Attualità
31/08/2021

Come battere il Coronavirus: terapie e vaccini

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Quando il nuovo Coronavirus, ora noto come SARS-CoV-2, ha colpito prima la Cina e poi l’Italia all’inizio del 2020, la maggior parte degli epidemiologi pensava che potesse essere contenuto facilmente, la maggior parte dei virologi prevedeva che trattamenti efficaci sarebbero arrivati ​​rapidamente e praticamente nessuno si aspettava un vaccino prima della fine del 2021. Si sbagliavano tutti. Le misure non farmacologiche per mitigare l’impatto della malattia sono state un fallimento, in gran parte a causa della mancanza di volontà politica; i farmaci “risolutivi” si sono rivelati inefficaci; i vaccini sono arrivati ​​un anno prima del previsto.

Prevenzione

I mezzi di prevenzione più efficaci a nostra disposizione sono i lockdown, l’uso di mascherine, il distanziamento, la ventilazione e la vaccinazione, ma è possibile anche proteggere farmacologicamente i contatti stretti delle persone infette. Il REGEN-COV sottocutaneo (la combinazione di Regeneron di due anticorpi monoclonali, casirivimab e imdevimab) riduce il tasso di malattia di un notevole 81,4%.1 Questo approccio è noto da aprile 20212 e ha avuto l’approvazione della Food and Drug Administration (FDA) degli Stati Uniti alla fine di luglio, ma non ha ancora avuto grande diffusione e l’Agenzia europea del farmaco (EMA) non si è pronunciata.

Terapia ambulatoriale

A un anno e mezzo dall’inizio della pandemia, non siamo nemmeno vicini ad aver scoperto un farmaco che possa stroncare il COVID-19 sul nascere. Sfortunatamente, gli scienziati si sono concentrati presto sull’idrossiclorochina, in gran parte a causa della pessima ricerca del microbiologo francese Didier Raoult3 (per esempio, l’abstract di questo studio trascura di menzionare che 4 dei 20 pazienti che hanno ricevuto il farmaco, vs nessuno dei 16 controlli, sono finiti in terapia intensiva o morti). Sono state sprecate grandi risorse in centinaia di test clinici prima che diventasse chiaro che l’idrossiclorochina è inutile o peggio.4,5 Remdesivir, l’unico antivirale anti-SARS-CoV-2 attualmente in uso, richiede l’infusione endovenosa.
Una prova di una versione più conveniente somministrata per via inalatoria in pazienti ambulatoriali è stata completata a marzo, ma non è stato ancora annunciato alcun risultato.6
Per i pazienti di nuova diagnosi a rischio basso-moderato di peggioramento si ha poco da offrire oltre agli antipiretici e al monitoraggio domiciliare della saturazione di ossigeno. L’antico rimedio per la gotta, la colchicina, ha ridotto i tassi di ospedalizzazione del 25%,7 e il farmaco per l’asma, budesonide per via inalatoria, del 18%.8 La fluvoxamina, un antidepressivo del gruppo SSRI, dopo risultati preliminari molto positivi lo scorso novembre,9 sembra – in uno studio più ampio – ridurre del 30% il ricorso ospedaliero nei pazienti ad alto rischio.10
I pazienti ad alto rischio a causa dell’età o delle comorbilità dovrebbero, inoltre, essere trattati con uno dei 3 medicinali con anticorpi monoclonali esistenti mirati alla proteina spike SARS-CoV-2 (altri sono in fase di sviluppo). I ricoveri sono diminuiti di circa il 70% quando ai pazienti ambulatoriali ad alto rischio è stata somministrata la combinazione di bamlanivimab ed etesevimab11 di Lilly o REGEN-COV di Regeneron,12 e di circa l’84% con sotrovimab di GSK-Vir,13 entro pochi giorni dalla diagnosi (pre-Delta). Questi farmaci sono sottoutilizzati: solo un paziente eleggibile su 4 riceve anticorpi monoclonali negli Stati Uniti e solo meno di 7.000 pazienti sono stati trattati in Italia. Uno dei motivi è che di solito vengono somministrati in ambiente ospedaliero mediante infusione endovenosa lenta, ma la FDA (non l’EMA) ha recentemente approvato la mezza dose di REGEN-COV come comoda iniezione sottocutanea. 14 Non si sa ancora quanto bene gli anticorpi funzionino nelle cosiddette “breakthrough infection” nelle persone vaccinate.
E le varianti? Alpha (B.1.1.7, osservata per la prima volta in Inghilterra, non è mai diventata un problema), Beta (B.1.531, Sud Africa), Gamma (P.1, Brasile) e Delta (B.1.617.2, India) sono le principali fino a ora. L’anticorpo monoclonale originale di Lilly, bamlanivimab, è risultato inutile contro la beta e la sua combinazione bamlanivimab/etesevimab è stata ritirata per inefficacia contro Gamma; REGEN-COV e sotrovimab funzionano bene contro entrambi.
Ma Delta è la variante più preoccupante. È 2-3 volte più contagiosa dell’originale di Wuhan, con una carica virale fino a 1.000 volte maggiore di Alpha15 e una replicazione così efficiente che le persone infette iniziano a diffondere il virus in pochi giorni. Può anche causare malattie più gravi.16 La variante Delta è già causa di quasi tutti i nuovi casi in India, Inghilterra, Israele, Italia e Stati Uniti e sembra pronta a conquistare il mondo. I prodotti Regeneron e Lilly lo neutralizzano abbastanza bene in provetta17 e il sotrovimab molto bene,18 anche se la loro efficacia nel mondo reale rimane non dimostrata.
Ancora in fase di studio: due antivirali orali, il PF-07321332 di Pfizer, che ha iniziato gli studi di fase 2-3 a luglio in combinazione con ritonavir, e masitinib, che è ancora in fase di test preclinico. Il farmaco per l’osteoporosi raloxifene; una prova è stata completata, ma non ne sono stati ancora presentati i risultati. L’ivermectina è stata più o meno smentita in una revisione sistematica Cochrane19 e alcuni studi in corso potrebbero interrompersi ora che un articolo importante è stato ritirato per falsificazione di dati.20 In tutto il mondo, medici discutibili, tra cui il gruppo “Medici Covid19” in Italia e la “Front Line COVID-19 Critical Care Alliance” negli Stati Uniti, nonché i governi di Brasile e India, promuovono cocktail multifarmaco ai pazienti ambulatoriali COVID-19 sul principio «Non limitarti a guardare, fai qualcosa». I componenti più comuni sono noti per essere inefficaci (idrossiclorochina, zinco, azitromicina, vitamina D, ivermectinaÂ…). Altri sono validi, ma solo in popolazioni ospedalizzate selezionate, in particolare corticosteroidi e anticoagulanti sistemici. È noto che i pazienti affetti da COVID-19 che assumono steroidi a lungo termine per malattie reumatiche sono a maggior rischio di ricovero in ospedale,21 e che  gli steroidi aumentano le probabilità di morte dei pazienti ricoverati senza ossigeno;22 la FDA raccomanda vivamente di non utilizzarli nei pazienti ambulatoriali.23 Gli anticoagulanti sono inutili per i pazienti ambulatoriali, la ricerca più grande è stata interrotta a giugno per futilità.24

Terapia ospedaliera

Gli anticorpi monoclonali possono aiutare anche i pazienti ricoverati, se non sono stati malati abbastanza a lungo da sviluppare i propri anticorpi.25 I progressi non farmacologici includono la pronazione, l’assistenza infermieristica ad alta intensità nell’unità di terapia intensiva, l’attenzione alle impostazioni del respiratore e una forte preferenza per l’erogazione di ossigeno non invasiva (C-PAP, ossigeno nasale ad alto flusso). Una revisione autorevole dei farmaci è disponibile su UpToDate.26

  • Remdesivir: l’unico antivirale per SARS-CoV-2 a uso clinico, approvato in fretta e furia sulla base di un singolo studio che ha scoperto soltanto che ha accorciato l’ospedalizzazione dei pazienti con polmonite da COVID-19 di pochi giorni, con una tendenza non significativa verso un minor numero di decessi.27 Una revisione Cochrane di aprile ha concluso che remdesivir «probabilmente ha poco o nessun effetto sulla mortalità per tutte le cause». Il CDC ne raccomanda ancora l’uso, ma l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) no28 e il colpo finale potrebbe essere un’aggiunta norvegese del luglio 2021 allo studio “Solidarity trial”dell’OMS, che non ha riscontrato alcun effetto sulle misure cliniche o sulla carica virale.29
  • Corticosteroidi: il desametasone è l’unico farmaco che ha dimostrato di salvare vite umane nel COVID-19, diminuendo la mortalità dei pazienti sotto ventilazione del 36%.22 Praticamente tutti i pazienti ricoverati sotto ossigenoterapia lo ricevono.
  • Anticoagulanti: il COVID-19 in forma grave comporta un alto rischio di trombosi, quindi i derivati ​​dell’eparina vengono somministrati preventivamente alla maggior parte dei pazienti ospedalizzati, sebbene la selezione dei pazienti, la dose e il beneficio sulla mortalità siano incerti.30
    I pazienti in condizioni critiche da COVID-19 sono predisposti alla “tempesta di citochine”, una reazione immunitaria eccessiva che può portare danni a vari organi. L’immunosoppressore tocilizumab (Actemra), un antagonista dell’IL-6 utilizzato nella cura dell’artrite reumatoide, riduce leggermente la mortalità e la necessità di ventilazione meccanica se abbinato agli steroidi in pazienti selezionati.31 L’inibitore orale JAK baricitinib, che funziona in modo simile, ha ottenuto l’autorizzazione di emergenza in Europa e negli Stati Uniti per i pazienti a cui non possono essere somministrati steroidi.32 Altri modificatori della risposta immunologica in fase di studio includono Saccovid e infliximab (per infusione endovenosa), opaganib e l’antimalarico artesunato (via orale) ed EXO-CD24 (per inalazione).Lo studio Solidarity dell’OMS sta prendendo in esame anche il farmaco antitumorale imatinib, destinato a contrastare la perdita capillare polmonare nella polmonite da COVID-19.
  • Long COVID: Sfortunatamente, non esiste finora alcun trattamento degno di nota per le sequele post-acute del COVID-19 acuto,33 che interessano fino al 77% dei sopravvissuti dopo 6 mesi.34

Numerosi farmaci un tempo promettenti sono scomparsi o non hanno avuto successo. Per via orale: vitamina D, vitamina C, zinco, aspirina, fenofibrato, famotidina, raloxifene, enalapril, azitromicina, lattoferrina, vari antivirali (lopinavir/ritonavir, darunavir, cobicistat, EIDD-2801) e un misterioso farmaco russo del quale è stato affermato che sia «efficace al 99% ». Per inalazione: ossido nitrico e interferone beta. Spray nasali: lipopeptide dimerico, polisaccaridi appiccicosi, iodio-povidone, anticorpi anti-lama antispike a dominio singolo e REGEN-COV. Per via endovenosa: plasma convalescente,35 cellule staminali placentari, ruxolitinib, leronlimab e icatibant. Per non parlare della candeggina di Trump, della melassa di gelso di Erdogan e dell’artemisia di John Magafuli (il presidente della Tanzania, ucciso da COVID-19 a marzo).

Vaccini

Sul fronte dei vaccini la situazione è migliore rispetto al fronte delle cure, con un enorme investimento di sforzi e denaro, in particolare dall’Operazione Warp Speed di Donald Trump, che ha prodotto e distribuito diversi vaccini efficaci in tempi record. Già al 70% degli italiani, al 61% degli statunitensi e al 33% di tutti gli esseri umani del pianeta è stata somministrata almeno una dose di vaccino.36
La maggior parte dei 138 vaccini candidati non sono mai arrivati alla sperimentazione sull’uomo, dozzine, tra cui a quanto pare anche l’italiana Reithera, hanno lasciato perdere alla fase 2 (abbiamo davvero bisogno di un altro vaccino con vettore virale, comunque?), e il vaccino mRNA tedesco CureVac ha attraversato un intero studio randomizzato di fase 3 controllato con placebo prima di scomparire a causa di un’efficacia del solo 48%.37 Israele sta persino testando un vaccino in pillola.

Approvati dall’OMS

  • Pfizer-BioNTech: questo prodotto americano-tedesco inietta RNA messaggero (mRNA) che istruisce le nostre cellule a fabbricare la proteina spike di SARS-CoV-2, che a sua volta stimola il sistema immunitario. La piattaforma ha già prodotto vaccini contro altre malattie, dalla rabbia al cancro, ma questo vaccino contro il COVID-19 è stato il primo a raggiungere il mercato. La sua efficacia complessiva contro la malattia e l’infezione asintomatica con il ceppo originale di Wuhan è stata un sorprendente 95% negli studi di fase 338 e l’efficacia di fase 4 nelle campagne di vaccinazione nel mondo reale è stata almeno altrettanto buona.39
    La vaccinazione completa con Pfizer protegge al 95% contro il COVID-19 causato dalla variante Alpha, al 75% o più contro Beta e probabilmente Gamma. Ma Pfizer perde il suo potere contro Delta, soprattutto con il passare del tempo dalla somministrazione.40 L’efficacia riportata è variata notevolmente, dall’88% in Inghilterra41 al 79% in Scozia,16 fino al 56% in Qatar42 e al 42% in una serie del Mayo Clinic Health System.43 Il governo israeliano ha stimato che la protezione di Pfizer contro l’infezione da Delta sia compresa complessivamente dal 41% al 64%, scendendo a un preoccupante 16% entro 6 mesi dalla vaccinazione.44,45 La protezione contro le malattie gravi dopo 6 mesi era ancora dell’86%, ma nelle persone con più di 65 anni, secondo quanto riferito, era solo il 55%.46 Gli individui vaccinati con infezioni Delta hanno anche cariche virali più elevate e sono, quindi, più contagiose rispetto ai ceppi virali precedenti.
  • Moderna: questo vaccino mRNA sviluppato e prodotto negli Stati Uniti ha raggiunto un’efficacia complessiva del 94% contro il COVID-19 clinico negli studi di fase 3 e del 100% contro la malattia grave.47 Moderna si comporta in modo molto simile a Pfizer, tranne che per un aspetto cruciale: si comporta meglio contro la variante Delta, con un’efficacia dell’86% in Qatar42 e del 76% nello studio Mayo Clinic.43
    Il principale svantaggio di entrambi i vaccini a mRNA sono le basse temperature necessarie per la spedizione e lo stoccaggio, un assurdo -70ºC per Pfizer. Sebbene Pfizer possa ora essere spedito in alcune circostanze a -20º e conservato in frigorifero per un mese, la catena del freddo costituisce ancora una barriera, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo. Un altro problema è il costo, 18-20 euro a dose in Europa ora, costo che è in procinto di aumentare. Rare complicanze includono reazioni anafilattiche in 10 persone per milione, verosimilmente la paralisi di Bell,48 e – cosa più preoccupante – reazioni cardiache, che forse sono più frequenti con Moderna. La miocardite di solito colpisce soggetti maschi giovani dopo la seconda dose, mentre la pericardite gli uomini più anziani (rispettivamente, 10 e 18 casi per milione di dosi).49 La maggior parte dei casi richiede un breve ricovero, ma quasi nessuno negli Stati Uniti è stato fatale e i rischi cardiaci causati da COVID-19 sono molto maggiori.
  • AstraZeneca: Il “vaccino di Oxford”, che utilizza un adenovirus innocuo per fornire la proteina spike al sistema immunitario, è stato per mesi il più promettente di tutti e ha i vantaggi di essere economico e facile da maneggiare. Ma la metodologia di ricerca alla base del suo principale rapporto di fase 3 era scarsa fino al punto da essere imbarazzante, l’efficacia complessiva a dosi standard nei volontari (tutti di età inferiore ai 60 anni) era solo del 59%50 ed è singolarmente inefficace nel prevenire l’infezione asintomatica.51
    Uno studio successivo di fase 3, eseguito correttamente negli Stati Uniti e in Messico, sembra aver dimostrato (abbiamo solo dei comunicati stampa) che AstraZeneca funziona abbastanza bene a tutte le età se la seconda dose viene somministrata in tempo dopo 4 settimane. Sorprendentemente, pare che i ricercatori abbiano cercato di falsificare i loro risultati per questo trial, pur sapendo che sarebbe stato esaminato minuziosamente; hanno dovuto adeguare il risultato di efficacia di prima linea dal 79% al 76%.52
    Sottolineo la tempistica delle dosi, perché uno studio britannico secondo cui AstraZeneca ha funzionato meglio con 12 settimane di distanza tra la somministrazione delle due dosi53 ha convinto molti Paesi a istituire questa lunga tempistica. La ricerca nel mondo reale ha dimostrato, tuttavia, che una dose ha protetto solo il 70% contro il COVID-19 grave negli scozzesi anziani53 e anche 2 dosi hanno raggiunto solo l’80% in Inghilterra,54 rispetto al 90-100% per i vaccini mRNA. Sfortunatamente, i Paesi europei non hanno considerato il suggerimento dallo studio statunitense e hanno mantenuto lunghi intervalli tra le dosi di AstraZeneca. (Il Regno Unito ha continuato a utilizzare un lasso di tempo di 12 settimane anche per Pfizer, anche dopo che i dati hanno mostrato che l’efficacia diminuiva).55
    AstraZeneca funziona abbastanza bene contro le varianti Alpha e Gamma, ma ha un esito così infelice contro la Beta (efficacia del 10%) che il Sudafrica ha annullato i suoi ordini. Contro Delta, uno studio in Scozia ha stimato l’efficacia complessiva al 60%.16
    Gli effetti collaterali sono diventati un grosso problema. Gravi trombi e sanguinamento (trombocitopenia trombotica indotta da vaccino), specialmente nel cervello, sono emersi per la prima volta in Scandinavia all’inizio di marzo.56 I funzionari britannici hanno fermamente negato di aver notato tali complicazioni fino a quando, un mese dopo, hanno dovuto ammettere che in realtà ce n’erano stati 79, di cui 19 fatali57 – successivamente aggiornati a 242 e 49;58 forse raggiungono, secondo uno studio in Norvegia, una frequenza di uno ogni 26.000 dosi.59 La maggior parte dei casi riguarda soggetti vaccinati di età inferiore ai 50 anni, quindi l’Unione europea e, infine, il Regno Unito hanno iniziato a somministrare AstraZeneca (e Johnson & Johnson) solo alle persone anziane. Cosa molto sbagliata, perché, come appena sottolineato, AstraZeneca, con gli intervalli di dosaggio di 10-12 settimane utilizzati in Europa, si comporta molto meno bene negli anziani.
    Sono stati descritti anche casi atipici di sindrome di Guillain-Barré (paralisi improvvisa) a seguito di entrambi i vaccini con vettori virali.60
    Sembra che AstraZeneca non abbia mai fornito i dati completi promessi 5 mesi fa alla FDA, ma gli Stati Uniti, con la loro fornitura illimitata di vaccini a mRNA, possono permettersi il lusso di rinunciare ad AstraZeneca.
  • Johnson & Johnson/Janssen: simile ad AstraZeneca nella sua tecnologia vettore virale, ma commercializzato sottoforma di una comoda singola dose, la sua efficacia complessiva raggiunge il picco dopo 4 settimane al 66%.61 Johnson & Johnson condivide con AstraZeneca l’efficacia limitata, i problemi di coagulazione e, probabilmente, la bassa efficacia contro la variante Delta.62 Ma funziona molto meglio contro Beta (64% vs 10%) e nel prevenire l’infezione asintomatica (74% vs 2% [stet]).
  • SinoPharm e Sinovac: entrambi i vaccini cinesi utilizzano virus attenuati. Lo studio di fase 3 di Sinopharm su volontari giovani e in buona salute ha affermato un’efficacia del 78%63 ed è utilizzato in più di 50 Paesi. Si teme che la bassa efficacia dell’ampiamente utilizzato CoronaVac di Sinovac – 51% in uno studio brasiliano di fase 3 pre-variante Gamma,64 42% in uno studio caso-controllo negativo al test contro Gamma negli anziani65 – e la bassa produzione di anticorpi contro Delta66 abbia contribuito a impennate nei contagi in Brasile, Cile, Indonesia, Messico, Thailandia e Turchia.

Studi di fase 3 segnalatI senza approvazione dell’OMS

  • Novavax: un vaccino a subunità proteica, come il vaccino contro l’epatite B, che inietta la proteina spike stessa. I risultati degli studi di fase 3 nel Regno Unito (pubblicati)67 e in Nord America (annunciati)68 hanno mostrato un’efficacia del 90%. Tuttavia, è efficace solo al 50% circa contro la variante Beta e non è ancora nota la sua efficacia contro Gamma o Delta. Il 3 agosto, l’Unione europea ha ordinato una fornitura, in attesa dell’approvazione dell’OMS e dell’EMA.
  • Sputnik V: un vaccino a vettore virale, dall’Istituto Gamelaya della Russia. Un rapporto intermedio di uno studio di fase 3 ha affermato un’efficacia del 91%,69 ma le discrepanze dei dati a mio parere giustificano lo scetticismo.70 La Russia ha negato l’accesso ai dati grezzi. L’affermazione che lo Sputnik sia il miglior vaccino contro Delta è ancora solo un’affermazione. Sputnik sembra anche avere un problema di controllo della qualità, con Brasile e Slovacchia che hanno dovuto restituire lotti difettosi.

Rapporti dettagliati sulla fase 3 non disponibili

  • CanSino: un vaccino a vettore virale monodose utilizzato in Cina, Pakistan e Messico che si afferma sia efficace al 66%.
  • Covaxin: un vaccino a virus inattivato sviluppato in India e già utilizzato in una dozzina di Paesi dopo l’affermazione di un’efficacia del 78%.
  • Abdala: Cuba rivendica il 92% di efficacia per il suo vaccino a subunità proteica, creato a livello locale, che richiede 3 somministrazioni.

Problemi legati ai vaccini

Il Santo Graal

Un vantaggio dei vaccini mRNA è che possono essere modificati per colpire una variante specifica. Ma alcuni esponenti del mondo scientifico pensano che potrebbe essere fattibile, utilizzando uno dei vari approcci proposti, creare un vaccino universale a mRNA efficace contro tutti i ceppi di SARS-CoV-2 o forse anche di tutti i Coronavirus presenti e futuri.71 Speriamo!

Esitazione vaccinale

Negli Stati Uniti la vaccinazione è stata altamente politicizzata, con le aree “trumpiane” scarsamente vaccinate che ora stanno vivendo enormi ondate di COVID-19. Ma le unità di terapia intensiva traboccanti in una mezza dozzina di Stati hanno appena smosso il sentimento novax, anche se questo al di fuori degli Stati Uniti sta diminuendo ovunque.72 In Russia, il cui tasso di scetticismo vaccinale del 47% si lascia alle spalle il 28% degli Stati Uniti, il rifiuto dei vaccini è molto anteriore al COVID-19. La Germania ha ora superato la Francia per il tasso più alto nell’Europa occidentale (19%), la Spagna ha il più basso (9%), mentre l’Italia si trova nel mezzo (16%).
Chi rifiuta i vaccini molto spesso afferma che i vaccini sono “sperimentali”; altri temono gli effetti collaterali, pensano di essere invulnerabili o credono a bizzarre teorie complottistiche. La mossa più urgente e potenzialmente più efficace per aumentare i tassi di vaccinazione è stata, quindi, nelle mani della FDA e dell’EMA: dare ai vaccini piena approvazione, anziché un’approvazione per uso emergenziale. La FDA lo ha già fatto per Pfizer. Anche i green pass e l’obbligo di vaccinazione per operatori sanitari e studenti universitari si stanno dimostrando convincenti. I problemi di accesso devono essere superati, per esempio, facilitando la vaccinazione domiciliare in Italia, dove l’8,2% degli ottantenni non è ancora completamente vaccinato, e garantendo che i vaccinati non perdano parte del proprio stipendio negli Stati Uniti, dove un lavoratore su 4 non ha un congedo per malattia retribuito.

Mix-n-match

La maggior parte dei Paesi europei ora somministra Pfizer o Moderna come seconda dose alle persone che hanno ricevuto una prima dose di AstraZeneca, perlomeno se hanno meno di 60 anni. Ciò principalmente per evitare complicazioni trombotiche, ma c’è anche motivo di credere che ne migliorerà l’efficacia, anche contro la variante Delta.73,74 Potrebbe anche avere senso, a questo punto, offrire una seconda dose di vaccino alcuni mesi dopo Johnson & Johnson, o di J&J stessa o di un prodotto a mRNA.

Richiami

I livelli di anticorpi contro SARS-CoV-2 diminuiscono e le infezioni epidemiche aumentano a 6 mesi dalla vaccinazione.44,75,76 E sebbene i sopravvissuti a COVID-19 abbiano ancora plasmacellule specializzate anti-SARS-CoV-2 nel midollo osseo dopo un anno,77 la maggior parte degli esperti pensa che prima o poi avremo tutti bisogno di un richiamo dato dai vaccini a mRNA, idealmente universali o progettati per coprire le varianti attuali. (Si noti che la parola “richiamo” a volte è usata erroneamente per la terza dose necessaria agli immunodepressi per stimolarne il sistema immunitario). Si dovrebbe iniziare ora a somministrare un’altra dose alle persone che sono state vaccinate all’inizio del 2021? Israele sta già offrendo agli anziani sani una terza dose di Pfizer, anche se, dopo la diffusione della variante Delta, il prodotto Moderna potrebbe essere preferibile. Gli Stati Uniti e la Germania intendono presto seguirne l’esempio.
Più il virus SARS-CoV-2 circola nel mondo, più è probabile che nascano nuove terribili varianti. Ciò rende egoisticamente oltre che moralmente imperativo vaccinare i Paesi poveri, tramite l’iniziativa COVAX dell’OMS o accordi bilaterali. Ma non posso essere pienamente d’accordo con coloro che trovano non etico78 che i Paesi ricchi somministrino richiami quando meno del 5% degli africani ha ricevuto solo una dose. 36 Se i giornali israeliani hanno ragione sulla diminuzione della protezione dei cittadini più vulnerabili,39 richiami per anziani e malati potrebbero essere considerati appropriati. Tuttavia, quelle cifre  terribili sono state ora messe in dubbio da rapporti recentissimi che sono più affidabili e meno preoccupanti.79

Conclusioni

Il COVID-19 è un avversario difficile da fronteggiare. Con le opzioni terapeutiche per i pazienti ospedalizzati che probabilmente rimarranno limitate per il prossimo futuro, è necessario dedicare le nostre energie alla prevenzione di malattie gravi nel contesto di un virus che sta evolvendo nel peggiore dei modi più velocemente del previsto. Ciò significa che dobbiamo aumentare rapidamente l’uso della terapia con anticorpi monoclonali, superare le barriere verso la vaccinazione nei Paesi ricchi, vaccinare quelli poveri con prodotti efficaci e investire nello sviluppo di vaccini universali.

Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.

Sull’autrice

Susan Levenstein è una dottoressa newyorkese che, dal 1980, lavora a Roma. Racconta le sue esperienze nel libro di memorie  Dottoressa: An American Doctor in Rome. Dal 2017, tiene un blog: Stethoscope On Rome che, dal marzo 2020, è dedicato interamente a COVID-19.

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