E&P 2010, 34 (1-2) gennaio-aprile

La prevalenza dell’abitudine a fumare in automobile: i risultati dello studio osservazionale in Veneto

Luca Sbrogiò, Giovanna Frison, Laura Tagliapietra, Federica Michieletto, Francesca Allegri, Cinzia De Marco, Roberto Mazza, Roberto Boffi, Ario Alberto Ruprecht, Giovanni Invernizzi, Giovanni Invernizzi

Obiettivo: stimare la prevalenza di conducenti e passeggeri che fumano in automobile nel territorio del Veneto e l’eventuale presenza di bambini esposti a bordo.
Disegno:
è stato effettuato uno studio osservazionale con analisi statistica descrittiva da parte dei tecnici della prevenzione delle aziende ULSS del Veneto dall’1 al 17 ottobre 2008 in fasce orarie definite. Ogni rilevatore doveva registrare sesso e fascia di età del conducente; se il conducente stava fumando, se trasportava passeggeri adulti, se almeno un passeggero stava fumando e se vi erano a bordo persone di fascia di età stimabile inferiore ai 14 anni.
Setting e partecipanti: hanno partecipato allo studio 19 aziende ULSS sulle 21 complessive della Regione (90,5%).
Principali misure di outcome:
percentuale di incroci stradali monitorati da ciascuna ULSS sul previsto.
Risultati: sono state esaminate complessivamente 5.928 vetture (89,4% automobili) che sostavano a 148 incroci di 74 comuni (pari al 91,5% del campione previsto). Il 61,4% dei conducenti era di sesso maschile, e in 762 vetture (pari al 12,9%) erano presenti bambini. Le vetture in cui è stata osservata almeno una persona fumare sono state 409, pari al 6,9% (12% per i veicoli commerciali); nell’87,3% dei casi fumava solo il conducente, nell’8,3% solo un passeggero, nel 4,4% entrambi. In 7 delle 762 vetture con bambini c’era almeno una persona che fumava (0,9%).
Conclusione:
nonostante le campagne di sensibilizzazione sui danni da fumo passivo, l’abitudine di fumare in macchina interessa ancora un numero consistente di adulti. Il numero di bambini esposti al fumo in macchina è risultato limitato, ma significativo, dato l’elevato rischio che comporta. Il «ri-orientamento» verso attività di ricerca e non solo prescrittive può rilanciare nel campo scientifico le attività istituzionali dei Servizi di prevenzione delle ASL. (Epidemiol Prev 2010; 34(1-2): 43-47)