Attualità
18/03/2014

Competizione per l’efficacia e l’equità nell’SSN

Il peso delle disuguaglianze

La salute della popolazione è determinata da numerosi fattori di tipo biologico, ambientale, sociale, tra i quali anche, con effetti positivi e negativi, gli interventi di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione offerti dai sistemi sanitari. Sulla base delle conoscenze scientifiche disponibili è possibile stimare che, in termini di durata e qualità della vita, gli interventi di diagnosi, cura e riabilitazione dei sistemi sanitari possano contribuire per circa il 20% della salute ottenibile.
Le politiche urbanistiche, ambientali, dell’energia, dei trasporti e della mobilità, ma soprattutto le politiche economiche e le politiche dell’istruzione, sono i più importanti determinanti della salute della popolazione. La principale “causa di malattia” nella popolazione sono le disuguaglianze socioeconomiche. Deve quindi essere considerato l’impatto sulla salute di politiche che aumentano o diminuiscono i differenziali socioeconomici nella popolazione. La tutela della salute garantita dalla costituzione italiana si esercita soprattutto attraverso le politiche economiche e sociali, e, in misura minore, attraverso le politiche dell’SSN. Tuttavia l’SSN viene percepito dalla popolazione, in modo in parte distorto, come lo strumento principale di tutela della salute.
Nei momenti di grave crisi economica, in una popolazione nella quale l’aumento del disagio socioeconomico può determinare un impatto maggiore sulla salute, devono essere considerati con attenzione i rischi associati alla riduzione della copertura e della disponibilità di servizi sanitari.
Quindi le misure anticrisi, e soprattutto quelle che dichiarano di avere obiettivi di crescita, dovrebbero provvedere a un rafforzamento delle tutele sanitarie, soprattutto per i gruppi di popolazione più deboli: esattamente l’inverso di quanto sta avvenendo con i cosiddetti “tagli lineari” della spesa sanitaria.

Incertezza crescente

Anche senza fare riferimento a casi estremi (vedi oggi il caso Stamina come ieri il caso Di Bella) le conoscenze scientifiche stimano che più della metà delle prestazioni dei servizi sanitari non ha alcuna efficacia dimostrata sulla salute degli individui e della popolazione.
Questo dato, per molti sorprendente ma difficilmente confutabile, dipende soprattutto da due fenomeni. In primo luogo la medicina ha adottato paradigmi scientifici solo in epoca recente; ma soprattutto oggi la velocità con la quale vengono proposte nuove ipotesi di efficacia, nuove tecnologie, introdotte nei sistemi sanitari, in modo talora non regolato, è molto più elevata della velocità con la quale si possono effettuare valide valutazioni empiriche di efficacia. Quindi il sistema sanitario deve prendere decisioni su una base di crescente incertezza scientifica. In altre parole, il progresso sempre più veloce delle tecnologie non è destinato a produrre maggiori certezze nelle decisioni dei sistemi sanitari, ma a estendere i margini di incertezza. La crescente incertezza non elimina, però, la necessità di assumere decisioni, anche molto difficili.

Universalità e redistribuzione

Il sistema sanitario non è un mercato “normale”, se mai sono esistiti mercati normali, ma un sistema caratterizzato da forte asimmetria informativa, nel quale la domanda è molto condizionata dall’offerta, in cui il cittadino non è cliente, ma domanda salute, guarigione, lenimento delle sofferenza, vuole evitare la morte; è il sistema sanitario che decide quali “merci/beni”, cioè prestazioni e servizi, vengono venduti/erogati in risposta a queste domande. La “produzione” dei sistemi sanitari non andrebbe misurata in termini di prestazioni, che sono una misura di processo, ma di esiti sulla salute degli individui e della popolazione, di quantità di durata e qualità della vita guadagnate o perse. La misura delle prestazioni può corrispondere alla misura della produzione di salute solo quando si riferisce a prestazioni di efficacia provata o molto probabile, effettuate in modo appropriato, cioè verso persone che si trovano nelle condizioni di salute per le quali è stata dimostrata l’efficacia dei trattamenti e secondo le modalità di produzione corrispondenti a quelle per le quali è stata provata l’efficacia.
Quando il sistema sanitario è organizzato, come è in Italia, sul modello del Servizio sanitario nazionale è necessario sottolineare che la caratteristica principale di questo modello è l’universalità, cioè l’uguaglianza di diritti di salute e di accesso ai servizi, ma soprattutto di uguaglianza di efficacia; il finanziamento dell’SSN dovrebbe essere attraverso la fiscalità diretta, quindi proporzionale al reddito.
Le condizioni socioeconomiche, in particolare quelle nelle prime fasi della vita, sono i principali determinanti delle condizioni di salute, ma anche della capacità di fruire di servizi sanitari efficaci e appropriati. Le persone che hanno redditi più elevati dovrebbero pagare imposte più elevate, quindi contribuire maggiormente al finanziamento dell’SSN, ma hanno migliori condizioni di salute, consumano una quantità minore di servizi sanitari e li consumano meglio, cioè sanno scegliere prestazioni efficaci e appropriate. Le persone con redditi più bassi, e soprattutto con bassi livelli sociali e culturali, contribuiscono meno al finanziamento dell’SSN, ma, avendo peggiori condizioni di salute, consumano una maggiore quantità di prestazioni e soprattutto sono maggiormente vulnerabili all’offerta di prestazioni inefficaci e inappropriate. Da questi punti di vista l’SSN dovrebbe avere essenzialmente una finalità redistributiva, poiché le persone di livello socioeconomico alto pagano di più ma consumano di meno (e meglio), mentre le persone di livello socioeconomico basso pagano meno ma consumano più servizi, anche meno appropriati. Questo ipotetico obiettivo redistributivo nell’SSN è fortemente contrastato da due fenomeni:

  • la maggiore capacità delle persone di livello socioeconomico alto di fruire di servizi più efficaci e appropriati nell’SSN;
  • l’introduzione di meccanismi di finanziamento dell’SSN, con caratteristiche di imposte indirette (indipendenti dal reddito), che si basano sui consumi di servizi sanitari e colpiscono i cittadini quando hanno maggior bisogno di salute, ma non hanno il potere di selezionare, scegliere l’offerta. Per esempio, con i ticket i cittadini pagano un prezzo aggiuntivo per prestazioni in realtà determinate dagli stessi servizi sanitari, cioè pagano una sovrattassa, indiretta, “ordinata” dal sistema di produzione. Si tenta di compensare le difficoltà di finanziamento del sistema, soprattutto causate da inefficienza e inappropriatezza, scaricando sui cittadini oneri iniqui.

Il mercato della sanità

Il possesso dei mezzi di produzione, la gestione diretta di servizi, non è una caratteristica essenziale dell’SSN, anche se la produzione diretta deve costituire, se efficiente ed equa, un mezzo di regolazione di un “mercato” molto asimmetrico e imperfetto.
L’SSN pubblico italiano opera in una società nella quale la salute è oggetto di un mercato complesso, caratterizzato da una fortissima asimmetria informativa, nel quale la forza dei “venditori”, dell’offerta, è preponderante su quella dei cittadini che non sono mai “clienti informati”. In questo mercato non operano solo servizi medici e sanitari, ma un insieme molto eterogeneo di offerte di prodotti che vanno da pratiche quasi magiche, prive di qualunque prova scientifica di efficacia, a tecnologie molto sofisticate. La domanda è quasi completamente determinata dall’offerta. Sarebbe riduttivo considerare solo le questioni di regolazione dell’SSN senza considerare il ruolo dei settori produttivi di beni e servizi sanitari, in particolare il ruolo dell’industria biomedica e dei produttori di beni e servizi “per la salute”, e le dimensioni crescenti che vanno assumendo i consumi di prodotti e servizi non regolamentati “per la salute”. Lo sviluppo sempre più rapido di tecnologie innovative, soprattutto diagnostiche, l’ambiguo proporsi di una cosiddetta “medicina predittiva”, la definizione da parte di alcune società scientifiche di metodi e criteri di sempre maggiore anticipazione della diagnosi, gli interessi commerciali dei produttori sono fattori che delineano un fenomeno importante: una proporzione sempre maggiore, e più giovane, della popolazione normale-sana viene a essere considerata malata, potenziale consumatrice di servizi sanitari. Gli effetti di questi fenomeni di disease mongering pesano sulla spesa per servizi sanitari della popolazione probabilmente molto di più dei bisogni associati all’invecchiamento della popolazione.
In generale ai produttori di servizi sanitari non conviene tanto una maggiore copertura ed efficacia della diagnosi e cura, con interventi di provata efficacia della piccola parte della popolazione veramente malata, quanto l’allargamento della base di potenziali clienti, consumatori di prestazioni spesso di efficacia non provata.
L’aumento della domanda potenziale di servizi e prestazioni è determinato dal sistema di offerta. Sono le informazioni prodotte dai servizi sanitari che determinano la domanda di prestazioni. Il sistema dei produttori di servizi sanitari investe molte risorse in informazione e pubblicità mirate all’induzione della domanda. Per un approfondimento di questo aspetto, il più inquietante dell’asimmetria informativa nei sistemi sanitari, si veda la recente edizione italiana, a cura di Laura Amato e Marina Davoli per il Pensiero Scientifico, del bellissimo libro di Lisa Schwartz e Steven Woloshin Overdiagnosed: making people sick in the pursuit of health (Boston, Beacon Press, 2011)

SSN tutore pubblico della salute

Nessun sistema di tutela, pubblico, complementare, anche assicurativo, potrà sostenere questa spinta all’espansione illimitata della domanda e dei relativi costi.
L’SSN pubblico dovrebbe porsi in questo contesto non come uno degli operatori del mercato, ma come il tutore pubblico della salute, un assicuratore obbligatorio di tutta la popolazione che definisce esplicitamente le garanzie che assicura alla popolazione, basandosi su criteri di efficacia ed equità. L’SSN deve avere nei confronti di tutti i produttori/erogatori, per i servizi e le prestazioni che garantisce, un rapporto forte di committenza, che definisca esplicitamente quali e quanti servizi vuole offrire alla popolazione, con quali caratteristiche di qualità/efficacia, con quali modalità di remunerazione.
I diritti dei cittadini devono essere esplicitamente definiti, rendendo prioritari i servizi di efficacia dimostrata, escludendo esplicitamente dalla copertura dell’SSN prestazioni e servizi privi di prove di efficacia, e rendendo al contempo accessibili con equità i servizi efficaci e appropriati.
Attenzione alla trappola demagogica della sempre crescente domanda di servizi “nuovi” ma privi di prove di efficacia, soprattutto diagnostici e “predittivi”: si incentiva il riconoscimento di “malati-sani”, si espandono i costi a carico dell’SSN per prestazioni inappropriate e spesso dannose, si allungano le liste d’attesa, si favorisce la crescita di un’offerta privata opportunistica a carico dei cittadini, si compromette la capacità stessa di tenuta dell’SSN.

Ommittenza e produzione

L’SSN italiano, come tutti i sistemi sanitari, ha due principali funzioni, fortemente interconnesse:

  • tutela della salute, della popolazione e delle singole persone;
  • produzione di servizi sanitari, di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione.

Da un punto di vista istituzionale queste due diverse funzioni hanno trovato definizioni legislative non sempre esplicite e spesso ambigue a livello nazionale, nel vorticoso, e mai empiricamente valutato, continuo cambiamento delle leggi statali e declinazioni molto eterogenee tra regioni e, nel tempo, a livello regionale. Si è parlato, anche molto superficialmente, di un estremo contrasto tra un cosiddetto modello lombardo, molto caratterizzato, almeno nelle intenzioni, da una completa separazione tra committenza e produzione, e un modello Emilia-Romagna, fortemente centrato sull’integrazione tra committenza e produzione.
Tra questi due dichiarati modelli estremi se ne sono sviluppati altri regionali con interpretazioni diverse del rapporto tra committenza e produzione, ma la maggior parte dei Sistemi sanitari regionali (SSR) non ha in realtà mai definito normativamente e soprattutto realizzato operativamente modelli espliciti di rapporto tra queste funzioni.
In modo talora abbastanza ipocrita e strumentale, questo tema è stato confuso con quello dei rapporti tra prevenzione e diagnosi e cura, tra ospedale e territorio (abusata definizione per le cure primarie e specialistiche), tra pubblico e privato, tra competizione e solidarietà, con infinite variazioni di demagogia politica.
Nelle gravi condizioni economiche e occupazionali del Paese è urgente un intervento riformatore forte dell’SSN, per evitare che ulteriori tagli si traducano in un definitivo smantellamento dell’SSN, con conseguenze molto gravi soprattutto per i gruppi più deboli della popolazione.
Il problema principale non è, come molti, soprattutto a sinistra, sembrano denunciare, quello della progressiva privatizzazione della produzione di servizi sanitari, ma è il tentativo, assai più pericoloso, di privatizzare la funzione di tutela, proponendo l’uscita dei redditi più alti dalla contribuzione obbligatoria all’SSN.
Ecco quindi alcune criticità dell’SSN e, di seguito, alcune proposte di cambiamento.

Le criticità

  • Debolezza, inefficienza, ridotta indipendenza, conflitti di interesse, della funzione pubblica di tutela della salute e committenza di servizi e prestazioni. I meccanismi di regolazione (autorizzazioni, accreditamento, procedure tariffarie, remunerazione), oltre a essere molto eterogenei tra regioni, sono mal definiti, deboli, opachi, poco trasparenti, incompleti, burocratici, scarsamente adattativi, fortemente condizionati da decisioni politiche estemporanee e da interessi privati. La debolezza complessiva della regolazione pubblica favorisce parassitismo e corruzione.
  • Progressivo decadimento di quantità e qualità dei servizi preposti alle funzioni di prevenzione primaria, con scarsa autorevolezza e credibilità scientifica, soprattutto nelle funzioni di valutazione del rischio e di impatto, condizionata da forti conflitti di interesse, spesso anche verso istituzioni pubbliche titolari di funzioni associate a produzioni di rischi ambientali, occupazionali, sociali. Casi assai recenti, come quello di Taranto, denunciano chiaramente l’insufficienza, quasi assenza, della funzione di tutela della salute della popolazione nei confronti di rischi ambientali, le cui responsabilità ricadono non solo su imprenditori privati, ma soprattutto su politiche e istituzioni pubbliche.
  • Inefficienza, burocratizzazione, scarsa managerialità, condizionalità e pressioni esercitate dalla politica, presenza sindacale spesso collusiva e corporativa, rendono le cosiddette aziende pubbliche spesso, di fatto, uffici periferici o enti “strumentali” delle amministrazioni regionali.
  • L’utilizzazione dei ticket da strumento di compartecipazione “consapevole” nell’utilizzo delle risorse, e quindi con effetto di dissuasione o moderazione dell’inappropriatezza, a parziale fonte di finanziamento ha definitivamente distorto la stessa finalità redistributiva dell’SSN, che dovrebbe essere finanziato dalla fiscalità generale, in modo proporzionale ai redditi da ciascuno prodotti. I cittadini con redditi più elevati e migliori condizioni sociali, che godono di migliori condizioni di salute e che consumano in misura inferiore servizi sanitari e in modo più appropriato, dovrebbero contribuire al finanziamento dell’SSN in misura proporzionalmente maggiore rispetto ai cittadini meno abbienti, più svantaggiati socialmente, quindi con peggiori condizioni di salute, che per tale motivo fanno ricorso maggiormente ai servizi sanitari, e sono maggiormente vulnerabili all’inappropriatezza.
  • La crescente onerosità dei ticket rende conveniente per i cittadini l’accesso diretto a servizi completamente privati out of pocket, ormai offerti esplicitamente anche da aziende pubbliche, che possono offrire molte prestazioni, anche di buona qualità, a prezzi equivalenti o inferiori al valore dei ticket corrispondenti.
  • Aumento della proporzione di prestazioni e servizi out of pocket, per effetto combinato di:
    1. ticket,
    2. tempi di attesa,
    3. decrescente qualità dei servizi pubblici,
    4. attività libero professionale,
    5. tendenza di molti soggetti accreditati a offrire prestazioni a pagamento completo con ridotti tempi di attesa e migliore qualità, anche per compensare ridotti ricavi dai SSR,
    6. scarsa chiarezza sui servizi effettivamente garantiti dall’SSN.
  • Lo sviluppo della ricerca biomedica e il trasferimento secondario nel settore sanitario di tecnologie sviluppate in altri contesti portano all’offerta di una quantità fortemente crescente di nuove tecnologie sanitarie, quasi sempre in assenza di prove scientifiche di efficacia, che vengono introdotte nella pratica dell’SSN in assenza di meccanismi di regolazione efficaci, con costi elevati e non controllati.
  • Estrema parcellizzazione dei produttori di servizi e prestazioni, pubblici e privati, che spesso hanno volumi di attività inferiori ai livelli minimi necessari per garantire qualità ed efficacia degli interventi;
  • Estrema carenza di produttori capaci di offrire cicli di cura, continuità assistenziale, presa in carico, con prevalenza di erogatori che offrono singole prestazioni o frazioni non coordinate dei percorsi di cura.
  • Livelli minimi di competizione sulla qualità e i risultati, soprattutto in termini di esiti, degli interventi sanitari.
  • I sistemi di remunerazione prospettica, le cosiddette tariffe, nella maggioranza delle regioni sono ormai applicati esclusivamente per la remunerazione degli erogatori privati; la maggioranza degli erogatori pubblici e simili sono finanziati a piè di lista e comunque indipendentemente dal valore e dalla qualità della prestazione; in particolare strutture universitarie e di proprietà di organizzazioni religiose ottengono finanziamenti rapportati ai costi di esercizio (con un premio all’eventuale inefficienza), anziché una remunerazione quantificata sulla base della quantità e della qualità delle prestazioni erogate.
  • Nelle aziende pubbliche il reclutamento delle figure professionali sulla base di logiche clientelari e non di merito, l’utilizzo errato dei meccanismi contrattuali, specie quelli premiali, associati a politiche in atto di tagli lineari con blocco del turnover, rendono estremamente difficile in termini di efficienza le politiche di governo dei fattori della produzione, in particolare quello del personale, rendendo le aziende pubbliche scarsamente competitive.
  • La scarsa trasparenza dello svolgimento dell’attività libero professionale intramuraria del personale sanitario, coniugata a un mancato e colpevole controllo sui volumi di attività istituzionale e sui volumi di attività erogati in libera-professione, generano abusi, creano conflitti di interesse e un doppio binario di accesso ai servizi con gravi iniquità.
  • Limiti di sviluppo e di adattamento dei sistemi informativi dell’SSN a livello nazionale, scarsa integrazione con le funzioni di valutazione.
  • Parcellizzazione, scarsa progettualità, frammentazione, ridotta indipendenza dei sistemi di valutazione a livello nazionale.

L’insieme di questi fattori determina un’eterogeneità inaccettabile della tutela della salute della popolazione, sia tra regioni sia all’interno di ciascuna regione, associata a un’altrettanto inaccettabile eterogeneità della qualità e dell’efficacia dei servizi e delle prestazioni rese dai produttori, pubblici e privati. I risultati del programma nazionale esiti (PNE) documentano questa situazione di estrema eterogeneità, ad oggi in particolare per l’assistenza ospedaliera. Questa eterogeneità si rileva sia dal punto di vista della produzione sia da quello della tutela e committenza.

Qualche proposta sintetica di possibili soluzioni

  • Rafforzamento delle funzioni di tutela della salute a livello nazionale, regionale e locale, con effettiva indipendenza dei soggetti di tutela dai soggetti produttori di rischi, non solo soggetti e imprenditori privati, ma anche, e spesso soprattutto, quando si tratta di istituzioni e soggetti pubblici in palese conflitto di interesse. Rafforzamento quindi del potere di advocacy dell’SSN.
  • Rafforzamento delle funzioni di tutela della salute e di committenza di servizi a livello nazionale, regionale e locale, con effettiva indipendenza dei soggetti di tutela e committenza dalla funzione di produzione di servizi sanitari.
  • Definizione esplicita non generica dei LEA, mediante criteri generali di inclusione e criteri analitici di esclusione, basati su prove scientifiche di efficacia e della sua relazione con i costi. Servizi e prestazioni inclusi nei LEA debbono essere fruibili in tutto l’SSN in condizioni di equità. I servizi inefficaci devono essere attivamente esclusi dalla copertura dell’SSN attraverso azioni di disinvestment.
  • Contestuale incentivazione allo sviluppo di fondi integrativi volontari orientati all’offerta di prestazioni escluse dai LEA dell’SSN.
  • Nuovi servizi/interventi/prestazioni con insufficienti prove scientifiche di efficacia debbono poter essere introdotti nell’SSN esclusivamente nell’ambito di programmi nazionali di valutazione comparativa di efficacia.
  • I direttori generali delle ASL, ovviamente pubbliche, di tutela e committenza devono essere nominati dalle Giunte regionali nell’ambito di elenchi preselezionati sulla base di effettive competenze specifiche di sanità pubblica e manageriali, assegnando obiettivi quantitativi misurabili riferiti alla salute della popolazione e al governo della domanda. Le Giunte regionali scelgano pure, in questo contesto, manager di propria fiducia, senza ipocrite selezioni pseudomeritocratiche, ma dichiarando esplicitamente gli obiettivi assegnati, valutando in modo esplicito il loro conseguimento, in modo da essere responsabili delle scelte fatte nei confronti dei cittadini.
  • Trasformazione, per la quota di produzione che si ritiene debba rimanere di proprietà pubblica, di tutti i soggetti erogatori pubblici in vere aziende con strumenti gestionali di diritto privato, anche attraverso politiche del personale che aumentino flessibilità e mobilità.
  • I direttori generali delle aziende pubbliche di produzione devono essere nominati dalle Giunte regionali nell’ambito di elenchi preselezionati sulla base di effettive competenze specifiche manageriali in relazione alle funzioni di produzione di servizi sanitari, assegnando obiettivi quantitativi misurabili riferiti al governo dell’offerta e all’efficienza ed efficacia dei servizi. Anche per la scelta di questi manager deve valere lo stesso ragionamento fatto per i direttori generali delle ASL: accountability delle Giunte regionali.
  • Affidamento, con procedure trasparenti di mercato e robuste norme antitrust, in gestione a soggetti privati di servizi pubblici, per la quota di produzione la cui gestione pubblica non viene ritenuta indispensabile per le scelte strategiche di sistema.
  • Criteri di accreditamento omogenei nell’SSN e validi per tutti gli erogatori pubblici e privati, privilegiando i requisiti di processo, soprattutto volumi di attività, ed esito rispetto a quelli di struttura.
  • Regolazione dell’accreditamento che consenta l’ingresso di nuovi soggetti erogatori, pubblici e privati e l’uscita di soggetti erogatori, pubblici e privati, inefficaci e inefficienti.
  • Finanziamento della funzione di tutela e committenza esclusivamente a quota capitaria ponderata, esclusivamente sulla base di parametri di stima di fabbisogno di servizi/prestazioni di popolazione.
  • Remunerazione degli erogatori pubblici e privati esclusivamente con sistemi di remunerazione prospettica basati su quantità e qualità dei servizi effettivamente erogati, sulla base di accordi contrattuali, indipendentemente dalla natura giuridica degli erogatori.
  • Introduzione di sistemi di classificazione e remunerazione delle prestazioni che privilegino cicli di cura, presa in carico e continuità assistenziale in un sistema sanitario integrato a rete e rappresentino realisticamente i costi di produzione in condizioni di elevata efficienza.
  • Maggiore apertura del sistema di medicina e pediatria di base, con più ampie e semplici possibilità di scelta dei cittadini, e introduzione di sistemi di valutazione dei processi e degli esiti dei medici e dei pediatri di base.
  • Istituzione di un’autorità unica nazionale indipendente di valutazione sia dei soggetti di tutela e committenza sia di quelli di produzione.
  • Rafforzamento e sviluppo del Nuovo sistema informativo sanitario (NSIS) a livello nazionale mediante integrazione di tutti i sistemi informativi.
  • Creazione, tramite metodi che garantiscano equità, di strumenti di comunicazione ai cittadini su accesso, qualità, esiti dei servizi sanitari e dei professionisti, che diano trasparenza all’SSN e siano mirati alla massima riduzione dell’asimmetria informativa.
  • Regolazione delle politiche del personale orientata a una maggiore flessibilità e alla maggiore incentivazione dei risultati; maggiore possibilità di differenziazione e diversa valorizzazione delle funzioni di direzione da quelle professionali.
  • Messa in atto dei sistemi di controllo e monitoraggio dell’attività libero-professionale intramuraria (a.l.p.i.) finalizzati alla riduzione delle disuguaglianze di accesso alle prestazioni e alla qualità delle cure, nonché alla drastica riduzione degli abusi. In ogni caso divieto a tempi di attesa per prestazioni in a.l.p.i. diversi da quelli delle prestazioni ordinarie.

In conclusione, tutte le conoscenze empiriche disponibili dimostrano che l’SSN italiano ha attualmente una grave situazione di razionamento implicito e iniquo. Interventi strutturati di promozione di una maggiore competizione per la qualità e l’efficacia dell’SSN devono mirare a una razionalizzazione esplicita ed equa dell’SSN.

La ridistribuzione della ricchezza che inevitabilmente sta avvenendo a livello mondiale tra nazioni non ha ancora avuto i suoi effetti più forti, e si accompagna a forti fenomeni di iniquità e aumento di disuguaglianze all’interno di ciascuna società. Non è prevedibile a breve o lungo termine che il nostro Paese torni a livelli di ricchezza e di consumi goduti in modo crescente dal dopoguerra; usciremo dalla gravissima crisi economica solamente adattandoci a una minore disponibilità di risorse.
Gli interventi di riforma dell’SSN ormai ineludibili si scontrano tuttavia con forti resistenze al cambiamento, soprattutto da parte degli apparati burocratici e anche di molti settori sindacali. Sembra talora che queste roccaforti della conservazione pensino all’SSN più come a un sistema di welfare per i dipendenti e di economia assistita per i produttori che a un sistema di servizi per i cittadini.
Il mantenimento di livelli giusti di tutela della salute può avvenire solamente migliorando l’efficienza sia dei sistemi di committenza sia di quelli di produzione, privilegiando gli interventi di provata efficacia e, su questi interventi, garantendo effettiva uguaglianza di accesso nella popolazione. Se fosse possibile riassumere queste idee in uno slogan: efficacia ed equità per i cittadini, competizione per il sistema.
Ma bisognerebbe agire rapidamente: il mondo reale corre veloce, i sistemi sanitari a livello globale cambiano molto velocemente, in modo indipendente dalle volontà politiche, ma purtroppo le nostre istituzioni e le nostre burocrazie sembrano vivere altrove, illudendosi di poter imporre i propri tempi rallentati e indefiniti e i propri rituali barocchi, fondando il proprio potere sulla conservazione; e l’SSN, grande patrimonio di giustizia e civiltà del nostro Paese, rischia di morire.

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