri enti e istituzioni, sono stati individuati 1.562 siti sospetti. Su tali siti risulterà necessario procedere all’esecuzione di ulteriori accertamenti, anche al fine di ottenere tutte le informazioni necessarie per l’applicazione del modello scientifico.
Al fine di stabilire un ordine di priorità di tali interventi di approfondimento, i siti sono stati classificati in 5 classi di rischio presunto decrescente.
Per le tre classi a rischio presunto più elevato (51 siti in totale per una superficie di circa 65 ettari), nelle more dell’esecuzione di ulteriori indagini nei prossimi 90 giorni, il gruppo di lavoro ha proposto l’adozione di misure di salvaguardia, quali il divieto di commercializzazione dei prodotti.
Per i rimanenti siti, tutti afferenti alle classi di rischio meno elevato, non si è ritenuto necessario proporre misure di salvaguardia in attesa degli ulteriori accertamenti.
In totale su una superficie agricola complessiva dei 57 comuni, pari a 58.731 ettari, la superficie dei siti sospetti è di circa 1.200 ettari, pari a circa il 2% del totale.
Su questo tema leggi anche il testo introduttivo di Fabrizio Bianchi
SCHEDA B
Lo stato della registrazione oncologica in Campania e le attività del Registro tumori della ASL Napoli 3 Sud nel campo dell’epidemiologia ambientale
a cura di Mario Fusco
Responsabile Registro tumori ASL Napoli 3 Sud, Brusciano (NA)
Registrazione oncologica in Campania
Si deve al Decreto Commissariale n. 104 del 24.09.2012 - successivamente sostituito dalla LR n. 9 del 25.02.2014 - l’istituzione del Registro tumori della Regione Campania composto da una rete di
- 7 Registri tumori aziendali
- 1 Registro tumori infantile unico su base regionale
- un Coordinamento regionale che gestisce anche la Banca dati unica regionale.
In questo momento 3 dei 7 Registri tumori (RT) di popolazione aziendali sono già pienamente operativi (alcuni lo erano da anni prima dell’istituzione della rete oncologica):
RT ASL Napoli 3 Sud, operativo dal 1995, con dati disponibili per il periodo 1996-2010, accreditato presso la Banca dati AIRTUM;
RT ASL Salerno, operativo dal 1997, con dati relativi all’intera provincia disponibili per il periodo 1996-2009, accreditato presso la Banca dati AIRTUM;
RT ASL Caserta, operativo dal 2012, con dati relativi all’intera provincia ancora in fase di raccolta e codifica per il periodo 2008-2010, da sottoporre successivamente ad accreditamento AIRTUM.
Nel corso del 2013 sono stati istituiti dalle rispettive aziende sanitarie i 4 Registri tumori delle Aziende che ancora mancavano all’appello:
- Napoli 1 Centro
- Napoli 2 Nord
- Avellino
- Benevento
questi 4 registri hanno già completato la fase organizzativa (studi di fattibilità, reperimento organico, dotazione di attrezzature) e a breve avvieranno la fase di raccolta e codifica dei dati riguardanti il triennio di avvio 2010-2012, da sottoporre successivamente ad accreditamento AIRTUM.
Attività del Registro tumori della ASL Napoli 3 Sud nel campo dell’epidemiologia ambientale
L’attuale territorio coperto dal Registro tumori dell’ASL Napoli 3 Sud comprende 59 comuni, di cui ben 38 rientrano in aree che fino allo scorso marzo erano indicate quali Siti di interesse nazionale per le bonifiche (SIN) e attualmente passate alla gestione regionale (SIR).1 Di questi comuni:
- 19 rientrano nel SIN Litorale domizio flegreo e agro aversano (LDF-AA) costituito da 77 comuni;
- 11 costituiscono l’intero SIN Litorale vesuviano (LV)
- 11 rientrano nel SIN Bacino del Sarno (BS) costituito da 39 comuni;
- 11 rientrano tra i comuni soggetti a possibili effetti delle attività del termovalorizzatore di Acerra, facendo parte del gruppo dei 20 comuni identificati in base alla distanza dal termovalorizzatore (10 chilometri) e allo studio delle correnti atmosferiche che potranno determinare l’aerodispersione e la ricaduta al suolo degli inquinanti;
- alcuni comuni sono a cavallo di due aree SIN.
Da tale configurazione si evince con chiarezza che gran parte dell’area di riferimento è stata interessata dal fenomeno delle discariche illegali di rifiuti industriali e tossici. I dati finora prodotti, relativi al periodo 1996-2009, si riferiscono a parte del territorio di riferimento del Registro, alla ex ASL Napoli 4, essendo stato deciso nel 2012 l’ampliamento dell’area di riferimento. Una relazione dettagliata riferita ai dati di incidenza, mortalità, sopravvivenza e trend di incidenza per il periodo 1997-2009, oltre che ai confronti degli stessi dati con quelli del pool dei Registri tumori italiani per il periodo 2004-2008, è stata presentata e depositata presso la Commissione sanità del Senato nell’audizione del 17 ottobre 2013.
Poiché 19 dei 35 Comuni appartenenti alla precedente area coperta dal registro (ex ASL Napoli 4) rientrano nel SIN Litorale domizio flegreo e agro aversano, il RT partecipa al protocollo operativo ISS-AIRTUM per lo “Studio dell’incidenza oncologica nei Siti di interesse nazionale per le bonifiche”.
In aggiunta a tale attività collaborativa, e in parte a essa collegata, da alcuni anni il Registro ha avviato studi di georeferenzazione ambientale. Tale approccio metodologico nasce dalla considerazione che nonostante la valutazione complessiva dei dati del Registro, riferita all’intero territorio di riferimento, non abbia evidenziato particolari situazioni di allarme legate al dato ambientale, è possibile che in aree subcomunali e/o intercomunali possano verificarsi dei cluster di patologia oncologica legati all’immediata vicinanza con discariche illegali. La particolare complessità degli studi di epidemiologia ambientale in tale territorio è data dalla contemporanea presenza in modo puntiforme sia di inquinanti diversi tra loro, e non sempre definiti, sia dalla coesistenza di diverse matrici inquinate (suolo, acqua, aria). L’analisi epidemiologica è stata, quindi, indirizzata allo studio per aree subcomunali, al fine di acquisire:
- migliore definizione geografica delle aree a rischio;
- migliore capacità di individuare effetti sanitari localizzati;
- maggiore possibilità di mettere in relazione i rischi con i relativi determinanti;
- possibilità di giungere alla georeferenzazione dei casi per l’analisi di possibili cluster.
Considerato che al momento non esiste in Campania un sistema strutturato di monitoraggio delle condizioni di salute della popolazione in rapporto al dato ambientale, il Registro ha strutturato ex novo un proprio sistema di monitoraggio, e in tale direzione ha già realizzato:
- l’acquisizione e la strutturazione di un modulo Geographic Information Systems (GIS) all’interno di un sistema GeCO-sys (Sistema gestionale per il controllo, sorveglianza e valutazione della rete oncologica);
- la geolocalizzazione, con dettaglio di particella censuale di tutta la popolazione residente nella prima area di riferimento del Registro (ex ASL Napoli 4) dal 1996 al 2009 (circa 9.000.000 di abitanti);
- la geolocalizzazione di tutti i casi di incidenza e mortalità oncologia dell’area per lo stesso periodo (circa 30.000 nuovi casi di cancro e 11.000 casi di morte per tumore);
- la produzione di mappe per eccesso di rischio di incidenza e mortalità;
- la storicizzazione degli indirizzi;
- la parziale acquisizione dall’ARPA Campania (ARPAC) della geolocalizzazione delle fonti di esposizione, intendendo con ciò le attività produttive inquinanti e le discariche di rifiuti, autorizzate e illegali, con particolare riferimento ai rifiuti industriali e tossici.
Il calcolo delle stime di rischio, che è la matrice di generazione delle mappe di rischio, è stato effettuato, per ognuna delle sedi topografiche indagate, 48 per i maschi e 50 per le femmine, per:
- ogni particella censuaria di ognuno dei 35 comuni compresi nell’area in studio del Registro: in questo caso il dato atteso di riferimento è stato rappresentato dal comune di appartenenza della particella, al netto del dato osservato nella particella in esame;
- per ogni comune dell’area di riferimento del Registro: in questo caso il dato atteso di riferimento è stato rappresentato dall’intero territorio del Registro, al netto del dato osservato nel comune in esame;
- per l’insieme dei comuni che rientrano nel territorio del SIN LDF-AA (area SIN): in questo caso il dato atteso di riferimento è stato rappresentato dall’area del Registro non rientrante nell’area SIN.
Per ognuna delle aree indagate, così come descritte, sono stati calcolati:
- numero di casi osservati;
- numero di casi attesi;
- rapporto standardizzato di incidenza (SIR) e rapporto standardizzato di mortalità (SMR) con intervalli di confidenza al 95%.
Per tutte le aree indicate e per ogni sede topografica sono state prodotte le relative mappe generate dai valori dei SIR e degli SMR.
A fronte di questa notevolissima mole di lavoro, manca ancora il completamento, da parte di ARPA Campania, dell’acquisizione delle schede di caratterizzazione dei siti inquinati, degli indici di rischio dei diversi siti e il completamento della geolocalizzazione dei siti stessi. A rendere ulteriormente complesso lo studio epidemiologico sono anche:
- l’esiguità, a livello nazionale e internazionale, di studi di epidemiologia ambientale su miscele complesse di inquinanti;
- l’impatto che gli inquinanti hanno inizialmente sulle matrici ambientali e, secondariamente, sulla catena alimentare.
Certamente l’approccio metodologico seguito dal Registro nello studio di epidemiologia ambientale, riferito ad analisi geografiche per aree subcomunali a partire dalla georeferenzazione dei casi di incidenza oncologica e della loro interazione con dati di georeferenzazione e caratterizzazione delle possibili fonti di esposizione, va incontro alla complessità del problema “ambiente e tumori”, con l’obiettivo di identificarne le diverse variabili e proporne chiavi di lettura. Gli studi in corso si configurano, quindi, come un work in progress, in cui il lavoro fin qui fatto rappresenta una prima tappa fondamentale mirata a creare le condizioni conoscitive preliminari e di base su cui poggiare le ulteriori fasi dello studio. Le prossime tappe operative, di breve e medio termine, condotte anche in collaborazione con il Gruppo di lavoro nazionale ISS-AIRTUM, saranno finalizzate sia a condurre analisi dei rischi per tumori non definiti a priori (confronti multipli), sia a ricercare i cluster geografici nell’area limitrofa ai siti inquinati per sedi topografiche per le quali esistono “ipotesi a priori di possibile correlazione con esposizione a inquinanti definiti” (SAT Scan).
L’intera attività viene condotta anche nella convinzione che la tipologia di tali studi, per la notevole complessità, necessiti di sinergie di conoscenze e operatività tra istituzioni diverse e gruppi di ricerca con diversi patrimoni conoscitivi.
Bibliografia
SCHEDA C
Una sintesi delle conoscenze epidemiologiche relative al ciclo dei rifiuti nelle province di Napoli e Caserta
Lucia Fazzo, Pietro Comba
Reparto di epidemiologia ambientale, Dipartimento ambiente e prevenzione primaria, Istituto superiore di sanità, Roma
Dai primi anni Duemila, numerosi enti scientifici e di sanità pubblica internazionali (OMS), nazionali (ISS, CNR), regionali (OER, ARPA) e locali (ASL) collaborano in maniera sistematica, per valutare l’eventuale impatto sulla salute di siti di smaltimento di rifiuti presenti nelle Province di Napoli e Caserta, e in particolare in aree sul confine tra le due province.
L’analisi di cluster di mortalità specifica per causa (anni 1994-2001) e prevalenza alla nascita di malformazioni congenite (anni 1995-2002) nei 196 comuni delle Province di Napoli e Caserta ha evidenziato cluster di comuni con eccessi significativi, rispetto alla media regionale, della mortalità per alcune patologie tumorali (tumore di polmone, fegato, stomaco, rene e vescica) e della prevalenza di malformazioni congenite (nel loro insieme, degli arti, del sistema cardiovascolare e dell’apparato urogenitale). I cluster sono prevalentemente concentrati in una subarea a cavallo delle due province, ovvero nella zona Nord della Provincia di Napoli e in quella Sud della Provincia di Caserta.1
Nel 2009 è stato pubblicato lo studio di correlazione tra rischio ambientale da rifiuti, mortalità e malformazioni congenite,2 i cui risultati sono stati riportati nel Rapporto finale dell’indagine e disponibile sul sito del Dipartimento della Protezione civile della Presidenza del Consiglio. Questa indagine ha esaminato la correlazione della mortalità per varie cause e della prevalenza alla nascita di malformazioni congenite, con un indicatore comunale di esposizione messo a punto sulla base della densità di popolazione e delle caratteristiche di 227 siti di smaltimento censiti nel periodo 1997-2003 dall’ARPA Campania sul territorio delle due province: il valore più alto dell’indicatore è stato attribuito ai comuni con un maggior numero di residenti in aree interessate da siti di smaltimento abusivo di rifiuti pericolosi.3 Le analisi, che hanno tenuto conto del possibile ruolo della deprivazione socioeconomica, hanno evidenziato una serie di associazioni positive. In particolare, in seguito a ranghizzazione dei valori dell’indicatore, sono stati osservati trend di rischio in aumento al passaggio da una delle cinque classi di rischio a quella superiore per la mortalità generale (2% uomini e donne), tutti i tumori (1% uomini e donne), tumore del polmone (2% uomini), tumore del fegato (4% uomini, 7% donne), stomaco (5% uomini); malformazioni congenite del sistema nervoso (8%) e dell’apparato urogenitale (14%).
Le associazioni osservate, pur con i limiti di accuratezza, completezza e risoluzione spaziale dei dati, vista la loro consistenza e coerenza interna e con lo studio precedente suggeriscono che le esposizioni legate alle sostanze emesse dai rifiuti pericolosi smaltiti in maniera non corretta svolgano un ruolo eziologico fra i determinanti della salute delle popolazioni residenti nelle Province di Napoli e Caserta.
I risultati dell’indagine sull’incidenza oncologica (periodo 1997-2005) nei 35 comuni della Provincia di Napoli serviti dal Registro tumori dell’ASL Napoli 3 Sud, unico registro aderente ad AIRTUM e accreditato dalla IARC presente attualmente nell’area, sono stati pubblicati nel 2011. Sono risultate subaree con eccessi di incidenza del tumore del fegato e del polmone, delle leucemie e dei sarcomi dei tessuti molli, rispetto alla media dell’intera area. Per queste sedi tumorali non è stata evidenziata una correlazione con l’indicatore di pressione ambientale da rifiuti utilizzato negli studi precedenti, per cui al momento non è possibile trarre conclusioni riguardo alla possibile associazione con l’esposizione a rifiuti; l’unica sede tumorale la cui incidenza ha mostrato una correlazione col suddetto indicatore è il testicolo.4 Successivamente, sulla medesima casistica è stato effettuato un approfondimento relativo ai casi di sarcomi dei tessuti molli (STM), patologia per la quale ci sono indicazioni di una possibile associazione con alcune diossine e sostanze ad azione diossino-simile, inquinanti presenti in alcuni punti dell’area e potenzialmente emessi dalle combustioni illegali di rifiuti. Lo studio ha segnalato un eccesso del SIR relativo ai tumori stromali gastrointestinali (GIST) nella popolazione maschile adulta e un incremento non statisticamente significativo degli STM nei bambini di genere maschile, rispetto al pool dei Registri tumori dell’Italia meridionale.5
La presenza di diossine in alcune zone dell’area è stata indagata con tecniche di biomonitoraggio. Lo studio sulla distribuzione di sostanze diossino-simile in 79 campioni di latte di mucca della Campania, effettuato in accordo con i piani di monitoraggio previsti dall’Unione europea e con il Piano regionale di sorveglianza, ha rilevato una situazione globale di bassa contaminazione nella Regione, con singoli punti critici in aree circoscritte. Dei campioni analizzati, sette, tutti nella Provincia di Caserta, hanno fatto registrare un valore superiore al limite massimo previsto dal Regolamento comunitario EC 881/2006. Gli autori hanno ipotizzato che la presenza delle diossine nel latte sia dovuta alla contaminazione di matrici ambientali determinata dalle combustioni illegali di rifiuti.6 Un’indagine sul latte materno di 94 donne residenti nelle 2 province, pur evidenziando una concentrazione media di diossine e PCB diossino-simili nell’area indagata simile a quella riportata in altri studi su campioni di donne residenti a Milano, ha mostrato livelli più elevati del limite superiore del range registrato a Milano in singoli campioni. Lo studio ha riportato una correlazione significativa tra la concentrazione di diossine e PCB diossino-simili con l’età dei soggetti (tutti al di sotto di 32 anni) e tra la concentrazione individuale di diossine e la vicinanza autodichiarata dai soggetti della residenza a incendi di rifiuti avvenuti negli ultimi 5 anni, potenziali sorgenti degli inquinanti indagati non considerati nell’indicatore di pressione ambientale utilizzato negli studi precedenti prima menzionati.7 Un più recente articolo ha riportato i risultati di un’indagine di biomonitoraggio, finanziata dal Ministero della salute, sul latte materno di circa 100 primipare residenti nei comuni delle Province di Napoli e Caserta: nei campioni pooled i livelli di diossine trovati sono nel range dei valori rilevati in indagini precedenti nelle aree urbane italiane; l’analisi dei singoli campioni ha rilevato i valori più elevati nelle donne residenti nei comuni individuati negli studi precedenti aventi un maggior numero di siti illegali di sversamento di rifiuti.8
Va inoltre citato uno studio di biomonitoraggio umano, denominato SEBIOREC, coordinato dall’Istituto superiore di sanità su incarico della Regione Campania. L’indagine ha analizzato circa 850 reperti di siero e sangue e 52 campioni di latte materno di individui residenti in Campania in aree definite a diversa pressione ambientale da rifiuti; l’analisi è stata effettuata su campioni pooled. Le concentrazioni medie degli inquinanti analizzati (diossine, furani e PCB nel siero; arsenico, cadmio, mercurio e piombo nel sangue; tutti gli inquinanti organici e inorganici su menzionati nel latte materno) sono risultate conformi con i livelli riportati nella letteratura nazionale e internazionale nelle medesime matrici. Tuttavia, tali sostanze sono considerate “indesiderabili”, in quanto potenzialmente pericolose per la salute umana. Pertanto, in considerazione del fatto che sono stati utilizzati campioni pooled, nel perseguire obiettivi di massima protezione sanitaria sono stati forniti suggerimenti per azioni di approfondimento e/o di intensificazione delle misure locali di riduzione del rischio.9
Infine, il Progetto SENTIERI (Studio epidemiologico nazionale territori e insediamenti esposti a rischio da inquinamento), che ha analizzato la mortalità (anni 1995-2002) in 44 siti di interesse nazionale per le bonifiche (SIN), e i cui risultati sono stati pubblicati nel 2011, ha indagato anche il territorio dei 77 comuni delle Province di Napoli e Caserta componenti il SIN Litorale domizio flegreo e agro aversano). L’analisi ha evidenziato nell’intero SIN eccessi di mortalità per tumore del fegato in entrambi i generi, e della laringe tra i soli uomini; in entrambi i generi sono risultate in eccesso, inoltre, le malattie ischemiche, il diabete mellito e la cirrosi.10 L’aggiornamento di questo Progetto, comprensivo di un’analisi di mortalità, morbosità e incidenza oncologica, è stato recentemente concluso e sarà pubblicato nei prossimi mesi.
Dall’insieme degli elementi conoscitivi disponibili qui illustrati emerge un quadro complessivo a supporto dell’ipotesi di un impatto sulla salute nelle Province di Napoli e Caserta dei siti di smaltimento illegale dei rifiuti e delle pratiche di incenerimento incontrollato, anche se non sono stati accertati specifici nessi causali (come peraltro nella letteratura scientifica internazionale relativa all’impatto sanitario dei rifiuti pericolosi). In particolare, eccessi di specifiche patologie (tumori e malformazioni congenite) sono emersi nella fascia dei comuni a cavallo delle due province, a Nord della Provincia di Napoli e a Sud di quella di Caserta, caratterizzati dalla presenza di un maggior numero di siti illegali di smaltimento di rifiuti. Alcune di queste patologie nella letteratura internazionale più recente sono riportate in eccesso in popolazioni residenti in aree caratterizzate da siti di smaltimento di rifiuti pericolosi avvenuto in maniera non idonea, in particolare in siti contaminati della National Priority List statunitense.11-15
Trattandosi di patologie multifattoriali, è prevedibile l’influenza di altri fattori di rischio, nonché l’effetto sinergico di esposizioni a sostanze chimiche rilasciate da siti di rifiuti e altri fattori di rischio.
Le analisi in corso nei diversi comparti ambientali sugli inquinanti potenzialmente presenti in prossimità di siti dove si è verificato smaltimento illegale potranno fornire ulteriori elementi conoscitivi, come pure studi epidemiologici su base subcomunale, nei quali le stime dell’incidenza di specifiche patologie e della mortalità siano disaggregate su ambiti territoriali definiti in base a criteri di contaminazione delle diverse matrici ambientali.
La finalità di questi lavori rimane l’individuazione di fasce di popolazione a maggior rischio, nei cui territori di residenza va annessa priorità all’opera di risanamento ambientale.
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