Chi usa il telefono cellulare è a rischio?
Premessa
L’identificazione dei possibili rischi oncogeni correlati all’uso dei telefoni mobili (TM: cellulari analogici e digitali, e cordless) è resa difficile dal fatto che i risultati delle ricerche su questo argomento risultano contraddittori, così come lo sono le notizie riportate dai media e persino i pareri formulati dagli organismi deputati alla tutela della salute pubblica. Tuttavia la definizione preliminare dei requisiti metodologici che devono avere le ricerche epidemiologiche in oggetto consente una valutazione critica obiettiva dei dati della letteratura dalla quale emerge già oggi l’evidenza di un aumento consistente del rischio di tumori alla testa per coloro che hanno utilizzato i TM intensamente e da lungo tempo.
Tali rischi sono stati documentati da Hardell e coll.,1-4confermati da altri 5-7 e più volte ribaditi dagli autori della presente rassegna, anche sulla base di nuovi dati sperimentali.8-12 Al fine di identificare i requisiti metodologici di cui sopra, vanno tenuti presenti alcuni elementi specifici del tema in questione:
1) i tumori alla testa correlabili all’uso dei TM sono piuttosto rari - l’incidenza “storica”, su 100.000 abitanti/anno, è di 10-15 tumori maligni e 3 tumori benigni al cervello, 1 tumore benigno ai nervi cranici e 1-2 tumori alle ghiandole salivari compresa la parotide – ma, in compenso, secondo l’International Communications Union (ITU 2010) gli abbonamenti ai cellulari sono ormai più di 5 miliardi, mentre gli utilizzatori di cordless secondo una stima attendibile sarebbero almeno 2 miliardi. Pertanto, vista l’entità della popolazione esposta, anche un incremento relativamente modesto (20-30%) ma statisticamente significativo (s.s.) del rischio di questi tumori, accertato da studi epidemiologici affidabili, darebbe luogo a un numero rilevante di tumori aggiuntivi, con gravi sofferenze per chi ne è colpito e ingenti spese sociali;
2) i tumori di cui sopra hanno uno sviluppo lento (tempo di latenza: fino a più di 30 anni), mentre i TM sono stati introdotti in alcuni Paesi (Stati Uniti, Paesi scandinavi, Israele) verso la metà degli anni Ottanta e sono entrati comunemente in uso dai primi anni Novanta, cioè da una ventina d’anni. Tuttavia, così come avviene per altri tumori a lunga latenza come sono quelli indotti dal fumo di tabacco, dall’amianto e dalle radiazioni ionizzanti, anche i tumori da uso di TM potrebbero essere in parte diagnosticati già dopo 10-15 anni d’uso o di latenza;
3) le ricerche epidemiologiche sugli utilizzatori di TM riguardano tumori diagnosticati nel periodo 1997-2003 (L. Hardell: solo Svezia) o 2000-2004 (Progetto Interphone: vari Paesi, compresi i Paesi scandinavi e Israele), pertanto alcuni di questi studi includono un congruo numero di soggetti esposti da 10-15 anni;
4) l’emissione elettromagnetica dei TM interessa solo una parte limitata della testa, contigua alla zona sulla quale viene abitualmente usato il TM, pertanto i tumori correlati a tale uso si sviluppano quasi esclusivamente su questo lato (ipsilaterali).
Ciò premesso, i dati presi in esame ai fini di una valutazione imparziale di ogni studio sulla relazione tra esposizione ai TM e tumori alla testa sono:
1) il numero di soggetti selezionati e la loro percentuale di partecipazione allo studio;
2) il numero di soggetti esposti (frequenza, tempo di latenza e durata delle esposizioni);
3) l’inclusione di tutti i soggetti possibilmente esposti;
4) la compatibilità tra durata dell’esposizione o tempo di latenza e tempo di progressione dei tumori esaminati;
5) l’inclusione di tutte le tipologie di tumori possibilmente correlati con l’esposizione ai TM;
6) l’analisi della lateralità del tumore rispetto alla lateralità d’uso abituale dei TM;
7) la distribuzione dei valori di rischio (OR ≠1), la loro significatività statistica e la probabilità che la loro distribuzione sia dovuta o meno al caso;
8) la completezza e la citazione corretta dei dati inclusi nelle metanalisi.
Risultati
Hardell e coll. hanno pubblicato dal 2001 su riviste "peer reviewed" numerosi studi epidemiologici caso-controllo che documentano aumenti s.s. del rischio di tumori alla testa in utilizzatori di TM,1-4 e quattro "pooled analyses" dei loro dati riferiti al periodo 1997-2003: la 1a comprende 905 casi e 2.162 controlli e riguarda tumori maligni al cervello:13 astrocitomi (il principale sottotipo dei gliomi) di elevato o di basso grado di invasività, oligodendrogliomi, gliomi di vario tipo, medulloblastomi, ependimomi e tumori maligni di altro tipo; la 2a comprende 1.255 casi e 2.162 controlli e riguarda tumori benigni al cervello e al nervo acustico:14 meningiomi cerebrali, neuromi acustici, adenomi pituitari e tumori benigni di altro tipo; la 3a e la 4a presentano nuove elaborazioni dei dati, relativi anche alle cause di mortalità tra i casi e controlli.15, 16 Gli incrementi di rischio sono s.s. e consistenti (OR > 2-3) - anche dopo uso di soli cordless - in particolare per gli astrocitomi e per i neuromi acustici. Inoltre:
1) la percentuale di partecipazione allo studio epidemiologico è sempre molto alta (84-91% sia per i casi che per i controlli);
2) la percentuale di esposti (50-80%) è elevata ed è sostanzialmente equivalente per i casi e per i controlli;
3) il numero di casi e di controlli esposti per o da più di 10 anni è considerevole (834 casi e 798 controlli, pari rispettivamente al 16% e al 12% del totale) e, tra questi, > 50% sono i soggetti con tumore ipsilaterale;
4) il tempo di utilizzo dei TM è significativo (8-30 minuti/g da o per ≥ 10 anni);
5) su 1.503 valori di OR 1 più del 90% (1.386) sono > 1, e di questi il 41% (565) sono s.s. (limite inferiore dell’IC95%>1) e la probabilità che una distribuzione così asimmetrica dei valori di OR sia casuale è praticamente nulla.
Inoltre la relazione dose/risposta è ben documentata:
1) il rischio di tumori è prevalente sul lato della testa sul quale viene usato il TM (ipsilaterale) che è quello di gran lunga più irradiato;
2) il trend per l’aumento dell’OR in funzione del tempo di utilizzo è s.s.;
3) il rischio di tumori è maggiore nelle aree rurali, dove la copertura del segnale per l’utilizzo del cellulare è limitata per lo scarso numero di stazioni radio-base e l’emissione compensativa della batteria del cellulare è particolarmente alta (fino a > 80 V/m) rispetto alle aree urbane, dove la copertura è quasi sempre ottimale e l'emissione del cellulare è molto più bassa (< 1 V/m);
4) l'uso di diversi tipi di TM aumenta il rischio di tumori;
5) in chi ha iniziato a usare i TM prima dei 20 anni il rischio di tumori è nettamente maggiore rispetto a chi ha iniziato in età più avanzata.
Hardell e coll. hanno eseguito anche varie metanalisi dei loro dati e di quelli prodotti dall’Interphone (v. sotto), limitatamente però ai casi con almeno 10 anni di latenza o di uso continuato dei TM,17-19 trovando aumenti rilevanti e s.s. del rischio di gliomi e di neuromi ipsilaterali e un aumento ai limiti della significatività dei meningiomi cerebrali; e anche altri,20-24 compresi gli autori della presente rassegna,12 sono giunti alle stesse conclusioni mediante metanalisi condotte con lo stesso criterio.
Particolarmente interessanti a questo proposito sono i dati dell'ultima metanalisi di Hardell che comprende anche dati dell'Interphone:19 mentre dal totale dei dati non risulta alcun aumento del rischio di tumori alla testa negli utilizzatori di TM, se si limita l'analisi ai soli tumori ipsilaterali nei soggetti con più di 10 anni di latenza o d'uso dei TM, si evidenzia un aumento rilevante e s.s. del rischio sia per i gliomi (OR = 1,9) che per i neuromi acustici (OR = 1,6). Se poi si separano i valori di OR provenienti dai due gruppi, risulta che, mentre tra i dati di Hardell c'è sempre una larga prevalenza di valori di OR > 1 (91% sul totale di tumori, 100% sui soli tumori ipsilaterali), in gran parte s.s. (52% e 60% rispettivamente), tra i dati dell'Interphone gli OR relativi ai tumori totali sono in larga prevalenza < 1 (67%), in parte (14%) s.s.; inoltre – solo restringendo l'analisi ai tumori ipsilaterali nei soggetti con più di 10 anni di latenza – anche tra i dati dell'Interphone gli OR risultano quasi esclusivamente > 1 (90%), e il 22% di questi è s.s.
Questi dati confermano che, tra i requisiti che uno studio epidemiologico sull'argomento deve avere, è determinante l'individuazione di soggetti portatori di tumori ipsilaterali e con più di 10 anni di latenza o di esposizione ai TM.
Da segnalare anche il fatto che i risultati della metanalisi di Hardell 2007 17 sono stati già validati dall’Associazione italiana oncologi medici,5 e che numerosi dati sperimentali su cellule coltivate in vitro, su animali e anche sull’uomo, indicativi dei meccanismi d’azione molecolari, cellulari e funzionali delle radiazioni a radiofrequenza emesse dai TM, supportano la plausibilità biologica dell’azione oncogena di tali radiazioni. 6-12, 24
A partire dal 2004 sono stati pubblicati 17 studi caso-controllo del Progetto Interphone varato dalla IARC nel 2000 25-41 sui tumori alla testa (solo gliomi, meningiomi, neuromi acustici e tumori parotidei) in utilizzatori solo di telefoni cellulari (no cordless), oltre a 2 metanalisi 42, 43 e 1 lavoro conclusivo sui gliomi e i meningiomi.44 I risultati di questi studi che coinvolgono 13 Paesi sono commentati e pubblicizzati come privi di evidenze di aumento del rischio di tumori alla testa in utilizzatori di cellulari, ma dall'esame di questi lavori emerge la presenza di fattori confondenti, errori e distorsioni nell'impostazione metodologica e nell'elaborazione dei dati, tutti tendenti a una larga sottostima del rischio. Infatti:
1) la definizione di “uso abituale dei cellulari”, intesa come “almeno una telefonata/settimana per almeno sei mesi”, è inadeguata;
2) su 8.379 casi, solo 4.521 (54%) sono “utilizzatori regolari di telefoni cellulari”;
3) solo 437 casi (5% del totale dei casi) sono “esposti” per o da ≥ 10 anni e solo 200 di questi (2% del totale) sono i casi con tumore ipsilaterale;
4) la % dei casi o dei controlli "esposti" per o da ≥ 10 anni in molti studi è estremamente limitata: 0% in 4 studi, ≤ 10% in 9, non indicata in 1;
5) la partecipazione dei casi o dei controlli allo studio è troppo scarsa: ≤ 50% in 5 studi, ≤ 60% in 4, ≤ 70% in altri 5;
6) la % dei casi o dei controlli “esposti” è troppo scarsa: < 40% in 2 studi, ≤ 50% in 4, ≤ 60% in 10, non indicata in 1;
7) non essendo il protocollo “in cieco”, i controlli utilizzatori di cellulari (“esposti”) sono invogliati a partecipare, mentre i non utilizzatori declinano l’invito: ciò dà luogo a una prevalenza di “controlli esposti” che, da sola, porta a una sottostima del valore di OR che può arrivare a più del 35%;
8) su 1.084 valori di OR ≠ 1, ben 829 (76%) sono <1, e 105 di questi (13%) sono s.s. (limite superiore dell’IC95% <1);
9) i valori di OR < 1 sono addirittura il 100% in 1 lavoro, ≥ 90% in 2 lavori, ≥ 80% in 6, ≥ 70% in 2, ≥ 60% in 4, e la probabilità che questa distribuzione così asimmetrica dei valori di OR sia casuale è < 0,01 in 6 lavori, e praticamente nulla in altri 6 e sul totale dei dati. Anche Lloyd Morgan 2009 45 ha applicato lo stesso test a 11 studi dell'Interphone con 210 OR < 1 (76%) ed ha trovato che la probabilità che ciò sia casuale è di 6x10,20 cioè praticamente nulla;
10) in 3 studi i valori di OR tendono addirittura a diminuire con l’aumentare del tempo di esposizione o di latenza.
Nel primo lavoro "ufficiale" del gruppo di studio Interphone sui gliomi e i meningiomi,44 la prevalenza di valori di OR < 1 è impressionante (90% circa) e più del 30% di questi sono s.s. Inoltre:
1) la partecipazione allo studio dei casi è scarsa (78% per i meningiomi e 64% per i gliomi) e quella dei controlli assolutamente insufficiente (53%);
2) il tempo medio cumulativo dell'uso dei cellulari è limitato: 75 ore per i meningiomi (mediamente 2 ore/mese, cioè 4 min/giorno) e 100 ore per i gliomi (mediamente 2,5 ore/mese, cioè 5 minuti/giorno);
3) il numero di casi con ≥ 10 anni di latenza e di "regolare" uso ipsilaterale dei cellulari è molto limitato: 40 (3% su 1.262 casi) per i meningiomi, e 108 (6,5% su 1.666 casi) per i gliomi. Ciononostante, l'analisi limitata ai soli soggetti con "tempi cumulativi d'uso più elevati" mostra una netta prevalenza di valori di OR > 1: 90% per i meningiomi e 100% per i gliomi, e il 20% di questi ultimi è s.s.
Nonostante tutti questi limiti, i lavori dell’Interphone nei quali è stata esaminata la localizzazione dei tumori ipsilaterali su un numero adeguato di soggetti esposti da o per ≥ 10 anni26, 29, 32, 36, 39 confermano un aumento s.s. del rischio di gliomi, neuromi acustici e tumori parotidei, maggiore rispetto ai tumori totali e ancor più rispetto ai controlaterali - come si verifica nei dati di Hardell - in accordo con l’ipotesi di un effetto oncogeno dei TM prevalente sul lato della testa abitualmente irradiato. E dati di incremento s.s. del rischio anche di tumori totali (gliomi e tumori parotidei) in utilizzatori di cellulari sono presenti in altri lavori dell’Interphone,33, 37, 39 compreso il lavoro conclusivo, per quanto riguarda i gliomi. 44
In conclusione, analizzando con spirito critico i dati dell’Interphone e considerando la sistematica sottostima del rischio che caratterizza il protocollo utilizzato, anche da questi dati emerge con sufficiente chiarezza l'incremento del rischio di tumori alla testa osservabile dopo lunga latenza o uso prolungato dei telefoni cellulari.
Discussione
Il contrasto tra i dati positivi di Hardell e quelli negativi, o comunque presentati come rassicuranti, dell’Interphone è spiegato dagli autori delle metanalisi di 24 studi caso-controllo22 che trovano una correlazione positiva tra uso dei TM e aumento s.s. del rischio di tumori alla testa in 10 “high- quality studies” (7 di Hardell, solo 1 dell’Interphone, 2 di altri gruppi) e invece una correlazione negativa (cioè un effetto apparentemente protettivo dell’uso dei TM) in 14 “low-quality studies” (12 dell’Interphone, 2 di altri gruppi, nessuno di Hardell). I principali elementi utilizzati per la valutazione della “qualità dei lavori” sono i seguenti:
1) protocollo "in cieco" o "non in cieco";
2) assenza o presenza di bias di partecipazione e di selezione dei casi e dei controlli;
3) esposizione congrua o incongrua ai fini di un possibile effetto oncogeno;
4) tempo di esposizione o di latenza sufficiente o insufficiente in rapporto ai tempi di sviluppo e alle possibilità di diagnosi dei tumori esaminati;
5) analisi o mancata analisi della lateralità dei tumori;
6) finanziamenti pubblici o da compagnie telefoniche.
La conclusione degli autori è che «si debbono citare le fonti di finanziamento di questi studi perché è possibile che queste abbiano influenzato i rispettivi protocolli metodologici e i risultati».
I lavori di Hardell sono finanziati solo da enti pubblici, mentre i lavori dell’Interphone sono stati inizialmente co-finanziati dall’Unione europea (3,85 milioni di euro) e per più del 50% dalle compagnie di telefonia mobile (4,2 milioni di euro dal Mobile Manufacturers Forum, dalla Global System for Mobile Communication Association e dalla Canadian Wireless Telecommunication Association). Gli autori dell’Interphone hanno poi ricevuto ulteriori finanziamenti dalle rispettive compagnie nazionali,6-12, 23, 24, 45 cosicché una porzione di gran lunga prevalente dei finanziamenti di tali studi proviene dall’industria di telefonia mobile. Questi fondi aggiuntivi non sono inclusi nel protocollo Interphone che avrebbe dovuto garantire la completa indipendenza scientifica dei ricercatori e, quindi, l’affidabilità dei risultati, anche se vari autori sottolineano che neppure tali fondi aggiuntivi hanno condizionato le loro ricerche. E' comunque un dato di fatto che – scartata l'ipotesi di un effetto protettivo dei cellulari sul rischio di tumori alla testa – l'unica spiegazione dei risultati “negativi” e della larga prevalenza di valori di OR < 1 nei lavori dell’Interphone sta nell'effetto fortemente riduttivo sulla valutazione del rischio di tutti gli errori consentiti dall’adozione di un protocollo “non in cieco” - a tutto vantaggio delle compagnie di telefonia mobile che co-finanziano il progetto - mentre i dati positivi di Hardell sono basati su un protocollo “in cieco” del tutto affidabile.
Conclusioni
Una valutazione del rischio oncogeno dei TM in termini di nuovi casi di tumore è stata tentata da Lloyd Morgan 45 il quale, pur sottostimando al 50% il numero di utilizzatori di cellulari, senza considerare il rischio per gli utilizzatori di cordless e assumendo una latenza di 30 anni per i tumori indotti dai TM, ha calcolato un'incidenza aggiuntiva di 380.000 tumori alla testa entro il 2014 solo negli USA, il che comporterebbe un aumento della spesa sanitaria di 10 miliardi di dollari e la necessità di aumentare il numero di neurochirurghi di almeno 7 volte! Tenuto conto del numero reale di utilizzatori di cellulari (già più di 5 miliardi di contratti entro la fine del 2010) e dei dati di Hardell sull’aumento del rischio di tumori alla testa già dopo 10-15 anni di latenza o d’uso dei TM (anche solo cordless) e del maggiore rischio per chi ha iniziato a usare i TM in giovane età, è chiaro che questa cifra rappresenta solo la punta di un iceberg la cui vera entità potrà essere accertata solo tra 10-20 anni.
Gli incrementi dei rischi oncogeni correlati all'uso dei TM, supportati da una ricca documentazione sulla plausibilità biologica di tale azione cancerogena, giustificano dunque già oggi l'applicazione del principio di minimizzazione a questi tipi di esposizioni. Possibili obiettivi di prevenzione primaria, sostenuti da autorevoli fonti,5-7, 12, 19-21, 23, 24, 45 sono:
1) l'adeguamento dei limiti di esposizione agli obiettivi di qualità "cautelativi" (0,5 V/m anziché 6 V/m, in Italia);
2) la limitazione della diffusione delle tecnologie wireless nelle scuole e nei luoghi molto frequentati (biblioteche, uffici);
3) l'informazione a partire dalle scuole sui rischi da esposizioni a radiofrequenze, accompagnata da misure volontarie di autotutela basate sull'uso cautelativo delle varie tecnologie;
4) la limitazione dell'uso dei cellulari e dei cordless da parte dei minori di 14 anni;
5) campagne di monitoraggio epidemiologico della possibile azione oncogena delle emissioni a radiofrequenza anche nelle esposizioni professionali e residenziali.
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