E il dubbio continua a trionfare… anche in Italia
Sono poche le cose da aggiungere alla presentazione1 scritta da David Michaels del suo nuovo libro2 sull’asservimento di un settore del mondo scientifico (numericamente limitato, ma socialmente ed economicamente significativo) a interessi diversi da quello della produzione di conoscenza. L’asservimento è mediato dalla distorsione intenzionale del disegno degli studi e/o dalla parzialità nell’interpretazione dei risultati. L’Italia non fa eccezione e anche qui le vie della “scienza per la difesa del prodotto” sono molteplici. A pagina 247, Michaels descrive gli aspetti cruciali di un emblematico episodio editoriale che ha coinvolto due italiani:3 un testo sottoposto a una peer-review fatta in casa e una precipitosa decisione di pubblicare da parte del direttore della rivista, ma anche citazioni bibliografiche incomplete o distorte, nonché una falsa dichiarazione di mancanza di conflitti di interesse e un millantato vanto, non dovuto, di un riconoscimento di valore scientifico e di un finanziamento da parte di una agenzia prestigiosa come l’Associazione italiana per la ricerca sul cancro (AIRC). A suo tempo, AIRC ha deplorato – senza pubblicità – l’episodio che gli era stato segnalato dalle vittime della Eternit di Casale Monferrato.
Michaels mostra come il più diffuso strumento utilizzato dalla scienza per la difesa del prodotto sia la fabbricazione del dubbio. I destinatari sono gli operatori della politica e quelli della giustizia (oltre naturalmente all’opinione pubblica e ai media). Nelle aule dei tribunali, dove vige il principio del in dubio pro reo, dalle inevitabili incertezze residue degli studi epidemiologici si spremono sistematicamente spunti per convincere i giudici che “non vi è sufficiente evidenza” delle responsabilità degli imputati nella generazione delle malattie delle parti civili. A livello politico, si intende mettere un alibi a disposizione dei governi per scelte legislative permissive in tema di sicurezza occupazionale e ambientale. Purtroppo, quanto magistrati e politici riescano a riconoscere le distorsioni della scienza al servizio del prodotto è problematico. Perfino Elena Cattaneo, senatrice a vita e ricercatrice di prestigio, non ha considerato che il discredito sulla Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) per la sua valutazione dei rischi di cancerogenicità del glifosato facesse parte di una strategia artatamente fabbricata dalla Monsanto,4 ignorando le documentate smentite da parte della direzione dell’Agenzia stessa.5
Nel mondo reale è difficile percepire le modalità con cui la scienza al servizio del prodotto riesce a filtrare attraverso il mondo dell’editoria scientifica. Negli scorsi decenni, nelle revisioni sistematiche della letteratura, un’associazione tra natura del finanziamento (pubblico o privato) di uno studio tossicologico o epidemiologico e risultati dello studio stesso (pericolosità o innocuità di una data esposizione o di un dato agente) è stata rilevata in più contesti, a partire dagli effetti del fumo passivo.6 In una recente rassegna di studi sull’entità o sulle conseguenze dell’esposizione lavorativa ad amianto, gli autori dichiaravano l’assenza di conflitti di interesse in 92 di 134 (68%) pubblicazioni che mostravano evidenza di rischio e soltanto in una di 11 che non la mostrava.7 Articolo per articolo, la sola lettura non è sufficiente per formarsi un’idea sull’effettiva indipendenza degli autori. La semplice affermazione degli autori di assenza di conflitti di interesse è oramai obsoleta, come dimostra l’articolazione dei moduli più recenti proposti dall’International Committee of Medical Journal Editors.8
L’attenzione dei ricercatori (e delle riviste) alle esigenze di trasparenza è aumentata negli ultimi decenni, seppur con lentezza. Nella rassegna di studi sugli effetti dell’amianto sopra menzionata,7 un quarto degli studi era privo della dichiarazione sui conflitti di interesse. Probabilmente, ogni circostanza merita un approfondimento. Uno studio epidemiologico italiano la cui mancanza di indipendenza è stata rilevata in tribunale è quello – vecchio di quasi un decennio – sulla mortalità nella coorte dei lavoratori dello stabilimento della Pirelli pneumatici di Settimo Torinese, condotto da ricercatori dell’Università di Torino e dell’Istituto Mario Negri di Milano.10 Lo studio è stato finanziato dalla Pirelli Tyre per 540.000 euro. La pubblicazione non fa menzione di eventuali conflitti di interesse degli autori. Afferma invece, in una nota a piè di pagina, che «i finanziatori non hanno avuto alcun ruolo nel disegno, conduzione o descrizione dello studio o nella decisione di sottoporre il manoscritto per pubblicazione». In realtà, dai verbali del processo presso il Tribunale di Torino (concluso, con sentenza passata in giudicato) – ma non dalla pubblicazione su rivista – risulta che il contratto tra Pirelli Tyre e Università di Torino attribuiva alla Pirelli la proprietà dei risultati e il potere decisionale sulla loro pubblicazione. C’è da chiedersi in quale misura dalla lettura dell’articolo emergano i vincoli degli autori rispetto al finanziatore (incidentalmente, anche questa pubblicazione esprime il riconoscimento per un contributo da parte dell’AIRC, in realtà inesistente).
In molti lavori scientifici – non solo nella letteratura al servizio del prodotto – spesso l’incertezza sull’attendibilità dei risultati viene tradotta con le parole «further research is needed». In epidemiologia clinica, è stata sottolineata11 l’ambiguità di questa espressione (spesso indicate come FRIN): quale obbiettivo, quali ipotesi vengono di volta in volta proposti per la futura ricerca? (a dire il vero, talora l’espressione sottintende un semplice corporativo sollecito di ulteriori finanziamenti). L’interpretazione delle quattro parole applicate a studi di tossicologia o epidemiologia ambientale è ancora più ambigua, dato che si tratta di studi che mirano a scelte in termini di salute pubblica. Needed for what? Per rafforzare in ambito accademico la solidità di un’ipotesi oppure per arrivare a una massa di conoscenze che, pur lasciando qualche incertezza, sono sufficienti per applicare il principio di precauzione e decidere di prendere misure di prevenzione? E per quale motivo le conoscenze disponibili in un dato momento non sono sufficienti per prendere misure di prevenzione?
Mi auguro che la circolazione in Italia del nuovo libro di David Michaels susciti ulteriori riflessione e interventi.
Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.
Bibliografia
- Michaels D. The triumph of doubt: Dark Money and the Science of Deception. Epidemiol Prev 2020;44(2-3):124-26.
- Michaels D. The Triumph of Doubt: Dark Money and the Science of Deception. New York, Oxford University Press, 2020.
- La Vecchia C, Boffetta P. Role of stopping exposure and recent exposure to asbestos in the risk of mesothelioma. Eur J Cancer Prev 2012;21(3):227-30.
- Cattaneo E. “Gli equivoci sul glifosato”. La repubblica.it, Archivio 1 dicembre 2017.
- IARC response to criticisms of the Monographs and the glyphosate evaluation. Prepared by the IARC Director. January 2018. Disponibile all’indirizzo: https://www.iarc.fr/wp-content/uploads/2018/07/IARC_response_to_criticisms_of_the_Monographs_and_the_glyphosate_evaluation.pdf
- Barnes DE, Bero LA. Why review articles on the health effects of passive smoking reach different conclusions. JAMA 1998;279(19):1566-70.
- Valenzuela M,Giraldo M, Gallo-Murcia S, Pineda J, Santos L, Ramos-Bonilla JP. Recent scientific evidence regarding asbestos use and health consequences of asbestos exposure. Curr Environ Health Rep 2016;3(4):335-47.
- International Committee of Medical Journal Editors: ICMJE Form for Disclosure of Potential Conflicts of Interest. Disponibile all’indirizzo: http://www.icmje.org/conflicts-of-interest/
- https://www.arpae.it/pubblicazioni/moniter/generale_1526.asp
- Pira E, Pelucchi C, Romano C, Manzari M, Negri E, La Vecchia C. Mortality from cancer and other causes in an Italian cohort of male rubber tire workers. J Occup Environ Med 2012;54(3):345-49.
- Godlee F. More research is needed- but what type? Br Med J 2010;341:c4662.