Attualità
14/04/2015

La meteora scientifica di Capodanno

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L’articolo di Tomasetti e Vogelstein pubblicato su Science1 ha seguito la traiettoria di una meteora, a partire dal 2 gennaio scorso. Quasi istantaneamente i media di tutto il mondo hanno diffuso la notizia che «due terzi dei tumori sono dovuti alla sfortuna», senza preoccuparsi dei fattori causali del cancro, quali il fumo di tabacco, l’inquinamento atmosferico urbano o l’obesità. E quasi con la stessa velocità reazioni e commenti2 (ai quali abbiamo contribuito con un paio di note)3,4 hanno “intercettato” la meteora, mostrando da differenti punti di vista che la metodologia dello studio era molto contestabile e, soprattutto, le conclusioni riportate difficilmente giustificabili. È stato un episodio sfortunato, nonostante l’idea alla base del lavoro fosse originale e di notevole interesse.

Due osservazioni di base concernenti l’incidenza dei tumori sono così evidenti da essere date per scontate. In primo luogo, l’ampia variabilità dei tassi di incidenza fra popolazioni per la maggior parte dei tumori: un tumore frequente in una popolazione lo è molto meno in un’altra, come mostrato dalle figure inserite nel volume Cancer Incidence in Five Continents, pubblicato dalla IARC, che nell’ultima edizione, relativa al periodo 2003-2007, riporta i dati di 290 registri tumori di 68 Paesi. Per esempio, i tassi del tumore del polmone nei maschi variano dall’incidenza più alta di 87/100.000 anni/persona fino a un minimo di 3; il tumore del colon retto da 64 a 3; il tumore della mammella femminile da 107 a 9. Variazioni nei tassi di incidenza di 1 o 2 ordini di grandezza sono comuni se si considerano aree geografiche relativamente piccole. Una tale variabilità, in combinazione con le evidenze di variazioni temporali nell’incidenza di molti tumori, suggerisce il ruolo causale degli agenti ambientali (in senso ampio) e ha guidato lo sviluppo della ricerca epidemiologica e sperimentale sulla carcinogenesi, che ha in effetti identificato con successo un buon numero di questi agenti.

La seconda – e ugualmente sconcertante – caratteristica del verificarsi del tumore è l’ampia variazione nell’incidenza fra i vari organi e tessuti: alcuni organi, come il cuore, non sono praticamente mai colpiti da una neoplasia, mentre all’altro estremo polmone e colon retto mostrano tassi elevati. Chiaramente, questa ampia variabilità suggerisce il ruolo della suscettibilità del tessuto e dell’organo nella carcinogenesi. Il punto principale è che questi due differenti ordini di cause, ambiente e suscettibilità del tessuto, non devono essere considerate – una trappola concettuale in cui si cade facilmente – operanti come «ambiente o suscettibilità del tessuto», ma come «ambiente e suscettibilità del tessuto» (ed è da aggiungere ulteriormente e predisposizione genetica). Quindi le proporzioni d’incidenza di un tumore che possono essere attribuite a ciascun fattore non possono essere ristrette a un totale di 100% nel momento in cui sono sommate le une alle altre (ciò che effettivamente gli autori fanno nel ripartire tra differenti fattori il totale del 100%). La somma di tali proporzioni può superare il 100%, poiché una parte dei casi sarà contata due volte, essendo questi casi causati contemporaneamente da più di uno dei 3 fattori: ambiente, suscettibilità del tessuto e predisposizione genetica (la suscettibilità del tessuto, essendo una proprietà intrinseca che viene determinata durante le prime fasi di sviluppo dell’organismo, è essa stessa influenzata da determinanti carcinogeni ambientali e genetici).

Al di là di questa considerazione generale, nell’articolo sono presenti diversi altri aspetti contestabili, alcuni dei quali già presi in considerazione da altri commentatori. 2 Ne riportiamo soltanto 3:

1. gli autori considerano l’intrinseca suscettibilità del tessuto come equivalente al numero di divisioni cellulari in cellule staminali normali (non tumorali) e considerano che le divisioni cellulari implicano errori di replicazione del DNA (mutazioni) dovute interamente a meccanismi casuali e non ulteriormente spiegabile con fattori causali identificabili: si tratta di affermazioni ragionevoli, ma che restano pur sempre assunzioni;

2. preso “alla lettera” il valore 64%(cioè, «i due terzi») della proporzione dei tumori ascrivibili, secondo gli autori, alla casualità, sulla base dei dati riportati dagli autori stessi (IC95% del coefficiente di correlazione: 0,63-0,90) tale proporzione risulta compresa – per un livello di confidenza del 95%– tra il 40%e l’80%;

3. le componenti causali “non casuali” (cioè diverse dalla suscettibilità del tessuto) sono state notevolmente sottostimate utilizzando i rischi lifetime di tumori di un solo Paese, gli Stati Uniti, preso nel suo insieme, cioè come rischi medi per ognuno dei tumori inclusi nello studio: se fossero stati utilizzati i rischi per vari Paesi (o varie aree all’interno de gli Stati Uniti), i punti nella figura 1 dell’articolo (i rischi) avrebbero mostrato una più grande dispersione lungo l’asse verticale. Di conseguenza, il coefficiente di correlazione stimato, il cui elevamento al quadrato misura – nell’approccio utilizzato dagli autori – la grandezza del fattore “casualità”, sarebbe stato minore del valore riportato (0,81). Al contrario, nella stessa figura si nota che i punti relativi al rischio di tumore del polmone per fumatori e non fumatori risultano molto distanti: se fosse stata considerata una media dei due rischi, il punto intermedio risultante sarebbe stato molto meno discostato dal trend lineare generale, aumentando il valore del coefficiente di correlazione.

Tutti questi aspetti sarebbero semplicemente questione di un salutare dibattito scientifico sull’ipotesi del ruolo di eventi casuali, sviluppata dagli autori con l’appoggio di dati empirici limitati, se non ci fosse la drastica affermazione conclusiva dell’articolo: «La maggioranza [delle variazione nel rischio di tumore fra tessuti] è dovuta alla “sfortuna”, cioè una mutazione casuale che si verifica durante la replicazione del DNA in cellule staminali normali, non tumorali. Ciò è importante non solo per capire la malattia, ma anche per progettare strategie per limitare la mortalità che essa causa» (corsivo nostro). Possiamo azzardarci a supporre che nel clima della ricerca scientifica attuale lo stesso articolo, ma con conclusioni più misurate (e molto più sostenibili) che avessero messo l’accento sul fatto che da questo studio non era possibile derivare implicazioni scientifiche generali né, a fortiori, implicazioni pratiche, avrebbe incontrato molta meno attenzione ed eco? Il mantra attuale è affermare che viviamo in società della conoscenza: dovesse veramente essere così – e ne si può dubitare – il lavoro presentato nell’articolo dovrebbe ricevere attenzione ed essere valutato solo per la conoscenza che sollecita e genera, indipendentemente dal fatto che conseguenze pratiche, cliniche, di salute pubblica o economiche siano visibili all’orizzonte o meno.

Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.

Bibliografia

  1. Tomasetti C, Vogelstein B. Cancer etiology. Variation in cancer risk among tissues can be explained by the number of stem cell divisions. Science 2015;347(6217):78-81.
  2. Various authors. Letters. Science 2015;347:727-9.
  3. Saracci R. Due terzi dei tumori sono dovuti a quale caso? Salute Internazionale, 14.01.2015. Disponibile all’indirizzo: www.saluteinternazionale.info/2015/01/due-terzi-dei-tumori-sono-dovuti-aquale-caso/
  4. Vineis P. PubMed commons 20 January 2015. Disponibile all’indirizzo: http://www.ncbi.nlm.nih.gov/myncbi/paolo.vineis.1/comments/
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