Articoli scientifici
26/04/2010

Problemi di implementazione della linea guida «La gestione della sindrome influenzale»

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Introduzione

Nel maggio 2008, il Sistema nazionale linee guida (SNLG, www.snlg.it), presso l’Istituto superiore di sanità, ha ultimato i lavori di aggiornamento della linea guida sulla «Gestione della sindrome influenzale».1 Il documento, nato nella sua prima versione nel 2003, fornisce raccomandazioni evidence-based in materia di uso dei test rapidi, impiego degli antivirali, degli antinfiammatori-antipiretici e degli antibiotici in corso di sindrome influenzale, oltre che i criteri di ospedalizzazione di adulti e bambini. La stesura della linea guida è stata il punto di partenza di un percorso di disseminazione e implementazione delle raccomandazioni che ha previsto la creazione di una versione per i cittadini, incontri con rappresentanti di varie Regioni italiane per la presentazione del documento e l’allestimento di materiale didattico a disposizione di chi volesse utilizzarlo all’interno di cicli di audit sulle problematiche affrontate (es: appropriatezza dei ricoveri per sindrome influenzale).2-5 I problemi relativi al trasferimento delle raccomandazioni nella pratica e alle strategie di implementazione finalizzate a favorirne l’applicazione sono attualmente al centro dell’attenzione nel dibattito nazionale e internazionale, europeo ed extraeuropeo.6-9 Accade infatti che da più parti sia messa ion questione l’applicabilità dei comportamenti prescritti dalle raccomandazioni nel reale contesto clinico.10 L’aspetto più critico e maggiormente contestato è che una lista di raccomandazioni di comportamento medio (cookbook medicine) non considera l’eterogeneità e la specificità degli scenari clinici che un medico deve affrontare nella pratica quotidiana (medicina personalizzata). Le attività di audit sono abitualmente raccomandate per individuare ostacoli esterni di tipo economico, organizzativo e culturale che si frappongono alla trasferibilità nella pratica clinica delle raccomandazioni di una linea guida; tali attività possono fornire invece anche utili informazioni sulle difficoltà del medico ad adattare le raccomandazioni a specifici contesti clinici, soprattutto quando questi contesti sono relativamente frequenti. È stata quindi predisposta un’attività di audit sulla «gestione della sindrome influenzale» rivolta a un gruppo medici di medicina generale (MMG) e di pediatri di libera scelta (PLS), mirante alla verifica dell’adozione dei comportamenti clinici raccomandati dalla linea guida. L’ipotesi di partenza di tale indagine è che la conoscenza degli ostacoli alla trasferibilità può essere di aiuto non solo nel-l’allestimento di più efficaci strategie di implementazione,11 ma anche nel miglioramento della metodologia di sviluppo e revisione delle linee guida.

Materiali e metodi

  Tra dicembre 2008 e gennaio 2009 sono stati predisposti una serie di incontri con i MMG convenzionati con la ASL 6 di Livorno e i PLS dell’ASL SA1 di Nocera Inferiore (Sa), nel corso dei quali è stata illustrata la linea guida sulla gestione della sindrome influenzale, commentandone le raccomandazioni, la metodologia di lavoro e la scelta dei quesiti clinici. A seguito di tali incontri è stato selezionato un campione non casuale, cioè basato sull’adesione volontaria, di MMG e PLS disposti a compilare un questionario mirante alla valutazione di trasferibilità delle raccomandazioni a una serie di un minimo di 10 pazienti consecutivamente osservati per problematiche legate alla sindrome influenzale. Il caso era definito dalla presenza di febbre associata a uno o più sintomi influenzali (tosse, raffreddore, mal di gola, dolori articolari, nausea e vomito). Si trattava di annotare, per ciascuno dei 10 pazienti venuti in contatto con il medico (di persona o telefonicamente), notizie anagrafiche (età, sesso), informazioni sulla data inizio sintomi e sulla tipologia dei medesimi, informazioni su eventuali comorbidità (diabete, nefropatie, cardiopatie, scompenso, ictus, ipertensione, ulcera peptica, altro) e terapie rilevanti (uso di antipertensivi, statine, cortisonici, broncodilatatori, altro), oltre che notizie sull’adozione o meno dei comportamenti raccomandati dalla linea guida in materia di uso dei test rapidi per fare diagnosi di influenza, uso di antivirali, uso di antipiretici-antinfiammatori, uso di antibiotici e ricorso all’ospedalizzazione. Il questionario prevedeva inoltre la rivalutazione del rispetto dei comportamenti raccomandati a 5 giorni dalla data del primo contatto. Alla fine del questionario era inoltre disponibile una sezione in cui annotare i motivi di eventuali comportamenti clinici in contrasto con quanto prescritto dalla linea guida. Per far sì che emergesse chiaramente l’eventuale conflitto tra raccomandazioni e pratica clinica, il questionario era graficamente organizzato in modo tale che a fianco di ciascuna domanda relativa ai comportamenti raccomandati (es: «hai usato farmaci antivirali?») fosse annotato il testo della raccomandazione corrispondente. Ciascun questionario è stato registrato da personale sanitario in un database elettronico e tutte le analisi sono state eseguite con il software EpiInfo (vers. 3.4.1, July 3, 2007).

Risultati

 Un campione non casuale di 29 MMG e 7 PLS convenzionati rispettivamente con le ASL 6 di Livorno e SA1 di Nocera Inferiore (Sa) è stato arruolato a seguito degli incontri nel corso dei quali il documento è stato presentato e discusso. La distribuzione per sesso ed età dei 453 pazienti (per 11 soggetti mancano tali informazioni), contattati tra il 5 gennaio e il 26 marzo 2009, è illustrata in tabella 1. Maschi e femmine sono ugualmente rappresentati (239 e 214, rispettivamente), mentre 207 pazienti su 453 (45,7%) sono pediatrici (età <15 anni).

Tabella 1. Distribuzione per età e sesso.
Table 1. Distribution by age group and sex.

 

Le comorbidità sono presenti in gran parte nei soggetti di età >54 anni e la più frequente è l’ipertensione (41,7% dei soggetti ultra 54enni, pari a 35 soggetti), seguita dalla malattia ischemica (19,0%), dall’asma (15,5%) e dal diabete (13,1%). Terapie farmacologiche con broncodilatatori e cortisonici sono segnalate in tutte le fasce d’età, mentre l’uso degli antipertensivi e delle statine coinvolge soprattutto le età più avanzate (tabella 2). La tabella 3 riporta l’adesione a ciascuna delle raccomandazioni della linea guida, all’arruolamento e dopo 5 giorni di follow-up. A parte l’irrilevanza d’uso dei test diagnostici rapidi (i due soggetti ai quali sono stati somministrati erano di età pari a 2 e 3 anni) e degli antivirali (utilizzati in due soggetti di 27 e 73 anni), emerge un ampio ricorso agli antinfiammatoriantipiretici in tutte le fasce d’età, soprattutto nei primi giorni di malattia. Il paracetamolo è il principio più usato sia alla data del primo contatto (90,6% degli utilizzatori), sia a distanza di 5 giorni (81,8% degli utilizzatori), mentre il raro ricorso all’acido acetilsalicilico è riservato a 9 soggetti adulti, di cui due ipertesi, al momento dell’arruolamento (dati non mostrati). Rilevante invece è stato il ricorso all’uso di antibiotici, che le raccomandazioni del documento sulla gestione della sindrome influenzale non contemplavano, a meno che non vi fossero ragionevoli sospetti di complicanze batteriche. Complessivamente, il 32,1% del campione (149/464) usa antibiotici in corso di sindrome influenzale (per due utilizzatori manca l’informazione relativa all’età). L’uso è più elevato nei bambini e negli anziani (<15 anni e >54 anni) sia all’arruolamento, laddove il 22% dei minori di 15 anni e il 29,8% dei maggiori di 54 anni usa antibiotici, contro l’8,6 dei soggetti in età 15-54 anni, sia al follow-up (26,3% nei <15 anni, 11,9% nei >54 anni e 6,7% nei soggetti di età compresa fra 15 e 54 anni). Mentre gli adulti risultano utilizzare tali farmaci più spesso all’arruolamento (15,8%) che al follow-up (8,2%), l’inverso accade per i pazienti pediatrici (22,0% vs. 26,3%). L’amoxicillina e i macrolidi sono i principi attivi largamente più utilizzati. La giustificazione all’uso di antibiotici in funzione della presenza di patologie che potrebbero predisporre all’insorgenza di complicanze batteriche è documentata in tabella 4 per le prescrizioni effettuate al momento dell’arruolamento e in tabella 5 per quelle fatte a distanza di 5 giorni dal primo contatto. In età pediatrica il ricorso agli antibiotici non sembra associato ad alcuna comorbidità; ciò deriva soprattutto dalla bassa prevalenza di malattie croniche associate e dall’esiguo numero di bambini nel campione studiato. In età adulta, invece, la presenza di ognuna delle comorbidità rilevate aumenta la probabilità di ricevere una prescrizione di antibiotico. L’asma e il diabete sono le condizioni che mostrano l’associazione più forte; nel caso dell’asma, l’eterogeneità degli odds nelle tre fasce d’età suggerisce un fenomeno di interazione che sembra aumentare la probabilità di copertura antibiotica in soggetti anziani con malattia respiratoria cronica. Al follow-up gli odds di uso di antibiotici per ciascuna comorbidità oscillano più ampiamente, ma confermano la direzione dell’associazione. In assenza di comorbidità i determinanti d’uso degli antibiotici sono invece la persistenza della febbre/sintomatologia, l’intensità dei sintomi all’esordio, la gravità della condizione e l’automedicazione. Nei pazienti pediatrici la metà degli utilizzatori di antibiotici li assume tardivamente con la motivazione che la febbre non passa o che i sintomi si sono aggravati. Il ricorso all’ospedalizzazione, infine, è riservato a 7 pazienti (3 all’esordio e 4 dopo 5 giorni di follow-up), riguarda in 4 casi soggetti in età infantile ed è giustificato dall’aggravamento delle condizioni cliniche e dal sospetto di una infezione delle basse vie.

Tabella 2. Distribuzione per età, comorbidità e uso di farmaci.
Table 2. Distribution by age group, comorbidities and relevant therapies.
 

Tabella 3. Raccomandazioni per la gestione della sindrome influenzale. Uso dei test rapidi, uso di antivirali, di antipiretici/antinfiammatori, di antibiotici e ricorso all’ospedalizzazione.
Table 3. Recommendations for the management of influenza-like syndrome. Use of quick tests, use of antiviral, antipyretic/anti-inflammatory drugs, use of antibiotics and hospitalization.

La gestione della sindrome influenzale. Raccomandazioni
The management of influenza-like syndrome. Recommendations

Diagnosi
• Non è raccomandato l’uso di routine dei test rapidi per la diagnosi di influenza:
la capacità predittiva è bassa e le ricadute nella pratica clinica sono irrilevanti
Antivirali
• Non è raccomandato in condizioni di routine l’uso di amantadina e rimantadina
• Non sono raccomandati gli inibitori delle neuraminidasi
Antibiotici
• Non è raccomandato l’uso degli antibiotici nella sindrome influenzale senza complicanze
Antinfiammatori/Antipiretici
• Il paracetamolo e l’ibuprofene sono utilizzabili per il trattamento al bisogno della febbre e della sintomatologia dolorosa del bambino
• Il paracetamolo, l’ibuprofene e il diclofenac sono utilizzabili per il trattamento al bisogno della febbre e della sintomatologia dolorosa dell’adulto
• Per i soggetti ad aumentato rischio cardiovascolare è raccomandato l’incremento di dosaggio di acido acetilsalicilico per i soggetti già in trattamento e l’uso di naprossene per i soggetti non in trattamento
Ospedalizzazione *
• Per gli adulti, l’età >65 anni e lo stato di gravidanza devono essere tenuti in considerazione nei casi a decorso complicato, insieme a criteri clinici e a dati di laboratorio
• Per i bambini non esistono indicazioni specifiche in rapporto all’età. Sono invece richieste indagini clinico-strumentali e valutazioni della presenza di comorbidità


* Il testo completo delle raccomandazioni è disponibile all’indirizzo: http://www.snlg-iss.it/lgn_influenza_2008
* The full text of recommendations is available on the SNLG website: http://www.snlg-iss.it/lgn_influenza_2008

Tabella 4. Raccomandazioni per la gestione della sindrome influenzale. Odds ratio di uso di antibiotici per comorbidità. Primo contatto.*
Table 4. Recommendations for the management of influenza-like syndrome. Odds ratio of the use of antibiotics by comorbidity. First contact.*

Tabella 5. Raccomandazioni per la gestione della sindrome influenzale. Odds Ratio di uso di antibiotici per comorbidità. Follow-up (5 giorni).*
Table 5. Recommendations for the management of influenza-like syndrome. Odds ratio of the use of antibiotics by comorbidity. Follow-up (5 days).*

Discussione e conclusioni

La linea guida su «La gestione della sindrome influenzale» è stata redatta nel rispetto di requisiti metodologici condivisi dalla comunità scientifica nazionale e internazionale.12 La multidisciplinarietà del panel, che è uno di tali requisiti, ha assicurato la partecipazione, tra gli altri, anche di specialisti in pediatria e di medici di medicina generale, i quali hanno contribuito alla definizione dei quesiti clinici e hanno partecipato alla condivisione di quanto emerso dall’analisi della letteratura scientifica. La valutazione di trasferibilità, infatti, fa emergere un sostanziale accordo tra la pratica clinica e le raccomandazioni, almeno limitatamente ad alcune di queste. In particolare, l’uso di antivirali risulta molto limitato, mentre il paracetamolo sembra essere il principio attivo più utilizzato nel trattamento della febbre e della sintomatologia dolorosa del bambino e dell’adulto. Anche i pochi casi di uso di acido acetilsalicilico sono in parte giustificati dalla presenza di una comorbidità cardiovascolare. Relativamente all’impiego dei test diagnostici rapidi, non raccomandati a causa della scarsa validità e dell’assenza di ricadute nella pratica clinica, l’indagine segnala un uso irrilevante (2 soggetti su 464, pari allo 0,4 %). Il documento, inoltre, non raccomanda l’uso di antibiotici nella sindrome influenzale. Gli studi a supporto dell’impiego di antibiotici, infatti, sono stati criticati perché basati su outcome irrilevanti (es: riduzione della durata della febbre), perché mostravano un numero necessario da trattare (NNT) molto elevato a causa del basso rischio di base, oppure perché le popolazioni arruolate spesso comprendevano soggetti con sindrome influenzale per i quali era dimostrata la presenza di complicanze di origine batterica all’arruolamento.13-14 Questo studio mostra, invece, che più del 30% dei medici usa antibiotici in corso di sindrome influenzale. Il fenomeno è ben conosciuto, dal momento che a livello territoriale gli antimicrobici costituiscono la terza classe di farmaci per spesa totale. Secondo il rapporto dell’Osservatorio nazionale sull’impiego dei medicinali (OsMed),15 nell’anno 2008 la prescrizione aumenta del 2,6% rispetto al 2007, con ampie variabilità regionali (da 12,8 DDD/1.000 abitanti nella Provincia autonoma di Bolzano, a 34,2 DDD/1.000 abitanti in Campania) e i determinanti di tale tendenza sono da ricercarsi in ambito extraclinico (rapporto medico-paziente, sistemi di incentivazione ecc.). L’Italia si colloca inoltre al quarto posto in Europa per consumo di antibiotici, secondo quanto riportato dal-l’European surveillance of antimicrobial consumption.16 La quota di prescrizioni risultate dalla nostra indagine è tuttavia rilevante, e anche ipotizzando un ampio margine di inappropriatezza, deve essere oggetto di riflessione. Emerge innanzitutto un’associazione tra uso di antibiotici ed età che mostra come il ricorso a tali farmaci avvenga soprattutto nelle età estreme, ritenute più vulnerabili. Un fenomeno che si osserva sia all’arruolamento, sia al follow-up. Un altro determinante di uso di antibiotici è rappresentato, tra gli adulti, dalla presenza di comorbidità. Gli odds di uso, in rapporto alla presenza di patologie rilevanti, evidenziano associazioni con l’asma, il diabete e l’ipertensione e suggeriscono fenomeni di interazione tra le comorbidità e l’età che non riescono a ottenere una dimostrazione statistica per questioni di numerosità campionaria. L’unico risultato di rilievo evidenziato a 5 giorni di distanza dall’arruolamento è rappresentato dalla forte associazione tra ulcera peptica e uso tardivo di antibiotici in soggetti maggiori di 54 anni. Il fenomeno sembra il risultato di una selezione di pazienti per i quali la terapia antibiotica, anche se indicata, è stata rinviata il più possibile proprio a causa della patologia gastrica. Tale inferenza, anche se basata su numerosità campionarie piuttosto esigue (59 soggetti, di cui 4 portatori di ulcera), sarebbe corroborata dall’osservazione dell’OR all’arruolamento, che mostra come la presenza di ulcera riduca, inizialmente, la probabilità di uso di antibiotici (OR=0,57). Una valutazione complessiva dei risultati dell’audit sembra suggerire che una raccomandazione di comportamento medio al non uso degli antibiotici si è rivelata insufficiente a guidare il comportamento del medico in due scenari clinici specifici e relativamente frequenti, quali la presenza di co-morbidità, soprattutto negli anziani, e la persistenza della febbre, soprattutto nei bambini. Emerge in definitiva, per la raccomandazione relativa agli antibiotici, la necessità di articolare il set delle raccomandazioni per scenari che è ragionevole aspettarsi nel corso della normale pratica clinica, evitando di formulare indicazioni di comportamenti «medi», che risultano insufficienti a guidare la decisione in sottogruppi dove il profilo beneficio/rischio si potrebbe modificare per il più elevato rischio di base. L’esigenza di moltiplicare le raccomandazioni, ricercando l’appropriatezza per specifici sottogruppi di pazienti o per specifiche circostanze cliniche, probabilmente è alla base dell’aumento del numero medio di raccomandazioni segnalato da Tricoci quale caratteristica delle più recenti linee guida in materia di cardiologia.17 Descrivendo l’evoluzione dei documenti prodotti dall’American College of Cardiology (ACC) e dall’American Heart Association (AHA), l’autore segnala appunto un progressivo aumento del numero di raccomandazioni (valutato come differenza tra gli ultimi aggiornamenti e le precedenti versioni di ciascuna linea guida) e una progressiva riduzione della loro forza. L’editoriale di accompagnamento a tale articolo prende spunto dai risultati dell’indagine per lanciare una critica alle linee guida e suggerire la necessità, per il clinico, di ritornare a utilizzare la ricerca primaria quale fonte per il proprio aggiornamento.18 A parte l’incontestabilità e la condivisibilità di alcune osservazioni (es: la sovrapproduzione di linee guida e l’annoso problema del conflitto di interessi), ci sembra che i risultati dell’indagine di Tricoci suggeriscano invece una tendenza, in materia di metodologia di sviluppo delle linee guida, che tende ad avvicinare tali documenti alla pratica clinica attraverso la formulazione di raccomandazioni articolate per specifici scenari clinici. È evidente che la nuova tendenza produce come effetto collaterale la riduzione di forza delle raccomandazioni, dal momento che particolari sottogruppi di pazienti sono più difficilmente rappresentati negli studi clinici su cui le raccomandazioni stesse si basano.
Ne deriva pertanto non la necessità, per il clinico, di rivolgersi alla ricerca primaria per perfezionare la sua formazione e ottenere informazioni aggiornate in materia di appropriatezza, bensì la necessità di ripensare la ricerca, avvicinandola alla pratica clinica. Esigenza che è interpretata e supportata dal nascente interesse per la comparative effectiveness research (CRR),19-20 il cui obiettivo primario consiste proprio nel colmare il divario esistente tra ricerca e pratica, rivalutando quest’ultima attraverso lo sviluppo di una ricerca che confronti benefici e rischi di procedure alternative di prevenzione, diagnosi e cura. La nostra indagine ha permesso in definitiva di identificare i punti deboli della linea guida, più che gli ostacoli alla sua implementazione. Le raccomandazioni di comportamento medio, in molte situazioni, non sono probabilmente sufficienti per i destina-tari di tali documenti, che richiedono invece un contributo alla soluzione di quesiti clinici più specifici. Si impone quindi la necessità di porre più attenzione al processo di formulazione dei quesiti, che potrebbe forse giovarsi di indagini qualitative preliminari che coinvolgano i futuri utilizzatori delle raccomandazioni. Una ricognizione preliminare sui problemi clinici che più frequentemente si trova ad affrontare un MMG o un PLS, infatti, avrebbe forse consentito la redazione di un documento che, oltre a fornire indicazioni generali, avrebbe risposto più puntualmente ai bisogni dei suoi destinatari. Il coinvolgimento dei pazienti nel percorso di stesura del documento (oltre che in quello di implementazione), inoltre, avrebbe forse consentito il recupero di quel margine di inappropriatezza spiegato da un atteggiamento prescrittivo «indulgente» da parte dei clinici, adottato per non frustrare le aspettative dei pazienti. Tale possibilità non è escludibile a priori ed è, nel nostro studio, indirettamente documentata dal ricorso all’autoprescrizione. L’arruolamento su base volontaria del campione di MMG e PLS, infine, rappresenta senz’altro un limite del nostro lavoro ed è ragionevole supporre che siano stati selezionati gli operatori più inclini al rispetto delle raccomandazioni perché più sensibili al discorso dell’evidence based medicine. La trasferibilità ne risulta quindi, a nostro avviso, sovrastimata, tendendo a sottodimensionare i comportamenti inappropriati e a porre in luce il colmabile divario tra una linea guida e la pratica clinica.

Ringraziamenti: i questionari sono stati compilati dai seguenti medici di medicina generale e pediatri di libera scelta delle ASL 6 di Livorno (1) e Salerno 1 di Nocera Inferiore (2): Agresta Gilda (2), Alfano Maria Rosaria (2), Angeletti Massimo (1), Antonini Andrea (1), Bardi Walter (1), Bechi Laura (1), Bigazzi Fabrizio (1), Casini Sandro (1), Cecioni Paolo (1), Centini Roberto (1), Chistoni Valerio (1), Ciangherotti Andrea (1), Cognetta Pasquale (1), Donati Francesco (1), Faccendoni Patrizia (1), Fasolino Antonio (2), Fossi Alessandro (1), Fulceri Alessandro (1), Giannardi Ivo (1), Landi Ivano (1), Legitimo Pier Carla (1), Lessi Massimo (1), Matteozzi Francesco (1), Micheli Riccardo (1), Pagli Giovanni (1), Riggio Enza (1), Rosellini Giulio (1), Salsano Mario (2), Samaritani Dino (1), Sessa Giuseppina (2), Silvi Giovanni (1), Spataro Mario (1), Tiso Gerardo (1), Tognoni Sergio (1), Verga Maria Carmela (2), Viaggiano Domenico (2) Il data entry è stato effettuato da: Cavallaro Michele (2) e Delarre Sylvie (2) La disseminazione della linea guida e la raccolta dei questionari per la zona sud dell’ASL 6 di Livorno è stata effettuata dalla dott.ssa Donatella Pagliacci (1).

Conflitti di interesse: nessuno

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