Attualità
24/06/2022

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) per la ricerca sanitaria

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Struttura del PNRR

L’Unione europea, sulla spinta della crisi pandemica degli ultimi due anni con il Next Generation EU (NGEU) ha messo in campo un programma inedito e molto ambizioso che prevede investimenti e riforme con i seguenti scopi:

  1. accelerare la transizione ecologica e digitale;
  2. migliorare la formazione delle lavoratrici e dei lavoratori;
  3. conseguire una maggiore equità di genere, territoriale e generazionale.

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), approvato con decisione del Consiglio ECOFIN del 13 luglio 2021, per l’Italia si compone di 6 missioni articolate in 16 componenti per interventi complessivi pari a 191,5 miliardi di euro.

Le 6 missioni del PNRR sono:

  1. digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo;
  2. rivoluzione verde e transizione ecologica;
  3. infrastrutture per una mobilità sostenibile;
  4. istruzione e ricerca;
  5. inclusione e coesione;
  6. salute.

Per l’Italia, in particolare, visti i suoi ritardi nello sviluppo economico degli ultimi 20 anni rispetto a molti Paesi dell’Unione europea, il NGEU rappresenta un’opportunità imperdibile di sviluppo, investimenti e riforme.

Ministero della salute

La missione 6 che riguarda la salute si articola in due componenti, con un finanziamento di 7,0 e 8,6 miliardi, rispettivamente:

  • la componente 1, che prevede il rafforzamento delle prestazioni erogate sul territorio grazie al potenziamento e alla creazione di strutture e presidi territoriali, dell’assistenza domiciliare, lo sviluppo della telemedicina e una migliore integrazione con i servizi sociosanitari;
  • la componente 2, che prevede il rinnovamento e l’ammodernamento delle strutture tecnologiche e digitali esistenti, il completamento e la diffusione del fascicolo sanitario elettronico (FSE), risorse destinate alla ricerca scientifica e a favorire il trasferimento tecnologico, oltre che a rafforzare le competenze e il capitale umano del SSN anche mediante il potenziamento della formazione del personale.

Degli 8,6 miliardi della componente 2, solo 520 milioni sono dedicati alla valorizzazione e al potenziamento della ricerca biomedica, definiti come segue: «L’investimento ha l’obiettivo di potenziare il sistema della ricerca biomedica in Italia, rafforzando la capacitaÌ€ di risposta dei centri di eccellenza presenti in Italia nel settore delle patologie rare e favorendo il trasferimento tecnologico tra ricerca e imprese». Per perseguire questi obiettivi, il Ministero della salute ha identificato tre tipi di intervento:

  1. il finanziamento di progetti proof of concept (PoC) volti a ridurre il divario fra i risultati del settore della ricerca scientifica e quello dell’applicazione per scopi industriali;
  2. il finanziamento di programmi di ricerca o progetti nel campo delle malattie rare e dei tumori rari;
  3. il finanziamento per programmi di ricerca su malattie croniche altamente invalidanti.1

La realizzazione dei progetti PoC prevede due bandi di gara del valore complessivo di 100 milioni, da erogare (e rendicontare) il primo entro la fine del 2023 e il secondo entro la fine del 2025. Analogamente, per i progetti nel campo delle malattie rare e dei tumori rari, sono previsti due finanziamenti del valore di 50 milioni ciascuno da erogare, rispettivamente, entro la fine del 2023 e la fine del 2025. Infine, con riferimento alla ricerca su malattie croniche altamente invalidanti, si prevedono due finanziamenti del valore di 160 milioni ciascuno, anche in questo caso da erogare entro la fine del 2023 e del 2025. Il primo bando PoC, il bando per le mattie rare e il primo bando sulle malattie altamente invalidanti sono stati pubblicati dal Ministero il 27 aprile 2022 e sono attualmente in corso di espletamento.

Ministero dell'università e della ricerca

La missione 4, che riguarda il miglioramento delle criticità del sistema italiano di istruzione, formazione e ricerca, prevede un finanziamento complessivo di 30,88 miliardi di euro, di cui 11,44 sono destinati al miglioramento del trasferimento della ricerca all’imprese. In particolare, ci si propone di migliorare la percentuale di popolazione in possesso di un titolo di studio terziario, nonché il numero di studenti che conseguono un dottorato di ricerca. Si cerca, inoltre, di favorire gli investimenti in ricerca e sviluppo per le istituzioni sia pubbliche sia private. Questo viene fatto anche aumentando il numero di ricercatori in entrambi i settori. La missione 4 investirà 600.000 euro per progetti presentati da giovani ricercatori (under 40 o con meno di 10 anni dal conseguimento del dottorato di ricerca) e 1,61 milioni per partenariati estesi a università, centri di ricerca e imprese per finanziare progetti di ricerca di base che comprendono anche aspetti legati alla salute.2 La modalità di finanziamento per partenariati prevede che almeno il 40% dell’investimento vada alle regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Molise, Calabria, Basilicata, Puglia, Sicilia e Sardegna). Dei 14 partenariati previsti, il numero 6 riguarda la diagnostica e terapie innovative nella medicina di precisione, il numero 8 le conseguenze e sfide dell’invecchiamento, il numero 12 le neuroscienze e la neurofarmacologia e il numero 13 le malattie infettive emergenti. Inoltre, il Ministero dell’università e della ricerca (MUR) ha bandito i finanziamenti per 5 centri nazionali dedicati alla ricerca di frontiera di cui uno per lo «sviluppo di terapia genica e farmaci con tecnologia a RNA». Per questi centri, si prevede un finanziamento fra i 200 e i 400 milioni di euro. È abbastanza plausibile che possa, però, esserci una sovrapposizione con i finanziamenti previsti dai bandi del Ministero della salute. 

Un test per la ricerca sanitaria

L’inedita quantità di fondi previsti dalla varie iniziative comprese nel PNRR per quanto concerne la ricerca scientifica sanitaria, descritte in parte in precedenza, aprono uno scenario nuovo e inaspettato per il mondo della ricerca scientifica italiana sia a livello della gestione tecnico/amministrativa dei finanziamenti (ministeriale e istituzionale) sia per quanto riguarda la capacità dei ricercatori italiani di saper rispondere con proposte innovative e competitive a livello internazionale. Ci si aspetta che tutte queste iniziative possano far fare un salto di qualità alla ricerca scientifica di base, traslazionale e clinica in ambito nazionale. Tuttavia, le modalità con le quali sono stati declinati in alcuni casi gli investimenti nei vari ambiti di ricerca e, soprattutto, la struttura di alcuni dei bandi in corso hanno suscitato perplessità circa la possibilità di portare a buon fine le iniziative proposte.

Alcune perplessità

Un primo problema, riguardante la gestione a livello ministeriale dei bandi previsti, è legato alla possibilità di espletare e rendicontare la mole di investimenti entro la fine del 2026 (termine ultimo di rendicontazione dei fondi del PNRR). Per esempio, per quanto concerne i bandi del Ministero della salute, che prevedono un doppio bando per tutte e tre le tematiche previste, si configura uno scenario piuttosto complicato rispetto alla pubblicazione della seconda tornata dei bandi. Infatti, i tempi tecnici per l’espletamento del processo di selezione tramite revisori internazionali e la gestione dei contratti con le istituzioni vincitrici rischia di far partire gli studi oggetto del bando alla fine del 2023, con il rischio di non poter rispettare le tempistiche previste dal PNRR. Va comunque osservato che la struttura dei bandi messa a punto dal Ministero della salute attraverso la presentazione di una lettera di intenti su cui viene operato il triage (prima selezione), inviando a revisione esterna un numero non superiore a quattro volte i progetti finanziabili, rende sicuramente più snello il processo di valutazione, quindi dovrebbe favorirne il completamento in tempi utili, anche se comunque piuttosto stretti. Completamente diversa è la situazione dei partenariati estesi e dei centri di ricerca proposti dal MUR. Infatti, questi progetti prevedono una struttura a hub&spoke per la gestione di un finanziamento unico fino a un massimo di 160 milioni di euro per ciascun partenariato e 400 milioni ciascuno per i centri di ricerca, con la partecipazione di un minimo di 250 fino a un massimo di 350 ricercatori sia universitari sia afferenti a istituzioni pubbliche o private non controllate dal MUR (IRCCS, ISS, CNR e industrie). Questi bandi prevedono che almeno il 40% del finanziamento vada al Mezzogiorno, la parità di genere fra i partecipanti e con almeno un 40% di donne nei nuovi assunti e la presenza del 20% di ricercatori giovani. Appare evidente che tale massa critica ha reso complesso il processo di costruzione delle 25 istituzioni partecipanti ai singoli partenariati (12 Atenei e 13 altre istituzioni) e ovviamente non favorisce la gestione amministrativa e l’integrazione scientifica dei vari partecipanti ai partenariati. Infatti, appare complicato riuscire a coordinare scientificamente 250-350 ricercatori mantenendo una complementarietà di scopo rispetto alle finalità della tematica. Altresì, per le università sede di hub e/o di spoke non è facile la gestione della rendicontazione delle spese e l’attuazione dei bandi a cascata (bandi aperti a non partecipanti al partenariato su fondi del progetto) previsti per un minimo del 10% del budget complessivo.
Un ulteriore aspetto che risulta di difficile comprensione riguarda il motivo per cui il bando dei partenariati richieda la messa a concorso di un minimo di 100 posti da ricercatore di tipo A (RTDa) per ciascun partenariato. Innanzitutto, questi bandi della durata di 3 anni non tengono conto dei tempi di espletamento dei concorsi da ricercatore presso gli atenei vincitori dei vari progetti. Infatti, è ben noto che, dal momento della delibera dipartimentale alla conclusione dei concorsi, possano passare anche 6-8 mesi: vi è quindi il rischio che molti degli RTDa, se non riescono a prendere servizio nel 2023, non abbiano il finanziamento per gli ultimi mesi del posto da ricercatore, esponendo gli atenei coinvolti a intervenire con cofinanziamenti. Inoltre, la figura dell’RTDa prevede un tempo determinato di 3 anni estendibile a 5 senza che vi sia una possibilità di stabilizzazione del contratto che non passi tramite le maglie strette del meccanismo universitario di assunzione tramite “punti organico”. È quindi chiaro che nel 2027 avremo circa 1.500-2.000 ricercatori precari in cerca di una stabilizzazione.
Un ulteriore punto critico dei bandi per i partenariati è quello del finanziamento iniziale pari solo al 10% del finanziamento complessivo: questa somma è appena sufficiente a far partire le procedure di messa a bando dei posti di RTDa. Ci si chiede come senza un congruo finanziamento iniziale possa iniziare la ricerca nei vari gruppi afferenti ai singoli spokes.
Altro aspetto di grande importanza riguarda l’individuazione di possibili finanziamenti sovrapposti per progetti simili presentati da ricercatori afferenti allo stesso gruppo di ricerca in bandi paralleli. Il rischio è grande se si considera che le tematiche di ricerca sanitaria presenti sia nei bandi del MUR sia in quelli del Ministero della salute contengono la duplicazione delle tematiche proposte dal PNRR. Inoltre, lo è ancora di più se si considerano gli ulteriori finanziamenti per la ricerca quali il PRIN del MUR (la presentazione delle proposte per l’ultimo bando è scaduta il 31 marzo 2022) e la ricerca finalizzata e corrente del Ministero della salute (la presentazione delle proposte per l’ultimo bando è scaduta il 1° aprile 2022). Questa aspetto di verifica nella gestione dei finanziamenti è di primaria importanza e, se non attuato appieno, rischia di vanificare almeno in parte una delle più importanti finalità del PNRR, ovvero il rilancio della ricerca sanitaria di base e traslazionale su tutto il territorio nazionale. Da ciò deriva la priorità assoluta della messa in campo di sistemi di intelligenza artificiale in grado di identificare potenziali duplicazioni significative nella presentazione dei progetti.  
In ogni caso e al di là delle criticità appena enumerate, se l’Italia riuscirà a mettere a frutto le opportunità di crescita scientifica (e non solo) contenute nel PNRR, le generazioni future dovrebbero beneficiare di un progresso in ambito scientifico senza precedenti sia dal punto di vista qualitativo sia quantitativo. Infatti, da anni i finanziamenti per la ricerca scientifica in Italia erano immobili a livelli bassi se comparati con quelli presenti a livello internazionale. Ci aspettiamo, quindi, che gli investimenti e le riforme derivanti dall’applicazione del PNRR rendano la sanità pubblica italiana qualitativamente più omogenea a livello territoriale e migliorino il mercato del lavoro senza discriminazioni di genere. Ovviamente questi investimenti non avranno effetti immediati, ma dovrebbero permettere alle nuove generazioni di operatori del sistema sanitario nazionale di beneficiare di un sistema più competitivo e qualificato nel medio-lungo periodo. 

E l'epidemiologia?

Sia i partenariati previsti dai bandi PNRR del Ministero dell’università sia i bandi previsti dal Ministero della salute lasciano spazio a progetti di natura epidemiologica, pur senza citarli esplicitamente. Si parla, infatti, di registri di patologia, di modelli organizzativi, di fattori di rischio, di prevenzione, di politiche, di screening, di malattie infettive emergenti e di approccio problem solving, interdisciplinare e olistico. Tutte queste parole chiave possono essere declinate anche in senso epidemiologico ed è responsabilità degli stessi epidemiologi ed epidemiologhe far sì che questo avvenga costruendo progetti credibili, innovativi e scientificamente validi che possano rispondere alle domande di ricerca che i bandi finanzieranno.

Conflitti di interesse dichiarati: Mauro Piacentini è presidente della sezione C del Comitato tecnico sanitario. Nel bando del Ministero della salute, è specificato che detta sezione effettua l’audit dei progetti sottomessi e approva l’attribuzione dei finanziamenti.

Bibliografia

  1. Ministero della Salute. PNRR, primo bando da 262 milioni di euro per potenziare il sistema della ricerca biomedica in Italia. Disponibile all’indirizzo: https://www.salute.gov.it/portale/news/p3_2_1_1_1.jsp?lingua=italiano&menu=notizie&p=dalministero&id=5883
  2. Ministero dell’Università e della Ricerca. Pnrr, Mur: pubblicato bando su partenariati per attività di ricerca. Disponibile all’indirizzo: https://www.mur.gov.it/it/news/mercoledi-16032022/pnrr-mur-pubblicato-bando-su-partenariati-attivita-di-ricerca
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