Gli Stati Uniti lasciano l’OMS: un colpo al multilateralismo sanitario
Il 20 gennaio 2025, poche ore dopo aver giurato come 47° Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo per ritirare il Paese dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). La decisione ha avuto conseguenze immediate: tutti i finanziamenti – sia obbligatori sia volontari – sono stati bloccati, la collaborazione con le agenzie governative di sanità pubblica è stata sospesa e i dipendenti pubblici distaccati presso l’OMS sono stati richiamati ai loro enti di origine.
Pochi giorni dopo, anche l’Argentina ha annunciato l’intenzione di lasciare l’OMS, motivando la decisione con argomentazioni simili.
Non si tratta di una sorpresa assoluta: Trump aveva già annunciato il ritiro degli Stati Uniti dall’OMS nel 2020, in piena pandemia di COVID-19, salvo poi vedere la decisione annullata dal Presidente Joe Biden nel gennaio 2021.
Le motivazioni ufficiali del ritiro
Il Presidente degli Stati Uniti ha giustificato la sua decisione con quattro argomenti principali:
1. presunta cattiva gestione della pandemia di COVID-19 e di altre emergenze sanitarie globali;
2. mancata adozione di riforme urgenti per migliorare l’efficacia dell’OMS;
3. scarsa indipendenza politica dell’OMS da influenze inopportune degli Stati membri;
4. contributo finanziario sproporzionato degli Stati Uniti rispetto ad altri Paesi, in particolare la Cina.
Cercherò di analizzare e confutare queste argomentazioni con fatti e dati, consapevole, però, che le evidenze scientifiche spesso non bastano in un’epoca in cui si preferiscono le “verità alternative”.
La gestione della pandemia di COVID-19
L’OMS è stata, come tutti, colta di sorpresa dall’emergere del virus SARS-CoV-2 nella città di Wuhan, Cina.
La prima notifica raggiunse l’OMS il 31 dicembre 2019 e, dopo le prime verifiche, il 4 gennaio l’OMS informava i Paesi e la comunità scientifica internazionale di un cluster di una polmonite di origine ignota originata in Cina. Non si può certo dire che questa risposta non sia stata tempestiva.
Ricordo perfettamente l’incertezza della prima fase, quando non si sapeva molto del nuovo agente patogeno: le informazioni provenienti dalla Cina erano poche e frammentarie, ma fui testimone diretto di un colloquio tra il Ministro della Salute del Qatar e il Direttore Generale dell’OMS, il dottor Tedros, ai primi di febbraio del 2020, nel quale quest’ultimo sottolineò quanto fosse necessario che i Paesi non ancora raggiunti dall’infezione usassero questa “finestra di opportunità” per prepararsi alla pandemia e predisporre le misure necessarie a contenere l’epidemia. Stessa raccomandazione fatta con messaggi, dichiarazioni pubbliche e appelli ai Paesi in quelle settimane. Non mi pare che molte parti del mondo abbiano seguito queste raccomandazioni.
La pandemia si è poi diffusa in tutto il mondo e l’OMS ha continuato a raccogliere informazioni, diffondere raccomandazioni, razionali e basate sulle evidenze mano a mano disponibili. Sono stati fatti errori; per esempio, assumendo che il comportamento di questo virus fosse simile alla SARS osservata e fermata nel 2003, una malattia causata da un virus della stessa famiglia che si trasmette solo dopo l’inizio dei sintomi. Il virus del COVID-19 è invece più contagioso e si trasmette anche in fase preclinica, cosa che ne ha favorito la diffusione. Le prime raccomandazioni non tenevano conto di questa caratteristica che si è chiarita nel tempo, così come si è chiarito pian piano che la malattia aveva una rapida diffusione nell’aria e non solo per contatti ravvicinati. Quello che voglio sostenere qui è che questi errori di valutazione da parte dell’OMS sono stasi causati dalla natura sconosciuta del virus e delle sue caratteristiche e non da una volontà, come sembra suggerire il Presidente Trump, di favorire o assolvere la Cina dalle sue responsabilità, a mio parere riconducibili più alla scarsa igiene dei mercati e alla mancanza di trasparenza nella condivisione dei dati, che da una strategia consapevole per alimentare la pandemia e danneggiare il mondo intero.
Nella situazione difficile dei primi mesi della pandemia, l’OMS, attraverso la collaborazione internazionale e il coinvolgimento di ricercatori ed esperti in tutto il mondo, ha accumulato informazioni e conoscenze che hanno contribuito a ridurre l’impatto della pandemia, per esempio, accelerando i meccanismi autorizzativi dei vaccini. Non si può certo imputare all’OMS la scarsa diffusione dei vaccini nei Paesi più poveri, visto il “sequestro” della maggioranza di dosi effettuato dai Paesi più ricchi. È in realtà grazie al programma Covax gestito dall’OMS che un certo quantitativo di vaccini ha raggiunto comunque le popolazioni più povere, prevenendo la morte di 7,4 milioni di persone in queste aree.
In conclusione, l’OMS ha commesso errori nella risposta alla pandemia di COVID-19, ma in gran parte imputabili all’incertezza iniziale di fronte a un virus dalle caratteristiche sconosciute. In realtà, nel corso della pandemia, grazie al lavoro dell’OMS, si è raggiunta un’eccezionale collaborazione internazionale che con la condivisione delle conoscenze ha facilitato una risposta più efficace e prevenuto contagi, complicazioni e decessi. Se Trump si aspettava che l’OMS supportasse le sue teorie infondate sull’uso di ipoclorito di sodio o idrossiclorochina come cure miracolose per il COVID-19, è evidente che sia rimasto deluso.
La mancata adozione di riforme urgenti
Il processo di riforma dell’OMS è in corso da diversi anni ed è guidato dai suoi Stati membri, attraverso il Consiglio Esecutivo e l’Assemblea Mondiale della Sanità. Gli Stati Uniti hanno sempre avuto un ruolo centrale in queste discussioni.
Le riforme già avviate includono:
- migliore allocazione delle risorse per sostenere i Paesi con sistemi sanitari fragili;
- revisione della struttura interna dell’OMS per migliorarne efficienza e trasparenza;
- adozione di un sistema di tracciabilità dei finanziamenti, con la pubblicazione online di tutti i contributi ricevuti e la loro destinazione d’uso.
Sull’ultimo punto, per esempio, è stato creato un sito dove sono presentate le risorse messe a disposizione da governi, da altri organismi internazionali e organizzazioni filantropiche, la loro entità e l’allocazione ai diversi programmi.
Le riforme sono un processo in corso, lungo e complesso. Si potrebbe accelerare, semplificando le procedure ed eliminando la regola dell’unanimità, ma ancora una volta questo cambiamento deve essere proposto e deciso dagli stati membri e questo non è accaduto e non è stato proposto né dagli Stati Uniti né da altri Paesi.
L’OMS è realmente soggetta a influenze politiche?
L’OMS è parte delle Nazioni Unite, con tutti i pregi e difetti di questa organizzazione, dove la voce e il voto di un piccolo stato hanno lo stesso peso di un Paese con miliardi di abitanti come Cina o India. C’è poi l’annoso problema del finanziamento, che è solo in piccola parte obbligatorio e per gran parte volontario.
Un Paese che contribuisce con una donazione volontaria alla realizzazione di un programma, per il solo fatto di finanziare un progetto anziché un altro, influenza l’implementazione delle priorità, anche senza esplicite richieste. C’è poi la realtà dei centri tecnici OMS decentrati in diversi Paesi del mondo (per esempio, in Germania, Italia, Francia, Giappone, vari Paesi del Sud America) e finanziati dal Paese ospitante. In queste specifiche circostanze, di solito, ci sono meccanismi di coordinamento con il Paese ospitante, che può suggerire temi o attività che, pur non avendo un ruolo vincolante, vengono presi in considerazione.
È ovvio, poi, che l’opinione di un grande Paese su un tema importante ha un peso specifico significativo e spesso altri Paesi condividono la stessa posizione. Per esempio, su temi come la salute riproduttiva, le posizioni dei diversi Paesi sono spesso legate a visioni ideologiche o religiose piuttosto che scientifiche e di sanità pubblica. Alcuni anni fa, un Paese dell’Unione europea ha esercitato un ruolo molto aggressivo per contrastare le linee guida sugli zuccheri negli alimenti e favorire l’industria dolciaria, senza molta attenzione alle conseguenze sanitarie. I Paesi produttori di amianto hanno per anni contrastato le politiche miranti a prevenire l’estrazione e l’utilizzazione dell’amianto.
Tutto ciò, a mio parere, non configura un’influenza politica sistematica di questo o quel Paese, ma piuttosto un uso strumentale delle problematiche sanitarie per fini di politica commerciale o per riaffermare la propria identità ideologica e religiosa. Credo che siano i Paesi stessi a dover separare la politica dalla scienza e dalla sanità pubblica, anche se questo contrasta con i loro interessi immediati.
Il peso finanziario degli Stati Uniti nell’OMS
Il bilancio dell’OMS è fatto di due componenti: una obbligatoria, basata sul prodotto interno lordo del Paese, e una volontaria.
Per quanto riguarda il contributo obbligatorio complessivamente pari al 16% del budget totale, gli Stati Uniti versano 260 milioni di dollari, mentre la Cina 175 milioni. Certamente una differenza che riflette la forza delle due economie (l’Italia, per esempio, versa 36,5 milioni di dollari). Fanno la differenza i contributi volontari che per gli Stati Uniti ammontano a 727 milioni, mentre la Cina versa soltanto 28 milioni di sollari. Certamente questo riflette la minor attenzione della Cina alle tematiche di salute globale e sarebbe auspicabile un loro maggior coinvolgimento.
Ma stiamo parlando di contributi “volontari”, decisi autonomamente dai Paesi membri. Queste risorse finanziano programmi che interessano, per esempio, gli Stati Uniti e che, in parte significativa, ritornano a istituzioni e centri di ricerca statunitensi per finanziare servizi o progetti di ricerca.
Conclusioni
Se verrà effettivamente implementata, l’uscita degli Stati Uniti dall’OMS costituirebbe un vulnus grave per la sanità globale e, in genere, per il multilateralismo. In altre parole, si affermerebbe che i problemi sanitari sono problemi da risolvere localmente, dimenticando, come è stato dimostrato dalla pandemia, sia la loro natura globale sia l’importanza del confronto e dello scambio di informazioni per tutelare la propria popolazione.
Mi auguro che ci sia uno scatto d’orgoglio della comunità di sanità pubblica mondiale e dei governi responsabili che riaffermi e sostenga l’approccio multilaterale e la necessità di un’organizzazione neutrale e al di sopra delle parti, sconfiggendo le tendenze isolazioniste e la propaganda populista.
Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.