Attualità
17/06/2014

Caso Avastin-Lucentis: fra tutela della concorrenza e sanità pubblica

Il 5 marzo scorso, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, l’Antitrust, ha concluso l’istruttoria, aperta a febbraio del 2013, relativa a un’intesa lesiva della concorrenza nel mercato dei farmaci destinati alla cura di patologie oftalmiche. Per i danni creati a carico dell’SSN (oltre 45 milioni di euro nel 2012 e possibili maggiori costi futuri che potranno superare i 600 milioni di euro l’anno) l’Antitrust ha sanzionato le aziende Roche e Novartis con circa 90 milioni di euro ciascuna.1
Due sono i punti certi:

  • vi è stata collusione fra le aziende;
  • vi è stato danno economico all’SSN.

Per conoscere gli elementi essenziali della vicenda è utile descrivere le modalità della collusione. Tuttavia, è forse più importante riflettere se e come si sarebbero potute evitare le ricadute negative per l’SSN. Non tanto per una questione di “senno di poi”, quanto piuttosto per capire come agire oggi per limitare gli effetti negativi di eventuali altri casi simili.

I fatti messi in evidenza dal provvedimento antitrust

Leggendo le 100 pagine della sentenza Antitrust si apprezza l’enorme mole di lavoro svolto in quest’indagine, il livello di approfondimento e la chiarezza nei riferimenti di contenuto scientifico e degli aspetti normativi. La relazione non dà nulla per scontato, a cominciare dal riepilogo delle caratteristiche e indicazioni terapeutiche delle due sostanze. Bevacizumab (nome commerciale: Avastin) e ranibizumab (nome commerciale: Lucentis) sono anticorpi monoclonali con attività antiangiogenica rispetto al vascular endothelial growth factor (VEGF), e sono stati sviluppati dalla stessa azienda farmaceutica (Genentech). L’Avastin è attualmente in commercio per indicazioni antitumorali e non è mai stata richiesta l’autorizzazione per le indicazioni oculistiche, riguardanti in primo luogo le maculopatie essudative, quali la degenerazione maculare senile di tipo umido, l’edema maculare diabetico e l’edema maculare da occlusione venosa retinica. Il Lucentis è un frammento dell’Avastin ed è stato invece sviluppato con l’obiettivo di applicazione nelle indicazioni appena citate.
Genentech mantiene la commercializzazione di tali farmaci negli Stati Uniti, mentre la cede a Novartis e Roche per il resto del mondo. In questi mercati, Roche commercializza l’Avastin per le indicazioni antitumorali e versa le royalties alla Genentech; Novartis commercializza il Lucentis per le indicazioni oculistiche e versa le royalties alla Genentech. Ma le tre società hanno stretti legami proprietari: Genentech è interamente controllata da Roche (dal 2009) e Novartis possiede il 33% di Roche.
Ciò che l’indagine ha documentato è che le due aziende hanno concordato le strategie per ricavare il massimo profitto. Per utilizzare le parole dell’Antitrust: «risultano agli atti numerosi e rilevanti documenti che consentono d’inquadrare le attività delle imprese parti in un vasto scenario collusivo, finalizzato a differenziare artificiosamente Avastin e Lucentis attraverso l’enfatizzazione dei rischi derivanti dall’uso intravitreale del primo farmaco e il corrispondente richiamo a un’asserita maggior sicurezza del secondo, sfruttando in tal senso anche la circostanza che solo Lucentis disponeva di apposita AIC [autorizzazione all’immissione in commercio]».

La revisione della sicurezza dei due prodotti condotta dall’EMA
La strategia di “differenziazione” arriva a coinvolgere anche il Comitato per i prodotti medicinali umani (CHMP) dell’Agenzia europea dei medicinali (EMA) che, su richiesta della Roche, è chiamata a rivalutare il profilo beneficio-rischio dell’Avastin anche alla luce dell’utilizzo off-label intravitreale. A conclusione di questa valutazione, nell’agosto 2012 l’EMA aggiorna la scheda tecnica e il foglietto illustrativo del farmaco, allo scopo di riportare anche gli eventi avversi associati all’uso off-label nel trattamento intravitreale.2 Tuttavia, l’EMA non accoglie la richiesta della Roche di inviare anche una lettera ai medici per informarli dei rischi connessi all’uso intravitreale del farmaco. Inoltre, nella stessa valutazione si afferma che in una rivalutazione dell’insieme delle evidenze analizzate i profili di sicurezza dell’Avastin e del Lucentis sono sovrapponibili: «the CHMP agreed that detailed safety information provided from the Catt and Ivan studies is reassuring and no evidence can be provided that bevacizumab is systematically more unsafe than ranibizumab and viceversa».
In una valutazione successiva, l’EMA si esprime sulla possibilità che il Lucentis, in virtù di una minore emivita, presenti una maggiore sicurezza. Anche in questo caso, dopo avere rivalutato i dati di farmacocinetica e farmacodinamica, l’EMA conclude che i «dati analizzati erano insufficienti a giustificare un’avvertenza differente che dia l’impressione che Lucentis sia più sicuro rispetto ad altri trattamenti anti-VEGF sotto il profilo degli eventi avversi sistemici» (Rapporto Antitrust, p. 83).
Insomma, l’EMA non accredita, in due distinte occasioni, la pretesa delle aziende di vedere riconosciuto un rischio maggiore del meno costoso Avastin.

L’uso di Avastin e Lucentis a carico dell’SSN dal 2007 in poi
Nell’SSN è prevista la rimborsabilità dei farmaci anche se utilizzati al di fuori delle indicazioni approvate, ma a condizione che siano rispettate alcune condizioni. La legge 648/1996 prevede che «qualora non esista valida alternativa terapeutica, sono erogabili a totale carico dell’[SSN] […] i medicinali innovativi la cui commercializzazione è autorizzata in altri Stati ma non sul territorio nazionale, i medicinali non ancora autorizzati ma sottoposti a sperimentazione clinica e i medicinali da impiegare per un’indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata».
L’Avastin viene inserito nella lista della legge 648 a partire da maggio 2007, e il costo di una somministrazione viene stimato fra 15 e 80 euro.
Dalla fine del 2008, da quando il Lucentis diventa rimborsabile dall’SSN (con un prezzo per somministrazione di circa 800 euro), inizia un contenzioso della Novartis per arrivare all’esclusione dell’Avastin dall’utilizzo off-label all’interno dell’SSN.
Questa richiesta è tutt’altro che infondata. La legge 296/2007 (art. 1, comma 796, lettera z) prevede che non sia possibile il «ricorso a terapie farmacologiche a carico dell’SSN che, nell’ambito dei presidi ospedalieri o di altre strutture e interventi sanitari, assuma carattere diffuso e sistematico e si configuri, al di fuori delle condizioni di autorizzazione all’immissione in commercio, quale alternativa terapeutica rivolta a pazienti portatori di patologie per le quali risultino autorizzati farmaci recanti specifica indicazione al trattamento».
Si tratta di una delle norme concepite dopo il cosiddetto caso Di Bella. Lo scopo era di evitare che l’SSN fosse chiamato a coprire le spese di terapie prive di evidenze scientifiche, ma che comportavano un aggravio di spesa pubblica. Non era stata considerata, o era stata sottovalutata, la possibilità che farmaci off-label presentassero le stesse prove di efficacia, ma fossero molto meno costosi delle terapie in-label.

L’esclusione dell’Avastin dalla 648/96
A settembre 2012, la Commissione tecnico-scientifica (CTS) dell’AIFA, «acquisiti i citati aggiornamenti provenienti dal CHMP (EMA), ha disposto la rimozione dell’indicazione dell’uso intravitreale dell’Avastin dalla lista di cui alla legge 648/96 per gli usi ancora previsti».3
Sulla base delle due leggi citate, l’Avastin non doveva più essere utilizzato off-label a carico dell’SSN. Se questa fosse stata la motivazione alla base della decisione AIFA non ci sarebbe stato molto spazio per obiezioni. Tuttavia, in questo caso si sarebbe potuta prevedere la continuità terapeutica a carico dell’SSN per i pazienti già in trattamento con Avastin, una consuetudine considerata pratica clinica consolidata.
Se invece la decisione discende dalla precedente decisione EMA, e cioè da una valutazione della sicurezza, ci si espone a diverse obiezioni. In effetti, l’EMA ha aggiornato l’elenco degli eventi avversi documentati negli anni di uso del farmaco nelle indicazioni intravitreali, ma tali eventi sono riportati quasi con le stesse parole anche nel foglietto illustrativo della principale alternativa terapeutica disponibile, il Lucentis. Inoltre, letta nel suo complesso, la valutazione comparativa dell’EMA avrebbe dovuto essere “tranquillizzante”, anziché utilizzata come base per l’esclusione dell’Avastin dalla legge 648.

Cosa fare oggi

Senza i vincoli imposti dalle leggi sopra citate, con ogni probabilità l’Avastin sarebbe ancora oggi a carico dell’SSN anche per l’uso off-label. Nel 2012 il ministro Balduzzi aveva provato a superare i limiti normativi. Ma la proposta di consentire l’uso a carico dell’SSN anche di farmaci off-label nel caso in cui, a parità di profilo beneficio-rischio, vi fosse una rilevante differenza di prezzo venne bocciata.
In quell’occasione ha prevalso la preoccupazione, che ritengo infondata, che proprio in relazione al caso Avastin la modifica legislativa comportasse un risparmio, ma a scapito di un aumento di rischi per i pazienti. Insieme alle legittime differenze di opinione, è facile ipotizzare il ruolo delle inevitabili attività lobbistiche delle parti interessate e dei pareri tecnici infondati a sostegno di una presunta minore sicurezza dell’Avastin.
Con l’intento di dare risposta ai problemi evidenziati dall’Antitrust, il 14 marzo scorso è stato pubblicato un decreto legge con il quale il governo cerca di regolare meglio questa materia.4 Viene prevista la possibilità di porre a carico dell’SSN anche farmaci off-label, in presenza di farmaci approvati nella stessa indicazione, «nel caso in cui, a giudizio della CTS dell’AIFA, tenuto anche conto dei risultati delle eventuali sperimentazioni e ricerche condotte nell’ambito della comunità medico-scientifica nazionale e internazionale, nonché della relativa onerosità del farmaco autorizzato per l’SSN, il farmaco sia sicuro ed efficace con riferimento all’impiego proposto rispetto a quello autorizzato».
Questa opzione non è però immediatamente operativa, ma subordinata all’avvio di studi ad hoc concordati con l’azienda produttrice del farmaco. Proprio il caso Avastin mostra quanto sia poco praticabile, oltre che non ragionevole, questa limitazione. L’azienda Roche non ha mai avuto intenzione di sostenere studi comparativi che mostrassero l’efficacia equivalente del suo farmaco rispetto alle alternative terapeutiche. Inoltre, nelle indicazioni oculistiche dell’Avastin non ci troviamo affatto in mancanza di studi clinici, e quindi a dover rinviare decisioni fino alla conclusione di studi che inizino oggi. Sono disponibili almeno 5 sperimentazioni cliniche di fase III condotte a livello internazionale e finanziate da organismi pubblici o non profit: negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Francia, in Austria e in Norvegia.5-9 Le conclusioni di questi studi sono coerenti con le valutazioni EMA citate: il profilo di efficacia e sicurezza di Avastin e Lucentis nelle indicazioni intravitreali è sovrapponibile.

In conclusione

Non è una sorpresa che aziende farmaceutiche possano colludere per aumentare i profitti a danno del pubblico. Gli economisti citano spesso Adam Smith, secondo il quale «People of the same trade seldom meet together, even for merriment and diversion, but the conversation ends in a conspiracy against the public, or in some contrivance to raise prices». È un po’ più sorprendente la lentezza ad adattare le norme al cambiamento delle conoscenze. Le norme restrittive dell’uso off-label sono state studiate a protezione dei cittadini, nell’assunzione che vi sia comunque un vantaggio delle aziende farmaceutiche a vedersi riconosciute le indicazioni di dimostrata efficacia. Se questo non avviene, potremmo sempre più spesso trovarci con i risultati di studi indipendenti che rischiano di rimanere orfani di applicazioni. Ma questo non è nell’interesse dei cittadini e, in fondo, è a questo interesse che dovrebbero rifarsi le decisioni di sanità pubblica.

Bibliografia

  1. Autorità garante della concorrenza e del mercato. Provvedimento di sanzione Roche-Novartis del 05.03.2014. Disponibile all’indirizzo: bit.ly/1hCcIdV
  2. CHMP. Type II variation assessment report. Invented name Avastin. Procedura n. EMEA/H/C/000582/-II/0044 del 19.07.2012.
  3. Agenzia italiana del farmaco. Uso intravitreale off label della specialità medicinale Avastin® (bevacizumab): modifiche del riassunto delle caratteristiche del prodotto introdotte dal CHMP (Committee for Medicinal Products for Human Use) dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA). Roma 2012. Disponibile all’indirizzo: bit.ly/1iGIoSP
  4. Decreto-legge n. 36 del 20.03.2014. Gazzetta ufficiale n. 67 del 21.03.2014.
  5. CATT Research Group, Martin DF, Maguire MG et al. Ranibizumab and bevacizumab for treatment of neovascular age-related macular degeneration: two-year results. Ophthalmology 2012;119(7):1388-98.
  6. Chakravarthy U, Harding SP, Rogers CA et al; IVAN study investigators. Alternative treatments to inhibit VEGF in age-related choroidal neovascularisation: 2-year findings of the IVAN randomised controlled trial. Lancet 2013;382(9900):1258-67.
  7. Krebs I, Schmetterer L, Boltz A et al; MANTA Research Group. A randomised double-masked trial comparing the visual outcome after treatment with ranibizumab or bevacizumab in patients with neovascular age-related macular degeneration. Br J Ophthalmol 2013;97(3):266-71.
  8. Kodjikian L, Souied EH, Mimoun G et al; GEFAL Study Group. Ranibizumab versus Bevacizumab for Neovascular Age-related Macular Degeneration: Results from the GEFAL Noninferiority Randomized Trial. Ophthalmology 2013;120(11):2300-9.
  9. Martin DF. Synopsis of comparison studies: CATT, IVAN, MANTA, GEFAL. Paper presented at 2013 Annual Meeting of the American Academy of Ophthalmology; 16-19 novembre 2013; New Orleans (LA). Disponibile all’indirizzo: bit.ly/1jWQupN
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