Non possiamo che dichiararci felicemente sorpresi di come in Italia, ma anche in buona parte del mondo, l'epidemia sia tuttora monitorata con attenzione e tempestività. Non possiamo che sottolineare come il Governo, le Regioni, le ASL, gli Ospedali, i MMG e per loro la Protezione Civile e l'Istituto Superiore di Sanità, tutti abbiano fatto grandi sforzi e grandi sacrifici per consentire il monitoraggio dell'epidemia di Covid-19.

Certo, sistemi di questa vastità e portata, e costruiti rapidamente nell'emergenza, non possono e non potranno mai essere perfetti, ma l'importante è che garantiscano un livello di qualità sufficiente per fornire le informazioni necessarie per assumere le decisioni sulle misure da attivare e per informare i cittadini di ciò che sta avvenendo. Il proverbio dice che "presto e bene raramente avviene", ma forse in questo caso è avvenuto.

Avere ogni sera il numero di test erogati, il numero di positivi, di ricoverati, di guariti, di deceduti ha permesso di sapere se l'epidemia stesse crescendo o decrescendo, se la gravità dei contagi aumentasse o diminuisse. Forse alcuni degli indicatori su cui si sono basate le informazioni non è stato così tempestivo come forse necessitava, forse si è talvolta aspettato di rilevare il "danno" invece che decidere quando cresceva il "rischio", ma complessivamente il sistema ha funzionato e sta ancora funzionando sufficientemente bene.

Ma adesso che ne sarà? Sembra di avvertire alcuni preoccupanti segnali di stanchezza, talvolta sotto forma di dubbi sulla qualità e sull'utilità del sistema.  Chiariamo che il sistema è tuttora molto utile e la qualità è del tutto accettabile e quindi auspichiamo che non ci si azzardi ad interrompere questo indispensabile monitoraggio, anzi si pensi a come istituzionalizzarlo anche per altri scopi al di là dell'epidemia.

Si dice che ci siano dei problemi di costi, in termini di impegno organizzativo, e di standardizzazione nella trasmissione dei dati. Ma guardiamo cosa fanno le aziende che hanno una rete di distribuzione su tutto il territorio. Le catene dei supermarket sanno ogni sera quali sono stati i consumi e in quali aree sono cresciuti e in quali diminuiti. E così decidono come rifornirsi e come stabilire i prezzi dei prodotti. Forse che la quantità di formaggini, di biscotti, di lattine è più importante dei dati di salute?

Ed è mai possibile, ad esempio, che per sapere il numero di decessi totale si debbano aspettare mesi e per saperne le cause si debba aspettare anni? Ci sono informazioni che è utile sapere tempestivamente, anche se con qualche lacuna in termini di qualità, ed altre informazioni che invece è bene che siano disponibili anche con minor tempestività ma con miglior qualità. Le necessità infatti di chi fa monitoraggio non sono le stesse delle necessità di chi fa ricerca. Il monitoraggio è per assumere decisioni tempestive, la ricerca è per capire quanto è accaduto e per sapere come meglio comportarsi se ricapiterà.

Il 31 marzo 2022 dovrebbe terminare lo stato di emergenza per l'epidemia e sarebbe gravissimo se il ruolo che la Protezione Civile ha avuto nella gestione del sistema informativo dell'epidemia terminasse. Sarebbe gravissimo per due ragioni:

  • la prima è che l'epidemia non è finita e in questi giorni ci sono ancora quattrocento mila tamponi al giorno, intorno a quarantamila positivi, duecento decessi, e quindi il controllo quotidiano è sicuramente ancora essenziale; 
  • la seconda ragione è che la base su cui si è sviluppato questo sistema di monitoraggio potrebbe diventare molto utile per impostare finalmente un sistema generale di monitoraggio della salute del paese.  

Quante volte ci si è detti che se avessimo avuto a disposizione dei dati avremmo capito con anticipo quanto stava per accadere?  Un sistema che sia capace di segnalarci quotidianamente il numero di decessi, il numero di ricoveri, il numero di accessi ai pronto soccorso e magari, anche in modo campionario, il numero di ricorsi ai MMG, questo sarebbe uno strumento importante di salute pubblica. Certo non si può pretendere che si abbiano indicazioni nosologiche molto dettagliate, ci si potrebbe forse accontentare di grandi categorie classificatorie.

Si è visto che durante l'epidemia è stato possibile costruire un sistema funzionante seppur realizzato in fretta e furia; partiamo da questo, individuiamo i suoi punti di forza e di debolezza, e costruiamo finalmente un sistema di monitoraggio su cui basare gli interventi di prevenzione e di contenimento delle malattie.

Ci sono due aspetti su cui riflettere: trasparenza e privacy. Dobbiamo assolutamente evitare che l'informazione sia tenuta a disposizione solo di chi è ai vertici del governo della salute pubblica. Il pericolo infatti è che si usi l'informazione per fini particolaristici e non sempre per quelli riguardanti la salute della comunità. Una reale trasparenza permette alla comunità, attraverso chi ha gli strumenti per analizzare le informazioni, di controllare se la politica della salute garantisca effettivamente la sicurezza necessaria. Non vogliamo certo dire che sia la "scienza" che deve decidere; le decisioni sono un compito politico istituzionale, ma la società deve poter giudicare se le decisioni prese in funzione delle informazioni messe a disposizione siano le decisioni più opportune.

Per quanto riguarda la privacy noi siamo del tutto concordi che essa debba essere assolutamente garantita e rispettata perché costituisce un diritto di cittadinanza, ma come tutti i diritti anche questo deve contemperarsi con gli altri diritti. Non si può mettere a rischio la salute della comunità invocando questioni di privacy! E per lo più spesso vogliamo oltretutto tutelare notizie che possono già essere raccolte, e magari ancor più facilmente, con altri sistemi.

In conclusione chiediamo che si attivi al più presto un laboratorio di progettazione dell'evoluzione dell'attuale sistema di monitoraggio e chiediamo che in questo laboratorio l'AIE abbia un ruolo centrale, e la redazione di MADE si impegna a fornire, se ce n'è bisogno, il supporto necessario.

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