Attualità
17/06/2014

Il Servizio sanitario nazionale deve cambiare in meglio, ma come?

Premesso che l’SSN è pubblico e tale deve rimanere, mi sembra che si possano identificare 4 ambiti in cui è auspicabile un miglioramento.

Sostenibilità economica

L’aumento esponenziale dei costi sanitari in medicina, soprattutto in alcune branche specialistiche (per esempio l’oncologia), impone un’etica della responsabilità che incentivi ciascun operatore a perseguire gli stessi obiettivi e gli stessi risultati con il minor impiego possibile di risorse. Sembra difficile, è difficile, ma non impossibile. Aspetti organizzativi, clinici e normativi possono condurre a un risparmio economico, o comunque a un arresto dell’aumento dei costi: risk sharing, deospedalizzazione, terapie orali, drug-day therapy, FAD, telemedicina eccetera. Ancora più importante è la sostenibilità ambientale: i medici e tutti gli operatori debbono porsi il problema dell’impronta ecologica legata alla loro professione e adoperarsi per ridurla (come l’ambulatorio verde). In questo senso si veda l’esperienza della green oncology, che è il nuovo paradigma concettuale e pratico dell’oncologia dove il rapporto medico (équipe)-paziente (cittadino) è basato sul modello biopsicosociale di George L. Engel (Science 1977;196 (4286):129-36) e ha piena coscienza di essere inserito all’interno della biosfera (il cosiddetto modello ecologico). Il Manifesto Green Oncology può essere un sentiero utile, percorribile anche da altre discipline medico-chirurgiche.1

Eccesso di prestazioni e di tecnologia

«Fare di più non significa fare meglio» è lo slogan della slow medicine, che si batte per una medicina «sobria, rispettosa, giusta». Il consumismo sanitario, l’ipermedicalizzazione, l’alta tecnologia e la medicina difensiva hanno portato a un aumento di prestazioni a cui non è corrisposto un aumento di salute. «Più salute e meno sanità» potrebbe essere lo slogan. Recuperare il rapporto medico-paziente, la comunicazione efficace, la medicina narrativa, una «medicina povera nell’era dell’alta tecnologia», non ricercare ossessivamente la diagnosi o la malattia laddove esiste soltanto un sintomo, un disagio. Un atteggiamento troppo interventista conduce a errori, come l’accanimento diagnostico e terapeutico foriero di sprechi e di tossicità senza vantaggio per la persona assistita. È importante che tale approccio trovi uno spazio adeguato all’interno dei percorsi formativi universitari pre e post laurea.2

Il rapporto con il paziente

Il rapporto fra medico e persona assistita, sia essa cittadino sano (per esempio, sottoposto a screening) o malato, deve ulteriormente evolvere da un rapporto lineare persona-persona a quello più complesso équipe-malato (utente)/ famiglia. Contrariamente alle campagne dei mass media, che sono sempre trionfalistiche e ottimistiche, è necessaria un’operazione di down-shifting tesa a ridurre le aspettative dei pazienti allo scopo di evitare inutili viaggi della speranza e delusioni cocenti che pregiudicano irrimediabilmente il rapporto del cittadino con il Serivizio sanitario nazionale, alimentando artatamente la litania della malasanità. In questo senso è importante il rapporto con le associazioni dei pazienti che possono svolgere una funzione utile di informazione e formazione sul cittadino/utente e rappresentare in maniera costruttiva al mondo medico-sanitario le legittime istanze dei pazienti e dei loro stakeholder.

Prevenzione

I programmi di screening devono essere implementati limitatamente alle indicazioni evidence-based evitando campagne di dubbia utilità che comportano soltanto anticipazione diagnostica (carcinoma della prostata) o di dubbia efficacia (carcinoma polmonare), eventualmente con adattamenti personalizzati secondo i fattori di rischio (tailored) (prevenzione secondaria). Informazione, educazione sanitaria, promozione della salute e aggiornamento professionale, tesi a instaurare stili di vita corretti a livello individuale (fumo, eccesso ponderale, sedentarietà, rapporti sessuali a rischio eccetera), sono la prima forma di prevenzione primaria.
È necessario altresì un grande impegno per combattere inquinamento atmosferico, acustico, radiazioni ionizzanti e nucleari, interferenti endocrini e quant’altro: qui la battaglia è sociale e politica, per cui è urgente un’azione di lobbying nei confronti dei responsabili politici e istituzionali. Si impone un impiego più diffuso e capillare del principio di precauzione allo scopo di prevenire malattie neoplastiche, cardiocircolatorie, respiratorie, dismetaboliche, endocrine, neurologiche che sono sostenute dal bombardamento chimico a cui siamo sottoposti (“pandemia silenziosa”).3 Al giorno d’oggi la separazione tra ambiente e sanità non ha più ragione di esistere: una prevenzione primaria efficace rappresenta il più valido determinante di salute e, di conseguenza, una forma di risparmio economico sicura. Il medico oggi non può essere soltanto un operatore terapeutico volto a curare malanni già instaurati, ma, proprio in forza della sua esperienza clinica, deve impegnarsi anche sul fronte della prevenzione primaria e della diagnosi precoce. L’epidemiologia rappresenta la scienza in grado di identificare i fattori di rischio di malattia tramite criteri evidence-based fornendo ai responsabili della salute e ai decisori politici i dati scientifici inoppugnabili per scelte politico-amministrative e provvedimenti organizzativi volti a un’azione preventiva efficace.

Bibliografia

  1. http://www.cipomo.it/cont/default-green-oncology/744/green-oncology.asp
  2. www.slowmedicine.it
  3. www.isde.it (Sezione «Attività svolte», anno 2007)
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