Attualità
05/06/2012

Falsi positivi e confitti d’interesse

L’International Journal of Epidemiology ha recentemente pubblicato una lettera diThomas Erren sulla questione della composizione dei gruppi di lavoro per la valutazione del rischio cancerogeno nell’ambito del programma delle Monografie IARC.1 Erren sostiene che la prassi di scegliere i membri del gruppi di lavoro tra coloro che hanno una specifica competenza sugli agenti oggetto di valutazione non dà garanzia di obiettività. Secondo Erren, chi ha dedicato la vita professionale allo studio della cancerogenicità di un certo agente potrebbe essere interessato a fare valere le proprie ricerche più che a capire quanta “verità” c’è nei propri risultati. Nello stesso numero, McLaughlin propone che il gruppo dei valutatori sia composto in prevalenza da ricercatori “disinteressati”, cioè non coinvolti in studi sugli agenti da valutare, e suggerisce come alternativa che gli esperti della specificamateria siano invitati a illustrare i loro studi, ma non a partecipare al processo di valutazione.2

McLaughlin aveva già in precedenza espresso l’opinione che l’inclusione di ricercatori non “disinteressati” comportasse un ostacolo a una seria valutazione degli studi,3 mentre Wild e Cogliano, replicando a McLaughlin, avevano sottolineato che usare il termine “conflitto d’interesse” riferito alle pressoché universali ambizioni dei ricercatori poteva sviare l’attenzione dal problema, più grave, dell’occultamento delle fonti di finanziamento degli studi.4 Rispondendo a Erren, Wild e Straif rilevano che i gruppi di lavoro includono sempre ricercatori cosiddetti “non interessati” e che il gruppo di esperti è scelto in modo da comprendere le diverse opinioni in merito alla cancerogenicità degli agenti da valutare.5

Una prima considerazione da fare è che McLaughlin, nel sostenere che i ricercatori “interessati” non dovrebbero essere anche valutatori, appare preoccupato dall’impatto di studi che hanno evidenziato rischi non confermati in studi successivi, cioè preoccupato dell’impatto dei falsi positivi.

Questo argomento è stato recentemente oggetto di dibattito da parte dimolti autori. In un commentario sul Journal of the National Cancer Institutes, Boffetta afferma che un punto debole della disciplina epidemiologica è la produzione di falsi positivi e richiama gli epidemiologi a una maggior cautela nel trarre conclusioni in tal senso.6 Blair, Clapp e Kriebel e Crosignani replicano che al problema dei falsi positivi si affianca quello altrettanto importante dei falsi negativi e una critica sbilanciata come quella di Boffetta non rende un buon servizio né alla disciplina né alla prevenzione del cancro.7-9

Un’altra considerazione è che nessunomeglio di chi ha studiato uno specifico argomento è in grado di comprendere pregi e limiti dei vari studi e le condizioni che possono avere determinato risultati diversi in studi diversi. Certamente coloro che non sono direttamente coinvolti nello studio di un agente hanno meno convincimenti a priori di coloro che sono stati coinvolti e non si può negare, in linea teorica, che il problema possa esistere. D’altra parte i ricercatori “disinteressati” portano al gruppominore conoscenza dei cosiddetti “interessati”, che restano i più qualificati a esprimere valutazioni inmerito. Il programma delle Monografie si basa sull’ipotesi che i lavori scientifici possano essere esaminati e valutati con competenza, obiettività e trasparenza da una comunità di ricercatori con capacità di analisi critica. Gli epidemiologi sono consapevoli del fatto che in ogni dato scientifico c’è sempre un certo grado d’incertezza e che il processo inferenziale in epidemiologia comporta inevitabili errori. È perciò difficilmente credibile che gli stessi ricercatori non siano open-minded quando partecipano ai gruppi di lavoro della IARC. Vineis, peraltro, afferma di non avere mai riscontrato traccia di autopromozione nella sua esperienza di lavoro per le Monografie.10

Su questi temi, importanti per chi si occupa di epidemiologia, in cui esiste il rischio che la propaganda prenda il posto del dibattito scientifico, sarebbe interessante conoscere l’opinione dei lettori di E&P.

Bibliografia

  1. Erren TC. IARC’s plea for traditional “expert” working group – a recipe for problems? IJE, 2011;40: 1727-1728.
  2. McLaughlin JK et al. Problems with IARC’s ”expert” working groups. IJE, 2011;40: 1728-1729.
  3. McLaughlin JK et al. Authors’ response. IJE 2010; 39:1679-1680.
  4. Wild C, Cogliano VJ. A plea on behalf of expert evaluation and the experts involved. IJE 2011; 40:253.
  5. Wild C, Straif K. Expert Working Group – a reliable recipe. IJE 2011;40: 1730-1731
  6. Boffetta P et al. False results in cancer epidemiology: a plea for epistemological modesty. JNCI 2008;100:988-995.
  7. Blair A et al. Epidemiology, public health, and the rhetoric of false positives. Environ Health Perspect 2009;117(12): 1809- 1813.
  8. Crosignani P. Re: False-positive results in cancer epidemiology: a plea for epistemological modesty. JNCI 2009;01(3):212-213.
  9. Clapp RW, Kriebel D. Re: False-positive results in cancer epidemiology: a plea for epistemological modesty. JNCI 2009;101: 212.
  10. Vineis P. Re: Composition of IARC working groups. IJE 2011;40: 1729-1730.
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