Articoli scientifici
04/12/2009

Studio descrittivo sull’incidenza di tumori maligni nell’area circostante al Centro comune di ricerca (CCR) di Ispra

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Introduzione

A partire dalla fine degli anni Cinquanta (1958) il Centro comune di ricerca (CCR) di Ispra ha iniziato un’attività di ricerca a scopo pacifico nell’ambito nucleare sul territorio della Provincia di Varese, regolamentata da autorizzazioni ministeriali. Agli inizi del 2000, il Centro costituisce uno dei depositi italiani di materiale radioattivo. All’interno delle regolamentazioni ministeriali sono stabilite le cosiddette formule di scarico, ossia formule di tipo matematico che consentono di scaricare, in modo autorizzato e per ogni radioisotopo prodotto, un determinato quantitativo (attività) in un determinato lasso di tempo che si ritiene abbia una ricettività accettabile di impatto sul territorio circostante. Le vie di emissione consentite sono di prassi sia di tipo aeriforme sia di tipo liquido. Al fine di supervisionare nel tempo tutte le aree del territorio nazionale in cui era presente un reattore nucleare, a partire dagli anni Sessanta è stata effettuata da organismi centrali, tra i quali l’ENEA e attualmente l’APAT, la raccolta dei dati metrologici provenienti dai vari centri. Per gli scarichi gassosi, l’irraggiamento della popolazione avviene per dispersione atmosferica e per ricadute sul suolo, si tratta quindi di irraggiamento per dose esterna e di contaminazione di matrici alimentari, quali i vegetali e i foraggi (che entrano nella catena alimentare del latte). Per gli scarichi liquidi vi è un contributo alla dose interna mediante l’ingestione di alimenti attraverso l’acqua e i prodotti ittici. Sono stati identificati alcuni gruppi di popolazione a maggiore rischio in base alla fascia d’età (maggiore radiosensibilità nei bambini di età inferiore ai 5 anni), alle abitudini alimentari (pescatori) e alla collocazione geografica, che per gli effluenti aeriformi è funzione della meteorologia locale (nel caso specifico, l’area a Sud-Sudest del Centro ed entro un raggio di 5 Km). Sulla scorta di queste considerazioni il CCR ha definito in diversi comuni del territorio circostante dei punti di prelievo di matrici ambientali e alimentari, nei quali con una periodicità stabilita, e in alcuni casi con monitoraggio continuo, ha dapprima raccolto campioni e poi effettuato misurazioni al fine di quantificare la concentrazione di radioattività. Questi dati, attraverso la conoscenza delle abitudini di vita e alimentari della popolazione, costituiscono la base per la stima di una dose alla popolazione. La dose è un indicatore fondamentale in ambito radioprotezionistico, in particolare in relazione alle radiazioni ionizzanti, il cui effetto biologico è connesso alla tipologia di radiazione emessa e delle quali è acclarato da IARC l’oncogenicità.1,2

In letteratura è nota la relazione tra incidenza di alcuni tumori maligni ed eccessi di esposizione a radiazioni o materiale radioattivo. In particolare, sono noti danni di salute a carico di sopravvissuti alla bomba atomica,3 a lavoratori dell’uranio4,5 e coorti di lavoratori professionalmente esposti.6,7 Nei sopravvissuti alla bomba atomica si sono rilevati rischi in eccesso di leucemia e cancro del polmone. Nei lavoratori dell’uranio la relazione dose-effetto non è sufficientemente chiara, mentre nei minatori è stata dimostrata una relazione tra tumore del polmone e radon, un gas che si sprigiona dal decadimento dell’uranio; infine, una revisione della letteratura non sembra mettere in evidenza sistematici aumenti di mortalità per specifici tumori in tali lavoratori rispetto alla popolazione generale.4 In uno studio sui lavoratori dell’uranio del Nuovo Messico, escludendo i minatori e considerando i lavoratori delle fabbriche esposti a polveri di uranio, non sono risultati eccessi di mortalità significativi per tumori correlabili all’esposizione.5 In coorti di lavoratori potenzialmente esposti (dentisti, medici, addetti dell’industria con produzione di radiazioni, addetti alla produzione di energia nucleare) si è osservato in Canada un eccesso di rischio relativo di morte per tumori del 3% (RR=1,03; IC 90% 1,1-4,8,) per 10 mSv.6 In laboratori del Dipartimento di energia nucleare negli Stati Uniti si è riscontrato un eccesso di mortalità per mieloma multiplo nelle donne e di leucemia nei lavoratori con oltre 20 anni di attività.7 Eccessi di leucemia erano già noti in lavoratori esposti a radiazioni8 o nell’ambito della produzione di energia nucleare in Canada, Stati Uniti e Regno Unito.9 Studi condotti su radiologi hanno rilevato eccessi di leucemia;10 negli Stati Uniti si è stimato che tra i radiologi praticanti esista un eccesso di rischio di cancro che oscilla tra lo 0,53% e lo 0,87%,11 mentre gli effetti sui pazienti trattati con radiazioni ionizzanti annoverano rischi di cancro maggiori della popolazione generale, ma inferiori a quelli osservati nei sopravvissuti giapponesi alla bomba atomica, per i quali si aggiunge l’effetto di sterilizzazione cellulare.12,13 Gli studi di popolazione sono più rari e di più difficile interpretazione, soprattutto per le stime di esposizione. Tuttavia, la popolazione adiacente a un impianto nucleare o a un laboratorio di ricerca che lavora con materiale radioattivo esprime preoccupazione e timori che vanno verificati prima di sfociare in manifestazioni di allarmismo. Per esempio, alcuni anni fa furono segnalati supposti eccessi di nascite di bambini con sindrome di Down nei comuni vicini a Ispra, non successivamente investigati anche per la carenza di informazioni attendibili e per gli ostacoli all’esecuzione di interviste derivanti dal mancato consenso dei cittadini interessati. La presente analisi mira a verificare se nella popolazione residente dell’area circostante il CCR nel corso degli anni si siano registrati eccessi di nuovi tumori correlabili alle attività svolte dall’impianto nucleare di ricerca.

Metodi

La valutazione dell’esposizione

 La metodologia seguita per la ricostruzione dell’esposizione radiologica nel presente studio è duplice. Da un lato si sono recuperati, grazie anche all’interessamento di APAT (ora Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, ISPRA), i dati storici del monitoraggio intorno al CCR di Ispra (VA) dal 1967 al 2006.14 Dall’altro, in riferimento all’anno 2006, con l’ausilio di ARPA-Regione Lombardia sono stati condotti rilievi metrologici sia al fine di effettuare un’intercomparazione di dati sia per documentare l’impatto sul territorio, nel tempo, di un centro nucleare, seppure di ricerca. Per comprendere meglio l’incidenza dell’attività del CCR sul-l’ambiente va precisato che il Centro comune di ricerca ha iniziato la sua attività nei primissimi anni Sessanta, ma i dati sono stati raccolti a livello centrale dal 1967 fino a oggi: per chiarezza espositiva si indicherà questo periodo come «intervallo di osservazione». A questo proposito va osservato che fino all’incirca al 1977, quindi per un periodo di 10 anni, l’attività del Centro è stata prevalentemente di ricerca nucleare, poi lentamente l’attività nucleare è divenuta meno preponderante, fino a giungere ai giorni nostri alla conduzione di attività di ricerca non nucleare e connessa al decommissioning, ossia alla dismissione delle attività, con bonifica degli impianti e smaltimento e stoccaggio sicuro delle scorie. Ciò ha comportato una variazione dell’impatto sull’ambiente nel tempo: la caratteristica saliente che si evidenzia infatti attraverso la comparazione con i dati di ARPA-Regione Lombardia è che il CCR ha, al momento, un impatto sull’ambiente esterno del tutto trascurabile e confondibile con altri eventi di origine non locale, quali l’effetto Chernobyl e le ricadute degli esperimenti nucleari in atmosfera. Nella tabella 1 sono elencati i principali radionuclidi (H3, I 131, Ar 41, Kr 85, Cs 137 e Sr 90) che hanno avuto un impatto sul territorio, la via per giungere all’uomo, il gruppo maggiormente a rischio di esposizione e l’organo che può ricevere la dose maggiore. Va rammentato che:

  • H3 (il trizio) è incorporato sotto forma di acqua triziata (HTO) e segue tutte le vie metaboliche dell’acqua;
  • I 131 segue il metabolismo della tiroide;
  • Ar 41 e Kr 85 sono gas nobili che hanno poca reattività con l’organismo umano.

Tra i radionuclidi scaricati e monitorati che hanno e hanno avuto maggiore impatto sulla salute dei residenti si evidenziano il Cs 137 e lo Sr 90, caratterizzati da tempi fisici di dimezzamento lunghi (30 anni e 28,78 anni, rispettivamente) e dal fatto di fissarsi, il primo nelle ossa e nei muscoli, il secondo prevalentemente nelle ossa. Facendo riferimento al modello lineare senza soglia15 e raccogliendo negli anni le stime dosimetriche condotte dal CCR in base a codificati programmi di calcolo e alle abitudini alimentari della popolazione residente è possibile effettuare una stima della dose ricevuta dai componenti dei gruppi critici della popolazione.14-16

La valutazione dell’incidenza dei tumori

 Sono state selezionate alcune patologie tumorali correlabili, secondo la letteratura scientifica, con l’esposizione a emissioni radioattive: leucemie, linfomi non Hodgkin, tumori del polmone, della tiroide, della mammella, del colon-retto, del fegato, dell’osso, del rene, dei tessuti molli, nonché tutti i tumori maligni. Sono stati individuati i casi incidenti di tali patologie dall’archivio del Registro tumori Lombardia-provincia di Varese nel periodo 1982-1998, ossia in un arco di tempo che arriva a 20 anni di latenza dal periodo di massima dose dell’esposizione. L’area geografica studiata è stata quella del Comune di Ispra, sede del CCR, e dei comuni limitrofi situati nel raggio di circa 5 chilometri (figura 1).


Figura 1. Mappa geografica di Ispra e dei comuni limitrofi: l’area circoscrive comuni distanti circa 5 chilometri dal CCR di Ispra.
Figure 1. Map of Ispra and surrounding municipalities: the map shows municipalities within an approximately 5 kilometer-radius of the Joint Research Centre at Ispra.

I confronti geografici sono stati condotti prendendo come riferimento l’incidenza registrata nel medesimo periodo in tutta la provincia rispetto a quella registrata a Ispra, nei comuni limitrofi e nel distretto di Sesto Calende, che comprende in parte comuni della zona e in parte comuni più distanti, estesi più a sud. Per la valutazione dell’incidenza si è usato il metodo della standardizzazione indiretta per fasce quinquennali dei tassi d’incidenza, basandosi sulla popolazione Istat rilevata per il periodo 1982-98. Oltre al rapporto standardizzato d’incidenza (RSI), ottenuto tra casi osservati e attesi, è stato calcolato l’intervallo di confidenza utilizzando la distribuzione secondo Poisson se i casi osservati risultavano inferiori a 100, e la distribuzione normale negli altri casi. Per la mappatura dell’area limitrofa a Ispra è stato utilizzato il software EPIINFO, rappresentando in quartili con diverso tratteggio grafico il range di distribuzione dei valori di RSI rilevati nei comuni interessati.


Tabella 1. Sintesi della catena espositiva in funzione del radioisotopo.
Table 1. Summary of the exposure chain for pertinent radionuclides.

Risultati

Dall’analisi temporale emerge che in relazione agli scarichi aeriformi le dosi individuali annue massime al corpo intero per la popolazione residente in un’area collocata a Sud-Sudest del Centro e per i bambini di età inferiore a 5 anni è di 10 mSv, mentre in relazione agli scarichi liquidi le dosi individuali annue massime allo scheletro, come organo critico, per i bambini di età inferiore a 5 anni è di 6,4 mSv (figura 2).


Figura 2. Andamento temporale della dose efficace annua al corpo intero per la popolazione rappresentante il gruppo critico (residenti in aree a S-SE entro un raggio di 5 Km dal CCR). I valori anteriori al 1971 sono indicativi, ma documentano una situazione espositiva di due ordini di grandezza maggiore rispetto a quella riscontrata dopo il 1975.
Figure 2. Time trend of annual effective total body radiation dose for the critical population (i.e. those resident in the area south-southeast of the Joint Research Centre at Ispra to a distance
of 5 km). Before 1971 values are approximate, nevertheless they show that exposure was two orders of magnitude greater than that found after 1975.

Questi valori sono riscontrati fino al 1977 circa, mentre in seguito la dosimetria si è assestata su valori intorno a 1mSv e inferiori per entrambi i gruppi. L’incidenza maggiore di forme oncogene correlate è pertanto da attendersi nella popolazione adulta che attualmente ha 40-50 anni e che vive nell’area Sud-Sudest e a 5 Km dal CCR, per la quale le dosi al corpo intero e allo scheletro sono stimate dell’ordine di 200mSv e alla tiroide inferiori a 50mSv. Nel periodo 1982-1998 le popolazioni medie annue di Ispra, dell’area dei comuni nel raggio di 5 chilometri e del distretto di Sesto Calende erano rispettivamente di 4.687, 32.120 e 43.707 abitanti, mentre la popolazione provinciale di riferimento risultava di 793.752 residenti; i casi complessivi di tumori registrati sono stati rispettivamente 374, 2.920 e 4.099, e nella provincia 72.246. Nella tabella 2 sono riportati i casi incidenti osservati e attesi e i relativi RSI a Ispra, nell’area dei comuni limitrofi al CCR e nel distretto di Sesto Calende. Come si può rilevare, nel comune di Ispra è presente un eccesso di incidenza per i tumori dell’osso, dei tessuti molli e del rene, mentre nei comuni limitrofi si registrano lievi eccessi d’incidenza per tumori del fegato, dell’osso e del rene. L’unico eccesso apparente, quello dei tumori dell’osso (RSI 2,16; IC 95% 0,267,80), è basato solo su due casi; anche gli altri eccessi non sono significativi. Risultano, invece, più bassi rispetto all’atteso i casi incidenti per leucemie, tumore della mammella, tumore del colon-retto e tutti i tumori a Ispra, mentre sono ridotti anche gli RSI per tumore del polmone, del colon-retto e tutti i tumori nell’area dei comuni limitrofi al CCR. In questi casi, la stima dell’incidenza osservata è significativamente ridotta: l’intervallo di confidenza è infatti minore di 1. Non sono emersi eccessi significativi di leucemie né a Ispra (RSI 0,33, IC 95% 0,07-0,96) né nei comuni nell’arco di 5 km (RSI 0,83, IC 95% 0,63-1,08). La riduzione dell’incidenza si diluisce per la maggior parte dei tumori considerando il distretto di Sesto Calende, confermando che, con l’allargamento dell’area verso sud e l’allontanamento dalla zona di sospetta esposizione, non si osserva, come atteso, una ridotta incidenza. Nelle figure 3 e 4 sono riportate le mappe dell’area dei comuni limitrofi al CCR (nell’arco di circa 5 Km) con la distribuzione degli RSI per leucemie e per tutti i tumori maligni. In scuro si evidenziano i comuni con il più alto rapporto osservati/attesi, ma in nessuno dei comuni indicati si registra un eccesso d’incidenza di tumori statisticamente significativo.


Figura 3. Distribuzione di RSI (rapporto standardizzato d’incidenza) per le leucemie, periodo1982-1998. Se RSI >1, gli osservati nel periodo sono più degli attesi.
Figure 3. Distribution of standardized incidence ratio (SIR) for leukaemia in the period 1982-1998. SIR >1 indicates SIR greater than expected.


Figura 4. Distribuzione di RSI (rapporto standardizzato d’incidenza) per tutti i tumori maligni, periodo 1982-1998. Se RSI >1, gli osservati nel periodo sono più degli attesi.
Figure 4. Distribution of standardized incidence ratio (SIR) for all cancers in the period 1982-1998. SIR >1 indicates SIR greater than expected.

Discussione

Le dosi stimate nel presente studio, pur con valutazioni cautelative, sono estremamente contenute: certamente non hanno la possibilità di provocare effetti di natura deterministica ma, allo stato attuale delle conoscenze, hanno un’incidenza trascurabile anche sugli effetti di natura stocastica ed ereditaria. Ai fini radiobiologici occorre considerare la risposta adattativa delle cellule, l’abbondanza relativa dei danni al DNA a insorgenza spontanea e dovuti alle basse dosi, nonché l’esistenza dei fenomeni cellulari post irradiazione di instabilità genomica indotta e di traduzione bystander del segnale (ossia riguardante le alterazioni di cellule non direttamente irradiate). Anche nel caso di una dose di 200-300 mSv si giungerebbe, utilizzando i coefficienti di rischio riportati nella pubblicazione 103 dell’ICRP,15 a stime di rischio del tutto trascurabili, dell’ordine di 10-5 e inferiori.


Tabella 2. Rapporto standardizzato d’incidenza (RSI) tra tumori osservati e attesi a Ispra, nell’area dei comuni intorno al CCR e nel Distretto di Sesto Calende, periodo19821998.

Table 2. Standardized incidence ratios (RSI) for observed to expected cancers in Ispra, in the municipalities surrounding Ispra and in the District of Sesto Calende in the period 19821998.

Pertanto, nella popolazione non è atteso un incremento dell’incidenza di forme neoplastiche rispetto ai tumori spontanei, né di poter distinguere tumori radioindotti. Per quanto riguarda l’incidenza di patologie a base ereditaria, continua a non esserci, in base agli studi sulla popolazione umana, alcuna evidenza diretta che l’esposizione dei genitori alle radiazioni possa condurre a un eccesso di malattie ereditarie nella progenie, tanto più che risulta sempre più evidente che le malattie ereditarie poggiano su una base multifattoriale. Dall’analisi condotta negli anni attraverso la lettura dei dati di natura fisica raccolti e sulla base delle considerazioni radio-biologiche e di stima del rischio,15 l’impatto del CCR sul territorio circostante, in via teorica, non pare essere stato in grado di incrementare le patologie neoplastiche. Lo studio osservazionale di distribuzione geografica dell’incidenza dei tumori correlabili con una potenziale esposizione a emissioni radioattive non ha rilevato eccessi d’incidenza nei comuni limitrofi al CCR di Ispra, dove non si è registrato, tra l’altro, alcun caso di leucemia in bambini sotto i 5 anni d’età. Al contrario, nelle popolazioni residenti in tali comuni si rilevano per tutti i tumori e per alcuni dei tumori più diffusi (polmone, colon-retto) riduzioni dell’incidenza statisticamente significative. Inoltre, l’analisi dell’esposizione ambientale a radionuclidi indica un livello trascurabile di contaminazione, compatibile con l’assenza di eccessi di patologie tumorali correlabili. Gli studi ecologici, com’è noto, soffrono dell’effetto di diluizione derivante dalla difficoltà di evidenziare, per patologie rare, eccessi d’incidenza nelle popolazioni generali. Studi sull’effetto di inquinamenti ambientali di natura radioattiva condotti sulla popolazione generale sono di più difficile valutazione per le maggiori difficoltà nel precisare le condizioni di esposizione. Preziose informazioni derivano dall’incidente di Chenorbyl: recenti studi17-18 indicano che per la contaminazione ambientale successiva si sono verificati eccessi di neoplasie della tiroide nei bambini e adolescenti russi, e ci sono stime in Europa di aumenti di leucemie e di cancro al seno. Tra gli australiani che hanno partecipato a test nucleari non si sono evidenziati eccessi di neoplasie o di morte per cancro attribuibili alle radiazioni.19 Recenti studi su popolazioni residenti nei pressi di centrali nucleari hanno invece rilevato eccessi di leucemia infantile: una metanalisi li descrive, anche se non fornisce ipotesi in grado di spiegarli,20 e un recente studio su una centrale nucleare nei pressi di Amburgo mostra chiaramente un cluster di cui non riesce a fornire sufficienti spiegazioni eziologiche.21 Sempre in Germania, un recente studio caso-controllo ha rilevato per bambini sotto i 5 anni un rischio aumentato (OR di 1,47, con 1,16 come limite di confidenza inferiore) di contrarre tumori (soprattutto leucemia) entro 5 km di distanza da centrali nucleari.22 L’esposizione a radiazioni ionizzanti è cresciuta negli anni a causa di un maggiore utilizzo di radiazioni per uso medico, che costituiscono la maggior parte delle fonti artificiali, pari queste ultime a circa il 15% dell’esposizione generale;23 cercare di quantificare correttamente i danni di salute in eccessi d’incidenza o di mortalità tumorale per esposizioni a piccole dosi diluite in tempi lunghi è molto più difficile rispetto alla descrizione dei danni derivanti da alte dosi in tempi brevi.24 Gli eccessi di tumore derivanti da radiazioni ionizzanti a basse dosi, specialmente nell’ambito della popolazione generale, sono difficilmente dimostrabili. La mappatura di diffusione dei radionuclidi potrebbe anche non corrispondere alla mappatura d’incidenza per comuni, anche se la diffusione aeriforme riguarda l’area Sud e Sudest, ossia la maggior parte dei comuni considerati nell’arco di 5 Km; d’altro canto, nelle popolazioni a rischio (pescatori, bambini sotto i 5 anni) la dosimetria è risultata più contenuta di quella dell’area in studio nella valutazione dell’impatto attraverso le altre vie di diffusione (per esempio fluviali). Un approccio ecologico, come quello adottato in questo studio, conferma l’assenza di rischi in una popolazione che, per quanto non seguita puntualmente, viene descritta come a basso rischio di danni da radiazioni ionizzanti secondo diverse indicazioni provenienti dalle misure ufficiali di esposizione ambientale. Le legittime preoccupazioni di alcune fasce di tale popolazione non sono supportate da dati di esposizione e di danno biologico tali da richiedere interventi in ambito generale. È possibile che l’approccio ecologico, di questo studio e di buona parte di quelli disponibili, non permetta di evidenziare specifici ambiti d’esposizione a reale rischio d’insorgenza di tumori, per esempio tra i lavoratori addetti al laboratorio del CCR. Di fatto, sui risultati negativi può pesare l’impossibilità di osservare un effetto a dosi d’esposizione piccole (sotto una certa soglia) per insufficienza di potenza e per i bias propri degli studi ecologici. Inoltre, la popolazione di riferimento, che è stata scelta in base alla disponibilità dei dati d’incidenza dei tumori nell’ASL della Provincia di Varese suddivisi per comune, potrebbe avere sperimentato altri fattori di rischio in grado di non fare emergere differenze d’incidenza, con spostamento delle stime di RSI verso l’unità. Studi analitici (caso-controllo, di coorte) sono più efficienti nel rilevare il nesso causa-effetto tra esposizione e danno di salute, soprattutto se condotti su soggetti con livelli di rischio mediamente più elevati.

Ringraziamenti: gli autori desiderano ringraziare ARPA Lombardia per il supporto ai rilievi, APAT Roma e in particolare i dottori Torri, Menna e Innocenzi per la disponibilità alla consultazione dei dati.

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