Avastin e Lucentis: una questione di costi, accesso ai farmaci e salute pubblica
I farmaci bevacizumab e ranibizumab sono stati al centro di una lunga vicenda giudiziaria dopo che nel febbraio 2014 l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha sanzionato Roche e Novartis, le due aziende che li avevano immessi nel mercato europeo, per aver attuato un accordo restrittivo della concorrenza.1,2 La sentenza dell’Antitrust è stata confermata nel dicembre 2014 dal Tar del Lazio e nel luglio 2019 dal Consiglio di Stato, dopo un pronunciamento della Corte di Giustizia Europea. Le due aziende dovranno pagare complessivamente una multa di 180 milioni di euro, oltre alle spese processuali. Questo accordo anti-concorrenza di Roche e Novartis è costato molto caro al Servizio sanitario nazionale (SSN).
Il bevacizumab – nome commerciale Avastin® – è un anticorpo monoclonale che inibisce l’angiogenesi prodotto da Genentech, azienda di proprietà di Roche, che lo ha messo in commercio in Europa con autorizzazione per il trattamento di alcuni tumori (per esempio del colon retto, della mammella, del rene, del polmone). Successivamente alla commercializzazione, il farmaco è risultato efficace nel trattamento di patologie oculari caratterizzate dalla formazione di vasi sanguigni nella retina, come la degenerazione maculare e la retinopatia del neonato prematuro. Nonostante le prove scientifiche a favore della sicurezza e dell’efficacia del farmaco per uso oftalmico, Roche non ha fatto richiesta alle autorità regolatorie per estenderne l’indicazione d’uso. Il farmaco, quindi, poteva continuare a essere usato per queste condizioni solo off-label. In seguito, la stessa Genentech ha prodotto il ranibizumab – nome commerciale Lucentis® – un anticorpo monoclonale che è un frammento di Avastin® e inibisce l’angiogenesi. La messa in commercio è stata data in concessione per l’Europa da Roche-Genentech a Novartis, multinazionale che possiede circa un terzo delle azioni di Roche, con l’indicazione di terapia della degenerazione maculare della retina correlata all’età. A questo punto della vicenda in Europa esiste in commercio un farmaco con l’indicazione oftalmica sovrapponibile al farmaco utilizzato off-label, ma molto più costoso.3
Nel 2007 l’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) include il bevacizumab tra i farmaci rimborsabili dall’SSN ai sensi della legge 648/96, che prevede la rimborsabilità di alcuni farmaci anche se prescritti off-label, con l’indicazione terapeutica per il trattamento delle maculopatie essudative e del glaucoma neovascolare (determinazione AIFA del 23 maggio 2007). Il costo per l’SSN è tra 15 e 80 euro. A fine 2008 il ranibizumab ottiene l’autorizzazione alla commercializzazione con indicazione e rimborsabilità per il trattamento per la degenerazione maculare, a un prezzo per l’SSN di circa 800 euro per somministrazione. A seguito di ciò, le indicazioni per la rimborsabilità per il bevacizumab vengono ristrette, finché nel 2012 l’AIFA decide di escluderlo dai farmaci rimborsabili dall’SSN in seguito all’aggiornamento del Riassunto delle caratteristiche del prodotto da parte dell’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA), con l’inserimento di effetti indesiderati correlati all’uso oftalmico. L’aggiornamento viene effettuato su richiesta di Roche. Come stabilito dall’inchiesta dell’Antitrust, Roche e Novartis hanno agito in modo anticoncorrenziale, favorendo il farmaco messo in commercio da Novartis (il ranibizumab), molto più costoso rispetto all’altro.
La legge viene modificata
Le prove scientifiche derivanti dagli studi clinici non hanno evidenziato differenze riguardo alla sicurezza ed efficacia dei due farmaci.4-10 La modifica della legge 648/96 (DL 20 marzo 2014 convertito in Legge n. 79 del 16 maggio 2014), che ha tolto l’esclusione automatica dalla rimborsabilità in caso di presenza di un’alternativa terapeutica autorizzata, ha consentito ad AIFA di inserire nuovamente il bevacizumab nell’elenco dei medicinali a carico dell’SSN a patto che vengano rispettate alcune condizioni. Tra queste, il confezionamento in monodose ad opera esclusivamente delle farmacie ospedaliere in possesso dei requisiti necessari, per garantirne la sterilità; la somministrazione in centri oculistici ad alta specializzazione presso ospedali pubblici individuati dalle Regioni; l’attivazione di un registro per il monitoraggio delle reazioni avverse.11
La Commissione consultiva dell’AIFA accusata di danno erariale
A novembre 2019 la Corte dei Conti conduce un’indagine nei confronti di dirigenti e di componenti della Commissione consultiva tecnico-scientifica dell’AIFA, ritenuti responsabili di un danno erariale di circa 200 milioni di euro relativo ai maggiori oneri sostenuti dall’SSN per le limitazioni alla prescrivibilità del bevacizumab – farmaco più economico – per curare alcune malattie oculari. A oggi (febbraio 2020) il procedimento è ancora in corso.
In attesa di un pronunciamento, questa indagine solleva quesiti complessi: dove arriva la responsabilità delle possibili ricadute – anche economiche – di scelte fatte da una commissione di un ente istituzionale dettate da valutazioni di tipo tecnico-scientifico? La commissione è chiamata a rispondere di danni per le scelte fatte, in quali ambiti, a quali condizioni? La commissione risponde in solido, o con responsabilità dei singoli componenti? Il rischio di una condanna di questo tipo può mettere a rischio l’indipendenza di giudizio dei componenti di una commissione? Lo scenario mostra la complessità di distinguere scelte tecnico-scientifiche da contesti decisionali che chiamano in causa aspetti economici e di sanità pubblica.12
Come tutelare la salute pubblica?
Al di là delle considerazioni sulle vicende giudiziarie, questo caso è emblematico di una ulteriore questione etica. A livello di Unione Europea, sono solo le aziende che producono farmaci a poter richiedere l’autorizzazione all’immissione in commercio di un farmaco, e l’indicazione per la quale metterlo in commercio. Se l’azienda che produce il farmaco non fornisce all’EMA la documentazione per avere l’autorizzazione a un’indicazione, l’ente regolatore non può dare l’autorizzazione. In questo caso, non avendo Roche richiesto l’autorizzazione per l’indicazione del trattamento della maculopatia, non avendo convenienza a farlo, di fatto è stato necessario intervenire con una legge per consentire all’SSN di rimborsare il farmaco meno costoso, a parità di efficacia e sostanziale parità di sicurezza.
Questa vicenda chiama in gioco questioni più ampie: come possono e debbono agire le istituzioni sanitarie e le agenzie regolatorie quando gli interessi della salute della comunità – e l’uso avveduto delle risorse ha ricadute anche in questo ambito – confliggono con quelli delle aziende?13
Come fare in modo che le scelte riguardanti l’uso dei trattamenti si basino su prove scientifiche di efficacia e sicurezza? Sono infatti numerosi gli esempi di uso di farmaci in-label inappropriati perché di efficacia non provata (come avveniva fino a pochi anni fa per l’uso del beclometasone o ancora oggi per i mucolitici nelle infezioni delle vie aeree superiori) e utilizzi off-label di farmaci con sicurezza ed efficacia adeguatamente documentate la cui mancata rimborsabilità rischia di negarne l’accesso (per esempio alcuni antipsicotici per il trattamento dei sintomi dei disturbi dello spettro autistico e dei TIC).14
Conflitti interesse dichiarati: nessuno
Bibliografia e note
- https://www.agcm.it/dotcmsdoc/allegati-news/i760_provvedimento_5_mar_2014.pdf (accesso del 9 dicembre 2019).
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- Caso Avastin-Lucentis. Martini, Remuzzi e Ricciardi: “Indagine Corte Conti su ex Dg e funzionari AIFA è una invasione di campo” disponibile al link https://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=80758 (accesso del 04.02.2020)
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