Il Coordinamento cittadino

La storia di Porto Marghera, area dichiarata sito di interesse nazionale per le bonifiche dalla Legge n.426/98, è da sempre intrecciata con la cittadinanza attiva e la partecipazione popolare. Il territorio è costellato di comitati di cittadini che negli anni hanno scelto di dedicare il proprio tempo per fronteggiare almeno una delle cause di rischio per la salute presenti sul territorio. Perché ciò che rende davvero complessa la situazione di quest’area è che il nemico della salute pubblica non è solo uno e ben identificato, ma sono molti, diversi e probabilmente in interazione tra loro.
La storia è lunga e molti sono gli impianti industriali aperti in nome del progresso e poi smantellati anche grazie alle battaglie dei comitati. All’inizio del 2020, di fronte all’ennesimo tentativo di sacrificare il territorio e la popolazione per la costruzione di un nuovo inceneritore, noi, associazioni e comitati cittadini ambientalisti, ci siamo riuniti dando vita a un Coordinamento e abbiamo iniziato a lavorare per formalizzare alcune richieste da avanzare alla Regione Veneto.
Il primo atto si è sostanziato il 5 dicembre del 2020, in occasione di una manifestazione svolta davanti alla sede della Regione Veneto, a Marghera. Durante la manifestazione abbiamo consegnato a un rappresentante del presidente della Regione, Luca Zaia, una lettera, firmata dall’associazione Nascere Meglio con l’appoggio di tutto il Coordinamento, in cui ci dicevamo preoccupati per l’inquinamento vecchio e nuovo della nostra zona. Questa lettera si lega a due precedenti appelli, redatti prima dai pediatri e poi dai medici di base, i quali esprimevano una specifica preoccupazione per i livelli di malattia che osservavano nel nostro territorio, identificando nell’inquinamento e nella situazione ambientale una possibile causa.
Con la nostra lettera abbiamo fatto richiesta formale al presidente della Regione di eseguire dei monitoraggi su matrice umana; nello specifico, ben lontani dalla possibilità di identificare quelli che poi avremmo chiamato “quesiti di ricerca”, avevamo già in mente di fare due tipi di biomonitoraggio: ricerca dei metalli pesanti sulle unghie dei bambini e ricerca di diossine nel latte materno.
Le richieste del 5 dicembre 2020 si sono concluse con il Consiglio regionale che approvava a maggioranza una mozione che impegna la Giunta a dare risposta alle domande della popolazione sui biomonitoraggi. È in questo momento che la storia del Coordinamento, inconsapevolmente, inizia ad affiancarsi a quella del progetto One Health Citizen Science (OHCS).
Si sono susseguiti, infatti, alcuni incontri con i referenti della regione (aprile e ottobre 2021) in cui abbiamo avuto il piacere di sentire che tutti concordavano sul valore dei due biomonitoraggi, anche se la dottoressa Russo – Direzione prevenzione, sicurezza alimentare, veterinaria della Regione Veneto – non ha mai nascosto i timori per la gestione dei potenziali risultati o per l’uso politico e sociale che i diversi attori avrebbero potuto farne. Nell’incontro di ottobre, inoltre, la Regione ci ha comunicato che avrebbe chiesto il parere dell’Istituto superiore di sanità (ISS) rispetto la possibilità del biomonitoraggio. Così, il 14 febbraio 2022 la Commissione ambiente e salute della Regione Veneto e i vertici dell’ISS si sono riuniti e subito dopo ci hanno ricevuti; in quel momento non sapevamo ancora nulla del bando del Ministero della Salute e del progetto One Health Citizen Science

L’avvicinamento al progetto

Solo verso gli ultimi mesi del 2022 abbiamo saputo che la Regione Veneto aveva partecipato al bando, aggiudicandosi il finanziamento e dunque era nella posizione di sviluppare un progetto nel quale era contemplato anche il biomonitoraggio. In seguito siamo stati contattati dal Coordinatore dello studio OHCS, Annibale Biggeri, e siamo stati invitati a partecipare al seminario satellite “Epidemiologia in movimento: le emergenze del presente, le sfide del futuro” che si è svolto nell’ambito del Convegno annuale dell’Associazione italiana di epidemiologia. Questo ci ha fatto capire quanto è importante la partecipazione dei/delle cittadini/e all’interno del progetto e che forse questa era l’occasione che stavamo aspettando proprio per la natura partecipativa della ricerca [la registrazione del seminario è disponibile sul sito di Epidemiologia e Prevenzione, sezione EpiChange, ndr].
Con l’avvio dei lavori, le tappe più recenti si sono focalizzate sull’identificazione dei quesiti di ricerca, che rappresentano il primo passo nella costruzione della ricerca partecipata e verso il biomonitoraggio. Il 20 giugno 2022 una piccola delegazione ha partecipato a un incontro preliminare con i ricercatori e le ricercatrici dell’Università di Padova, questo ci è stato utile per preparare l’incontro in cui il progetto sarebbe stato presentato all’intero Coordinamento e avremmo potuto avere un momento di scambio e confronto reciproco.

A casa nostra, per prendere decisioni condivise

Il 3 luglio seguente, infatti, si è tenuto il primo incontro del Coordinamento con il coordinatore dello studio e le ricercatrici di Padova. L’incontro si è tenuto al Centro Sociale Rivolta di Marghera, che per noi rappresenta la casa di molte iniziative e da questo punto di vista, aver potuto svolgere lì questa prima riunione, ha assunto anche un valore simbolico importante. Durante l’incontro sono stati illustrati gli obiettivi del progetto e abbiamo discusso insieme come poterli realizzare. Noi avevamo preparato una prima scheda che andasse nella direzione di identificare i quesiti di ricerca e, grazie a un primo dialogo, abbiamo iniziato a definire meglio le istanze del Coordinamento, anche in relazione ai limiti di tempi, costi e fattibilità del biomonitoraggio all’interno del progetto OHCS: abbiamo compreso che avremmo dovuto operare delle scelte.
In vista dell’incontro successivo, che ci avrebbe portato al tavolo con gli altri soggetti interessati, abbiamo intensificato i nostri incontri al fine di ritagliare e formalizzare alcune proposte relative ai quesiti di ricerca. Così, il 18 luglio c’è stata la prima riunione con tutte le parti in causa alla quale abbiamo potuto partecipare al pari degli altri enti, quali: Regione, Arpav, ASL, Azienda Zero, ISS ed Università di Padova.
Gli interventi si sono succeduti e il coordinatore ha sottolineato come le tre fasi (identificazione, protocollo e scenari) si sarebbero realizzate in collaborazione tra tutti i presenti. Alla fine del 2025 – sempre secondo Biggeri – a conclusione della raccolta e analisi dei campioni di biomonitoraggio, noi potremo avere un’idea più chiara non solo nell’ottica di una futura programmazione sanitaria regionale, ma anche nell’esigenza di partecipazione per quello che riguarda l’interpretazione condivisa dei risultati. 
Durante la riunione, in un excursus della metodologia di comunicazione del rischio, i ricercatori hanno illustrato come la stessa scienza ha riconosciuto la necessità di lavorare assieme alle popolazioni coinvolte e di fare leva su concetti quali, trasparenza, fiducia e partecipazione. 

Il nostro punto di vista

In continuità con l’intervento del coordinatore del progetto, la dottoressa Murgia, facendo le veci del Coordinamento, ha presentato il nostro punto di vista: il biomonitoraggio che vogliamo attuare per sondare le esposizioni agli inquinanti è un metodo sostenuto da evidenze scientifiche e normative della comunità europea che dovrebbe essere implementato in tutte le aree a pressione ambientale che si tratti o meno di SIN. Solo una conoscenza molto ampia di un esposoma ci può dare indicazioni sulla nostra situazione attuale e ciò che vogliamo è allargare la conoscenza degli esiti delle esposizioni chimiche. Per esposoma, infatti, si intende «la totalità di esposizioni a cui è soggetto un individuo dal concepimento alla morte, comprese quelle derivanti da agenti ambientali, condizioni socioeconomiche, stili di vita, dieta e processi endogeni». Tutto in relazione con il nostro patrimonio genetico. 
Fin dall’inizio abbiamo ritenuto fosse necessario il biomonitoraggio per aumentare la consapevolezza di quanto bioaccumulo di sostanze chimiche estranee all’organismo l’esposizione ha causato su un campione rappresentativo della popolazione del SIN di Marghera, anche nell’ottica di guidare e aiutare le autorità e le istituzioni a prendere decisioni migliori per il nostro territorio. In linea con il rapporto SENTIERI, sappiamo che, confrontando la popolazione di Venezia con un’altra strutturalmente identica del Veneto, ci potrebbe dare indicazioni di presenza di danno ambientale e contaminazione: rispetto al territorio noi abbiamo la certezza di essere contaminati.
Le nostre consapevolezze e l’urgenza di agire vanno contestualizzati in un clima di sfiducia istituzionale per come sono stati fissati i limiti di legge degli inquinanti, che rispetto ai range dettati dall’OMS e se confrontati con quelli di altri Paesi come gli Stati Uniti, risultano essere meno stringenti. In questo senso, il principio che si adottava un tempo “chi inquina, paga”, come per il danno da PFAS nel vicentino, ci ricorda che non sempre si arriva a un responsabile e perciò dovrebbe essere tramutato in un nuovo paradigma “a priori”: quando su un determinato elemento ci sono delle incertezze è meglio prendere delle precauzioni.
Da qui abbiamo formulato e proposto i seguenti tre quesiti di ricerca:

  1. nei bambini residenti nelle località di Marghera/Malcontenta/Riviera del Brenta il carico corporeo di un ampio spettro di metalli (misurato sulla matrice unghie) è differente da quello di un analogo campione di bambini meno esposti?
  2. nei bambini residenti nella località di Malcontenta il carico corporeo di benzene (misurato sulle matrici urine o esalato) è differente da quello di un analogo campione di bambini meno esposti?
  3. nei soggetti adulti residenti nelle località di Marghera/Malcontenta/Riviera del Brenta il carico corporeo di diossine, PCB dioxin-like, cadmio e mercurio, PFAS è differente da quello di un analogo campione di adulti residenti in zone meno esposte?

Un confronto onesto e aperto

Grazie alla presenza dei ricercatori e delle ricercatrici dell’Istituto superiore di sanità abbiamo potuto intavolare un confronto onesto e aperto sulla fattibilità delle nostre proposte dal punto di vista tecnico. Rispetto ai quesiti posti, l’ISS ha ripercorso con noi le varie possibilità di indagine degli inquinanti per cercare di ottimizzare il disegno dello studio, individuando quali fasce di popolazione indagare e quali elementi tecnici di valutazione considerare. 
Per ora, convergiamo sul terzo quesito e nei prossimi mesi, in vista dell’evento di Manfredonia del 30 settembre 2023 (vedi box), continueremo a lavorare come Coordinamento e in dialogo con gli altri presenti a questa ultima riunione, affinché il quesito di ricerca prenda una forma definitiva e condivisa. 

Il passato conta

In conclusione della riunione, un altro dei nostri rappresentanti, Mattia Donadel, ha evidenziato che, oltre che nel Consiglio regionale, la possibilità di un biomonitoraggio è stata votata all’unanimità anche in due Consigli comunali: Venezia e Mira. Secondo Mattia, il biomonitoraggio è lo strumento utile per comporre il puzzle complesso della nostra area che possa dare risposte a tutti, istituzioni e cittadini, per intraprendere le opportune azioni di miglioramento della salute e dell’ambiente. Ciò che va considerato è un’emergenza che oltrepassa le emissioni in aria e che rimanda al pregresso di quello che è stato riversato nel nostro territorio nel passato, che si è sedimentato e che va anche fuori dall’area di Marghera. Si pensi alle discariche dislocate a Mira e sulla Riviera del Brenta, alcune censite e altre no. L’emergenza riguarda tutto ciò che è stato disseminato nel suolo, nell’acqua e nei fanghi della laguna. CI sono vecchie produzioni e nuove attività che si vanno a inserire oltre a ciò che va a incidere e che si trova fuori dal perimetro del SIN. Solo per citare alcuni esempi che danno la misura della complessità: a Venezia c’è il terzo aeroporto d’Italia, il porto commerciale e turistico che insiste con le emissioni, le infrastrutture stradali con l’A4, la A27, e altre arterie importanti come la SS 309 Romea.

Quanto siamo contaminati?

Ciò che a noi preme sapere è quanto siamo contaminati.  Il contesto in cui ci muoviamo è quello di una transizione epidemiologica dove, se è forse vero che stanno diminuendo alcune patologie, altre stanno emergendo in maniera puntuale. La percezione che abbiamo è che le persone si ammalano sempre di più, l’incidenza delle malattie oncologiche e cardiocircolatorie aumenta, sebbene non siamo più nel massimo periodo di attività del polo industriale di Porto Marghera, e vediamo questo riscontro negativo anche sui bambini.
Sappiamo che la scelta del quesito di ricerca è una delle fasi più delicate di questo progetto e che allo stesso tempo ci fa sentire parte in causa nelle scelte. Condividiamo l’approccio di questo progetto e pensiamo che il senso di una ricerca partecipata sia proprio questo: dare voce ai/alle cittadini/e, alla nostra conoscenza locale e alle competenze che nel tempo abbiamo acquisito. 

Conflitti di interesse dichiarati: nessuno

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