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23/04/2021

Epidemiologia e sorveglianza dell’epatite E in Italia: dati dalla sorveglianza SEIEVA 2007-2019

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INTRODUZIONE: l’epatite E è una malattia diffusa in tutto il mondo, con livelli endemici variabili in base a fattori ecologici e socioeconomici. Nei Paesi in via di sviluppo, l’epatite E si manifesta generalmente attraverso epidemie estese che si diffondono attraverso acqua contaminata, mentre nelle regioni più sviluppate è sempre stata considerata una malattia sporadica e strettamente legata ai viaggi in quelle zone endemiche, soprattutto del Sud-Est asiatico. Negli ultimi anni, questa percezione sta cambiando a causa di un numero crescente di casi autoctoni notificati in molti Paesi europei
OBIETTIVI: descrivere il quadro epidemiologico dell’epatite E in Italia dal 2007 a oggi.
DISEGNO: studio descrittivo basato sulla casistica segnalata alla sorveglianza speciale delle epatiti virali acute (SEIEVA); studio analitico caso-controllo per lo studio dei fattori di rischio associati all’epatite E.
SETTING E PARTECIPANTI: casi di epatite E segnalati al SEIEVA negli anni 2007-2019.
PRINCIPALI MISURE DI OUTCOME: numero di casi notificati per anno, percentuali di casi esposti ai fattori di rischio noti, odds ratio.
RISULTATI: da gennaio 2007 a giugno 2019, sono stati notificati al SEIEVA 385 casi di epatite E. Il numero di casi annui è aumentato da 12 nel 2007 a 49 nel 2018, nel 2019 continua il trend crescente, con 39 casi osservati già nei primi 6 mesi dell’anno. La maggior parte dei casi è stata segnalata da regioni del Nord e del Centro, mentre solo un numero esiguo da regioni del Sud. In base ai dati SEIEVA, l’andamento delle notifiche di epatite E è cresciuto, almeno fino al 2018, conformemente con la maggiore propensione alla diagnosi di epatite E. Tuttavia, nel periodo in studio, solo il 46% dei casi sospetti è stato testato per rilevare la presenza degli anticorpi IgM anti-HEV, in misura significativamente minore al Sud rispetto al Centro-Nord (p<0,001). I casi notificati hanno un’età mediana di 48 anni (range: 5-87) e sono prevalentemente maschi (80%); il 32% è cittadino straniero, principalmente originario delle aree endemiche del Sud dell’Asia (Bangladesh, India e Pakistan). Il 72,5% dei casi sono autoctoni. Le analisi dei fattori di rischio e delle esposizioni confermano che il consumo di carne di maiale cruda o poco cotta, soprattutto salsicce, è la causa più comune di infezione (circa il 70% dei casi ne ha consumata) e significativamente associata al rischio (OR 3,0; IC95% 1,4-6,1) insieme al consumo di salsicce di cinghiale (40% dei casi, OR 4,6, non significatività statistica) e i viaggi in aree endemiche (31% dei casi, OR 3,2; IC95% 1,6-6,4).
CONCLUSIONI: l’epatite E può essere ormai considerata endemica anche nei Paesi industrializzati. In Italia, dal 2007 a oggi è stato osservato un numero crescente di casi segnalati. Tuttavia, l’impatto reale dell’infezione da HEV è ancora sottostimato a causa del numero limitato di centri clinici che eseguono test per la ricerca degli anticorpi IgM anti-HEV nei casi di epatite acuta. A partire da gennaio 2019, nell’ambito del SEIEVA, è stata avviata una sorveglianza ad hoc, inizialmente in via sperimentale in alcune ASL e Regioni, estesa a livello nazionale a partire da gennaio 2020. Gli obiettivi che hanno guidato l’adozione della sorveglianza sono stati la necessità di dimensionare il burden di malattia associato all’infezione da HEV, studiarne l’epidemiologia e aumentare la consapevolezza in merito a questa infezione tra gli operatori sanitari.

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