Articoli scientifici
27/03/2023

COVID-19 severity appears to be reduced in spring/summer

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INTRODUZIONE: a causa dei differenti comportamenti umani, la diffusione di SARS-CoV-2 potrebbe essere più bassa in primavera/estate. Al contrario, non si sa con chiarezza se il decorso clinico e/o la gravità della malattia dei pazienti ospedalizzati infetti da SARS-CoV-2 possa essere differente nelle varie stagioni dell’anno.
OBIETTIVI: ricercare l’esistenza di differenze nella gravità del COVID-19 nei pazienti che avevano contratto l’infezione da SARS-CoV-2 in inverno rispetto a quelli che l’avevano contratta in primavera/estate.
DISEGNO: studio di coorte osservazionale retrospettivo.
Setting e partecipanti: dal database amministrativo del sistema di sorveglianza SARS-CoV-2 e quello delle dimissioni ospedaliere, è stata selezionata e analizzata una coorte di pazienti risultati positivi al test RT-PCR per SARS-CoV-2 tra il 01.12.2020 e il 31.07.2021 in provincia di Grosseto (n. 8.221, di cui 653 ricoverati).
PRINCIPALI MISURE DI OUTCOME: tasso di ospedalizzazione, durata del ricovero, uso di pressione positiva continua alle vie aeree (CPAP) o ventilazione non invasiva (NIV), ricoveri in terapia intensiva (TI), mortalità e valori di PaO2/FiO2 sono stati misurati e confrontati tra i soggetti con infezione da SARS-CoV-2 contratta in inverno e quelli con la malattia presa in primavera/estate. Sono state confrontate anche carica virale (soglia del ciclo, Ct), vitamina D, ferritina sierica, IL-6, procalcitonina, D-dimero e proteina C-reattiva osservate nei due periodi.
RISULTATI: nei mesi considerati, il tasso di ospedalizzazione su 8.221 pazienti con COVID-19 è stato dell’8%: 370 (8,5%) pazienti sono stati ricoverati in ospedale in inverno e 283 (7,3%) in primavera/estate. I pazienti ricoverati in TI sono stati 62 (16,8%) in inverno e 28 (9,9%) in primavera/estate (p=0,01), mentre l’utilizzo di CPAP/NIV è stato necessario in 88 (23,8%) e 40 (14,1%) individui, rispettivamente, nelle due stagioni (p=0,002). I decessi sono stati 63 (17%) in inverno e 36 (12,7%) in primavera/estate. I giorni di degenza medi sono stati 14,5±11,6 in inverno e 10,3±8,84 in primavera/estate (p=0,001), mentre la PaO2/FiO2 minima, misurata durante la degenza, era 123,2±38,6 in primavera/estate e 112,6±40,8 in inverno (p=0,054). Le analisi multivariate (aggiustate per tutti i fattori confondenti) hanno anche confermato un ridotto rischio di avere un ricovero in terapia intensiva (0,53; IC95% 0,32;0,88; p=0,01) e di usare CPAP/NIV (0,48; IC95% 0,32;0,75; p=0,001) in primavera/estate rispetto all’inverno. Anche la durata del ricovero è risultata più bassa in primavera/estate (β= -3,9; IC95% -5,5;-2,2; p=0,001) così come la PaO2/FiO2 minima in inverno (β= -17; IC95% -0,93;35; p=0,06). L’hazard ratio di mortalità in inverno, ottenuto con un modello di Cox (aggiustato per tutti i fattori confondenti), è risultato più alto di circa il 38% rispetto alla primavera estate (1,387; IC95% 0,987;2;121], p=0,089). Non sono state riscontrate differenze nei valori di Ct (carica virale) tra inverno (19,45±6,18) e primavera/estate (20,3±6,7) (p=0,343). IL-6, ferritina, procalcitonina, D-dimero erano simili. Al contrario, la PCR era più bassa, mentre la vitamina D era più alta nelle stagioni più calde.
CONCLUSIONI: il COVID-19 può essere meno grave durante la primavera/estate nei pazienti ospedalizzati. Questo non sembra essere influenzato da una differente carica virale SARS-CoV-2 nei due periodi considerati. La proteina C-reattiva appare più bassa, mentre la vitamina D più alta durante i mesi primaverili/estivi rispetto a quelli invernali: livelli più elevati di vitamina D in primavera/estate potrebbero essere associati a una modulazione positiva dell’infiammazione indotta da COVID-19 con possibile riduzione della gravità della malattia durante i mesi più caldi.

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