Il 28 giugno, quando il Ministro comunicò che tutta l'Italia era diventata "zona bianca", tutti noi, anche se con qualche perplessità, ci sentimmo entrati nella stagione della normalità, ma nulla è peggio che passare dalla tranquillità a nuovi e preoccupanti timori.

Nei primi giorni di luglio i contagi sono aumentati rapidamente con un incremento settimanale che ha superato il raddoppio. I media hanno attribuito il tutto alla cattiveria del virus che si era mutato nella variante Delta di cui si affermava, ad esempio su Lancet, che la contagiosità fosse aumentata dal 40% al 60% per cui il ricorso all'assistenza ospedaliera si sarebbe raddoppiato.

Nell'atmosfera "politico-economica" della "normalità raggiungibile" si è spesso rinunciato a commenti che incolpassero della crescita i comportamenti della popolazione e dei giovani in particolare che, si diceva, troppe volte erano stati in precedenza ingiustamente incolpati. Il fatto però non c'entra con le colpe, giustificate o no, ma con un oggettivo rilassamento delle misure di precauzione ed una crescente diffusione di comportamenti a rischio, spesso spontanei, ma anche indotti dal desiderio di ripresa economica di molte delle attività, soprattutto quelle ludiche, sportive e turistiche.

E  così dai soli 389 nuovi contagi del 28 giugno (primo giorno dell'Italia tutta bianca) si è arrivati ai 5143 nuovi contagi del 23 luglio con un incremento "aritmetico" di 13,2 volte! il 28 giugno il trend è improvvisamente cambiato e certamente ciò non è dovuto a qualcosa capitato il giorno stesso, ma almeno due settimane prima, a metà giugno. Ed è stato a metà giugno che la scuola, pur svolta nella "DAD", era terminata e la vita delle famiglie e dei giovani si era "liberata" ed erano iniziate maggiori occasioni di aggregazione anche dovute ai campionali europei di calcio ed ai festeggiamenti per la vittoria degli azzurri.

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Dal 28 giugno l'indice di replicazione diagnostica che per lunghe settimane era stato stabile e sotto l'unità, così indicando un andamento decrescente esponenziale, il 3 luglio superava questa soglia raggiungendo il valore di 2,15 il 17 luglio e poi incominciando a scendere con la velocità con cui era cresciuto. Non si può con certezza dire quando ritornerà sotto l'unità, ma se tutto continuasse ad andare come sembra, a fine luglio raggiungerebbe il famoso "picco", cioè finirebbe la crescita giornaliera dei nuovi contagi.

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L'RDt (indice di replicazione diagnostica) può considerarsi come il parametro angolare di una retta tangente alla curva dell'andamento ripulito dalla componente ciclica intra settimanale con l'uso, ad esempio, di medie mobili settimanali.
Il cosiddetto "picco" corrisponderà al punto di massimo della curva dell'incidenza (qui rappresentata per 100.000 abitanti) e la tangente sarà una retta orizzontale.

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Accanto alla "buona notizia" della progressiva diminuzione della crescita vi è anche la buona notizia della riduzione della gravità degli esiti del contagio. La letalità, stimata come rapporto tra il numero di deceduti e il numero dei nuovi positivi di 13 giorni prima, era stata all'inizio anno a livello del 3%, per poi variare tra il 2,5 e l'1,5% e diminuire all'1% ad inizio di luglio proprio in corrispondenza della crescita dei positivi.

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Un’osservazione simile la si può fare considerando la percentuale di nuovi casi che viene assistita in terapia intensiva. Da gennaio a giugno questa percentuale era stabile attorno all'1% e in luglio è via via diminuita sino allo 0,3%., come si vede dai grafici riportati sopra in cui gli indici di letalità e di intensità terapeutica, calcolati come rapporto tra ricoveri in terapia intensiva e nuovi casi diagnosticati, sono allineati rispetto al giorno della diagnosi.

Questa diminuzione dei due indicatori può essere credibilmente associata alla minor età media dei casi ed a una percentuale tra i contagiati di soggetti già vaccinati. Entrambe queste due categorie di casi, quindi, evolvono per lo più in forme meno gravi di malattia.

Se i contagi sono ora prevalentemente dovuti alla variante Delta del virus, possiamo ritenere che questa non comporti, almeno nel nostro Paese, una letalità od una ospedalizzazione maggiore pur tenendo conto dell’effetto della vaccinazione, che riguarda ora ormai più del 60% della popolazione se si considera la somministrazione di almeno una dose. Ma mi sia anche concesso di pormi il quesito se l'estendersi della variante e la minor accelerazione dei contagi sia compatibile con un effettivo aumento della contagiosità ovvero se si debba trovare la spiegazione principalmente nei comportamenti della popolazione.

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