Articoli scientifici
26/04/2010

Stima degli effetti della riduzione dell’inquinamento atmosferico sulla salute umana

Premessa

 Gli effetti dell’inquinamento atmosferico sulla salute umana possono essere distinti in effetti a breve termine ed effetti a lungo termine. I primi vengono misurati dalla relazione tra la variazione giornaliera (più raramente oraria) degli inquinanti e l’accadere di eventi sanitari avversi, quali le morti o i ricoveri. I secondi sono valutati principalmente mediante studi prospettici che consistono nell’osservazione prolungata di gruppi di persone identificate una volta per tutte (coorti), esposte a livelli diversi di inquinamento per lungo tempo e delle quali sono rilevati anche altri determinanti di malattia a livello individuale, quali il fumo di tabacco, l’alimentazione, le esposizioni professionali, il consumo di alcol e l’indice di massa corporea.

Nonostante l’inquinamento atmosferico sia costituito da numerosi composti, sia gassosi sia non gassosi, il PM10, cioè la concentrazione di particolato con dimensione inferiore a 10 µm (particolato respirabile) e il PM2,5 (particolato fine, che rappresenta la concentrazione del particolato di dimensioni inferiori a 2,5 µm) ne costituiscono una delle misure più utili, tenuto conto della ben stabilita associazione tra questi inquinanti e numerosi effetti negativi sulla salute. Esiste inoltre una consistente plausibilità biologica dei meccanismi d’azione del particolato.1 2 Questo è infatti in grado di provocare infiammazione delle parti profonde del polmone, alterare la coagulabilità del sangue,3 sino a penetrare nel torrente circolatorio.4 In ambiente urbano il PM2,5 costituisce circa il 70% del PM10.

La principale fonte di particolato in ambiente urbano è costituita dal traffico veicolare. Su base annua si stima che nel Nord Italia circa il 70% del particolato PM10 sia costituito dalle emissioni da traffico sia dirette sia dei precursori che reagiscono in atmosfera per formare il cosiddetto «particolato secondario». 5

Effetti a breve termine

 

La stima degli effetti a breve termine si realizza studiando il legame tra le variazioni giornaliere degli inquinanti ed eventi avversi facilmente rilevabili dai sistemi informativi correnti, quali la mortalità e i ricoveri ospedalieri per patologie respiratorie e cardiovascolari. Nello studiare questa relazione si tiene anche conto di altri eventuali fattori di confondimento a breve termine, come il giorno della settimana, la temperatura, le epidemie influenzali. Benché come effetti a breve termine possano essere valutate le relazioni tra inquinamento e molteplici eventi sanitari, questo contributo sarà limitato a valutare gli effetti della riduzione dei livelli di inquinamento solo sulla mortalità per cause non violente, anche se le considerazioni qui esposte sono estensibili ai ricoveri per cause cardiache e respiratorie. La tabella 1 riporta i valori del rischio relativo individuati dal-l’OMS mediante analisi congiunte dei molti studi sugli effetti a breve termine disponibili in letteratura.6 I valori riportati si riferiscono all’incremento dell’evento avverso all’aumentare di 10 µg/m3 di particolato PM10. Questi dati possono essere letti anche come aumenti in percentuale degli eventi avversi. Per esempio, un rischio relativo di 1,006 significa un aumento dello 0,6% in termini percentuali. Per calcolare il numero assoluto di questi eventi in un anno si utilizza questo parametro e la differenza tra la media annuale del particolato e un livello di riferimento che può essere scelto a piacere. Ostro ha dimostrato come il numero annuale di decessi associato ai livelli giornalieri di inquinamento può essere stimato in modo semplice moltiplicando la differenza tra il livello medio annuale di particolato e il livello scelto come riferimento per l’aumento del rischio di morte per ogni unità di concentrazione di particolato riportato nei parametri della tabella 1.7 Per esempio, dati inclusi in un recente studio sugli effetti a breve termine indicano per Milano nel periodo 2001-2005 un livello medio annuale di PM10, misurato come media di 4 centraline di «background» e di una vicina a strade a grande traffico, pari a 52 µg/m3.8 Le morti da cause naturali sono in media 10.347 all’anno nel periodo 2001-2005.9 Scegliendo come valore di riferimento un livello di PM10 pari a 20 µg/m3, obiettivo indicato dalle linee guida dell’OMS,10 in ogni anno sono attribuibili all’eccesso di particolato:

(52-20) / 10 x 0,6 = 1,92% morti «naturali»

o, in altre parole,

10.347 x 1,92 / 100 = 199 decessi.


Tabella 1. Valori OMS di rischio relativo degli effetti sanitari a breve termine per aumenti di 10 µg/m
3 di particolato PM10, tutte le età.
Table 1. WHO estimates for short-term effects of air pollution on some health end-points for increments of 10 µg/m
3 of PM10, all ages.


Tabella 2. OMS. Valori di rischio relativo degli effetti sanitari a lungo termine per aumenti di 10 µg/m
3 di particolato fine (PM2,5); soggetti di età superiore a 30 anni.
Table 2. WHO estimates of long-term effects of fine particles (PM2.5). Increments for 10 µg/m
3 for deaths in individuals of 30 years and older.

Queste morti sono attribuibili a una media annuale di parti-colato superiore di 32 µg/m3 rispetto al valore di 20. Questo numero è una stima conservativa: il parametro derivato dalle serie temporali sottostima il vero impatto dell’inquinamento atmosferico in quanto non tiene conto degli effetti nei giorni successivi.11 Inoltre, considerare il solo PM10 invece che l’intera gamma di inquinanti atmosferici (CO, SO2, NO x ecc.) ha anch’esso un probabile effetto di sottostima del reale impatto negativo. L’analisi più recente sul legame tra mortalità a breve termine e particolato condotta in Italia ha mostrato valori di rischio relativo in accordo con il parametro scelto dall’OMS.12 Si potrebbe pensare che gli effetti a breve termine dell’inquinamento atmosferico siano costituiti esclusivamente dall’anticipo di pochi giorni di decessi a carico di un gruppo di soggetti in condizioni di salute già compromesse (pool di suscettibili) e che queste morti non sarebbero state a ogni modo evitabili. Se così fosse, l’aumento di mortalità osservato in seguito a un aumento dell’inquinamento dovrebbe esaurirsi in pochi giorni e la mortalità dovrebbe ritornare ai valori medi anche se i livelli degli inquinanti rimangono elevati. Schwartz11 e Zanobetti et al.13 hanno invece riscontrato che se il livello degli inquinanti rimane elevato, anche la mortalità non diminuisce. Anche nei dati italiani del progetto EpiAir12 questo deficit di mortalità atteso nei giorni successivi al picco di morti, chiamato anche harvesting (mietitura) derivante dal-l’esaurimento del pool dei suscettibili, non si verifica (Francesco Forastiere, comunicazione personale, 25 novembre 2009). Questo fenomeno è spiegabile solo se il pool di suscettibili non si esaurisce mai, ovvero se si suppone che l’inquinamento atmosferico, oltre a portare a morte il pool di suscettibili (ciò che viene osservato come effetto a breve termine), nel contempo peggiori le condizioni di salute di altre persone in condizioni di salute meno compromesse, portandole nel pool di suscettibili che morirà nei giorni successivi. Solo così è spiegabile la mancanza di un deficit di mortalità nei giorni successivi all’aumento degli inquinanti. Quindi, l’inquinamento atmosferico non solo porta a morte persone appartenenti a un gruppo ad alto rischio, ma fa pure affluire nuovi individui in questa categoria. Gli effetti «a breve termine» sono costituiti dalle morti «extra» osservate nei giorni in cui l’inquinamento aumenta, ma queste morti sono anticipate da mesi ad anni rispetto a quanto si sarebbe verificato in assenza di inquinamento.11 Gli effetti «a breve termine» rappresentano quindi un effetto netto sulla salute della popolazione esposta, effetto che non si sarebbe verificato se i livelli di inquinamento atmosferico fossero stati inferiori. La relazione tra mortalità a breve termine e livelli di inquinamento è lineare.14 Quindi, tutti i provvedimenti in grado di ridurre anche parzialmente l’inquinamento atmosferico portano a un numero di morti evitate proporzionale alla riduzione ottenuta. Se, per esempio, la media annuale di PM10 della città di Milano fosse stata anche solo inferiore del 10% (cioè, anziché 52 µg/m3 fose stata pari a 47 µg/m3), il numero di decessi a breve termine evitato da questa parziale riduzione del-l’inquinamento, rispetto al valore di riferimento di 20 µg/m3, sarebbe stato di 31 decessi all’anno in meno, calcolando il guadagno di salute come:

5 µg/m3 (differenza di concentrazione PM10)
------------------------------------------------------------ = 0,3%
                          10 x 0,6

ovvero:

0,003 x 10.347 = 31.

Effetti a lungo termine

L’inquinamento atmosferico è anche responsabile di effetti a lungo termine. Questi effetti sono di un ordine di grandezza superiori a quelli osservati negli studi a breve termine. Poiché sia la mortalità per cause non violente sia altri effetti cronici, come per esempio i tumori del polmone, hanno come determinanti numerosi fattori, come il fumo di sigaretta, la dieta, le esposizioni in ambito lavorativo, per una stima valida degli effetti dell’inquinamento è necessario tenere conto anche di questi determinanti. Ciò si realizza specialmente mediante studi prospettici nei quali questi determinanti sono rilevati a livello individuale.

Effetti importanti dell’inquinamento sono stati osservati in studi prospettici di notevoli dimensioni e di lunga durata. Utilizzando i risultati degli studi prospettici disponibili l’OMS ha stabilito anche per gli effetti a lungo termine i valori dei parametri della relazione tra l’esposizione a particolato fine e alcuni eventi avversi di salute (tabella 2) per i decessi dei soggetti di età superiore a 30 anni.6 In questo caso gli effetti sono riferiti al particolato fine (PM2,5), che in ambito urbano rappresenta una importante frazione del PM10. L’OMS ha calcolato che il 70% di PM10 è costituito da PM2,56 valore che è in accordo anche con quanto osservato a Milano.5 Analogamente a quanto fatto per gli effetti a breve termine, è possibile calcolare quanti morti siano attribuibili all’inquinamento per ciascun anno come effetti a lungo termine. Nel caso della città di Milano, l’eccesso di PM2,5 si calcola così:

(52-20) x (0,7) = 22,4 µg/m3

Il rischio relativo (RR) degli abitanti di Milano sarà perciò:

22,4 /10 x (0,06) +1 = 1,13

Quindi, considerando che tutta la popolazione è esposta, la quota attribuibile (RA) all’inquinamento sarà:

RA = (1,13-1) / (1,13) = 11,5%

che rappresenta il rischio attribuibile, cioè la quota dei decessi attribuibili agli effetti a lungo termine per l’eccesso di particolato rispetto al valore desiderabile di 20 µg/m3 come media annuale. La mortalità per cause naturali in persone di età inferiore a 30 anni rappresenta l’1% del totale dei decessi per cause naturali.9 I decessi tra i residenti con più di 30 anni saranno quindi:

10.347 x (0,99) = 10.243

In termini di numero di decessi attribuibili all’eccesso di inquinamento PM10 rispetto al valore di 20 µg/m3 si calcolano

1.178 morti in eccesso l’anno per effetti a lungo termine:

10.243 x (11,5%) = 1.178

Un recente articolo dimostra come il legame tra effetti a lungo termine e livelli di inquinamento sia di tipo lineare.15 Il legame tra inquinamento da particolato e la mortalità è espresso dal valore del parametro di rischio indicato dall’OMS. È possibile allora stimare quale sarebbe il numero di decessi a lungo termine per patologie croniche evitati in seguito a una riduzione del 10% dell’inquinamento (da 52 a 47 µg/m3 di PM10) a Milano calcolando la correlata riduzione di PM2,5:

5 µg/m3 x (0,7) = 3,5 µg/m3

L’eccesso di rischio relativo, se il livello di inquinamento da PM10 fosse 47 µg/m3, sarebbe quindi dato da:

3,5 / 10 x 0,06 = 0,021

RR = 1,021 RA = (1,021-1) / 1,021= 2%

Quindi, riducendo solo del 10% i livelli di particolato si avrebbe un miglioramento del 2% per la mortalità a lungo termine per cause naturali. In termini di decessi, ciò si tradurrebbe 210 morti in meno all’anno (10.243 x 0,02 = 210) per effetti a lungo termine se l’inquinamento a Milano fosse stato ridotto del solo 10%. Per i tumori del polmone, se l’inquinamento di Milano si riducesse del 10%, l’eccesso di rischio relativo sarebbe:

3,5 / 10 x 0,08 +1 = 0,028

RR = 1,028 RA = (1,028-1) / 1,028 = 0,27%

Il che corrisponde a 27 decessi per carcinoma polmonare evitati ogni anno:

997 (decessi per tumore del polmone a Milano) x 0,027 = 27

Gli effetti a lungo termine rappresentano gli effetti dell’accumulo di danni per decine di anni ai vari organi e apparati dei soggetti della popolazione esposta. Tutti i processi cronici, prima della comparsa della malattia sotto forma clinica, sono idealmente costituiti da un insieme progressivo di passaggi, talora anche caratterizzabili dal punto di vista anatomopatologico (si pensi per esempio allo spessore di una placca ateromatosica prima del distacco di un trombo). L’arresto o il rallentamento del progredire di queste lesioni, anche se avviene in un processo patologico iniziato da tempo, può portare in pochi anni a una importante riduzione dell’incidenza clinica delle malattie. Una rapida diminuzione del rischio per gli effetti a lungo termine è stata infatti evidenziata in un recente studio di Schwartz che ha stimato come a una riduzione dei livelli di inquinamento segua nel corso di 3-5 anni una riduzione del rischio sia per la mortalità, sia per i tumori del polmone.15 La mancata riduzione dei livelli di inquinamento si riverbera quindi in un importante numero di decessi che, seppure dovuti all’accumularsi in molti anni di danni di varia natura, non si sarebbero manifestati se negli ultimi 3-4 anni i livelli di inquinamento fossero stati ridotti. La mancata riduzione dei livelli di inquinamento ha infatti agito come concausa nel determinare i danni alla salute più sopra descritti e quantificati.

La distribuzione del particolato rispetto alle sorgenti

 La maggior parte del particolato presente in atmosfera si concentra vicino alle sorgenti sia del particolato stesso sia dei suoi precursori. Ciò è dimostrato dalle differenze tra i livelli rilevati a distanze differenti dalle strade a grande traffico e dai confronti tra i valori rilevati dalle stazioni di «background» rispetto a quelle «traffic», queste ultime collocate a poca distanza da strade ad alto traffico veicolare. La stessa variazione circadiana del particolato in funzione dei picchi di traffico è in accordo con una concentrazione dipendente in modo sia spaziale sia temporale dalle sue sorgenti. Tutte queste evidenze sono in favore del fatto che provvedimenti locali, se in grado di abbattere le emissioni, trovano un riscontro immediato in una riduzione dei livelli di parti-colato nelle aree coinvolte da tali provvedimenti. Significative politiche contro il traffico sono quindi da intraprendere, sia per gli effetti positivi sulla salute che questo comporta, sia per ridurre costi che sono a carico della società intera.

Conflitti di interesse: nessuno

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