Articoli scientifici
10/06/2011

Analisi dei fattori di rischio del parto con taglio cesareo elettivo in Campania

, , , ,

Introduzione

Negli ultimi 20 anni si è verificato un sensibile incremento della frequenza dei parti con taglio cesareo (PC) inmolti Paesi economicamente avanzati1 che ha generato un ampio dibattito sulle sue cause2,3 e sulle strategie atte a evitarlo.4 L’Italia è il Paese europeo in cui si effettuano più PC: nel 2005, ultimo anno utilizzabile per i confronti internazionali, il tasso annuale di PCsul totale dei parti è stato pari a 38,3%,mentre in Europa è pari a 20,8% .5

La Campania è una delle regioni italiane più popolose ed è l’unica in cui oltre il 50%dei nati viene alla luce con PC.6 Eppure, anche inCampania, lamaggior parte delle nascite riguarda neonati di peso appropriato, in posizione di vertice, a termine di gravidanze fisiologiche.7 Questi neonati, se non si verificano complicazioni impreviste, dovrebbero nascere da parto vaginale (PV).8 Tuttavia, la relativa sicurezza del PC, legata al miglioramento delle tecniche chirurgiche e anestesiologiche, ha portato alla diffusa convinzione che i rischi di un PCin assenza di problemi clinici materni o fetali siano tanto ridotti da giustificarne una diffusione sempre più ampia.9 Pertanto, molti studi si sono occupati delle conseguenze del PC sulla salute materna e fetale, quando viene effettuato in assenza delle comuni indicazioni cliniche su donne sane che hanno portato a termine gravidanze fisiologiche.

Sembra chiaramente dimostrato che la scelta di ricorrere al PC quando non sono presenti problemi medici espone la madre e il neonato ai rischi di un intervento chirurgico non necessario senza chiari benefici.10,11 Infatti il ricorso al PC dovrebbe essere limitato ai casi in cui si rilevano problemimaterni o fetali o a quelli in cui si evidenziano complicazioni in travaglio, mentre sono ancora oggetto di discussione i problemi etici legati al ricorso a questa procedura chirurgica su sola richiesta della gestante.12 Schiliang e collaboratori hanno studiato i dati di tutte le gestanti sane a basso rischio ostetrico che hanno partorito in Canada dal 1991 al 2005.13 In questa ampia casistica è stato dimostrato che lamorbilitàmaterna severa è significativamente maggiore se viene effettuato un PC. Mac Dorman e coll. hanno mostrato che nei nati da parti cesarei elettivi (PCE) non legati a complicazioni materne o fetali il rischio dimortalità neonatale era del 69%più alto rispetto ai nati da PV.8 Hansenha confrontato la morbilità respiratoria in generale e le patologie respiratorie severe nei nati da PCE e da PV con età gestazionale tra 37 e 41 settimane.14 Su un campione di 32.580 nati a basso rischio è stata evidenziata una significativa associazione tra PCE emorbilità respiratoria neonatale, tanto più rilevante quanto più bassa era l’età gestazionale.

Allo scopo di contribuire al contenimento del fenomeno dell’eccesso di PCE rilevato inCampania è sembrato utile cercare di quantificare il fenomeno e di individuare i fattori clinici e non clinici associati alla decisione di effettuare un PCE e le tipologie di gestanti che sono sottoposte a PCE in assenza di indicazioni mediche. Sono stati pertanto studiati tutti i PCE effettuati nella regione Campania nell’anno 2005, escludendo le situazioni in cui il PC è stato effettuato in travaglio per indicazioni di urgenza e quelle relative a parti successivi a precedenti tagli cesarei.

Materiali e metodi

In Italia, a partire dal 1998 è stato attivato su tutto il territorio nazionale un sistema di sorveglianza della natalità attraverso i certificati di assistenza al parto (CedAP).

I dati dell’archivio CedAP della regione Campania riferiti all’anno 2005 descrivono le caratteristiche di 62.888 nati.

La scheda di rilevazione comprende 72 quesiti suddivisi in 6 differenti sezioni, una di carattere generale e le restanti dedicate alle caratteristiche sociodemografiche dei genitori, alla gravidanza, al parto e al neonato, alla natimortalità e alla presenza dimalformazioni fetali. Il parto è definito come vaginale (spontaneo o operativomediante uso di forcipe o ventosa), cesareo elettivo e cesareo in travaglio. In questo lavoro sono stati presi in considerazione i certificati relativi ai PVe ai PCE escludendo i cesarei in travaglio (n=13.581), i certificati dimultipare con precedenti esperienze di taglio cesareo (n=15.505) e quelli con valori missing per la variabile Modalità del parto (n=5.634).

Nel caso di parti gemellari sono stati esclusi i certificati relativi ai nati successivi al primo (n=772). Inoltre, sono stati esclusi i record relativi ai natimorti in quanto la quota di questi ultimi è molto ridotta (n=184, 0,29% del totale dei nati) ed è rappresentata prevalentemente da feti deceduti prima del travaglio di parto. Infine, sono stati esclusi dall’analisi i record con evidenti errori di codifica (valori non contenuti nell’insieme di definizione delle variabili, n=199). Pertanto il numero di certificati utilizzati ai fini dell’analisi è risultato pari a 30.312, di cui 19.372 si riferiscono a PV e 10.940 riguardano parti avvenuti con taglio cesareo elettivo.

L’analisi dei dati è stata effettuata applicando un modello di regressione logisticamultipla, che ha utilizzato come variabile dipendente la natura del parto, dicotomizzata in duemodalità: PCE e PV. Le seguenti variabili sono state considerate come predittori: presentazione del neonato, genere del parto, decorso della gravidanza,a difetto di accrescimento fetale,b pregresse interruzioni volontarie della gravidanza (ivg), pregressi aborti spontanei, parità, concepimento con tecniche di procreazione medicalmente assistita (tpma), amniocentesi, età gestazionale, peso alla nascita, tipologia della struttura, nazionalità, età al parto, scolarità, dimensione del comune di residenza, stato civile. Le prime 4 sono considerate nella letteratura nazionale e internazionale come possibili indicazioni cliniche al PCE. Le restanti sono state scelte per il loro impatto clinico sulla tipologia di parto e per la loro rilevanza sociodemografica. Le singole variabili sono espresse con modalità dicotomiche, esclusa l’età materna al parto, che è stata suddivisa in tre categorie: < 25 anni, 25-34 anni, > 34 anni.

La percentuale dei valorimancanti è risultatamolto eterogenea tra le diverse variabili. Si è quindi proceduto a un’imputazione dei valori mancanti utilizzando il metodo della Multiple Imputation15,16 implementato in SPSS v.17. È stato utilizzato il metodo FCS (Fully Conditional Specification) in cui ciascuna variabile ha assunto il doppio ruolo di predittore e di variabile dipendente all’interno dimodelli di regressione logistica. Sono stati generati 8 differenti set di dati per la stima dei parametri dell’equazione logistica e dei relativi limiti di confidenza.

I singoli predittori e le interazioni di secondo ordine dimaggiore interesse sono stati selezionati secondo una procedura Forward (LR p_Entry=0,05).

Infine, poiché la primiparitàc è risultata un fattore di rischio rilevante per la scelta di effettuare un PCE, è stata condotta un’analisi di classificazione gerarchica allo scopo di individuare tipologie di primipare con un profilo sociosanitario simile. A tale scopo, seguendo l’approccio della scuola francese di Analyse des Données,17 le variabili associate in misura significativa alla tipologia del parto sono state trasformate in punteggi fattoriali attraverso ilmetodo delle corrispondenzemultiple.18 Successivamente, sulle coordinate fattoriali, si è applicata una classificazione gerarchica utilizzando la distanza euclidea e il criterio di aggregazione di Ward.19 Le tipologie ottenute sono state quindi caratterizzate individuando le modalità per le quali la frequenza percentuale all’interno della classe risultava significativamente superiore alla frequenza percentuale calcolata sull’intero insieme di primipare.20 Queste elaborazioni sono state realizzate utilizzando SAS v10 e R v2.9.21

Risultati

Descrizione del dataset

In tabella 1 è riportata la distribuzione di frequenza (assoluta e percentuale) delle variabili utilizzate nelle analisi e la corrispondente percentuale di dati missing. Le uniche variabili senza valorimancanti sono la tipologia del parto, il genere del parto e la tipologia della struttura, mentre quote elevate di missing si riscontrano tanto i fattori sociodemografici (scolarità e dimensione del comune di residenza) quanto in fattori clinici e di indicazione al PCE (difetto di accrescimento fetale, concepimento con tpma, amniocentesi e decorso della gravidanza). L’ultima colonna riporta i valori percentualiminimi e i valori percentuali massimi associati a ciascuna modalità e calcolati sui differenti dataset generati con ilmetodo dellaMultiple Imputation. Da essa si può notare come le variazioni nel peso percentuale dei livelli di ciascun predittore sono assolutamente marginali.

In tabella 2 è riportata la distribuzione di frequenza dei parti classificati in base alla natura pubblica o privata4 delle strutture e alla modalità di effettuazione del parto (PCE vs PV). Sul totale di 30.312 parti sono stati effettuati 10.940 PCE (36,1%).Nelle strutture pubbliche i PCE sono stati 4.349 su 17.895 parti (24,3%), in quelle private 6.591 su 12.417 parti (53,1%).

Fattori associati al PCE

La tabella 3 mostra i risultati delmodello di regressione logistica, espressi in termini di odds ratio e relativi intervalli di confidenza al 95%.Tutte le indicazioni cliniche al PCE utilizzate sono risultate statisticamente significative. In particolare, la presentazione diversa dal vertice hamostrato l’associazione più forte con il PCE.

Tra le variabili cliniche e sociodemografiche sono risultate essere fattori di rischio:

  • l’età al parto maggiore di 34 anni;
  • il concepimento con tecniche di procreazione medicalmente assistita e il basso peso alla nascita;
  • l’anamnesi di interruzioni volontarie della gravidanza pregresse.

Sono risultati essere invece fattori protettivi:

  • l’età della madre minore di 25 anni;
  • la scolarità superiore a 8 anni;
  • la nazionalità straniera.

L’interazione tra la tipologia della struttura e la parità è risultata statisticamente significativa. In particolare, nelle strutture private, l’odds ratio del PCE nelle primipare rispetto alle multipare è circa il doppio di quello delle strutture pubbliche (3,48 vs 6,32). Non sono risultate significative le associazioni tra la tipologia di parto e i seguenti fattori: amniocentesi, età gestazionale, l’anamnesi di aborti pregressi, dimensione del comune di residenza e stato civile della madre.

Tipologie di primipare

Dopo aver applicato la correzione proposta da Benzecrì, i primi 3 fattori dell’ACMspiegavano una quota della variabilità complessiva pari al 97% (figura 1a);22 le coordinate fattoriali associate a queste tre dimensioni sono state utilizzate per la generazione del dendrogramma (figura 1b). Il criterio del salto massimo ha suggerito un taglio a 5 classi la cui caratterizzazione è riportata in tabella 4.

La classe 1 è la più numerosa (34,5% del totale) ed è l’unica in cui la proporzione di parti senza PCE è superiore a quella dell’intero campione (98,5% vs 52,4%). Il parto è avvenuto per il 97% in strutture pubbliche. Tale classe è caratterizzata da donne che, nel 97,5% dei casi, hanno una età inferiore o uguale a 34 anni. Le gravidanze di queste primipare non hanno presentato alcuno dei fattori di rischio tra quelli presi in considerazione in questo studio e sono interamente caratterizzate da neonati di peso superiore ai 2.500 gr. È l’unica classe in cui si osserva una quota di donne straniere e di donne con anamnesi positiva per pregresse IVG superiore a quella che caratterizza l’intero insieme di primipare (rispettivamente 12,2% vs 5,2% e 1,6% vs 0,9%). La proporzione di donne con scolarità inferiore a 8 anni èmaggiore di quella dell’intero insieme di dati (44,4% vs 42,0%).

La seconda tipologia è quasi altrettanto numerosa della prima (31,4% del totale). In questa classe più della metà dei parti avviene in strutture private (53,5% vs 43,5% del totale) con il ricorso al PCE (54,2%vs 47,6%del totale) sebbene, in termini di possibili indicazioni cliniche, non si riscontri alcuna differenza rispetto alla classe precedente. Appartengono a questa classe donne essenzialmente italiane (98,5%) che nel 15,5% dei casi hanno un’età maggiore di 34 anni (a fronte di una percentuale complessiva di donne con etàmaggiore ai 34 anni pari al 10,5%).Come nella prima classe vi è una quotamaggiore di primipare con bassa scolarità (44,2% vs 42% del totale).

La terza classe interessa il 7,3%dell’insieme di dati. Si tratta di donne assistite nel 66,5% dei casi in strutture pubbliche con una percentuale di ricorso al PCE pari al 55%. Vi è in questa classe una quota consistente di donne che hanno affrontato un concepimentomedicalmente assistito (4,7%vs 1,2%) e le cui gravidanze hanno avuto un decorso patologico (24,7%vs 3,3%) con difetto di accrescimento fetale (14,3%vs 2,7%).

La quarta classe comprende il 23% delle primipare ed è costituita da donne italiane di età superiore ai 25 anni (87,3% della classe, di cui il 14,1%è di età superiore ai 34 anni) e con una elevata scolarità. Il parto è avvenuto essenzialmente in strutture private (93,7%) con una percentuale di ricorso al PCE pari al 99,7%. A eccezione della presentazione non di vertice del neonato, rilevata nel 16,4%dei casi rispetto a una percentuale complessiva pari al 4,7%, non sussistono altre indicazioni cliniche al PCE. Si tratta infatti di gravidanze con decorso esclusivamente fisiologico e senza difetti di accrescimento fetale, esitate in parti singoli di neonati con peso sempre superiore ai 2.500 gr.

La quinta classe, infine, è lameno numerosa (solo il 3,8%dell’insieme delle primipare). Si tratta di donne italiane le cui gravidanze sono caratterizzate dalla presenza di molteplici fattori di rischio: decorso della gravidanza patologico (nel 36,6%dei casi), difetto di accrescimento fetale (42,1%), genere del parto plurimo (41,2%) e presentazione del neonato non di vertice (13,2%). La classe si caratterizza, inoltre, per il ricorso a tecniche di procreazionemedicalmente assistita (presente nel 22,2%dei casi contro l’1,2%dell’intero insieme di dati) e per il basso peso alla nascita dei neonati (69,4% vs 6,6%). L’età al parto è superiore ai 34 anni nel 16,4%di queste donne. Il parto avviene con PCE in una percentuale pari all’81%. È l’unica classe in cui la tipologia della struttura non hamostrato una distribuzione differente rispetto a quella dell’intero insieme di dati.

In tabella 5 è riportato il quadro sinottico della caratterizzazione delle cinque tipologie di primipare.

Discussione

In Campania sembra in atto una “epidemia” di PC, poiché la proporzione di questi interventi chirurgici è aumentatamolto più che nelle altre regioni italiane: dal 1999 oltre il 50%delle nascite avviene con PC e l’ultimo dato disponibile evidenzia che nel 2007 il 60,5% dei parti è stato effettuato con parto cesareo.7 Le cause di questo fenomeno sono in parte legate alla scarsa regionalizzazione dell’assistenza perinatale, evidenziata dall’eccesso di strutture perinatali di piccole dimensioni. In letteratura è dimostrabile un incremento dellamortalità neonatale nelle strutture con un minore numero di nati per anno.23 Inoltre, nei dati italiani relativi al 2005, è riportata una frequenza maggiore di parti cesarei nelle strutture di minori dimensioni.24 In effetti, la Campania è la regione italiana in cui operano più strutture ostetrico-neonatali di piccole dimensioni, anche se il territorio è caratterizzato da un’altissima densità di popolazione: nel 2005, su un totale di 89 strutture, 35 assistono meno di 500 parti per anno. Inoltre, un altro dato di insufficiente regionalizzazione è relativo alla numerosità delle strutture di riferimento per le gestanti e i neonati a rischio che, tuttavia, sono di dimensioni insufficienti e poco integrate col territorio.7

L’ampia disponibilità di strutture di assistenza private è un’altra caratteristica della regione: le case di cura private sono 41 (46% del totale) e assistono il 44% dei nati,mentre a livello nazionale sono 112 (20% del totale) e assistono l’11,6% dei nati.24

I dati presentati in questo studio confermano che nelle strutture private la proporzione di PCE è nettamente maggiore che in quelle pubbliche (53,1% vs 24,3%), in accordo con quanto rilevato a livello nazionale nel 2005, anno in cui la percentuale di PC nelle strutture pubbliche è risultata pari al 34%contro il 60% di quelle private.24

È confermato il ruolo delle indicazioni cliniche al PCE che sono state prese in esame (presentazione non di vertice, gravidanza gemellare, decorso patologico della gravidanza, difetto di accrescimento intrauterino), in alcuni casi con aspetti peculiari. L’associazione tra PCE e pregresso PC non è stata esplorata in quanto è ampiamente confermata, sia in Italia sia in molti altri Paesi.25 Tuttavia, deve essere sottolineato che le gestanti che hanno già partorito con cesareo rappresentano un gruppo molto più ampio in Campania che in altre regioni (per esempio 29,9% contro 8,4% dell’Emilia- Romagna).26 Questo gruppo tenderà a diventare sempre più numeroso dato che il numero delle gestanti con pregresso PC è in aumento e che la proporzione di parti vaginali dopo cesareo (VBAC) in Campania è pari al 4%, contro il 12% rilevato in Italia nel 2005. In effetti, la relativa complessità della gestione del VBAC tende a scoraggiare i ginecologi dall’effettuare un parto vaginale di prova dopo un cesareo27 e a rendere la reiterazione del cesareo una regola generale di comportamento ostetrico.

Il presente lavoro mostra che il PCE risulta associato alle presentazioni diverse dal vertice (OR 25,94, IC 95% 20,57- 32,70), che sono, nella quasi totalità, di tipo podalico. In particolare la quota di PCE nei parti con presentazioni diverse dal vertice è pari al 92,8%contro il 32,8%nei parti con presentazione di vertice. Il parto podalico è effettivamente un parto a rischio, anche se le evidenze scientifiche suggeriscono di prendere in considerazione la possibilità di un rivolgimento fetale esterno almeno nelle pluripare senza pregressi cesarei.28 I dati disponibili non permettono di sapere se questa procedura è stata utilizzata, almeno occasionalmente,ma il valore dell’OR suggerisce che in caso di presentazione podalica in Campania sia scelto prevalentemente il PCE.

Anche le gravidanze gemellari sono risultate significativamente associate al PCE: nella popolazione studiata quasi tutti i gemelli (92,5%) sono estratti con PCE.Tuttavia, le evidenze scientifiche attualmente disponibili non permettono ancora di definire quale sia lamiglioremodalità di parto nelle gravidanze gemellari per cui è opportuno attendere i risultati dei trial in corso su questo argomento.

L’analisi ha confermato che il decorso patologico della gravidanza e il difetto di accrescimento fetale sono indicazioni al PCE.Questi parti si configurano frequentemente come emergenze mediche e il PCE può ridurre effettivamente il rischio dimorte intrauterina,mortalità emorbilità neonatale e complicazioni materne, quali l’eclampsia, soprattutto in presenza di un arresto della crescita fetale.

L’analisi ha individuato nel nostro campione altri due fattori clinici di rischio: la procreazione medicalmente assistita e il basso peso alla nascita. Se nel primo caso il dato nonmeraviglia poiché si tratta di gravidanze nelle quali la scelta del PCE potrebbe essere motivata anche da considerazioni psicologiche dei genitori, nel secondo caso appare poco comprensibile la scelta del PCE perché le ridotte dimensioni fetali dovrebbero invece favorire il parto vaginale.

L’età della madre superiore a 34 anni è l’unico fattore sociodemografico associato al PCE,mentre l’etàmaterna inferiore a 25 anni, la scolarità superiore a 8 anni e la nazionalità straniera sono protettive rispetto all’intervento chirurgico. Probabilmente in Campania la preoccupazione per una gravidanza oltre i 34 anni ha un effetto particolarmentemarcato sulle scelte deimedici e delle madri. In effetti, il progressivo innalzarsi dell’età media al parto e, in particolare, dell’età al primo parto, hanno contribuito significativamente a incrementare la frequenza del PC,29 incoraggiando lemadri ad accettare il PCE anche in assenza di problemi clinici.30 è possibile, d’altra parte, che le donne di età inferiore a 25 anni siano incoraggiate ad affrontare il parto vaginale, perché per le giovani è più forte il supporto dell’ambiente familiare e il desiderio di emulare le proprie madri,ma tale ipotesi deve essere supportata da ulteriori dati. I risultati del presente lavoro evidenziano una maggiore frequenza del PCE nelle strutture private rispetto a quelle pubbliche; questa differenza è ben conosciuta ed è presente sia in Italia sia negli altri Paesi sviluppati.Tuttavia, in Campania essa è particolarmente rilevante, tanto più perché riferita a interventi di elezione.

Il fatto che la nazionalità non italiana sia risultata un fattore protettivo rispetto al PCE può spiegarsi con il prevalente ricorso di queste gestanti ai consultori e agli ambulatori ospedalieri, mentre l’effetto protettivo di una scolarità più elevata potrebbe spiegarsi assumendo che le donne più acculturate siano più consapevoli dei rischi del parto laparotomico emeno timorose del parto vaginale.

Il presente lavoro hamesso altresì in evidenza che il rischio di PCE è maggiore nelle primipare e che esso si raddoppia nel caso in cui il parto avvenga in strutture private.Tale dato è del tutto ingiustificato, soprattutto perché nelle primipare non può essere presente un’anamnesi positiva per pregressi PC, che, come visto, rappresenta il fattore clinico associato con maggiore forza al PCE. Pertanto, nelle primipare sarebbe attesa una quota di PCE inferiore rispetto alle donne che hanno già partorito, anche se nel primo parto la letteratura scientifica evidenzia un lieve incremento del rischio di parto pretermine,31 di preeclampsia32 e di distocia.33

La procedura di classificazione gerarchica offre la possibilità di fare ulteriori osservazioni relative al ricorso al PCE nelle primipare.

Nella tabella 5 si evidenziano due classi di primipare caratterizzate dalla scelta di partorire in struttura pubblica (classe 1 e classe 3). La prima di queste è caratterizzata da parti vaginali senza indicazioni cliniche per il PCE. La seconda, invece, comprende prevalentemente donne che hanno affrontato un PCE con una gravidanza gemellare e/o con decorso patologico e/o con difetto di accrescimento fetale. Sembra dunque che le donne assistite in strutture pubbliche affrontino il PCE prevalentemente in presenza di evidenti indicazioni cliniche.

Viceversa, le due classi in cui la tipologia di struttura prevalente è quella privata (classe 2 e classe 4) sono entrambe caratterizzate da un eccessivo ricorso al PCE. In particolare nella classe 2, a fronte di una percentuale di PCE superiore al 55%, non si riscontra alcuna indicazione clinica al PCE. Nella classe 4 la quasi totalità dei parti (99,7%) avviene con PCE. In questa classe vi è una elevata concentrazione di parti con presentazione diversa dal vertice (16,4%vs 4,7%),ma ciò non sembrerebbe giustificare il ricorso al PCE in tutti gli altri casi, trattandosi per il resto di gravidanze fisiologiche. La proporzione di PCE che caratterizza questa classe èmaggiore anche di quella rilevata nella quinta classe (81%) in cui si concentrano parti gemellari, gravidanze seguite a concepimentomedicalmente assistito, difetti di accrescimento fetale, basso peso alla nascita, decorso patologico della gravidanza, presentazioni diverse dal vertice. Il presente lavoromette quindi in evidenza un’anomalia ancora più specifica rispetto a quella rappresentata dall’eccessivo ricorso al PCE nelle strutture private e cioè che in tali strutture le primipare vanno incontro al parto con taglio cesareo elettivo anche in assenza di esplicite indicazioni cliniche. Pertanto, il gruppo delle primipare a basso rischio assistite in strutture private dovrebbe rappresentare un target privilegiato sul piano degli interventi di politica sanitaria.

A tale scopo sarebbe opportuno individuare qualimotivazioni inducono tali primipare al PCE, motivazioni che non è però possibile comprendere sulla base dei datiCedAP. In particolare, non è desumibile il ruolo della scelta delle donne che è invece ampiamente discusso in letteratura, tanto che Jain e Wapner,34 affermano che questa decade passerà alla storia come quella in cui il “parto cesareo su richiesta materna” è diventato un termine ufficiale. In un’ampia revisione della letteraturamondiale sull’argomento,Gamble eKreedy evidenziano che nessuno studio esamina sistematicamente le informazioni fornite alle donne e che la scelta delle gestanti dipende anche dalla qualità delle cure ostetriche.35 Il PC su richiesta è un fenomeno complesso, non quantizzabile perchémascherato da indicazioni di comodo o non supportato da alcuna indicazione clinica. Infatti, in Italia non esiste ancora la possibilità di registrare con una specifica codifica un PC senza indicazioni mediche. Anche i documenti internazionali pubblicati su questo argomento sottolineano la difficoltà di misurare il fenomeno e la necessità di una corretta informazione e valutazione dei rischi e dei benefici.36 Potter ha studiato le preferenze delle donne riguardo al tipo di parto in Brasile evidenziando che la maggior parte delle donne sottoposte a PC avrebbero preferito il parto vaginale.37 Lo stesso autore, in uno studio successivo, ha approfondito lemotivazioni deimedici e delle donne nei casi in cui era stato programmato un PC, dimostrando che imedici frequentemente persuadevano le pazienti ad affrontare un PC senza adeguate giustificazioni.38

L’Istituto superiore di sanità ha svolto un’indagine sulle preferenze delle madri italiane rispetto al PC evidenziando che solo il 10,1%delle donne che avevano partorito per via naturale e il 23,3%di quelle che erano state sottoposte a PC avrebbero preferito essere sottoposte nuovamente a PC.39 L’unico studio italiano in cui viene valutata la frequenza del PC su richiesta materna è limitato a una sola provincia e segnala una percentuale del 6,4%sul totale degli interventi.40 Tuttavia, anche in questo caso, non è da sottovalutare il peso delle scelte e delle convinzioni dei medici nel condizionare le gestanti. In uno studio sulle opinioni delle donne e degli ostetrici sul cesareo, è stato riportato che solo un piccolo gruppo di donne avevano richiesto il cesareo in assenza di indicazionimediche,ma che la richiestamaterna era percepita daimedici come ilmaggiore fattore nell’indurre al parto cesareo.41Un recente studio italiano ha infine evidenziato una tendenza dei medici a sottovalutare i rischi del PC, rispetto alle ostetriche.42

In conclusione, partorire inCampania significa, nellamaggior parte dei casi, affrontare un intervento chirurgico.Questa routine operatoria rende difficile programmare interventi per la modifica della situazione. Infatti, oltre a una possibile sottovalutazione dei rischi legati all’effettuazione di un PCin assenza di indicazioni cliniche, bisogna considerare che la consuetudine a effettuare prevalentemente PC può aver causato la perdita di competenze specifiche dimedici e ostetriche, che sono formati e operano in strutture in cui si effettuano prevalentemente, talora quasi esclusivamente, interventi laparotomici per l’estrazione del neonato.

I nostri risultati suggeriscono come futura linea di ricerca l’approfondimento dei fattorimotivazionali, di natura psicologica e non, che sottendono il ricorso al PCE nelle primipare, allo scopo di studiare soluzioni improntate alla conoscenza delle differenti realtà assistenziali che coesistono nella regione.

Conflitti di interesse dichiarati: nessuno

Bibliografia e note

  1. Per gravidanza a decorso patologico, secondo la definizione del CedAP, s’intende la gravidanza in cui si sia rilevata morbilità materno-fetale.
  2. Per difetto di accrescimento si intende il rallentato accrescimento intrauterino (valori inferiori al 10° percentile) diagnosticato ecograficamente in fase pre-natale. In questo lavoro si intende per primipara la donna al suo primo parto.
  3. Le strutture private comprendono sia le trentotto convenzionate che le tre non convenzionate con il SSN, in quanto non sono state riscontrate differenze significative nella distribuzione delle variabili adottate (dati non presentati).
  1. Betrán AP, Merialdi M, Lauer JA et al. Rates of caesarean section: analysis of global, regional and national estimates. Paediatr Perinat Epidemiol 2007; 21; 98-113.
  2. Weaver JJ, Statham H, RichardsM. Are there “unnecessary” cesarean sections? Perceptions of women and obstetricians about cesarean sections for nonclinical indications. Birth 2007;34(1);32-41.
  3. Young D. New Evidence on Cesareans. Birth 2007;34;1-2.
  4. Chaillet N, Dubé E, DugasMet al. Identifying barriers and facilitators towards implementing guidelines to reduce caesarean section rates in Quebec. Bulletin of the World Health Organization 2007;85;791-97.
  5. Eurostat. European Health for all database 2008; http://www.euro.who.int/hfadb.
  6. Ministero della Salute, attività editoriali. Analisi dell’evento Nascita, anno 2005. Roma, 2008.
  7. Università di Napoli Federico II, Dip. di scienze mediche e preventive, Sez. di igiene, Regione Campania. Rapporto sulla natalità in Campania 2006. Marzo 2008.
  8. Mac Dorman MF, Declercq E., Menacker F., Malloy M.H. Neonatal Mortality for Primary Cesarean and Vaginal Births to Low- RiskWomen: Application of an ‘‘Intentionto- Treat’’ Model. Birth 2008;35(1);3-8.
  9. National Institutes of Health. State-of-the science conference statement: cesarean delivery on maternal request March 27–29, 2006. Obstet Gynecol 2006;107;1386-97.
  10. Villar J, Carroli G, Zavaleta N et al.Maternal and neonatal individual risks and benefits associated with caesarean delivery: multicentre prospective study. BMJ 2007;335; 1025-36.
  11. Liu S, Liston RM, Joseph KS, Heaman M, Sauve R, Kramer MS. Maternal mortality and severe morbidity associated with lowrisk planned cesarean delivery versus planned vaginal delivery at term. CMAJ 2007;176(4);455-60.
  12. Lavender T, Hofmeyr GJ, Neilson JP, Kingdon C, Gyte GML. Caesarean section for nonmedical reasons at term. Cochrane Database of Systematic Reviews 2009, Issue 2.
  13. Liu S, Liston RM, Joseph KS, Heaman M, Sauve R, Kramer MS. Maternal mortality and severe morbidity associated with lowrisk planned cesarean delivery versus planned vaginal delivery at term. CMAJ 2007; 176(4): 455-60.
  14. Hansen AK, Wisborg K, Uldbjerg N, Brink T. Risk of respiratory morbidity in term infants delivered by elective caesarean section: cohort study. BMJ 2008; 336: 85-92.
  15. Rubin DB. Multiple imputation for nonresponse in surveys. New York, JohnWiley & Sons, 1987.
  16. Schafer JL. Analysis of incomplete multivariate data. New York, Chapman & Hall, 1997.
  17. Lebart L, Morineau A, Piron M. Statistique exploratoire multidimensionnelle. Paris, Dunod, 1995.
  18. Greenacre MJ, Blasius J. Multiple correspondence analysis and related methods. London, Chapman & Hall, 2006.
  19. Ward JH. Hierarchical Grouping to optimize an objective function. J Am Stat Assoc 1963;58(301):236-44.
  20. Morineau A. Note sur la caractérisation statistique d’une classe et les valeurs tests. Bulletin Technique Centre Statistique Informatique Appliquées 1984; 2: 20-27.
  21. Ihaka R, Gentleman R. R: A language for data analysis and graphics. Journal of Computational and Graphical Statistics 1996; 5(3);299-314.
  22. Benzécri JP. Sur le calcul des taux d’inertie dans l’analyse d’un questionnaire. Cahiers de l’Analyse des Données 1979;4:377-378.
  23. Heller G, Richardson DK, Schnell R, Misselwitz B, KünzelW, Schmidt S. Are we regionalized enough? Early-neonatal deaths in low-risk births by the size of delivery units in Hesse, Germany 1990–1999. Int J Epidemiol 2002;31:1061-68.
  24. Ministero della Salute, 2008. Certificato di assistenza al parto (CedAP), Analisi dell’evento nascita – Anno 2005.
  25. MacDorman M.F., Menacker F., Declercq E. Cesarean Birth in the United States. Epidemiology, Trends, and Outcomes Clin Perinatol 2008;35:293-307.
  26. Regione Emilia Romagna, Direzione generale sanità e politiche sociali. La nascita in Emilia Romagna. Novembre 2007.
  27. FlammBL.Vaginal Birth afterCesarean (VBAC). Best Practice & Research. ClinicalObstetrics & Gynaecology 2001;15(1);81-92.
  28. National Collaborating Center for Women’s and Children’s Health. Cesarean section. London, RCOG Press, 2004; 4: 27-28.
  29. Smith GCS, Cordeaux Y, White IR et al. The effect of delaying childbirth on primary cesarean section rates. PLoS Med 2008; 5(7); e144-54.
  30. Williams HO. The Ethical Debate of Maternal Choice and Autonomy in Cesarean Delivery. Clin Perinatol 2008; 35; 455-62.
  31. Ananth CV, Peltier MR, Getahun D, Kirby RS, Vintzileos AM. Primiparity: an ‘intermediatÈ risk group for spontaneous and medically indicated preterm birth. J Matern Fetal Neonatal Med 2007; 20(8); 605-11.
  32. Luo ZC, An N, Xu HR, Larante A, Audibert F, Fraser WD. The effects and mechanisms of primiparity on the risk of pre-eclampsia: a systematic review. Paediatr Perinat Epidemiol 2007; 21(suppl. 1); 36-45.
  33. McLeod NL. Trends in major risk factors for anal sphincter lacerations: a 10-year study. J Obstet Gynaecol Can 2003; 25; 586-93.
  34. Jain L, Wapner R. How will our grandchildren be delivered? Clin Perinatol 2008; 35; xi–xii.
  35. Gamble J, Kreedy DK, McCourt C,Weaver J, Beake S. A Critique of the Literature on Women’s Request for Cesarean Section. Birth 2007; 34(4); 331-39.
  36. State-of-the-Science Conference Statement on Cesarean Delivery onMaternal Request. NIH Consens Sci Statements 2006; 23(1); 1-29.
  37. Potter JE, Berquó E, Perpétuo IH et al. Unwanted caesarean sections among public and private patients in Brazil: prospective study. BMJ 2001;323:1155-58.
  38. Potter JE, Hopkins K, Faúndes A, et al. Women’s autonomy and scheduled cesarean sections in Brazil: a cautionary tale. Birth 2008;35(1);33-40.
  39. Donati S, Grandolfo M, Andreozzi S. Do Italian mothers prefer cesarean delivery? Birth 2003;30(2);89-93.
  40. Tranquilli AL, Giannubilo SR. Cesarean delivery on maternal request in Italy. Int. J. Gynecol.Obst. 2004;84;169-70.
  41. Weaver JJ. Are there “unnecessary” cesarean sections? Perceptions of women and obstetricians about cesarean sections for nonclinical indications. Birth 2007;34(1); 32-41.
  42. Monari F, Di Mario S, Facchinetti F, Basevi V. Obstetricians’ and Midwives’ Attitudes toward Cesarean Section. Birth 2008;35(2); 129-35.
Approfondisci su epiprev.it Vai all'articolo su epiprev.it Versione Google AMP