Su Epidemiologia&Prevenzione si è discusso ampiamente del “caso CESP-Boffetta” con numerosi e importanti interventi.1 In estrema sintesi, Paolo Boffetta, epidemiologo di fama internazionale, ha ritirato la sua candidatura a capo del Centro di ricerca in epidemiologia e salute delle popolazioni (CESP, INSERM-Université Paris-Sud, Francia) a seguito di una campagna di stampa iniziata dal quotidiano francese Le Monde in cui si denunciavano i suoi conflitti di interesse, per di più non sempre dichiarati, in quanto consulente di varie industrie per le quali aveva effettuato perizie in contrasto con conoscenze considerate acquisite in materia di danni alla salute provocati da certe sostanze.Come ben sintetizza il titolo dell’intervento della redazione, pubblicato in un recente numero della rivista,  «il caso CESP-Boffetta è chiuso, il dibattito invece è più aperto che mai».2 E  più aperte che mai rimangono le questioni che ha sollevato. Io stessa, in un precedente numero di questa rubrica,3 avevo affrontato il tema degli scandali scientifici, anche se con un fuoco leggermente diverso, ossia concentrandomi su negligenze, manipolazioni e frodi nelle pubblicazioni di risultati di ricerca.Ancora una volta il caso specifico offre l’opportunità per una riflessione generale su che cosa sia oggi l’attività scientifica e, di conseguenza, su come possano e debbano essere valutati i suoi risultati, nonché gli atteggiamenti, i comportamenti e le responsabilità di chi li produce.

Immersi in un contesto che cambia

Ai suoi esordi, tre-quattrocento anni fa, la scienza moderna cominciò a prendere forma grazie a pochi, brillanti e spesso coraggiosi individui (allora chiamati filosofi della natura) che, concedendosi di pensare fuori da schemi consolidati e con un’osservazione di fenomeni ed eventi naturali rigorosa e sistematica, furono capaci di  ribaltare intere concezioni del mondo e di creare il cosiddetto metodo sperimentale, che tanto ha contribuito all’avanzamento della conoscenza. Ne sono seguite infinite applicazioni tecniche che, dalla rivoluzione industriale in poi, hanno radicalmente trasformato il mondo in cui viviamo e con questo la scienza stessa e le questioni che essa è oggi chiamata ad affrontare.Il cambiamento più significativo e radicale si è verificato nel XX secolo, fra le due guerre e con un’accelerazione crescente dopo la seconda, quando si è assistito a una vera e propria industrializzazione della scienza. Oggi non è più la curiosità degli scienziati a dettare l’agenda della ricerca,  ma è l’aspettativa di possibili benefici collettivi (militari, sociali, sanitari, economici o altro)... Accedi per continuare la lettura

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