Gli epidemiologi e la scienza degli altri
A partire da questo numero la nostra rivista si arricchisce di una nuova sezione, dove vengono pubblicati editoriali, schede informative e articoli scientifici originali frutto di un modo nuovo e diverso di produzione di conoscenza.
Di cosa si tratta? La diffusione e la facilità di accesso alle tecnologie informatiche per il recupero di informazioni insieme con la proliferazione dei social network hanno reso gli individui più attivi e capaci nel valutare la propria salute. Hanno anche facilitato la formazione di gruppi o comitati di cittadini impegnati a progettare e condurre una ricerca di tipo sanitario. Si tratta di modalità di ricerca eterogenee, dagli autoesperimenti su singoli individui, alla sorveglianza dal basso, all’analisi di dati di genomica, a studi di associazione genome-wide (GWAS). Questi progetti sono definiti in vario modo in letteratura: «citizen driven», «participant driven», «crowd sourced», «participant centric». Tutto ciò che li accomuna e che giustifica il nostro interesse è che i partecipanti sono la forza trainante nell’iniziare e condurre la ricerca. Ma c’è di più ed è fondamentale: tale ricerca partecipata è in grado di produrre risultati scientifici di alta qualità, paragonabili a quelli ottenuti dalla scienza ufficiale e anche tali da essere pubblicati su riviste scientifiche di alto profilo.1
Proviamo allora a spiegare perché è rilevante e attuale occuparsi di questo tipo di ricerca. È rilevante perché questa produzione scientifica rende possibile un dibattito e un confronto di argomenti scientifici esteso al di fuori dei confini degli addetti ai lavori, è attuale perché raccoglie quanto sta avvenendo nelle società contemporanee caratterizzare da un ampio uso sociale dei media elettronici. L’arena scientifica si arricchisce di una pluralità di soggetti, non è più ristretta al solo ambito degli addetti ai lavori.2 Politicamente, nel senso nobile ed etico del termine, è anche un’affermazione del sistema democratico, che è definito dalla possibilità di un libero dibattito e confronto di argomenti.3
Nella nostra civiltà democratica si richiede che le decisioni siano legittimate da argomentazioni solide e la scienza in questo gioca un ruolo primario.4 E, come abbiamo detto, oggi la diffusione di tecnologie informatiche e, più in generale, il loro sviluppo permette e permetterà ancora di più in futuro una grande diffusione di conoscenza, anche scientifica. Non stiamo parlando di comprensione o acculturazione scientifica o della tradizionale alfabetizzazione scientifica. Si tratta invece del fenomeno per cui è possibile produrre conoscenza scientifica direttamente e partecipare in prima persona al progresso scientifico, fenomeno reso possibile dai moderni mezzi di comunicazione e dalla tecnologia che mette a disposizione materiali e strumenti a basso costo e grazie ai quali anche non esperti possono condurre esperimenti e misure in proprio.5 Le argomentazioni scientifiche a supporto delle decisioni non sono più prodotte solo da agenzie o tecnici “terzi”, ma da una pluralità estesa (cioè non ristretta alla sola cerchia dei professionisti) di soggetti.
Tra i più attenti osservatori della società contemporanea si parla dell’affermarsi di un tipo differente di cittadino, il cittadino capace di conoscenza.6
Le persone, l’insieme delle persone, sono in grado di disegnare, condurre, analizzare e interpretare dati empirici, sviluppare teorie e interagire con la sfera decisionale grazie alla conoscenza così ottenuta. Non si discute qui sul fatto che sia giusta o sbagliata, secondo un qualche criterio, ma si rileva che dati empirici e conoscenza tecnica non sono più ristretti alla cerchia dei professionisti, il linguaggio tecnico-scientifico non è più proprietà esclusiva di un gruppo sociale autonomo, gli scienziati o ricercatori.
Nella cronaca italiana recente è nota l’iniziativa di mappatura dei casi di tumore maligno a partire dalle esenzioni per patologia neoplastica lanciata da un’associazione ambientalista e ripresa da un senatore della Repubblica. Come pure molte sono e sono state le situazioni in cui gruppi di cittadini si sono fatti portatori di punti di vista scientifici che contrastavano con le conclusioni di rapporti ufficiali. In passato la qualità tecnico-scientifica di queste prese di posizione era spesso messa in discussione dalle istituzioni preposte alla tutela della salute pubblica e coloro che sostenevano tali posizioni erano scienziati eterodossi. A volte si trattava di rianalisi di dati prodotti in ambito scientifico tradizionale. Si osserva, però, una novità, una cesura rispetto a questo modo tradizionale che rientra nel campo della popular epidemiology e dell’advocacy.7 I singoli cittadini, a volte gruppi o comunità, ora sono in grado di produrre scienza. In tutto ciò non c’è necessariamente un risvolto politico o l’affermazione di una soggettività.8 La società è cambiata, nuove tecnologie si sono affermate.
Non si coglie appieno questo cambiamento se non si tiene presente nello stesso tempo che viviamo nella società «del rischio».9 L’impatto di nuove tecnologie (in senso lato, dalle centrali nucleari agli inceneritori, alla TAV, allo sfruttamento del gas naturale mediante il fracking, ai telefoni cellulari, a un nuovo farmaco) è incerto: alcuni ne sono fautori entusiasti, altri sottolineano conseguenze dannose o addirittura nefaste per la vita stessa del nostro pianeta. Domina l’incertezza delle conseguenze e, come ben sanno gli epidemiologi, più aumenta la conoscenza più aumenta l’incertezza a essa connessa.10
In tale contesto sono inevitabili punti di vista scientifici diversificati, talvolta in opposizione l’uno con l’altro. La non neutralità della scienza è evidente dalla sua non unitarietà, dalla frammentazione in saperi specialistici che non si ricompongono. Nel momento in cui dobbiamo prendere decisioni importanti per la vita delle persone e delle comunità non abbiamo più a disposizione una valutazione razionale dell’evidenza scientifica: ne abbiamo molte, potenzialmente contraddittorie, e, fatto fondamentale, i produttori e portatori di questa evidenza scientifica non sono più i soli appartenenti alle élite scientifiche ufficiali.
In questo senso si capisce appieno il legame con il libero dibattito che alimenta la democrazia, come già ricordato prima. Nel prendere decisioni razionali ora si confrontano liberamente argomentazioni scientifiche differenti e portate da soggetti differenti.
Questo cambiamento del paradigma ha effetti profondi sulla pratica epidemiologica. È questo che vogliamo specificamente approfondire e discutere nella nostra rivista.
Pertanto intendiamo da questo numero aprire una sezione dedicata alla ricerca epidemiologica prodotta, o meglio, come si sottolinea in ambiti specialistici, coprodotta dai cittadini, cioè da soggetti fuori dall’ambito strettamente professionale.
Bibliografia
- Vayena E, Tasioulas J. Adapting standards: ethical oversight of participant-led health research. PLoS Med 2013;10(3):e1001402.
- Rowland K. Citizens’ science goes “extreme”. Nature 12.02.2012, doi:10.1038/nature.2012.10054.
- Sen A. Democracy and its global roots. Why democratization is not the same as Westernization. The New Republic 2003; 229(14):29-25. (ed it. La democrazia degli altri. Perché la libertà non è un'invenzione dell'Occidente. Milano, Mondadori, 2004).
- Funtowicz S. Cap. 4: Modelli di scienza e policy in Europa. In: Rodotà S, Tallacchini MC (eds). Trattato di biodiritto. Roma-Bari, Laterza, 2010; 533-51.
- European Commission. Emerging ICT for citizens’ veillance: theoretical and practical insights. Workshop, EU Joint Research Centre, Ispra, Italy, 20-21 marzo 2014.
- Jasanoff S. Science and Public Reason. Abingdon Oxon (UK), Routledge, 2012.
- Brown P. Popular Epidemiology Revisited. Current Sociology 1997;45(3):137-56.
- Cavalier D, Ludington W, Rahwan I, Ruben A. Crowd Sourcing Science. Webinars. Disponibile all’indirizzo: membercentral.aaas.org/ multimedia/webinars
- Beck U. Risikogesellschaft. Frankfurt, Suhrkamp, 1986 (prima ed. it. La società del rischio. Roma, Carocci, 2000).
- Krimsky S. Low dose toxicology narratives from the science transcience interface. In: S Boudia, N Jas (eds). Powerless Science? Science and Politics in a Toxic World. Berghahn Books 2014; 247