Ci si può chiedere se sia più difficile fare il cardiochirurgo o il direttore generale di una Azienda sanitaria. E se può far più danno un cardiochirurgo impreparato o un direttore generale incapace; e quindi se la preparazione e la formazione oggi richiesta ad entrambi sia veramente e parimenti adeguata. Ci si deve anche chiedere se il sistema dello spoil system, formale o informale che sia, corrisponda a criteri che favoriscono o meno il management, se sia efficiente la “rottamazione” dei DG a 65 anni e se per la scelta sia dei cardiochirurghi che dei direttori di Azienda sanitaria sia più importante come qualità l’ubbidienza o la competenza. Che ne pensate?

Io la penso così...

Oggi ci sono sicuramente in Italia degli ottimi cardiochirurghi e degli ottimi Direttori di Azienda sanitaria, ma ci sono anche più dubbi legittimi sulle capacità di alcuni Direttori che non di alcuni cardiochirurghi. Un cardiochirurgo incapace mostra infatti subito i suoi danni ed è difficile che il sistema sanitario lo mantenga nel suo ruolo, non è così per un direttore d’Azienda i cui eventuali danni prodotti non li si possono riscontrare immediatamente. Esaminiamo diversi aspetti del problema:

La formazione

Un cardiochirurgo fa tredici anni di scuole elementari e medie, sei anni di università, cinque anni di specialità e poi prima di avere responsabilità gli si chiede ancora diversi anni di esperienza in sala operatoria. Quindi almeno venticinque anni di formazione e solitamente ancora vari anni di esperienza in équipe.

Per un direttore di Azienda quasi nulla è obbligatoriamente richiesto se non una qualsiasi laurea e talvolta la frequentazione di corsi per lo più brevi e spesso anche improvvisati; spesso i suoi titoli sono solo le esperienze di gestioni aziendali in altri settori anche non sanitari ed è come se il cardiochirurgo documentasse solo un’esperienza chirurgica ad esempio di natura ortopedica.

Non è allora forse il caso che si istituisca una vera scuola di formazione per i direttori delle Aziende sanitarie? Una scuola di specialità specifica e non generica come oggi è la specialità in Igiene e Medicina Preventiva, ottima per tanti aspetti ma solo generica per una formazione di un direttore general e. Serve una scuola vera e non solo dei corsi frequentati spesso solo nei fine settimana.

E si può chiedere che prima di fare il direttore ci sia sempre una congrua esperienza sul campo? Ad esempio l’aver fatto alcuni anni di attività in una Direzione di Azienda sanitaria con compiti subordinati?

Il fabbisogno

Di Aziende sanitarie oggi ne abbiamo circa 225 pubbliche più alcune private ospedaliere e ipotizzando per ognuna tre direttori, uno generale uno sanitario ed uno amministrativo, abbiamo circa 700 direttori. In ciascuna direzione poi vi sono per lo più almeno altri tre dirigenti con funzioni di supporto ai direttori. Non si è lontani dal vero se si ipotizzano almeno 3000 posizioni dirigenziali e per ciascuna almeno trenta anni di attività prima di lasciare l’incarico; ciò significa che in un normale turnover ogni anno servono almeno 100 nuovi soggetti da avviare ad una carriera che può esitare in un ruolo da direttore.

I centri cardiochirurgici in Italia sono invece circa un centinaio ed anche ipotizzando cinque chirurghi per centro arriveremmo ad un fabbisogno complessivo di 500 e se un cardiochirurgo rimanesse in attività solo vent’anni ci sarebbe un fabbisogno di nuovi formati in cardiochirurgia di 25 l’anno.

Queste sono cifre approssimative ma non distanti dal vero e servono solo per indicare qual è il bisogno di formazione dei dirigenti d’azienda, bisogno che giustifica l’ipotesi di attivazione di una scuola ad hoc.

La selezione e la valutazione

Selezionare un cardiochirurgo per assumerlo non è poi molto difficile anche se tra la sufficienza e l’eccellenza non sempre è facile distinguere. Ma l’ambiente ospedaliero normalmente “sa” chi vale e chi no e gli esiti degli interventi possono costituire un valido indicatore delle sue capacità. Un concorso per l’assunzione di un cardiochirurgo può anch’esso venir manipolato ma difficilmente il sistema tollera che un incapace venga preferito ad un altro di notoria capacità.

La scelta del direttore generale non è invece una azione altrettanto lineare; la valutazione del suo curriculum e degli esiti delle sue attività spesso è una operazione tutt’altro che semplice. L’attività di un cardiochirurgo, per quanto difficile e complessa, è contenuta nell’ambito di una patologia sufficientemente definita. L’attività di un direttore di Azienda ha a che fare con situazioni molto più differenti tra loro e non sempre chi ha mostrato doti in una circostanza le conferma in un’altra.

Ubbidienza o competenza

Il direttore generale viene scelto, pur all’interno di un Albo, da parte della Giunta di una Regione cui appartiene l’Azienda cui è destinato. I criteri di selezione formalmente sono tutti orientati a selezionare i candidati in funzione della loro esperienza e competenza, ma ahimè troppo spesso si è avuta l’impressione che il fattore dominante sia l’ubbidienza verso il potere politico, e ciò deve far riflettere sul rapporto tra l’elemento politico e l’elemento tecnico. Quale deve essere il rapporto tra i due elementi? Deve esserci comunanza di intenti politici? Sembrerebbe dare una risposta in tal senso la logica dello Spoil System per la quale il tecnico potrebbe ben operare solo se fosse stato scelto dal politico e si impegnasse a rafforzarne il potere. Ultimamente però anche la Consulta sembra aver condiviso la necessità di indipendenza del tecnico pur nella obbligatorietà del rispetto delle indicazioni programmatiche del politico (G. Fares, Rafforzate ancora le garanzie per i burocrati della sanità: eclissi dello spoil system; http://www.giurcost.org/studi/fares2.html). Spesso sorge il dubbio che il politico abbia invece proprio bisogno del tecnico per sviluppare la sua politica e quindi privilegi l’ubbidienza alla competenza. E parliamo di ubbidienza e non solo di fedeltà! Sicuramente il direttore non può e non deve tradire il politico ma la sua fedeltà non deve fargli perdere l’autonomia di giudizio e di azione.

Stabilità o alternanza

Un altro aspetto da riconsiderare è la durata di un incarico di Direttore. Alcune diffuse teorie di management consigliano incarichi brevi e a rotazione e questo essenzialmente per due motivi: prevenzione di possibili accordi illegali tra interessi e, ancor più importante, il rinnovo di motivazioni all’impegno ed all’innovazione. Ma è tutto qui? Quanto ci mette un DG a capire la realtà in cui opera ed a trovare la giusta sintonia per governarla? La prevenzione dell’illegalità non può essere svolta in altre maniere? E gli incentivi all’impegno ed al rinnovamento li si possono ottenere solo con lo spoils system? Probabilmente un “buon” DG sarebbe bene che rimanesse in carica sino a che i suoi atti ne confermano la “bontà” ed il suo rapporto con il potere politico deve rimanere leale e franco anche se i cambiamenti della politica dovessero risultare importanti. Il rapporto tra elemento politico ed elemento tecnico è una chiave di lettura di tutte le riforma della sanità dall’unità d’Italia ad oggi, cioè dall’allegato C della legge di riforma amministrativa del 20 marzo 1865, passando per la legge Crispi del 1888, per il testo unico sulla sanità del 1934, arrivando all’istituzione del Ministero della Sanità del 1958, alla legge 833 del 1978, alla “seconda riforma” con i decret1 502/92 e 517/93, ed alla “terza riforma”, la riforma Bindi con il decreto 229/99. L’elemento tecnico deve poter essere veramente indipendente e l’elemento politico deve essere capace di dare le direttive politiche su cui far convergere lo svolgimento efficace ed efficiente della attività sanitarie.

Anche la rottamazione a 65 anni sembra del tutto inadeguata: l’esperienza di un DG non è cosa da rottamare … perché buttare via delle risorse così importanti; certo occorre valutare caso per caso ma se un DG ha ottenuto dei buoni risultati non deve essere “buttato via” solo perché ha la pensione!

No commistione, no separazione, sì collaborazione

Che i DG non siano quindi del tutto assoggettati ed ubbidienti al potere politico, ma non siano neppure separati e sordi alle loro indicazioni e collaborino realmente a rendere l’azione aziendale efficace ed efficiente garantendo i valori etici e politici del sistema e le indicazioni che in tal senso la politica “deve” dare. La Sanità può funzionar bene solo se il politico che la governa sa interpretare i bisogni degli utenti, se il direttore che la gestisce sa organizzare bene i servizi, solo se gli operatori, medici, infermieri, tecnici, sanno far bene il loro mestiere!

 

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