Articoli scientifici
13/12/2011

L’accesso al Pronto Soccorso nella provincia di Reggio Emilia: un confronto tra la popolazione immigrata e italiana

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Introduzione

La provincia di Reggio Emilia è una delle province italiane a maggior presenza di immigrati, con il 12,3% di popolazione straniera residente al 01.01.2010 (ISTAT), di cui l’1,7% proveniente da Paesi a sviluppo avanzato. La struttura per età degli immigrati, che vede una rilevante proporzione di bambini e giovani adulti, e l’eterogeneità delle nazionalità presenti non sono tuttavia differenti dalle caratteristiche del fenomeno immigratorio tipico del nostro Paese. I Paesi maggiormente rappresentati nella provincia di Reggio Emilia sono, nell’ordine, Marocco, Albania, India, Cina, Romania, Pakistan, Ucraina, Tunisia, Ghana, Moldavia.

Il reparto di Pronto Soccorso (PS) è una struttura sanitaria molto utilizzata dalla popolazione immigrata, ma a differenza di altri Paesi dove il fenomeno è stato studiato nelle sue varie dimensioni, in Italia, Paese di più recente immigrazione, sono pochi gli studi che descrivono analiticamente le caratteristiche della domanda di servizio di PS della popolazione immigrata e ne individuano le eventuali differenze all’accesso rispetto alla popolazione locale.

Testi e Ivaldi hanno analizzato le differenze tra italiani e immigrati (regolari e irregolari) in termini di volume di accessi ai PS della regione Liguria in rapporto alla popolazione (tassi di accesso) per l’anno 2005.1 Gli immigrati irregolari sono stati identificati tramite un codice regionale assegnato per le prestazioni sanitarie agli stranieri irregolari e a quelli regolari ma non iscritti al sistema sanitario nazionale. I tassi di utilizzo pro-capite del PS (numero complessivo di prestazioni sul totale della popolazione che ha espresso la domanda) per la popolazione immigrata irregolare sono più alti di quelli ottenuti per la popolazione italiana, mentre i tassi di immigrati regolari e italiani sono simili. Inoltre la frequenza di accesso al PS con codice bianco risulta più alta per gli immigrati. I confronti non sono corretti per la diversa struttura per età delle popolazioni.

Altri studi pubblicati sono relativi a utilizzi del Pronto Soccorso per problemi specifici (psichiatrici,2 salute materno-infantile) o solo in età pediatrica e si propongono principalmente di confrontare italiani e immigrati in termini di caratteristiche degli accessi.

Tra questi, uno studio condotto nei PS dell’AUSL di Cesena negli anni 2002/2004 sulla salute maternoinfantile degli stranieri conclude che i minori accedono al PS più spesso degli italiani, in particolare i bambini nel primo anno di vita. Non ci sono differenze tra le due popolazioni in termini di frequenza di codici bianchi e sono più frequenti gli accessi al PS seguiti da ricovero tra gli immigrati. La prima causa di accesso al PS è genericamente la “malattia”.3

Lo studio di Grassino e coll., condotto nel 2007 in 10 PS pediatrici italiani attraverso una rilevazione ad hoc, evidenzia che i problemi legati all’accesso dei bambini sono prevalentemente non urgenti o semiurgenti, senza differenze tra italiani e immigrati. Le principali cause di accesso in entrambe le popolazioni riguardano patologie respiratorie o gastroenteriche e traumi.4 Lo studio di Rundo e coll., condotto su dati 2008, evidenzia le stesse cause di accesso.5

Nell’analisi della letteratura di autori non italiani ci si è limitati all’analisi di studi europei, per le analogie di organizzazione dei Servizi sanitari in Paesi con sistemi di welfare simili. I lavori considerati rilevano comportamenti diversi della popolazione immigrata nell’utilizzo del PS.

Uno studio condotto a Barcellona nel 2002/2003 da Cots e coll. mostra come gli immigrati adulti, indipendentemente dal Paese di origine, tendano ad accedere di più rispetto alla popolazione spagnola. Gli autori sottolineano che questo è dovuto alla relativa facilità di accesso al PS e alla mancanza di conoscenza del sistema sanitario del Paese ospitante, piuttosto che a condizioni socioeconomiche peggiori.6 Risultati simili emergono da altri studi spagnoli più recenti.7,8 In uno studio condotto a Barcellona nel 2004 si evidenzia invece un accesso meno frequente ai servizi di emergenza da parte della popolazione adulta straniera.9

Anche nel nord Europa emerge un quadro simile rispetto alle differenze tra immigrati e popolazione autoctona. Uno studio condotto in Danimarca nel 1997 ha riscontrato un utilizzo dei servizi di emergenza più elevato per la popolazione immigrata (maggiore di 19 anni) rispetto alla popolazione locale.10 Questi risultati sono confermati da un lavoro analogo condotto nel 1998.11 Un altro studio danese più recente (2004/2005) ha messo in luce un accesso al PS più inappropriato da parte della popolazione immigrata (adulti e bambini) e una conseguente necessità di favorire l’accesso alle cure primarie.12

Infine, in Germania, negli anni 2001/2002, non si osserva una influenza dell’etnia (tedeschi vs turchi/curdi vs altro) sull’utilizzo del PS.13

Parte degli articoli citati sono stati analizzati in una revisione sistematica pubblicata nel 2009 sull’utilizzo dei servizi sanitari da parte degli immigrati in Europa. Per quanto riguarda il PS, gli autori della revisione concludono che sembra esserci una leggera tendenza a tassi di accesso più alti nelle popolazioni immigrate in confronto a quelle autoctone, spesso collegati a un utilizzo inadeguato di altri servizi.14

Nel confrontare questi studi è necessario considerare che hanno caratteristiche diverse tra loro sia in termini di definizione di immigrato sia in termini di dati analizzati. In alcuni casi sono stati raccolti i dati attraverso questionari in altri casi sono state analizzate le banche dati amministrative. Le informazioni a disposizione sono quindi diverse nei vari studi come anche le analisi statistiche condotte.

Per quanto riguarda la situazione italiana, restano domande irrisolte in merito a ciò che caratterizza il ricorso al PS della popolazione immigrata, a eventuali differenze nell’uso di questo servizio rispetto agli italiani e all’appropriatezza del suo utilizzo.

Obiettivo dello studio è confrontare gli accessi ai PS della provincia di Reggio Emilia di italiani e immigrati e monitorarne l’andamento nel tempo, con particolare interesse allo studio degli accessi potenzialmente inappropriati.

Materiali e metodi

In questo studio sono stati considerati italiani anche gli utenti cittadini di un Paese a sviluppo avanzato (PSA), mentre sono stati considerati immigrati coloro con cittadinanza in un Paese a forte pressione migratoria (PFPM) in accordo con le indicazioni del progetto nazionale “Promozione della salute della popolazione immigrata in Italia. Accordo Ministero della salute/CCMRegione Marche”.15

Nelle analisi sono stati considerati italiani e immigrati residenti a Reggio Emilia e gli immigrati temporaneamente presenti sul territorio (STP), che utilizzano il servizio di PS pur non essendo residenti. Sono stati definiti STP tutti gli immigrati con residenza in Paesi PFPM.

è stato analizzato il database gestionale di accesso ai sei PS della provincia di Reggio Emilia, situati negli ospedali di Guastalla, Montecchio, Scandiano, Correggio, Castelnovo Monti e nell’Azienda ospedaliera Santa Maria Nuova, ubicata nel comune capoluogo dove ha pure sede l’unico servizio di PS pediatrico, per gli anni 2007-2010.

Sono state analizzate alcune variabili demografiche relative ai pazienti: età, sesso, cittadinanza e residenza; e alcune variabili relative all’accesso: codice urgenza di ammissione, causa, orario, giorno, mese, modalità di dimissione.

Il codice di urgenza di ammissione viene assegnato all’arrivo al Pronto Soccorso da un infermiere specificatamente formato che valuta la gravità del caso tramite un sistema di classificazione dei sintomi (triage) e assegna un codice colore al fine di determinare tempi di accesso differenziati per le persone in attesa di ricevere la prestazione: rosso in caso di emergenza, con compromissione di almeno una funzione vitale, giallo se si tratta di un’urgenza senza immediato pericolo di vita, verde in caso di urgenza minore e bianco quando il paziente non necessita di Pronto Soccorso e avrebbe potuto rivolgersi al medico di cure primarie. Gli accessi a cui viene assegnato codice bianco sono quindi ritenuti potenzialmente inappropriati.

La variabile causa di accesso al PS è stata ricodificata in quattro categorie comuni a tutti i PS: malattia, infortunio sul lavoro, lesione accidentale, altre cause. Non è stato possibile analizzare questa variabile per l’azienda ospedaliera.

Le modalità di dimissione possono essere diverse, ma in questo studio è stato considerato solo l’esito in ricovero, che caratterizza gli accessi medio/gravi e gravi.

è stato inoltre calcolato per ogni soggetto il numero di accessi al PS in un anno, considerando l’accesso ripetuto un’altra possibile approssimazione di utilizzo inappropriato del servizio. Per la popolazione residente è stato possibile confrontare, a parità di struttura per età, immigrati e italiani in termini tassi di accesso (totali e con codice bianco) tramite i rapporti standardizzati di Pronto Soccorso (RSPS) e i relativi intervalli di confidenza al 95% (IC 95%), calcolati come descritto in Breslow and Day (1987, 69–71)16 assumendo che gli eventi osservati seguano una distribuzione di Poisson. è stato possibile calcolare gli RSPS per nazionalità ottenendo dall’anagrafe sanitaria della provincia di Reggio Emilia le popolazioni specifiche per nazionalità, sesso ed età, alle quali sono stati applicati i tassi etàsesso specifici di accesso al PS della popolazione italiana residente a Reggio Emilia al 30.06.2010, al fine di ottenere gli eventi attesi, che costituiscono il denominatore del rapporto standardizzato. L’anagrafe sanitaria provinciale è stata considerata fonte attendibile di tali informazioni poiché i volumi totali ricavati da essa (anno 2010: italiani 461 377; immigrati 66 127) si allineano ai dati pubblicati da ISTAT (0,02% di differenza tra i totali delle due fonti), che non sono direttamente utilizzabili poiché non vi è disponibile il dettaglio per nazionalità, sesso ed età. Per gli adulti (>=15 anni) gli RSPS sono stati calcolati per classi quinquennali di età e per sesso. Per i bambini di 0-4 anni gli RSPS sono stati calcolati per le classi di età 0 e 14 standardizzando per genere. Per la classe di età 5-14 gli RSPS sono stati standardizzati per genere e classi di età quinquennali. Per il totale della popolazione immigrata adulta (>=15 anni) sono stati inoltre calcolati gli RSPS per gli accessi seguiti da ricovero e per gli accessi ripetuti (2 o più).

Tutte le analisi sono state condotte distintamente per bambini (3 classi di età: 0, 1-4, 5-14 anni) e adulti (>=15 anni o 15-64 anni), per cittadinanza e per anno. Le analisi sono state condotte utilizzando il software STATA 11.0.

Risultati

La tabella 1 mostra i volumi di accesso al PS nella provincia di Reggio Emilia per gli anni 2007-2010. Nell’ultimo anno considerato, la proporzione di accessi in PS degli immigrati residenti è di circa il 14% e di circa l’1% quella degli STP. La distribuzione nelle diverse classi di età riflette le caratteristiche demografiche della popolazione immigrata, particolarmente ricca di neonati (> 35% degli accessi in età 0 anni) e di bambini. La quota di accesso di STP è modesta (sempre inferiore o uguale al 1,5%) in tutte le classi di età e costante negli anni. Nel 2010, rispetto al 2009, si rileva una riduzione del volume di accessi al PS sia degli italiani sia degli immigrati.

Per caratterizzare le principali differenze di accesso tra immigrati e italiani residenti si è focalizzata l’attenzione sulla classe di età 1564 anni, mettendo a confronto i due anni estremi del periodo di monitoraggio (tabella 2).

L’età media degli immigrati è inferiore a quella degli italiani in entrambi gli anni considerati, mentre la proporzione dei due generi fa rilevare un netto incremento delle donne, avvenuto nel breve volgere di quattro anni, in relazione sia ai ricongiungimenti familiari sia alla massiccia immigrazione di donne dell’Est Europa, addette ai lavori di cura alla persona.

L’incremento di immigrazione femminile negli ultimi anni è per altro ben documentata anche a livello nazionale.17

Per quanto riguarda le cause di accesso, circa la metà della popolazione italiana adulta ricorre al PS per malattia, e tale percentuale è ancora maggiore tra gli immigrati. La seconda causa di accesso per gli immigrati è l’infortunio sul lavoro, in calo dal 2007 al 2010, probabilmente a causa della contrazione del mercato del lavoro legata alla crisi economica. Per gli italiani la seconda causa d’accesso è invece la lesione accidentale.

Considerando le distribuzioni percentuali per codice di urgenza, cittadinanza e anno, si osserva che gli accessi più frequenti sono quelli codificati come verdi sia tra gli italiani che tra gli immigrati, senza differenze tra 2007 e 2010. Spostando l’attenzione sugli accessi per codice bianco, considerati potenzialmente inappropriati, si osserva invece una differenza tra le due popolazioni. La frequenza di codici bianchi è più alta tra gli immigrati di 9 punti percentuali nel 2007 e di circa 6 punti percentuali nel 2010. Tra il 2007 e il 2010 si nota una riduzione di codici bianchi più forte per gli immigrati (5,7 accessi ogni 100) ma presente anche per gli italiani (2,5 accessi ogni 100), a fronte di un consistente aumento di codici gialli. Il calo più consistente è avvenuto tra gli anni 2009 e 2010 sia per italiani sia per immigrati. La proporzione di accessi seguiti da ricovero negli immigrati è poco più del 4 %, lievemente inferiore a quella riscontrata tra gli italiani. Tuttavia, correggendo per età, in entrambi i generi la frequenza di accessi seguiti da ricovero è più alta tra gli immigrati, e lo è particolarmente nei maschi (RSPS maschi: 1,24 IC 95% 1,13-1,36; RSPS femmine: 1,11 IC 95% 1,00-1,23; anno 2010).

Gli accessi multipli nel corso del 2010 sono un altro possibile indicatore di utilizzo improprio del PS. Infatti è possibile che si ripeta la necessità di cure urgenti in un breve periodo di tempo, ma non si può escludere che il ricorso ripetuto al PS sia indicativo di utilizzo improprio. In tabella 3 sono riportate le percentuali di utenti adulti per numero di accessi al PS nel 2010, per cittadinanza. La percentuale di chi accede 2 volte o più al PS nel 2010 è più alta per i maschi, sia tra italiani sia tra immigrati. Per gli italiani è uguale al 23,9% nei maschi e al 21,9% nelle femmine, per gli immigrati è più alta e uguale al 28,8% nei maschi e al 25,3% nelle femmine. Correggendo per età, la frequenza di utenti con accessi ripetuti permane più elevata per gli immigrati rispetto agli italiani, benchè per le femmine la differenza non sia significativa (RSPS maschi: 1,32 IC 95% 1,18-1,48; RSPS femmine: 1,15 IC 95% 0,99-1,32). I frequentatori più assidui del PS sono i soggetti provenienti dall’Africa del Nord che presentano le percentuali più alte di utenti con 4 o più accessi in un anno (Tunisia: 6,5 e 4,6 rispettivamente per uomini e donne).

Per caratterizzare l’utilizzo del PS sono stati analizzati anche il giorno e l’ora di accesso per cittadinanza (età 15-64 anni). L’orario giornaliero di accesso (grafico 1) è lievemente diverso nelle due popolazioni: gli italiani si recano al PS più frequentemente la mattina (ora più frequente 9:00), gli immigrati nelle ore pomeridiane e serali, in particolare tra le 17, quando si esce dal lavoro, e le 21. Ci sono alcune differenze tra i generi: i maschi riportano un forte incremento tra le 17 e le 20, le femmine invece accedono frequentemente già a partire dal primo pomeriggio. Fino alle 24 la frequenza di accessi degli immigrati rimane superiore a quella degli italiani. L’analisi degli accessi per giorno della settimana mostra andamenti molto simili tra italiani e immigrati.

Gli RSPS, riportati nel grafico 2, mostrano un maggior accesso degli immigrati (sia maschi sia femmine) rispetto agli italiani di pari età e sesso. Questo risultato è vero considerando tutti gli accessi (maschi: 1,24 IC 95% 1,22-1,27 femmine: 1,18 IC 95% 1,15-1,20 ) e in maggior misura considerando solo gli accessi per codice bianco (maschi: 1,65 IC 95% 1,58-1,72 femmine: 1,43 IC 95% 1,36-1,50 ). Nel grafico sono stati riportati anche gli RSPS specifici per le 10 nazionalità più rappresentate nel territorio. Gli immigrati provenienti dall’Africa del Nord (Tunisia, Marocco) e dall’Africa subsahariana (Ghana) accedono più frequentemente e in modo meno appropriato degli italiani, indipendentemente dal genere. Tra gli immigrati di origine asiatica, indiani e cinesi di entrambi i generi accedono al PS in minor misura degli italiani, i pakistani e le pakistane mostrano invece una frequenza di accesso significativamente maggiore Per quanto riguarda i Paesi dell’Europa dell’Est ci sono alcune differenze tra maschi e femmine e tra le diverse nazionalità ma, in generale, le differenze rispetto agli italiani sono contenute. Anche i bambini immigrati da 0 a 14 anni (tabella 4) accedono più frequentemente rispetto agli italiani, sia considerando il totale degli accessi sia quelli con codice bianco. La differenza rispetto agli italiani è particolarmente accentuata per i bambini di età minore di un anno, e si riduce progressivamente all’aumentare dell’età del bambino.

Analizzando gli accessi per orario e giorno della settimana si nota che, nel 2010, i bambini accedono prevalentemente la sera (tra le 18 e le 24) e durante il fine settimana, senza differenze tra italiani e immigrati.

Discussione

Il principale obiettivo di questo studio è descrivere in una realtà italiana ad alta immigrazione, come la provincia di Reggio Emilia, l’utilizzo del servizio di PS da parte della popolazione immigrata e mettere in luce eventuali differenze rispetto a quella italiana.

La situazione di Reggio Emilia si allinea con quando riscontrato nella maggior parte degli studi europei. Nella popolazione adulta, la frequenza di accesso degli immigrati al PS è più alta rispetto a quella dei coetanei italiani, sia in termini assoluti sia in termini di accessi potenzialmente inappropriati (codici bianchi).6-8,10-12,14Lo studio conferma inoltre l’unico risultato a livello italiano sulla maggior frequenza di codici bianchi nella popolazione immigrata.1 Anche per quanto riguarda i bambini si evidenzia un accesso più frequente e più inappropriato degli immigrati rispetto agli italiani. Questo risultato conferma e integra la letteratura italiana esistente.1,3 La causa di questa maggior frequenza di accesso al PS, sia negli adulti sia tra i bambini, potrebbe essere attribuita alle peggiori condizioni di salute della popolazione immigrata. Tuttavia sia considerazioni intrinseche all’analisi dei dati di PS che valutazioni più generali suggeriscono che non sia questa la motivazione principale: i risultati afferenti ai codici bianchi, il ricorso al PS soprattutto nelle ore pomeridiane e serali, la maggior frequenza di accessi ripetuti suggeriscono un uso del PS come sostitutivo delle cure primarie. Inoltre, per quanto concerne le condizioni di salute, sia la revisione della letteratura internazionale14 sia un’indagine locale condotta nella provincia di Reggio Emilia18 per gli anni 2005-2008 rilevano che, in linea di massima, l’effetto «migrante sano» permane e garantisce l’assenza di rilevanti differenze di salute tra italiani e immigrati. Si possono quindi solo ipotizzare le cause di questo diverso comportamento. In primo luogo la differenza tra il servizio sanitario italiano e quello che viene offerto nei Paesi di origine degli immigrati: in molti Paesi l’ospedale è l’unico o il principale punto di accesso ai servizi sanitari. Vi possono essere inoltre problemi di conoscenza dell’organizzazione sanitaria del nostro Paese e di difficoltà di accesso alle cure primarie, per problemi linguistici o organizzativi, e, soprattutto, di orario. Il PS infine può essere percepito come la sola struttura sanitaria in grado di risolvere compiutamente, in un solo accesso, ogni problema di salute, dagli accertamenti laboratoristici e strumentali alla consulenza specialistica, alla diagnosi, alla terapia.

Una riflessione sulla riorganizzazione delle cure primarie e sul loro ruolo nell’assistenza ai cittadini immigrati sarebbe di grande importanza. Interventi più incisivi di pubblicizzazione dei servizi e maggiore fruibilità degli stessi potrebbero contribuire a diminuire la pressione sul PS.

Un segnale positivo che emerge comunque dai dati è il trend decrescente di accessi con codice bianco dal 2007 al 2010, possibile indicatore di un utilizzo più appropriato del servizio nel corso degli ultimi anni. Questa riduzione può essere una delle motivazioni per il calo degli accessi totali verificatosi soprattutto tra il 2009 e il 2010. Tuttavia, oltre a questo aspetto, bisogna tenere conto anche della crisi economica iniziata nel 2008 che ha determinato la riduzione dell’incremento annuale degli immigrati. I dati a disposizione non ci consentono di valutare se la riduzione degli accessi per cause non urgenti sia associata all’entrata in vigore il primo gennaio 2007 della nuova normativa relativa ai criteri di pagamento ticket (Legge 296/2006) che ha imposto il pagamento di 25 euro per tutti gli accessi con codice bianco in uscita o alla successiva delibera regionale in merito (delibera 1035/2009). Sarebbero necessari ulteriori studi per approfondire questo aspetto.

Un’ attenzione particolare dovrebbe inoltre essere rivolta all’assistenza ai bambini, specialmente i più piccoli (età >=1 anno), per i quali la frequenza di accesso al PS per codice bianco è doppia rispetto a quella riscontrata negli italiani di pari età. è possibile che le mamme immigrate risentano in modo particolare della debolezza della rete sociale, così come della scarsa conoscenza sia della lingua italiana sia dei servizi offerti dal territorio. Una revisione della letteratura internazionale (2006) ha messo in luce come un’adeguata assistenza alla donna dopo il parto possa migliorare l’interazione madrebambino e la salute psicofisica delle mamme, soprattutto in popolazioni a maggior rischio (donne giovani, sole e alla prima gravidanza).19 Un potenziamento dell’assistenza di carattere sociosanitario nella fase postpartum e nel primo anno di vita dei bambini potrebbe evitare gli accessi inappropriati al PS legati, più che a problemi di salute dei neonati, a stati di ansia delle nuove mamme.

I risultati che emergono da questo studio devono essere valutati considerando alcuni limiti. L’analisi interessa la sola provincia di Reggio Emilia e quindi i risultati sono legati alla specifica realtà di immigrazione presente sul territorio in studio e sono solo in parte generalizzabili, non solo per le differenze di comportamento tra nazionalità evidenziate dallo studio, ma anche per possibili ulteriori differenze legate allo specifico mix di etnie presenti all’interno di alcune nazionalità. Per esempio a Reggio Emilia gli indiani sono rappresentati principalmente dall’etnia dei Sikh, provenienti dalla zona del Punjab, e i cinesi provengono prevalentemente dallo Zhejiang, regione del sudest della Cina: non si può quindi escludere che altre etnie delle nazioni indiana e cinese presentino comportamenti differenti da quelli qui rilevati.

Un altro aspetto, che nasce come un punto di forza ma presenta anche dei limiti, è l’utilizzo di soli dati amministrativi. Il database del PS è ancora in fase evolutiva, non è sistematizzato e standardizzato come altri flussi sanitari informativi. Nel database gestionale la qualità di compilazione non sempre è ottimale e le variabili da noi studiate non sono esaustive per caratterizzare in modo approfondito l’accesso al PS. In particolare la variabile a nostra disposizione per identificare le cause di accesso è estremamente generica e poco informativa.

Tuttavia, conoscere gli utenti dei servizi sanitari, sapere chi accede e perché, è un punto di partenza importante per una programmazione sanitaria più consapevole della presenza della popolazione immigrata.

Conclusioni

Nella provincia di Reggio Emilia gli immigrati accedono più frequentemente degli italiani alle strutture di PS e in particolare per motivi non urgenti, con differenze rilevanti tra nazionalità. Il fenomeno è più accentuato nei bambini, in particolare nel primo anno di vita. Il maggiore accesso al PS non appare motivato da peggiori condizioni di salute rispetto alla popolazione italiana, ma piuttosto da un utilizzo in parte improprio di questa struttura, a cui spesso gli immigrati accedono in modo alternativo alle cure primarie. Pur essendo necessari altri studi per analizzare meglio le motivazioni di accesso e confrontare i risultati con la situazione del resto d’Italia, sembra comunque necessario strutturare l’offerta di prestazioni sanitarie e sociosanitarie di base in modo da intercettare maggiormente i bisogni espressi dalla popolazione immigrata.

Conflitti di interesse dichiarati: nessuno

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