Attualità
23/07/2012

In sanità pubblica chi decide cosa serve per decidere?

Recentemente l’Osservatorio nazionale screening (ONS) ha organizzato un seminario dal titolo Lo screening con sigmoidoscopia: evidenze di efficacia e valutazione di possibili modalità di implementazione nei programmi di popolazione.

In quest’occasione sono state poste almeno tre questioni di grande rilevanza che portano a fare delle considerazioni e porsi delle domande:

  1. Produzione e disponibilità di evidenze di efficacia relativamente a interventi preventivi di sanità pubblica di popolazione. Il seminario è stato, in effetti, motivato dalla pubblicazione di trial1,2 sull’uso della rettosigmoidoscopia (RSS).
  2. Assunzione di decisioni per implementare gli interventi, un tema che interroga su quali basi siano prese le decisioni da parte dei decisori.
  3. Relazione tra i due precedenti, che riguarda, in effetti, la relazione tra genesi della conoscenza e implementazione e atti di indirizzo.

Si tratta di temi d’interesse generale, ma il caso dei programmi di screening fornisce un’occasione utile per non fare solo discorsi teorici (vedi tabelle 1 e 2).

  1. Evidenze di efficacia: riguardo al primo tema, è opportuno ricapitolare alcuni fatti. Dalla prima metà degli anni Novanta sono state disponibili evidenze di efficacia teorica d’interventi di popolazione con l’obiettivo di ridurre la mortalità per cancro colorettale (CCR). Esse riguardavano la pubblicazione dei trial sull’uso del sangue occulto fecale (SOF) vs non intervento e studi con disegno diverso sull’efficacia dell’uso della RSS. Dopo la pubblicazione dei trial sul SOF, sono stati disegnati i due trial già ricordati sull’uso della RSS vs non intervento. La scelta di generare prove di efficacia vs non intervento ha contraddetto una delle buone pratiche di EBM più diffuse (per esempio nello studio di farmaci): testare un intervento contro quello già dimostratosi efficace per lo stesso endpoint. L’importanza di questa scelta non sta tanto nell’epistemologia, ma nelle conseguenze pratiche che si sono determinate nell’ambito dei due temi seguenti.
  2. Assunzione delle decisioni: nel 2001 il massimo livello decisionale del nostro sistema sanitario (Conferenza Stato-Regioni) ha assunto delle decisioni riguardo ai programmi di screening (PS). Si è giudicato che ci fossero sufficienti evidenze di efficacia teorica per decidere di implementare i PS e considerarli un LEA, cioè un diritto dei cittadini e un dovere del sistema sanitario. Nello specificare le ragioni e i contenuti di questa scelta sono state considerate sufficienti le prove di efficacia teorica sia per il SOF sia per la RSS. È stato anche ammesso che, in mancanza dei trial richiamati al punto 1, non fosse possibile stabilire quali dei due modelli fosse superiore. In ogni caso è stato deciso che entrambi fossero LEA, lasciando alle Regioni la decisione pratica di quale modello scegliere. Il Ministero ha ribadito queste posizioni tramite le raccomandazioni del 2006.
  3. Relazione tra evidenze d’efficacia e decisioni: il terzo tema è una visione complessiva dei primi due e riguarda la relazione dinamica tra la ricerca e le decisioni sull’implementazione degli interventi.

La necessità della ricerca è evidentemente fuori discussione e il sistema sanitario ha un bisogno vitale della genesi di nuove conoscenze. Ciò può avvenire soltanto grazie alla coesistenza di chiare scelte strategiche e della libertà intellettuale ed epistemologica dei ricercatori (in questo caso prevalentemente epidemiologi). In tal senso l’esperienza dei programmi di screening, ricerca che coinvolge i servizi erogatori, è paradigmatica.3,4 Tuttavia, nel momento in cui ci si allontana dall’ambito della ricerca primaria e soprattutto quando si entra nel campo degli interventi di popolazione, tale relazione, in particolare la libertà del ricercatore (che si realizza nell’identificare i bisogni conoscitivi e nel poter mettere in pratica adeguate metodologie di ricerca per rispondervi), si confronta con la necessità di criteri di prioritarizzazione dei bisogni conoscitivi e con condizionamenti pesanti rispetto agli studi immaginati. Rispetto a quest’ultima considerazione, basta porre mente a cosa significa attuare grandi trial di popolazione per interventi di prevenzione (problema delle risorse, questione della contaminazione dell’esposizione5 eccetera). Più problematica è la necessità di criteri di prioritarizzione, che nasce da molti motivi (le risorse già richiamate, il fatto di coinvolgere grandi popolazioni e “solo a rischio”, la necessità di impegno notevole delle organizzazioni eccetera), ma anche per questo aspetto il caso dei programmi di screening può essere stimolante.

In effetti, il paradigma della relazione esperti/ decisori è sostanzialmente: produzione di prove di efficacia teoricadecisione di policy sulla base di esse  attuazione.

Ma cosa succede se l’attuazione non “funziona”?6

Il caso dello screening del cancro del colon retto è, in effetti, il caso “di campo” di un intervento di popolazione vs un non intervento, nel quale la popolazione è quella italiana. Come sarebbe giudicato a un interim report un trial multicentrico che dopo cinque anni dal suo inizio (metà del tempo necessario al conseguimento dell’endpoint) abbia il 50%di persi al follow-up? Ci si porrebbe il problema di capirne il motivo, e poi, magari, qualora si evidenziasse che tale perdita non è random, ma occorre in particolare in alcuni centri, si indagherebbe sulle caratteristiche distorsive di questi centri.

Il fatto che un intervento simile sia un diritto dei cittadini destinatari porrebbe ulteriori motivi etici, non tanto sull’applicazione di sofisticate metodologie di analisi statistica dei risultati comunque raggiunti, quanto sulla necessità di capire perché esistono risultati non raggiunti. Ma non c’è solo questo. Non è forse che il vero senso di fare ricerca in sanità pubblica sta intrinsecamente nell’effectiveness? Cioè che non è possibile disgiungere la responsabilità della qualità della ricerca dalla responsabilità della qualità dell’implementazione?

Il senso del seminario a questo riguardo può essere indicativo. Il compimento dell’analisi delle questioni ritenute ancora aperte sta complessivamente nella domanda: la RSS è superiore al SOF? Con superiore si intende rispetto a diversi parametri che complessivamente si inoltrano nel terreno della costo-efficacia.

Di nuovo c’è da dolersi che sin dall’inizio non sia stata compiutamente disegnata una valutazione di costo-efficacia comparativa, ma il punto è forse un altro: è importante (oltre che interessante)? E soprattutto, che genere di valutazioni (studi) devono essere rese disponibili al decisore prima di proporre un intervento di sanità pubblica?

Poiché l’uso della RSS è stato addirittura considerato un LEA, c’è forse da pensare che questo modello sia stato tralasciato per una debolezza della relazione causale (esposizione alla RSS-effetto) percepita dagli organizzatori dei programmi di screening regionali? O non sarà che altre variabili hanno determinato questo non uso? Variabili di contesto che però spiegano esattamente la differenza tra efficacy ed effectiveness. O piuttosto potrebbero spiegarla se adeguatamente studiate. Ed è possibile che queste variabili di insuccesso siano comuni o no all’insuccesso nell’uso del SOF?

Mi pare già esistano sufficienti riflessioni7,8 per dover inserire lo studio dell’efficacia teorica in un complesso più vasto di elementi necessari e che quindi non sia più il caso di considerare l’evidenza di efficacia (e anche di costo-efficacia) ragione necessaria e sufficiente per proporre un determinato intervento in sanità pubblica.

Ma ancora, non sarà che il convenire su un complesso esplicito di valutazioni (per esempio, costo-efficacia + studi di contesto + impatto organizzativo + impatto sulle risorse eccetera) che costituisca il minimum data set per proporre interventi di sanità pubblica è preliminare all’avvio di ricerche?

Evidentemente non mi pare si tratti di inventarsi cose che non siano state già in vari modi individuate. Dobbiamo forse arrivare a un codice epistemologico esplicito e consapevole che sia condiviso tra gli attori e che produca una maggiore efficienza di sistema? Efficienza, peraltro, forse indispensabile, tenuto conto della scarsità di risorse e della precarietà della sanità pubblica.

Il caso dei programmi di screening può essere utile anche in questa direzione: abbiamo una sorta di esperimento naturale (implementazione vs non implementazione) e possediamo una gran mole potenziale di dati che andrebbero sistematicamente utilizzati per sapere a priori quali sono i determinanti dell’insuccesso d’implementazione. È verosimile che possa emergere la necessità di ulteriori studi, ma si tratterebbe espressamente di rispondere alla medesima necessità conoscitiva.

Mi pare che questa occasione e le considerazioni prima espresse propongano almeno un’ulteriore riflessione. Si parla comunemente di «decisore»; ma chi è questo decisore? Bisogna considerare che il momento della decisione ha, specie in sanità pubblica, un carattere complessivo. Ciò è dovuto alla riforma del Titolo V della Costituzione, ma anche alla sempre più evidente necessità di considerare un’ottica di governance.9 Come gli epidemiologi stanno in questa governance? Come maturano la propria mission? Come evolvono nella qualità della loro relazione con gli altri attori?

Un confronto strutturato «di sistema» potrà dare un contributo sostanziale (anche se non coercitivo) a definire le priorità anche della ricerca? La recente sottoscrizione di una carta dei rapporti tra società scientifiche (tra le quali l’AIE) e le istituzioni offre un’occasione per discutere quale possa essere il contributo della disciplina al sistema. Questa occasione non significa anche discutere di quelle che ho chiamato «priorità di ricerca», ma che possono essere anche visti come gli apporti più utili per raggiungere determinati obiettivi di salute in sanità pubblica (nuovi, ma purtroppo per lo più già da tempo conosciuti)?

Bibliografia

  1. Atkin WS, Edwards R, Kralj-Hans I, Wooldrage K, Hart AR, Northover JM. Onceonly flexible sigmoidoscopy screening in prevention of colorectal cancer: a multicentre randomised controlled trial. Lancet 2010;375(9726):1624-33. Epub 2010 Apr 27.
  2. Segnan N, Armaroli P, Bonelli L, Risio M, Sciallero S, Zappa M. Once-only sigmoidoscopy in colorectal cancer screening: follow-up findings of the Italian Randomized Controlled Trial--SCORE. Natl Cancer Inst 2011;103(17):1310-22. Epub 2011 Aug 18.
  3. Federici A. Piano nazionale screening: coordinamento dei programmi di prevenzione oncologica e delle attività di ricerca applicata. In: Giambi C, De Santis S (ed).Workshop. La prevenzione dell’infezione da papilloma virus umano in Italia. Roma, 28 settembre 2009. Atti. Roma, Istituto superiore di sanità, 2010. (Rapporti ISTISAN 10/25).
  4. Novinskey CM, Federici A. Stewardship and cancer screening programs in Italy. Ital J Public Health 2011;8(2):207-16.
  5. Andriole GL, Grubb RL III, Buys SS et al. Mortality results from a randomized prostate cancer screening trial. N Engl J Med 2009;360(13):1310-9.
  6. Osservatorio nazionale screening. I Numeri degli screening. Disponibile in: http://www.osservatorionazionalescreening.it/content/i-numeri-degli-screening
  7. European Network for Health Technology Assessment. EUnetHTA project - overview of results, years 2006-2008. Disponibile in: http://www.eunethta.eu/ upload/Project%20Reporting/EUnetHTA%20project_Overview%20of%20Results _2006-2008.pdf
  8. Green LW, Kreuter MW. Health Program Planning: An Educational and Ecological Approach. 4th edition, New York, McGraw-Hill Higher Education, 2005
  9. Salute in tutte le politiche; Health in All Policies; guadagnare salute. http://www.guadagnaresalute.it
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