La sorveglianza sanitaria dei soggetti con pregressa esposizione professionale ad amianto: l’esperienza dell’AUSL Messina 5
Introduzione
Nell’ambito del progetto «Studi di coorte nelle aree ad elevato rischio ambientale in Sicilia», nato dalla collaborazione tra Organizzazione mondiale della sanità (OMS) e Istituto superiore di sanità (ISS), un gruppo di lavoro costituito nel 2007, formato da ricercatori dell’ISS e operatori sanitari dell’Azienda unità sanitaria locale Messina 5 (AUSL ME5), ha preso in considerazione le problematiche emerse durante lo svolgimento del programma di sorveglianza sanitaria dedicato agli ex lavoratori dell’azienda Sacelit di San Filippo del Mela (Me), azienda produttrice di manufatti in cemento-amianto. Il programma, avviato dal 2003, è stato gestito dal personale della AUSL ME5; la collaborazione con i ricercatori dell’ISS ha condotto alla messa a punto di un piano di attività per gli anni successivi, che si ritiene potrà essere utilizzato come riferimento per eventuali azioni che la AUSL ME5 dovesse intraprendere per altri settori produttivi che abbiano utilizzato amianto. Si ritiene che le modalità operative previste possano costituire un utile spunto di riflessione in altri contesti siciliani che abbiano ospitato importanti aziende dello stesso comparto, per esempio la città di Siracusa, sede di uno stabilimento Eternit, ove è stata riscontrata un’elevata mortalità per tumore maligno della pleura (negli uomini: SMR=234, IC 95%: 128-392, 6 casi attesi; nelle donne: SMR=213, IC 95%: 78464, 3 casi attesi; anni 1995-2000).1 Nella cornice dello stesso progetto di ricerca l’ISS ha condotto uno studio epidemiologico sulla mortalità e morbosità della coorte degli ex lavoratori della stessa azienda messinese, al quale si rimanda per la descrizione dell’azienda Sacelit.2
La Sacelit
Lo stabilimento, attivo dal 1958 al 1993, produceva manufatti in cemento-amianto, usando diversi tipi di amianto. Fino alla seconda metà degli anni Settanta non erano disponibili mezzi di protezione ambientale e individuale. La pulizia manuale dei tubi dai residui della lavorazione veniva effettuata senza aspiratori. Alcuni degli operatori consumavano il proprio pasto direttamente sul luogo di lavoro. Intorno al 1975 l’impianto di disintegrazione venne rimodernato e trasferito in un capannone adiacente a quello della produzione; in corrispondenza delle postazioni di apertura dei sacchi furono installati degli aspiratori. Si procedette all’automazione del processo di pesatura e di immissione del materiale nel mescolatore; nel passaggio dal serbatoio alla bilancia spesso si verificavano degli intasamenti e si provvedeva manualmente allo svuotamento della condotta. Le pulizie degli ambienti di lavoro e dei locali esterni non furono più effettuate a mano ma con una scopatrice elettrica a carrello. Viene riferito che, migliorando la manutenzione e la pulizia, migliorò anche la qualità dell’ambiente; il ricambio dell’aria nel reparto produzione continuò a essere effettuato esclusivamente con l’apertura di porte e finestre. Nel 1984 furono installati i mezzi per una ventilazione forzata. Non sono disponibili dati sull’esposizione ad amianto fino al 1975, epoca in cui iniziò l’attività di monitoraggio ambientale: le informazioni sui quantitativi di amianto utilizzati giornalmente nello stabilimento, circa 82 quintali di amianto miscelati con approssimativamente 760 quintali di cemento in proporzione variabile a seconda delle caratteristiche tecniche del prodotto finito (tabella 1), inducono a ritenere che l’esposizione professionale sia stata non trascurabile.
Materiali e metodi
L’AUSL ME5 e la sorveglianza sanitaria
A seguito dei contatti intercorsi con il Comitato permanente ex esposti amianto e ambiente, formato dagli ex lavoratori del-l’azienda, l’AUSL ME5 dal 2004 ha gestito la sorveglianza sanitaria per gli ex esposti ad amianto e i loro familiari conviventi, sulla base di un elenco nominativo preparato dallo stesso comitato. L’attività ha coinvolto 378 soggetti, 119 ex dipendenti e 259 familiari conviventi (dati aggiornati al novembre 2008). Il team sanitario era composto dal responsabile del poliambulatorio, un medico igienista, un medico del lavoro, uno pneumologo, due radiologi per la radiografia convenzionale, tre per la tomografia computerizzata (TC), un’infermiera professionale, un’assistente sanitaria, un’assistente sociale. La sorveglianza prevedeva esami ematochimici, ematologici e urinari, visita medica pneumologica, prove di funzionalità respiratoria, emogasanalisi arteriosa, radiografia (proiezioni postero-anteriore e latero-laterale) e TC del torace senza mezzo di contrasto. I dati anamnestici, occupazionali, clinici e i risultati degli esami effettuati sono stati registrati su una cartella clinica preparata dall’AUSL ME5 e informatizzati. A ogni partecipante è stato consegnato il risultato degli accertamenti effettuati, con le conclusioni diagnostiche e i recapiti dei responsabili sanitari ai quali potersi rivolgere per eventuali dubbi o chiarimenti. Ogni soggetto è stato sottoposto nel tempo almeno a due serie di controlli sanitari, in casi particolari il numero dei controlli è stato più elevato. Nei casi di sospetta malattia professionale è stato avviato l’iter burocratico presso l’INAIL.
Tabella 1. Quantità e tipo di amianto utilizzato.
Table 1. Quantity and type of asbestos used.
Risultati
L’impatto dell’esposizione all’amianto sugli ex lavoratori
L’INAIL ha riconosciuto 45 invalidità per esposizione ad amianto tra i lavoratori della Sacelit: placche pleuriche (35 casi), asbestosi (9 casi), mesotelioma pleurico (1 caso). In undici lavoratori erano state accertate altre invalidità per patologie respiratorie (nove silicosi, due bronchiti croniche). Sono in corso le procedure per il riconoscimento delle patologie professionali in altri undici soggetti (dati aggiornati al mese di luglio 2009, forniti dal comitato). Lo studio epidemiologico condotto dall’ISS sulla coorte dei lavoratori della Sacelit per la valutazione della mortalità per patologie asbesto-correlate (tumore maligno del polmone, mesotelioma pleurico e peritoneale, asbestosi) e dell’incidenza di mesotelioma2 ha riguardato i 198 soggetti segnalati dal comitato per i quali erano disponibili i dati anagrafici. Lo studio ha fornito i seguenti risultati:
- l’indagine sulla mortalità ha evidenziato, per il periodo di follow-up dall’1.1.1986 al 31.3.2009, un eccesso tra gli uomini per le patologie esaminate rispetto ai tassi della popolazione regionale; non risultano donne decedute per cause asbesto-correlate;
- il Centro operativo regionale del Registro nazionale dei mesoteliomi ha individuato tra i soggetti della coorte, nel periodo dall’1.1.1998 al 26.9.2008, 4 casi di mesotelioma (SIR= 251, IC 95%: 68,4-643), dei quali 3 negli uomini, pari a un SIR di 193 (IC 95%: 39,8-565) rispetto alla popolazione regionale, e uno nelle donne (rispetto a nessun caso atteso). Per ulteriori dettagli sullo studio di coorte si rimanda al contributo di Fazzo e collaboratori (pagina xx di questo volume).2
La collaborazione ISS-AUSL ME5
Il gruppo di lavoro AUSL ME5–ISS ha scelto di focalizzare la sua attenzione sulle linee di sviluppo dell’attività in corso, programmando un calendario di incontri per discutere l’intera struttura del lavoro in via di svolgimento, per valutare le difficoltà emerse negli anni precedenti e mettere a punto un documento congiunto che potesse rappresentare una base per il prosieguo di quanto intrapreso. Sono stati oggetto di discussione gli eventi sanitari di interesse, le loro caratteristiche, le definizioni operative, la comunicazione ai soggetti di scopi e contenuti del programma, i criteri di scelta degli accertamenti (primo e secondo livello), i requisiti minimi, se utilizzati, per la scelta della strumentazione diagnostica (in particolare per la radiologia e la fisiopatologia respiratoria), i rapporti con i medici curanti. Il paragrafo successivo è tratto dal protocollo sanitario prodotto dal lavoro congiunto, e ne riporta i punti salienti.
Il protocollo sanitario
La sorveglianza sanitaria non ha tra i suoi scopi la produzione di nuove conoscenze scientifiche, né può adottare accertamenti la cui finalità non sia già stata documentata dalla letteratura scientifica come conforme agli scopi del programma; pertanto, un piano di sorveglianza deve essere interamente fondato sulle evidenze scientifiche disponibili e sugli standard internazionali esistenti. È doveroso che in primo luogo i responsabili di un programma di sorveglianza sanitaria, come di una qualsiasi attività di sanità pubblica, identifichino, esplicitino e motivino gli obiettivi del programma. La definizione delle finalità determina e condiziona contenuti e modalità di attuazione del programma. L’intera attività dovrà essere coerente con gli scopi dichiarati, che vanno presentati e discussi con i diretti interessati. Solo il rispetto di questi criteri ne consentirà l’utilizzabilità in contesti analoghi. È essenziale chiarire e comunicare ai soggetti che parteciperanno al programma che la prevenzione oncologica basata sulla diagnosi precoce non fa parte degli obiettivi del piano poiché, per quanto riguarda sia il tumore del polmone sia il mesotelioma, non è stata dimostrata l’efficacia di alcun tipo di screening.3-5 Ogni aspetto del piano andrà preventivamente definito: i criteri di reclutamento dei soggetti, le patologie di interesse, i tempi di attuazione, la frequenza e la tipologia degli accertamenti di primo e di secondo livello per eventuali approfondimenti, le strutture sanitarie, le modalità di comunicazione di contenuti e risultati, il ruolo dei medici curanti, gli aspetti medico legali per i quadri suggestivi di patologia professionale. Durante la definizione del piano è da considerare un’attenta valutazione di fattibilità, individuando le risorse necessarie, in termini di personale, competenze, strumentazioni e un’idonea organizzazione del lavoro. Il personale dovrà conoscere le tematiche mediche relative al-l’esposizione ad amianto, possedere le competenze adeguate per eseguire e interpretare i controlli sanitari, fornire tutte le informazioni richieste dai partecipanti. A titolo esemplificativo, le figure essenziali possono essere ragionevolmente ritenute lo pneumologo, il radiologo, l’anatomopatologo, il chirurgo, l’oncologo e il personale tecnico necessario per gli accertamenti previsti. È molto importante il collegamento con centri specializzati per la gestione delle neoplasie. Il mesotelioma, in particolare, estremamente raro nella popolazione generale e quindi spesso poco conosciuto, andrebbe indirizzato presso strutture adeguate. Tutta l’attività deve essere informatizzata: i dati individuali, anamnestici, clinici, i risultati degli accertamenti, andranno inseriti in un database creato ad hoc. Il lavoro sarà facilitato se verranno utilizzati moduli per la raccolta delle informazioni, e previste per esempio modalità di refertazione schematiche, che renderanno più agevole il loro input e, durante o successivamente al lavoro, la loro lettura, la comparazione intra- e interindividuale, come pure il confronto con attività analoghe condotte in altri contesti. Per questa ragione l’effettuazione e la refertazione di esami per i quali già esistono linee guida internazionali (prove di funzionalità respiratoria, radiografie del torace per la ricerca delle pneumoconiosi) non potranno seguire altri criteri. Le linee guida dovranno essere note agli operatori sanitari, che a esse dovranno attenersi. Dal momento che durante il programma di sorveglianza sanitaria i partecipanti possono presentare sintomi respiratori non necessariamente dovuti alla loro pregressa esposizione professionale ad amianto, o avere la necessità di gestire patologie intercorrenti (per esempio bronchiti) potenzialmente in grado di aggravare un quadro di funzionalità respiratoria parzialmente compromesso, è importante che vi sia un rapporto permanente, informativo e formativo con i medici curanti dei soggetti sorvegliati. I medici di famiglia sono in contatto con i partecipanti al programma, anche nel tempo che intercorre tra un controllo e il successivo: sono il primo punto di riferimento per la valutazione di una sintomatologia sospetta correlabile alla pregressa esposizione ad amianto, e hanno la possibilità di escludere la necessità per un soggetto che presenti una sintomatologia o patologia non correlata all’amianto di rivolgersi alla struttura sanitaria che gestisce il programma. Andrebbe mantenuto un contatto periodico con i medici di medicina generale, utilizzando gli strumenti ritenuti più utili (per esempio lettere, posta elettronica, incontri). I sanitari, tenuti al corrente dell’attività in corso, riceverebbero informazioni sullo stato di salute dei loro assistiti, e vedrebbero evidenziata l’utilità del loro contributo. I contenuti minimi del programma di sorveglianza sanitaria possono essere così sintetizzati: visita medica, prove di funzionalità respiratoria (curva flusso/volume, diffusione polmonare per il monossido di carbonio), radiografia del torace, programma per la cessazione dell’abitudine al fumo, piano di gestione di situazioni meritevoli di approfondimento, vaccinazioni antipneumococcica e antinfluenzale.6 Per i primi tre punti si ritiene ragionevole una cadenza quinquennale. Effettuato il primo controllo, saranno possibili diverse opzioni, a seconda delle caratteristiche individuali e dei risultati ottenuti: per il soggetto con esami negativi per patologie asbesto-correlate, e trascorso un tempo sufficientemente lungo dalla prima esposizione, non dovrebbero essere previsti ulteriori controlli. In caso di sintomatologia di interesse, come definita dai responsabili scientifici dell’attività, il riferimento sarà il medico curante che provvederà, se necessario, a inviare nuovamente il soggetto alla struttura sanitaria che gestisce il programma. I dati anamnestici e sanitari raccolti durante la fase iniziale della sorveglianza e in occasione di eventuali accertamenti successivi (anche con risultato negativo) resteranno nella banca dati. In caso di negatività degli accertamenti, e con un tempo trascorso dalla prima esposizione non elevato, il lavoratore dovrebbe ripetere i controlli a cinque anni dall’ingresso nel programma. In tema di sintomatologia intercorrente, vale quanto detto sopra in riferimento al ruolo del medico curante. Il lavoratore con esami positivi per asbestosi andrebbe vaccinato annualmente contro l’influenza e dovrebbe ricevere la vaccinazione antipneumococcica, al fine di contrastare peggioramenti del quadro funzionale respiratorio da patologie infettive, ed essere sottoposto ai controlli previsti dal programma con cadenza quinquennale. La sorveglianza sanitaria andrebbe comunque sospesa al raggiungimento di un’età sufficientemente avanzata.6 Un programma di sorveglianza sanitaria che includa esami radiologici del torace può evidenziare quadri che richiedano approfondimenti diagnostici, come nel caso dell’identificazione di lesioni nodulari polmonari. Tale possibilità deve essere prevista al momento della stesura del programma di sorveglianza, identificando le strutture in grado di gestire tali approfondimenti, e definendo le procedure idonee a gestire tutto il percorso di approfondimento previsto sino alla completa definizione diagnostica e terapeutica. Un accordo con tali strutture andrebbe siglato in fase di programmazione dell’attività, inserendolo nel protocollo della sorveglianza. In riferimento al mesotelioma è particolarmente importante identificare strutture e professionalità in possesso di sufficiente esperienza in merito.7 Andrebbe prevista l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria (ticket) per tutte le prestazioni previste dal programma e per gli eventuali accertamenti di secondo livello. Per la riduzione individuale della possibilità di contrarre una neoplasia polmonare, e per un rallentamento del deterioramento della funzionalità polmonare, è considerata utile la sospensione dell’abitudine al fumo. In genere, per un’efficace riduzione viene in genere fornita una consulenza da parte di operatori dotati di una formazione specifica. Andrebbe identificato un centro che offra tale servizio,8 oppure andrebbero prese in considerazione le possibilità formative per il proprio personale. Tutte le attività afferenti al programma di sorveglianza dovranno rispondere a standard predefiniti e costanti nel lavoro; la raccolta dei dati, la gestione e l’archiviazione devono avvenire secondo procedure codificate. Gli accertamenti, la lettura dei risultati saranno in linea con procedure codificate e validate dalla letteratura scientifica. Oltre a rappresentare una garanzia di qualità del dato, questo permetterà nel tempo il raffronto dei risultati, garantendo l’omogeneità e riducendo la variabilità dei risultati tra operatori diversi e nelle diverse fasi temporali del programma. Dovrebbe inoltre rimanere traccia delle decisioni prese durante lo svolgimento del programma, anche al fine, in caso di necessità, di consentire a terzi di ricostruire e comprendere quanto è stato fatto. La strumentazione in dotazione agli operatori dovrà essere mantenuta in ottime condizioni, e possedere i requisiti previsti dalle linee guida esistenti,9,10 per una garanzia di qualità dei dati. Anche per la refertazione andranno utilizzati criteri predefiniti e validati: ciò consentirà un’appropriata valutazione del-l’andamento dei fenomeni patologici di interesse nel tempo, l’utilizzo dei dati raccolti anche ai fini della comunicazione scientifica. I partecipanti al protocollo di sorveglianza dovrebbero ricevere informazioni chiare e comprensibili sugli scopi e i contenuti del programma: ciò consente la possibilità di far emergere le aspettative degli utenti, di ridurre la possibilità di fraintendimenti al riguardo e facilita un rapporto stabile di fiducia verso l’istituzione e il personale che propone i controlli. I medici di famiglia sono una valida risorsa per il buon esito del programma per le ragioni già discusse, alle quali va aggiunto il loro ruolo di educatori per l’adozione di misure igienico-sanitarie e comportamentali utili. La comunità scientifica può essere informata attraverso un’eventuale pubblicazione. L’intero programma dovrà essere rivisto periodicamente, alla luce delle caratteristiche della popolazione seguita e dell’evolversi delle conoscenze scientifiche. Ogni cambiamento significativo dovrà essere comunicato agli interessati.
Il contesto nazionale
In Europa l’utilizzo prevalente (85-90%) dell’amianto è attribuito all’industria del cemento-amianto, e in molti Paesi le autorità sanitarie hanno avviato iniziative per la gestione degli ex esposti.11 La produzione di manufatti in Italia ha annoverato circa 9.000 addetti. In generale, la descrizione dell’ambiente e delle procedure di lavoro dell’azienda Sacelit rispecchia quanto osservato nell’intero comparto, soprattutto nell’assenza, sino agli anni Settanta, di misure di contenimento dell’esposizione a polveri e fibre. In molti casi è stata documentata la realizzazione di discariche di fortuna e la dismissione accessibile al pubblico di residui di lavorazione contenenti amianto, scarti di produzione e altri materiali contaminati. I livelli di esposizione professionale in questo comparto sono stati generalmente elevati, come evidenziato dagli studi che hanno osservato eccessi di tumori maligni della pleura, di tumori polmonari in molti dei gruppi studiati, di decessi per asbestosi.12 In Italia la sorveglianza sanitaria degli ex esposti ad amianto è prevista dal Decreto legislativo n. 257 del 25 luglio 2006 che, tra l’altro, ne stabilisce la prosecuzione anche dopo la cessazione dell’esposizione ad amianto.13 In alcuni casi le Regioni hanno formulato atti di indirizzo con finalità, in generale, di informazione sul rischio agli ex esposti, creazione di elenchi nominativi, offerta di strategie anti-fumo di sigaretta, controlli sanitari.
La Regione Toscana ha emanato linee di indirizzo per la gestione degli esposti ed ex esposti per ragioni professionali ad agenti cancerogeni, amianto incluso.14,15 La Regione ha un ruolo generale di indirizzo, fornisce indicazioni sui centri di riferimento; i Servizi pubblici di prevenzione (SPP) hanno compiti di coordinamento, organizzazione e realizzazione delle attività previste; i medici di base monitorano lo stato di salute dei propri assistiti e forniscono un counselling per la cessazione del-l’abitudine al fumo e la riduzione di eventuali altri rischi.
In Emilia-Romagna la Commissione oncologica regionale «Sorveglianza sanitaria ex esposti ad amianto» ha emanato nel 1998 le linee guida regionali,16 che prevedono la stima semiquantitativa dell’esposizione e ha indicato i possibili approfondimenti diagnostici. Il medico fornisce informazioni sulle patologie amianto correlate, sull’importanza della cessazione dell’abitudine al fumo e sulla sospensione dell’esposizione a irritanti delle vie respiratorie. Al soggetto asintomatico viene comunicata la necessità di presentarsi per controlli, in caso di comparsa di sintomi respiratori. Per i soggetti asintomatici, con esposizione pregressa bassa, il programma non prevede accertamenti sanitari. Il soggetto a bassa esposizione, con sintomi respiratori, viene invitato a eseguire accertamenti ed eventuali terapie tramite il medico di base o un sanitario di fiducia. Il soggetto ad alta esposizione, se sintomatico è inviato presso centri qualificati dal Servizio prevenzione igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro (SPISLL); se asintomatico, con un tempo trascorso dalla prima esposizione superiore a 15 anni e privo di radiogrammi recenti (ultimi 2-3 anni), viene sottoposto all’iter diagnostico per l’asbestosi. Il soggetto privo di esami radiologici del torace è sottoposto ad analogo percorso diagnostico anche se presenta un tempo trascorso dalla prima esposizione inferiore ai 15 anni.
La Regione Lombardia ha istituito il «Registro dei lavoratori con esposizione corrente o pregressa all’amianto» e adottato un protocollo operativo per la loro sorveglianza sanitaria,17,18 utilizzando criteri predefiniti per stimare l’entità dell’esposizione. È previsto che le AUSL effettuino la ricerca attiva degli ex esposti che abbiano lavorato in tipologie specifiche di imprese o per specifiche mansioni, anche traendo indicazioni dai dati del Registro mesoteliomi, disponibili per settore produttivo. I soggetti ritenuti potenzialmente esposti verranno convocati per una valutazione dettagliata dell’esposizione e per avere una corretta informazione sugli stili di vita più adeguati, le possibili patologie e i possibili accertamenti previsti dal protocollo di sorveglianza. I soggetti ritenuti esposti, previo loro consenso, verranno inseriti nel Registro degli ex esposti e verrà loro consigliato di rivolgersi all’Unità operativa ospedaliera di medicina del lavoro più vicina, per l’avvio della sorveglianza sanitaria. Anche i lavoratori o ex lavoratori delle categorie elencate, o coloro che ritengano di essere stati esposti sul lavoro, potranno fare richiesta al Dipartimento di prevenzione dell’AUSL per essere inseriti nel Registro degli ex esposti all’amianto e per essere sottoposti a sorveglianza sanitaria. Al riguardo, le AUSL forniranno le informazioni per illustrare le modalità e le procedure da seguire.
Il Friuli-Venezia Giulia ha pubblicato le «Linee guida regionali per la sorveglianza di esposti ed ex esposti ad amianto» nel 2007;19 la sorveglianza è intesa come strumento per l’identificazione di eventuali malattie professionali, per il counselling antitabagico e l’informazione sui rischi da pregressa esposizione ad amianto. Il programma prevede la standardizzazione del-l’attività a livello regionale per consentire un’archiviazione centralizzata dei dati raccolti. Non verranno richiesti ulteriori accertamenti nei casi in cui non vi siano sintomi e non vi siano alterazioni significative. Gli SPISLL assolveranno gli obblighi in materia di segnalazione di sospetta malattia professionale.
La Campania ha elaborato un programma di sorveglianza sanitaria per lavoratori e cittadini con pregressa esposizione ad amianto, affidato ad alcune unità operative, in collaborazione con il Registro mesoteliomi Campania, che gestisce un registro regionale di ex esposti ad amianto.20 È prevista una sorveglianza attiva per esposti a dosi cumulative elevate e una sorveglianza passiva per esposti a dosi cumulative basse. Il Registro mesoteliomi della Campania dovrà garantire l’applicazione di protocolli omogenei nella sorveglianza sanitaria degli ex esposti ad amianto e riceverà i dati raccolti.
La Regione Veneto ha approvato nel luglio 2008 le «Linee guida di sorveglianza sanitaria per esposti ed ex esposti ad amianto». La sorveglianza viene erogata gratuitamente su domanda ed è finalizzata alla diagnosi degli effetti non neoplastici del-l’esposizione ad amianto, con visita medica ed esame della funzionalità respiratoria. Se presente obiettività clinica, si procederà ad accertamenti radiologici e altri accertamenti specialistici. Verranno inoltre organizzati programmi di counselling antifumo e corsi di disassuefazione. Un controllo a tre anni di distanza verrà eseguito su richiesta dell’interessato.21,22 Il Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie (CCM)23 ha di recente individuato nella Regione Piemonte il capofila per il progetto amianto24 al fine, tra l’altro, di elaborare, in collaborazione con l’ISPESL, indicazioni di respiro nazionale per la creazione di liste di esposti ed ex esposti ad amianto.
Conclusioni
Altre aziende dello stesso comparto hanno avuto nel passato un ruolo importante nell’esposizione professionale ad amianto in Sicilia. L’esperienza di San Filippo del Mela potrebbe costituire per le strutture sanitarie siracusane un riferimento per la gestione della sorveglianza sanitaria degli ex esposti ad amianto. Le esperienze delle Regioni mostrano approcci e obiettivi a volte diversi, riflettendo in questo la pluralità di necessità e la disomogeneità dei contesti operativi. Un approccio che conduca a modelli di intervento comparabili è, a parere degli autori, un obiettivo auspicabile. L’azione intrapresa dal CCM e coordinata dalla Regione Piemonte sembra andare in questa direzione.
Conflitti di interesse: nessuno
Ringraziamenti: si ringrazia Salvatore Nania del Comitato permanente ex esposti amianto e ambiente per la significativa collaborazione prestata durante lo svolgimento dell’attività di ricerca.
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