I determinanti socio-economici della sopravivenza per i principali tumori nel comune di Firenze
Introduzione
In tutti i Paesi occidentali, la salute dei cittadini risulta influenzata dalle condizioni economiche, sociali e culturali.14 In Italia sono stati realizzati dei sistemi longitudinali di monitoraggio delle disuguaglianze, i cui risultati hanno evidenziato differenze sociali in termini di mortalità; il primo sistema di monitoraggio è uno studio longitudinale torinese,5 seguito poi da uno toscano.6 Per quanto riguarda la patologia oncologica sono state documentate in Europa differenze in termini di mortalità, incidenza e sopravvivenza legate alle condizioni socioeconomiche.3 Gli indicatori maggiormente indagati, soprattutto in passato, sono quelli relativi alla mortalità e, in misura minore, all’incidenza.3-4 Per quanto concerne la sopravvivenza dopo la prima osservazione del 1955,7 nell’ambito di uno dei capitoli della monografia specifica pubblicata dalla IARC8 sono stati riportati molti studi che evidenziavano eccessi di rischio per le classi sociali inferiori, con maggiori intensità per i tumori a buona prognosi. Uno studio condotto in Gran Bretagna nel corso degli anni Duemila mostra come le differenze di sopravvivenza sono simili a tempi diversi del followup, suggerendo che le differenze si determinino prevalentemente subito dopo la diagnosi.9-10 I livelli più bassi della sopravvivenza osservati tra i pazienti maggiormente deprivati, possono essere attribuiti a varie cause; tra queste il ritardo diagnostico, che si manifesta solitamente con uno stadio più avanzato alla diagnosi11 e nell’appropriatezza del trattamento, sembra avere un peso maggiore nel determinare disuguaglianze di sopravvivenza.8
La disponibilità di attività di diagnosi precoce e di terapie di qualità, assieme alla possibilità di potervi accedere, sono obiettivi prioritari di un sistema sanitario pubblico. In Gran Bretagna una recente valutazione dell’introduzione del National Health Service Cancer Plan, volto proprio a rafforzare la prevenzione, a garantire la qualità dei trattamenti e a ridurre le disuguaglianze, mostra accanto a disuguaglianze ancora marcate, anche una tendenza alla loro riduzione. Alcuni studi hanno evidenziato disuguaglianze nel rischio di ammalarsi rispetto al livello culturale,13 alla condizione occupazionale e alle caratteristiche abitative14 simili per intensità e direzione in tutti i Paesi occidentali. Nel contesto nazionale gli studi sulle disuguaglianze socioeconomiche nella sopravvivenza sono limitati: nella città di Torino alla fine degli anni Novanta un’analisi basata sulla casistica del Registro tumori ha evidenziato sopravvivenze più basse per i pazienti con livello culturale inferiore15 e uno studio su una casistica ospedaliera di pazienti affetti da tumore del colonretto ha mostrato sopravvivenze decrescenti al diminuire del numero di anni di scolarizzazione.16 L’obiettivo di questo studio è valutare il ruolo di un indicatore socioeconomico come determinante della sopravvivenza per tumore nei residenti nel comune di Firenze.
Materiali e metodi
Sono stati utilizzati i casi di tumore maligno diagnosticati nel periodo 19972002 nel comune di Firenze area inclusa nel Registro tumori della Toscana.17
Attraverso una procedura di georeferenziazione basata sul sistema di normalizzazione degli indirizzi disponibile in Regione Toscana (http://mappe.rete.toscana.it/) a ciascun caso è stata associata la sezione di censimento di residenza al momento dell’incidenza. A livello nazionale è stato proposto un indice per la misura della deprivazione socioeconomica relativa basato sui dati del Censimento della popolazione e delle abitazioni 2001.18 Tale indice, reso disponibile a livello di sezione di censimento e utilizzato in altri lavori italiani,19 è stato costruito sulla base di cinque indicatori (livello di istruzione, condizione occupazionale, caratteristiche dell’abitazione, densità abitativa e caratteristiche familiari). A ogni caso è stato associato il livello di deprivazione caratteristico della sezione di censimento di residenza. L’indice, misurato su scala continua, è stato classificato in terzili, in modo da diventare una variabile ordinale con tre categorie. Le analisi sono state condotte confrontando la categoria 3 (soggetti più deprivati) vs le categorie 12 (altri); in Tabella 1 le numerosità della casistica per categorie.
Per il calcolo della sopravvivenza ciascun soggetto è stato seguito fino al decesso, alla perdita al followup o al 31.12.2008. è stata calcolata la sopravvivenza relativa (SR) a 10 anni secondo il metodo Ederer II.20 Per il calcolo della sopravvivenza attesa sono state adottate tavole di mortalità ISTAT relative alla provincia di Firenze specifiche per età, anno di calendario e sesso (http://demo.istat.it/unitav/index.html). I dati relativi al comune di Firenze sono stati analizzati in termini di SR, costruita utilizzando un’unica tavola di mortalità attesa, ovvero non specifica per livello di deprivazione. Le sedi tumorali sono state analizzate sia singolarmente (27 sedi), sia raggruppate in tre categorie in funzione del valore della SR a 10 anni calcolata sul totale della casistica analizzata (cattiva prognosi [<33%], prognosi intermedia [33-66%], buona prognosi [>66%]). Questa categorizzazione segue l’osservazione di Kogevinas sulla presenza di un differenziale di sopravvivenza per le sedi a buona prognosi.21
Per confrontare la SR tra gruppi di pazienti con specifiche caratteristiche sono stati utilizzati i modelli per il Relative Excess Risk (RER), rischio di mortalità in eccesso, proposti da Dickman,22 basati su collapsed data, usando tempi esatti di sopravvivenza e distribuzione di Poisson. Questi modelli si basano sulla considerazione che la mortalità per tutte le cause dei pazienti oncologici possa essere scissa in due componenti additive: l’eccesso dovuto al cancro e la mortalità per le altre cause (caratteristica della popolazione di riferimento). Sono stati adattati modelli lineari generalizzati con distribuzione di Poisson, basati sulla matrice delle probabilità di SR. Per ogni categoria prognostica è stato valutato l’eventuale eccesso di rischio di morte a carico dei soggetti maggiormente deprivati, mediante un modello aggiustato per tempo di followup (primo anno di followup, secondo anno di followup, … decimo anno di followup), sesso (dove applicabile), fascia di età all’incidenza (049 anni, 5069 anni, 70+ anni) e sede tumorale. Si è deciso di valutare anche l’eventuale presenza di differenze nella sopravvivenza per tumore rispetto allo stato civile, carattere per il quale sono riportate in letteratura evidenze di un’associazione con la sopravvivenza oncologica.23 La categorizzazione della variabile è dicotomica (coniugati, non coniugati). Per ogni gruppo prognostico sono stati adattati tre modelli distinti per le varie fasce di età (0-49 anni, 50-69 anni, 70+ anni), che contemplavano come covariate sia lo stato civile che lo stato socioeconomico, oltre al sesso e la sede.
Risultati
Dopo esclusione di 1 726 casi relativi a secondi tumori o a casi noti dal solo certificato di morte o dalla sola autopsia, sono stati inclusi nell’analisi 14 549 soggetti. L’attribuzione della sezione di censimento di residenza è stata possibile per il 95% dei soggetti (tabella 1). La proporzione di soggetti non collocati in una sezione è risultata omogenea nel tempo e dovuta generalmente alla mancanza o incompletezza del dato sull’indirizzo di residenza nell’archivio del registro tumori. La SR a 10 anni dalla diagnosi per tutti i tumori (esclusi i tumori non melanomatosi della cute) è risultata uguale per i soggetti con sezione attribuita, 51% (IC 95%: 50%-53%) e non attribuita, 51% (IC 95%: 44%-58%).
Nella tabella 1 sono riportati i casi oggetto dell’analisi, per sede tumorale, per categoria socioeconomica di appartenenza (categoria 12, meno deprivati e categoria 3, più deprivati) e la percentuale dei soggetti con sezione di censimento non attribuita.
Per ogni sede tumorale è stato adattato un modello aggiustato per tempo di followup, sesso e età all’incidenza: nella tabella 2 sono presentate le stime dei RER di morte per i soggetti maggiormente deprivati rispetto alla categoria di riferimento ottenute dai singoli modelli; sono inoltre riportate le stime pooled per l’insieme dei tumori a cattiva, intermedia e buona prognosi calcolate adattando tre modelli in cui tra le covariate compare anche la sede tumorale. I modelli presentati in tabella 2 utilizzano una tavola di mortalità attesa unica. Il RER sul totale della casistica considerata è pari a 1.04 (IC 95%: 0,99-1,11).
Per l’insieme dei tumori a cattiva prognosi, nel complesso non si rileva eccesso relativo di rischio di morte a carico dei soggetti maggiormente deprivati, RER pari a 0.99 (IC 95%: 0,921,07). Tuttavia tra le sedi a cattiva prognosi si osservano RER maggiori di uno, seppur con intervalli di confidenza molto ampi, per il mesotelioma, l’esofago, il fegato e il mieloma. Per l’insieme dei tumori a prognosi intermedia l’eccesso relativo di rischio di morte è pari 1.13 (IC 95%: 1.02-1.24). Per tutte queste sedi, con l’eccezione dei linfomi nonHodgkin, si osservano RER maggiori di uno; il risultato complessivo è principalmente legato ai risultati della sede colon e retto, che rappresenta la metà dei casi di questa categoria prognostica, RER pari a 1.18 (IC 95%: 1,02-1,38).
Per l’insieme dei tumori a buona prognosi l’eccesso relativo di rischio di morte è pari a 1.06 (IC 95%: 0,89-1,26). Tra le sedi a buona prognosi si osservano RER maggiori di uno per corpo dell’utero, melanoma, mammella femminile, linfoma di Hodgkin e tiroide.
L’informazione sullo stato civile è disponibile per il 99% dei soggetti analizzati; i coniugati rappresentano rispettivamente il 54%, 73% e 54% nelle fasce di età 0-49 anni, 50-69 anni, 70+ anni.
Secondo i risultati ottenuti nei modelli distinti per fascia di età (tabella 3), il RER per i più deprivati sul totale della casistica considerata è pari a 1,44 (IC 95%: 1,15-1,79) nella fascia di età 0-49 anni, 0.97 (IC 95%: 0,88-1,06) nella fascia 5069 e 1.04 (IC 95%: 0,97-1,12) nella fascia 70+. Il RER relativo alla fascia di età più giovane, è pari a 1,43 (IC 95%: 1,01-2,03) nel gruppo dei tumori a cattiva prognosi, a 1,20 (IC 95%: 0,83-1,72) nel gruppo dei tumori a prognosi intermedia, 1,81 (IC 95%: 1,16-2,81) nel gruppo dei tumori a buona prognosi; inferiori sono invece, in entrambi i gruppi, i valori per le fasce di età adulte e anziane.
Il RER per i non coniugati sul totale della casistica considerata è pari 1,04 (IC 95%: 0,84-1,29) nella fascia di età 049 anni, 1,21 (IC 95%: 1,09-1,33) nella fascia 50-69 e 1,20 (IC 95%: 1,12-1,28) nella fascia 70+ . Stratificando per gruppo prognostico, si rileva un eccesso di rischio di morte a carico dei soggetti non coniugati rispetto ai coniugati: tra i 5069enni il RER è pari a 1,10 (IC 95%: 0,96-1,25), 1,35 (IC 95%: 1,14-1,59) e 1,44 (IC 95%: 1,05-1,97) rispettivamente per i tumori a cattiva, intermedia e buona prognosi; tra gli ultrasettantenni il RER è pari a 1,11 (IC 95%: 1,01-1,21), 1,38 (IC 95%: 1,22-1,55) e 1.18 (IC 95%: 0,93-1,49) rispettivamente per i tumori a intermedia e buona prognosi.
Discussione
L’analisi per singola sede tumorale mostra per i dati fiorentini, seppur senza raggiungere differenze statisticamente significative, che la sopravvivenza per tumore a dieci anni dalla diagnosi, è indicativamente peggiore tra i soggetti maggiormente deprivati, per molte sedi a prognosi mediobuona. L’esigua numerosità della casistica non permette di trarre conclusioni definitive sulle singole sedi. Questo è il motivo che ha determinato il raggruppamento delle patologie analizzate in gruppi prognostici per fornire una stima d’effetto aggregata per ogni sottogruppo. Il lieve eccesso di rischio a carico dei soggetti maggiormente deprivati per alcune delle sedi a cattiva prognosi potrebbe essere dovuto a un effetto di leadtime bias15 Tra le sedi a buona e intermedia prognosi la causa delle differenze è verosimilmente da ricercarsi in differenze in termini di anticipazione diagnostica e di trattamento che possono avere un ruolo più rilevante proprio per queste forme tumorali a prognosi media e buona, mentre risultano meno efficaci per le forme più aggressive.23 In questa categoria le sedi tumorali per le quali si rilevano gli eccessi più marcati (cavità orale e faringe, vescica, colon e retto, sarcoma di Kaposi, corpo dell’utero, mammella femminile, testicolo e tiroide) presentano risultati in accordo con quanto emerso con altri studi nazionali15 e internazionali.10,15 Dall’analisi distinta per le varie fasce di età si evidenza come l’effetto dello stato socioeconomico sia più marcato nella popolazione più giovane. In questo fenomeno potrebbero avere un ruolo la minore presenza di patologie concomitanti e la maggiore aggressività terapeutica, di cui i soggetti meno deprivati presumibilmente beneficiano. Al tempo stesso è necessario tener presente della possibile distorsione introdotta dall’utilizzo di una tavola di mortalità unica (non stratificata per livello di deprivazione): poiché sono documentati eccessi più marcati della mortalità generale a carico dei più deprivati nella popolazione più giovane3 questo potrebbe determinare un artificioso aumento delle differenze. In tutte le fasce di età, per i tumori a mediabuona prognosi i non coniugati presentano un eccesso di rischio di morte rispetto ai coniugati. Già negli anni Ottanta Goodwin et al.24 individuavano come possibili cause del fenomeno, tra loro complementari, la maggiore probabilità di diagnosi in stadio avanzato, la minore adesione ai protocolli terapeutici, la maggiore presenza di comorbidità e mortalità competitiva, a loro volta attribuibili al minor supporto, che potrebbe condurre a una diversa compliance alla terapia. La lettura delle stime di effetto così calcolate richiede grande cautela interpretativa poiché la categoria dei non coniugati è costituita da tipologie di individui diversi in fasce di età diverse, per esempio prevalenza di single tra i giovani e vedovi/e tra gli anziani; alcuni studi hanno, infatti, evidenziato differenze di sopravvivenza all’interno del gruppo dei non coniugati tra separati/e, vedovi/e, divorziati/e e mai sposati/e.25 Il presente studio è stato oggetto di tesi di laurea nella quale è stato dato ampio spazio agli aspetti metodologici che possono avere un ruolo rilevante in studi di questo tipo.26 Insieme al commento dei risultati presentiamo in forma critica alcuni aspetti metodologici che possono rappresentare limiti dello studio cercando anche di capire quale possa essere stato l’effetto e la direzione delle potenziali distorsioni causate. Il primo punto riguarda il fatto che l’indice di deprivazione adottato è noto solo a livello di contesto, la sezione di censimento, quindi è possibile un bias ecologico che potrebbe determinare una sottostima dell’effetto misurato. Tale bias può verificarsi in quanto eventuali associazioni presenti a livello aggregato non rappresentano necessariamente l’associazione esistente a livello individuale, quindi l’indice utilizzato risulterà tanto più predittivo delle caratteristiche sociali dell’individuo, quanto più la composizione sociale della popolazione dell’aggregato è omogenea. Al Censimento 2001 nel comune di Firenze erano presenti circa 3 000 sezioni di censimento. Ogni sezione era caratterizzata da un numero medio di 127 residenti. Quindi viste le piccole dimensioni delle sezioni è ragionevole pensare che le aree siano sufficientemente ristrette e omogenee. Inoltre, l’effetto della deprivazione è sia diretto, cioè prodotto sul singolo individuo dal proprio livello di deprivazione, sia influenzato dal livello medio di deprivazione dell’area in cui risiede.27 Quindi la scelta di utilizzare un dato a livello ecologico, unico a nostra disposizione, come proxy dell’esposizione, può ritenersi fondata. D’altra parte l’indice è stato costruito al fine di misurare la deprivazione relativa su scala nazionale, pertanto, potrebbe non essere lo strumento più adeguato alla misurazione della deprivazione relativa nel comune di Firenze. La scelta dell’indice, del resto, non può che essere arbitraria, considerata l’assenza di una definizione universalmente accettata di deprivazione,28 a causa della molteplicità di variabili caratterizzanti ogni popolazione che si intenda esaminare (per esempio la capacità discriminante del titolo di studio può variare da un’area all’altra, o da un arco temporale all’altro). Sebbene la costruzione di un indice ad hoc su base locale garantisca indubbiamente una maggiore sensibilità e specificità nella misurazione del livello socioeconomico, l’utilizzo di un indicatore univoco e condiviso su scala nazionale presenta il vantaggio della comparabilità con altri lavori. Inoltre, la popolazione di un’area piccola come quella del comune di Firenze potrebbe presentare una forte omogeneità sotto il profilo socioeconomico, ovvero un livello di deprivazione simile. Questo aspetto determinerebbe una scarsa capacità discriminante dell’indice, che potrebbe tradursi ancora una volta in una sottostima nella misura della forza dell’associazione. Una delle assunzioni fatte nell’ambito di questo lavoro è relativa alla stabilità temporale dell’indice all’interno del comune di Firenze. è stato documentato come la distribuzione geografica dei livelli di deprivazione sia stabile per tempo di calendario a livello comunale.29 Potrebbero però risultare utili ulteriori successive valutazioni sulla stabilità dell’indice a livello di sezione di censimento, all’interno dell’area comunale indagata. Ogni analisi sulle disuguaglianze di salute dovrebbe tenere in considerazione i tempi di latenza: poiché il livello socioeconomico non influenza direttamente la malattia, bensì determina diversi livelli di esposizione ai fattori di rischio e protettivi (per esempio occupazionali, relativi allo stile di vita fumo o alimentazione) ogni variazione nel livello di deprivazione si ripercuote sulla salute solo molti anni dopo.30 Tuttavia nel presente studio stiamo analizzando indicatori relativi alla sopravvivenza, piuttosto che a incidenza o mortalità: la nostra attenzione è rivolta all’effetto sulla prognosi della malattia. Eventuali differenze di sopravvivenza potrebbero essere determinate da differenti possibilità di accesso alla diagnosi precoce o al percorso terapeutico appropriato, aspetti che è corretto quantificare e misurare al momento della diagnosi del tumore, non a distanza di molti anni; anche in virtù dell’assunzione di stabilità temporale dell’indice, può essere appropriato, e non criticabile, l’utilizzo di un indicatore costruito su dati rilevati in un periodo non distante dalla data di incidenza dei casi. Anche la comparazione tra due sole categorie, non necessariamente eterogenee (più deprivati vs riferimento), potrebbe, determinare una sottostima nella misura della forza dell’associazione. Pur essendo la scelta di bipartizione della casistica sostenuta preminentemente da considerazioni statistiche, volte a massimizzare la potenza dei test, sembra appropriato riprendere l’immagine di Peter Glotz della “società dei due terzi”, cioè quella società nel cui ambito l’economia di mercato integrata dal sistema di sicurezza sociale sembrava funzionare abbastanza bene per i due terzi della società, che godono dei benefici della modernità e del benessere, mentre un terzo ne rimane fuori, escluso.31
è stata calcolata la SR secondo il metodo Ederer II che risulta preferibile al metodo di Hakulinen come stimatore della sopravvivenza netta.32 Nel calcolo della SR, l’utilizzo di tavole di mortalità attesa costruite sull’intera popolazione potrebbe evidenziare una sovrastima nella misura della forza dell’associazione: grandi studi hanno dimostrato che la mortalità per tutte le cause è più elevata tra i soggetti afferenti a classi sociali più basse33 e, essendo la SR data dal rapporto tra sopravvivenza osservata del gruppo di pazienti in studio e sopravvivenza attesa (in ipotetica assenza del cancro), tra i soggetti in classe sociale più bassa la SR può essere sottostimata poiché questi sperimentano in realtà livelli di mortalità per tutte le cause più elevati della popolazione generale mentre tra i pazienti in classi sociali più elevate la SR può essere sovrastimata poiché questi sperimentano in realtà livelli di mortalità per tutte le cause più bassi della popolazione generale. Un indicatore calcolato con le suddette modalità esprime l’eccesso di mortalità dei soggetti più deprivati, per quanto riguarda sia la mortalità oncologica, sia quella per altre cause. Le stime ottenute possono essere affette da un certo livello di incertezza dovuto all’utilizzo di un followup aggiornato sono fino alla fine del 2008, quindi solo i casi incidenti nei primi anni contribuiscono alla stima dell’ultimo anno di followup. In conclusione tutte le principali fonti di distorsione presenti sono state considerate a priori: molte di queste, soprattutto l’utilizzo di una misura di esposizione a livello ecologico, indirizzano verso una sottostima del rischio.
Conclusioni
I risultati indicano che nella popolazione di pazienti oncologici fiorentini, in accordo con quanto emerso in altri studi europei12,34 e italiani,15 esiste sulla sopravvivenza un possibile effetto del livello di deprivazione, soprattutto per le forme tumorali a mediabuona prognosi e un effetto dello stato civile a favore dei soggetti coniugati. Questi risultati mostrano la presenza di una relazione tra status socioeconomico e sopravvivenza per tumore, evidenziando un bisogno di servizi e di accesso ai servizi non equamente soddisfatto in tutta la popolazione. In Italia il monitoraggio delle diseguaglianze sociosanitarie è ancora oggetto di attenzione scientifica e chiama in causa specifici interventi di sanità pubblica potenzialmente efficaci nella riduzione delle disparità. A tale proposito merita menzionare uno studio condotto recentemente, nell’area del registro toscano, sulla sopravvivenza a dieci anni dalla diagnosi di tumore della mammella, che ha documentato uno svantaggio di 12 punti percentuali in epoca precedente l’attivazione dello screening mammografico nelle donne più deprivate sia di età inferiore ai 50 anni che 50-69enni.19 Questa differenza è scomparsa dopo 10 anni dall’attivazione dello screening nella classe target (50-69 anni) mentre si è mantenuta nelle donne più giovani, dimostrando l’efficacia di uno strumento di sanità pubblica nel ridurre l’effetto di diseguaglianze sociali, purché sia sostenuta la partecipazione.35 In un sistema sanitario pubblico, di buona qualità e accessibile a tutti, ci sono i presupposti per eliminare lo svantaggio sanitario – presente anche nell’area fiorentina – dei soggetti con maggiore deprivazione sociale e materiale.
Conflitti di interesse dichiarati: nessuno
Finanziamenti. National Institute for Health, Migrants and Poverty (Roma,Italia) (81/2010).
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